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Salario U Privatizzazione U |
Siamo
finalmente giunti alla 1° assemblea del Coordinamento Nazionale Beni Culturali,
primo momento di verifica del
Coordinamento in un contesto di profonde trasformazioni.
Quello
che stiamo faticosamente cercando di realizzare è un reale percorso
democratico, mai avvenuto da quando è nato il Coordinamento, di consultazione
dei militanti proprio sulle questioni interne del CNBC anche attraverso la
diffusione di un questionario e l’ assemblea nazionale che ci
accingiamo a svolgere.
Il
contesto che abbiamo di fronte è di profonde trasformazioni, non ultimo un vero
e proprio smantellamento progressivo della Pubblica Amministrazione.
Smantellamento
iniziato con la “privatizzazione” del rapporto di lavoro dei dipendenti,
proseguito con l’uso distorto del decentramento amministrativo che ha prodotto
esternalizzazione, privatizzazione e dismissione di servizi e competenze che
erano gestiti e garantiti dallo Stato.
L’obiettivo,
condiviso dai governi di centro sinistra e di centrodestra, è adeguare
l’impianto costituzionale al progetto neoliberista: infatti i governi degli
ultimi 20 anni sono intervenuti, con un disegno ben preciso, con una serie di
modifiche di legge, fino a manomettere la Costituzione. Le dirette conseguenze
di queste modifiche sono l’attacco ai salari e ai diritti dei lavoratori,
lo smantellamento dello stato sociale,
l’incentivazione all’impresa privata (attraverso condoni e
sgravi fiscali, incentivi economici a fondo perduto, cartolarizzazione,
affidamento di servizi ex pubblici dietro lauti finanziamenti, ecc.), una
selvaggia privatizzazione che non risparmia nessun ente pubblico.
I
sindacati confederali sono interni a questo progetto. Cisl e Uil hanno
sottoscritto il Patto per l’Italia che spiana la strada all’abolizione
dell’art.18, alla generalizzazione della condizione precaria, ad un ulteriore
diminuzione del salario reale e ad un modello di relazioni sindacali
neocorporativo. Ed insieme a Cgil le tre sigle confederali non hanno esitato un
minuto a sottoscrivere il famigerato protocollo d’intesa del 4 febbraio 2002
sul Pubblico Impiego, che ha posto la cornice entro cui scrivere i contratti per
i lavoratori pubblici, avviando una nuova stagione concertativa. Oggi i
tre sindacati confederali usano un unico linguaggio nel difendere la riforma
Dini sulle pensioni, cioè lo smantellamento del sistema previdenziale ad opera
del centro-sinistra!
Se
siamo di fronte ad aumenti contrattuali ridicoli e sotto l’inflazione reale ciò
è dovuto, non tanto al governo “cattivo” della destra, quanto alla scelta
(voluta da cgil-cisl-uil con gli accordi di luglio 1993) di eliminare ogni
meccanismo automatico di adeguamento dei salari all’inflazione e legare gli
“aumenti” alla produttività.
Le
retribuzioni sono insufficienti ad assicurare una vita dignitosa per milioni di
lavoratori e per le loro famiglie. In tutto questo la condizione dei tanti
lavoratori neo-assunti, atipici e degli stessi precari c.d. storici è ancora
peggiore con la mancanza di prospettive e l’assoluta impossibilità di
raggiungere una pensione dignitosa.
Grazie
alla politica dei redditi scaturita dagli accordi del 1993 tra governo, padroni
e cgil, cisl, uil, ormai i contratti riservano solo briciole per i lavoratori
calcolando (in modo truffaldino) l’inflazione programmata (cioè
l’inflazione “prevista” dal governo) e non quella reale.
La
questione salariale oggi è al centro del nostro programma e non dev’essere
solo un vuoto slogan da usare in maniera ripetitiva: il ripristino della scala
mobile, i salari europei, una tariffazione sociale per lavoratori, disoccupati,
precari, un reddito sociale per disoccupati e precari… sono punti qualificanti
da rilanciare.
Questione
salariale e ordinamento professionale vanno di pari passo. Per noi una
rivendicazione fondamentale è il riconoscimento del giusto livello di inquadramento, l’abolizione delle basse qualifiche e la
conseguente remunerazione a livelli europei.
L’attacco
al salario e ai diritti è la costante di questo governo, comunque in
continuazione con i precedenti. Risale al 1997 infatti il famigerato
“pacchetto Treu” sulle forme di precariato che oggi fa il paio con la
altrettanto famigerata “legge Biagi”. Quello che constatiamo è che ormai le
figure precarie e atipiche – anche nella pubblica amministrazione – sono
tante, varie e articolate. Basta guardarsi in giro e ci accorgiamo che sono una
enormità i lavoratori non garantiti: si tratta di personale che assicura, dopo
anni di blocco delle assunzioni nel
pubblico impiego, il funzionamento delle Amministrazioni dei Beni Culturali,
Giustizia, Agenzie Fiscali, nella Ricerca, Istituto Superiore di Sanità, Istat,
nelle Università, negli Enti Locali e Sanità, ma anche nei Vigili del Fuoco.
Per
molti di questi lavoratori la Finanziaria ha previsto una semplice proroga fino
al dicembre 2004, ma per molti
altri, ex lavoratori socialmente utili in servizio negli enti previdenziali,
non è previsto alcuno stanziamento neppure per la solita semplice
proroga dei contratti in essere la cui scadenza è fissata per la prossima
primavera.
Tuttavia
nei beni culturali, ma crediamo sia una realtà molto diffusa, ce ne sono ancora
di più che svolgono i più svariati mestieri e gravitano nel vasto indotto di
musei, biblioteche etc. Dipendenti di cooperative, co.co.co., interinali, di
società di servizi, di restauro, spesso sottopagati, estremamente flessibili,
ricattati … Nostro compito è sintonizzarci verso questi lavoratori e cercare
di organizzarli affinché non passi la logica della concorrenza tra lavoratori,
tanto cara a governo, padroni e sindacati confederali concertavi.
Ed
è in nome della concertazione (mista ad un comportamento ruffiano e di
collaborazione) che oggi cgil-cisl-uil, anche nei beni culturali, si
sforzano di garantire la “pace sindacale” mentre si tagliano i fondi e si
avvia il più pesante processo di privatizzazione.
Un
processo di privatizzazione sancito da passaggi normativi, dalla finanziaria
2002 (art.33), completamente recepita nell’accordo di Febbraio 2002, dalla
Finanziaria del 2003 (art.80), e dalla Finanziaria 2004, art. 27 (silenzio
assenso) su cui la RdB, in splendida solitudine,
si sta mobilitando, non senza successo, da anni. Nell’assemblea del 16
saranno approfonditi quegli elementi che costituiscono il puzzle del processo di
svendita nei beni culturali, il nuovo codice di prossima approvazione, le
Fondazioni e quant’altro.
I
sindacati confederali, trascinati dai lavoratori e per inseguire la RdB, hanno
proclamato, recentemente, ben due scioperi, entrambi falliti: il 29 giugno 2003
sui beni culturali (parlando timidamente di esternalizzazioni) e il 12 dicembre
2003 come confederazioni sui precari della Pubblica Amministrazione.
Ma
su cgil, cisl e uil non intendiamo spendere altre parole: la loro funzione di
cloroformizzare le coscienze è un dato. Il loro non è un ruolo di subalternità
(come ancora qualcuno si affanna a dire) ma di vera e propria cogestione
con la controparte!
Oggi
la grande novità è rappresentata dalla lotta degli autoferrotranvieri, i quali
sono stati capaci di portare avanti con tenacia e determinazione una
mobilitazione che diventa esempio per le altre categorie. Finalmente la
mobilitazione di un’intera categoria ha bocciato un accordo bidone (uguale a
tutti gli altri accordi bidone per tutte le altre categorie) riuscendo in uno
sciopero all’indomani della firma dell’accordo stesso,
(e continuando con forme di sciopero non previste dalla legge vigente)
rispondendo con l’azione collettiva alle minacce del governo, dei mass media,
dei sindacati confederali, alle precettazioni e alla criminalizzazione etc…
L’attacco
ai diritti dei lavoratori passa anche attraverso l’azione palesemente
repressiva, dalla riduzione del diritto di manifestare alla criminalizzazione di
quei settori insubordinati, dai centri sociali al sindacalismo di base, dalle
denunce ai delegati sindacali scomodi nei posti di lavoro alla
manovra governativa di contrarre ulteriormente il diritto di sciopero.
Queste
considerazioni, di fatto solo accennate, dovranno trovare ampio approfondimento
nell’appuntamento del 16 gennaio, arricchite delle analisi, proposte, critiche
e quant’altro sarà oggetto di discussione da parte delle compagne e compagni.
Sicuramente
dall’assemblea usciremo con una conoscenza maggiore di realtà varie, piccole
e grandi, in periferia e al centro, sul territorio nazionale, auspicando un
coordinamento reale tra strutture e lavoratori che le compongono.
L’assemblea
del 16 è già una prima novità in termini organizzativi perché fino ad oggi
ci limitavamo a convocare il Coordinamento Nazionale: l’assemblea, invece,
è un organismo allargato alle RSU e
agli iscritti, sicuramente un momento fondamentale della vita del
Coordinamento. I “Coordinamenti Nazionali”, come sono stati concepiti fino
ad oggi, confusi e poco risolutivi, hanno bisogno di essere trasformati in
luoghi dove effettivamente fare dibattito, sintetizzare proposte, assumere
decisioni.
Registriamo
una scarsa comunicazione tra centro (Roma) e periferia (resto d’Italia) e
viceversa. I nostri militanti, delegati/e territoriali e di posto di lavoro e
RSU, probabilmente faranno -speriamo- riferimento alla Federazione RdB della
loro città-regione, ma questo non basta e tra l’altro non è neanche così
scontato. In alcune regioni o posti di lavoro il delegato RdB dei beni
culturali è isolato, qualche volta sprovveduto dal punto di vista sindacale.
Come formula da verificare si potrebbero realizzare dei Coordinamenti
interregionali.
Il
“Coordinamento Nazionale” è stato organizzato secondo uno schema, a nostro
avviso, semplicistico e un po’ troppo “elefantiaco”: cioè i coordinamenti
regionali e, al massimo, due coordinamenti nazionali in tutto l’anno. Secondo
noi è indispensabile articolare le sedi del dibattito creando dei momenti
intermedi (e quindi più frequenti). Quindi:
Abbiamo
di fronte l’appuntamento delle RSU per novembre prossimo. Programma e
strutturazione organizzativa serviranno anche per prepararsi adeguatamente a
quell’appuntamento, a cui cominciare a lavorare da
subito.
Dai
dati riferiti alle precedenti elezioni RSU emerge prepotentemente la necessità
di adeguare la struttura a livello nazionale per intercettare i consensi da
parte dei lavoratori in quei posti di lavoro che fino ad oggi non vengono
raggiunti dalla Rdb. Contemporaneamente dev’essere lanciata una forte campagna
iscritti perché solo così si può rafforzare, anche in termini di agibilità
(pensiamo alle entrate economiche), la struttura dei beni culturali, oltre che
superare il fatidico e odioso 5%.
Inutile
sottolineare l’importanza che per noi riveste la questione della democrazia
ovviamente legata alle elezioni RSU. Bisogna dunque rilanciare la battaglia per
una contrattazione decentrata vera e con potere ai delegati: ampliamento degli
spazi di contrattazione, estensione del diritto di sciopero, estensione ai
precari del diritto a partecipare (votando e candidandosi) alle elezioni,
estensione dei diritti ai co.co.co. (buoni pasto, assemblea, etc).
L’assemblea
sarà chiamata quindi a decidere forme e tempi riguardo le mobilitazioni dei
prossimi mesi.
Roma, 12 gennaio 2004
L’Esecutivo