1ª Assemblea di programma e d’organizzazione del Coordinamento Nazionale Beni Culturali

16 gennaio 2004 - Roma, Biblioteca nazionale Centrale, ore 9,30

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U Salario
U Privatizzazione
U Democrazia, diritti e repressione
U Precariato

Siamo finalmente giunti alla 1° assemblea del Coordinamento Nazionale Beni Culturali, primo momento di verifica  del Coordinamento in un contesto di profonde trasformazioni.

Quello che stiamo faticosamente cercando di realizzare è un reale percorso democratico, mai avvenuto da quando è nato il Coordinamento, di consultazione dei militanti proprio sulle questioni interne del CNBC anche attraverso la diffusione di un questionario e l’ assemblea nazionale che ci accingiamo a svolgere.

Il contesto che abbiamo di fronte è di profonde trasformazioni, non ultimo un vero e proprio  smantellamento progressivo della Pubblica Amministrazione.

Smantellamento iniziato con la “privatizzazione” del rapporto di lavoro dei dipendenti, proseguito con l’uso distorto del decentramento amministrativo che ha prodotto esternalizzazione, privatizzazione e dismissione di servizi e competenze che erano gestiti e garantiti dallo Stato.

L’obiettivo, condiviso dai governi di centro sinistra e di centrodestra, è adeguare l’impianto costituzionale al progetto neoliberista: infatti i governi degli ultimi 20 anni sono intervenuti, con un disegno ben preciso, con una serie di modifiche di legge, fino a manomettere la Costituzione. Le dirette conseguenze di queste modifiche sono l’attacco ai salari e ai diritti dei lavoratori, lo smantellamento dello stato sociale,   l’incentivazione all’impresa privata (attraverso condoni e sgravi fiscali, incentivi economici a fondo perduto, cartolarizzazione, affidamento di servizi ex pubblici dietro lauti finanziamenti, ecc.), una selvaggia privatizzazione che non risparmia nessun ente pubblico.

I sindacati confederali sono interni a questo progetto. Cisl e Uil hanno sottoscritto il Patto per l’Italia che spiana la strada all’abolizione dell’art.18, alla generalizzazione della condizione precaria, ad un ulteriore diminuzione del salario reale e ad un modello di relazioni sindacali neocorporativo. Ed insieme a Cgil le tre sigle confederali non hanno esitato un minuto a sottoscrivere il famigerato protocollo d’intesa del 4 febbraio 2002 sul Pubblico Impiego, che ha posto la cornice entro cui scrivere i contratti per i lavoratori pubblici, avviando una nuova stagione concertativa.  Oggi i tre sindacati confederali usano un unico linguaggio nel difendere la riforma Dini sulle pensioni, cioè lo smantellamento del sistema previdenziale ad opera del centro-sinistra! 

Se siamo di fronte ad aumenti contrattuali ridicoli e sotto l’inflazione reale ciò è dovuto, non tanto al governo “cattivo” della destra, quanto alla scelta (voluta da cgil-cisl-uil con gli accordi di luglio 1993) di eliminare ogni meccanismo automatico di adeguamento dei salari all’inflazione e legare gli “aumenti” alla produttività.

 Le retribuzioni sono insufficienti ad assicurare una vita dignitosa per milioni di lavoratori e per le loro famiglie. In tutto questo la condizione dei tanti lavoratori neo-assunti, atipici e degli stessi precari c.d. storici è ancora peggiore con la mancanza di prospettive e l’assoluta impossibilità di raggiungere una pensione dignitosa.

Grazie alla politica dei redditi scaturita dagli accordi del 1993 tra governo, padroni e cgil, cisl, uil, ormai i contratti riservano solo briciole per i lavoratori calcolando (in modo truffaldino) l’inflazione programmata (cioè l’inflazione “prevista” dal governo) e non quella reale.

La questione salariale oggi è al centro del nostro programma e non dev’essere solo un vuoto slogan da usare in maniera ripetitiva: il ripristino della scala mobile, i salari europei, una tariffazione sociale per lavoratori, disoccupati, precari, un reddito sociale per disoccupati e precari… sono punti qualificanti da rilanciare.

Questione salariale e ordinamento professionale vanno di pari passo. Per noi una rivendicazione fondamentale è il riconoscimento del giusto livello  di inquadramento, l’abolizione delle basse qualifiche e la conseguente remunerazione a livelli europei.

L’attacco al salario e ai diritti è la costante di questo governo, comunque in continuazione con i precedenti. Risale al 1997 infatti il famigerato “pacchetto Treu” sulle forme di precariato che oggi fa il paio con la altrettanto famigerata “legge Biagi”. Quello che constatiamo è che ormai le figure precarie e atipiche – anche nella pubblica amministrazione – sono tante, varie e articolate. Basta guardarsi in giro e ci accorgiamo che sono una enormità i lavoratori non garantiti: si tratta di personale che assicura, dopo anni di blocco delle assunzioni  nel pubblico impiego, il funzionamento delle Amministrazioni dei Beni Culturali, Giustizia, Agenzie Fiscali, nella Ricerca, Istituto Superiore di Sanità, Istat, nelle Università, negli Enti Locali e Sanità, ma anche nei Vigili del Fuoco.

Per molti di questi lavoratori la Finanziaria ha previsto una semplice proroga fino al  dicembre 2004, ma per molti altri, ex lavoratori socialmente utili in servizio negli enti previdenziali,  non è previsto alcuno stanziamento neppure per la solita semplice proroga dei contratti in essere la cui scadenza è fissata per la prossima primavera.

Tuttavia nei beni culturali, ma crediamo sia una realtà molto diffusa, ce ne sono ancora di più che svolgono i più svariati mestieri e gravitano nel vasto indotto di musei, biblioteche etc. Dipendenti di cooperative, co.co.co., interinali, di società di servizi, di restauro, spesso sottopagati, estremamente flessibili, ricattati … Nostro compito è sintonizzarci verso questi lavoratori e cercare di organizzarli affinché non passi la logica della concorrenza tra lavoratori, tanto cara a governo, padroni e sindacati confederali concertavi.

Ed è in nome della concertazione (mista ad un comportamento ruffiano e di collaborazione) che oggi cgil-cisl-uil, anche nei beni culturali, si sforzano di garantire la “pace sindacale” mentre si tagliano i fondi e si avvia il più pesante processo di privatizzazione.

Un processo di privatizzazione sancito da passaggi normativi, dalla finanziaria 2002 (art.33), completamente recepita nell’accordo di Febbraio 2002, dalla Finanziaria del 2003 (art.80), e dalla Finanziaria 2004, art. 27 (silenzio assenso) su cui la RdB, in splendida solitudine,  si sta mobilitando, non senza successo, da anni. Nell’assemblea del 16 saranno approfonditi quegli elementi che costituiscono il puzzle del processo di svendita nei beni culturali, il nuovo codice di prossima approvazione, le Fondazioni e quant’altro.

I sindacati confederali, trascinati dai lavoratori e per inseguire la RdB, hanno proclamato, recentemente, ben due scioperi, entrambi falliti: il 29 giugno 2003 sui beni culturali (parlando timidamente di esternalizzazioni) e il 12 dicembre 2003 come confederazioni sui precari della Pubblica Amministrazione.

Ma su cgil, cisl e uil non intendiamo spendere altre parole: la loro funzione di cloroformizzare le coscienze è un dato. Il loro non è un ruolo di subalternità (come ancora qualcuno si affanna a dire) ma di vera e propria cogestione con la controparte!

Oggi la grande novità è rappresentata dalla lotta degli autoferrotranvieri, i quali sono stati capaci di portare avanti con tenacia e determinazione una mobilitazione che diventa esempio per le altre categorie. Finalmente la mobilitazione di un’intera categoria ha bocciato un accordo bidone (uguale a tutti gli altri accordi bidone per tutte le altre categorie) riuscendo in uno sciopero all’indomani della firma dell’accordo stesso,  (e continuando con forme di sciopero non previste dalla legge vigente) rispondendo con l’azione collettiva alle minacce del governo, dei mass media, dei sindacati confederali, alle precettazioni e alla criminalizzazione etc… 

L’attacco ai diritti dei lavoratori passa anche attraverso l’azione palesemente repressiva, dalla riduzione del diritto di manifestare alla criminalizzazione di quei settori insubordinati, dai centri sociali al sindacalismo di base, dalle denunce ai delegati sindacali scomodi nei posti di lavoro alla  manovra governativa di contrarre ulteriormente il diritto di sciopero.  

Queste considerazioni, di fatto solo accennate, dovranno trovare ampio approfondimento nell’appuntamento del 16 gennaio, arricchite delle analisi, proposte, critiche e quant’altro sarà oggetto di discussione da parte delle compagne e compagni.

Sicuramente dall’assemblea usciremo con una conoscenza maggiore di realtà varie, piccole e grandi, in periferia e al centro, sul territorio nazionale, auspicando un coordinamento reale tra strutture e lavoratori che le compongono.

L’assemblea del 16 è già una prima novità in termini organizzativi perché fino ad oggi ci limitavamo a convocare il Coordinamento Nazionale: l’assemblea, invece,  è un organismo allargato alle RSU e  agli iscritti, sicuramente un momento fondamentale della vita del Coordinamento. I “Coordinamenti Nazionali”, come sono stati concepiti fino ad oggi, confusi e poco risolutivi, hanno bisogno di essere trasformati in luoghi dove effettivamente fare dibattito, sintetizzare proposte, assumere decisioni.

Registriamo una scarsa comunicazione tra centro (Roma) e periferia (resto d’Italia) e viceversa. I nostri militanti, delegati/e territoriali e di posto di lavoro e RSU, probabilmente faranno -speriamo- riferimento alla Federazione RdB della loro città-regione, ma questo non basta e tra l’altro non è neanche così scontato. In alcune regioni o posti di lavoro il delegato RdB dei beni culturali è isolato, qualche volta sprovveduto dal punto di vista sindacale. Come formula da verificare si potrebbero realizzare dei Coordinamenti interregionali.

Il “Coordinamento Nazionale” è stato organizzato secondo uno schema, a nostro avviso, semplicistico e un po’ troppo “elefantiaco”: cioè i coordinamenti regionali e, al massimo, due coordinamenti nazionali in tutto l’anno. Secondo noi è indispensabile articolare le sedi del dibattito creando dei momenti intermedi (e quindi più frequenti). Quindi:

Abbiamo di fronte l’appuntamento delle RSU per novembre prossimo. Programma e strutturazione organizzativa serviranno anche per prepararsi adeguatamente a quell’appuntamento, a cui cominciare a lavorare da  subito.

Dai dati riferiti alle precedenti elezioni RSU emerge prepotentemente la necessità di adeguare la struttura a livello nazionale per intercettare i consensi da parte dei lavoratori in quei posti di lavoro che fino ad oggi non vengono raggiunti dalla Rdb. Contemporaneamente dev’essere lanciata una forte campagna iscritti perché solo così si può rafforzare, anche in termini di agibilità (pensiamo alle entrate economiche), la struttura dei beni culturali, oltre che superare il fatidico e odioso 5%.

Inutile sottolineare l’importanza che per noi riveste la questione della democrazia ovviamente legata alle elezioni RSU. Bisogna dunque rilanciare la battaglia per una contrattazione decentrata vera e con potere ai delegati: ampliamento degli spazi di contrattazione, estensione del diritto di sciopero, estensione ai precari del diritto a partecipare (votando e candidandosi) alle elezioni, estensione dei diritti ai co.co.co. (buoni pasto, assemblea, etc).

L’assemblea sarà chiamata quindi a decidere forme e tempi riguardo le mobilitazioni dei prossimi mesi.

Roma, 12 gennaio 2004                                                                             

L’Esecutivo