Cosa
cambia con la Riforma del ministero per i Beni e le Attività Culturali |
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Dopo
un anno e mezzo il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto che
riforma il ministero per i Beni e le Attività Culturali, come previsto
dalla delega che il Parlamento aveva dato al governo nel luglio 2002. Una
Riforma accompagnata da grande clamore ma, come spesso accade in questi
casi, più un provvedimento di “democristiana memoria” che una reale
riforma. Infatti si moltiplica il numero dei direttori generali, che
arrivano a quota 32, con relativi stipendi di prima fascia; si avvia, poi,
un tavolo regionale che farà sì che a pronunciarsi su un bene siano “i
diversi soprintendenti” presenti su un determinato territorio (in nome
della collegialità) anziché solo quello che ne ha competenza specifica.
Invece di eliminarla viene creata altra burocrazia. La struttura,
com’è noto, sarà per Dipartimenti e sparisce la figura del segretario
generale; i
Dipartimenti sono quattro e cioè Beni culturali e paesaggistici, Archivi
e biblioteche, Spettacolo e sport, Ricerca e innovazione, alle dirette
dipendenze del ministro, da cui discenderanno le direzioni generali; i
soprintendenti regionali, avranno «effettivi poteri di coordinamento e
gestione». Viene istituito un tavolo regionale collegiale per
l’apposizione di vincoli. Rimangono, per ora, i Poli museali già
costituiti a Roma, Napoli Firenze e Venezia. Infine nascono gli sportelli
provinciali dei beni culturali. Rientra
dunque, dopo varie polemiche, il “condannato” Dipartimento degli
Archivi e Biblioteche. Ricordiamo che il Governo ne aveva deciso lo
smantellamento per motivi di spesa e
solo dopo la forte e decisa mobilitazione di rappresentanze dei lavoratori
(tra le prime la RdB), cittadini e
personalità della cultura incassiamo l’attuale risultato. Questa
Riforma per essere adeguatamente compresa va
inquadrata nel più generale processo di privatizzazione dei beni
culturali. Una
riorganizzazione che secondo gli addetti ai lavori porta grandi novità:
in realtà noi preferiamo leggere i vari provvedimenti riguardanti i beni
culturali in maniera organica. Il principio del silenzio-assenso voluto
dal governo mette i beni culturali in serio pericolo. E la nascita delle
Fondazioni finalizzate alla gestione di Monumenti come la
Fondazione del Museo Egizio di Torino e, ancora, la Fondazione della
Biennale di Venezia sono solo gli ultimissimi esempi di questa scellerata
operazione. Così a gennaio 2004, quando probabilmente vedrà la luce
anche il nuovo Codice per i Beni Culturali, di cui in via ufficiosa
abbiamo letto una bozza, sarà palese quello che la RdB va denunciando ai
lavoratori da alcuni anni, ossia la scientifica operazione di svendita dei
beni culturali (sostenuta dai precedenti governi di centro-sinistra ed ora
accelerata dall’attuale governo di centro-destra) attraverso una nuova
definizione del principio di tutela, gestione e valorizzazione dei nostri
beni culturali. Roma, 29 dicembre 2003 p/
RdB P.I. Coordinamento Nazionale Beni Culturali
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