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Pensioni: l’eterna emergenza dei conti pubblici è il cavallo di battaglia di coloro che puntano allo smantellamento della previdenza pubblica

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Cambiano i governi ma non le scelte nei confronti del sistema previdenziale pubblico. Non serve difendere l’esistente: con la RdB/CUB per battere Governo,Confindustria e il liberismo che è anche alla base delle scelte di Cgil-Cisl-Uil.

La previdenza pubblica in atto prima della riforma Amato

 la legge 30 aprile 1969, n. 153, i principi stabiliti possono così sintetizzarsi:

  1. -abbandono di ogni residua forma di capitalizzazione;
  2. -perfezionamento della formula retributiva per il calcolo della pensione, sia attraverso l’aumento del rapporto pensione e retribuzione, che a partire dal 1976 è passato all’80 per cento, sia attraverso il miglioramento dei criteri di determinazione della retribuzione pensiona-bile, erogazione della pen-sione sociale ai cittadini ultra-sessantacinquenni, sprovvisti di tutela pensionistica e reddito;
  3. -istituzione della pensione di anzianità per coloro che avevano trentacinque anni di contribuzione,
  4. -perequazione automatica delle pensioni con rivalu-tazione in base all’indice dei prezzi al consumo, dal 1975 è stato introdotto anche l’aggancio automatico alla dinamica salariale. Questo doppio aggancio ha permesso una tutela effettiva del valore reale delle pensioni tra il 1975 ed il 1992, dopo di che l’aggancio automatico alla dinamica salariale è stato soppresso.

La riforma Amato

decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, interviene sia per contenere il numero che l’importo delle pensioni:

  •  Per contenere il numero vengono bloccate le pensioni di anzianità e innalzata l'età pensionabile fissata a 60 e 55 anni a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne; viene aumentato il requisito minimo contributivo da 15 a 20 anni per avere diritto alla pensione di vecchiaia
  • Per ridurre l’importo delle pensioni viene abolita l’indicizzazione delle pensioni ai salari;  allungato da 5 a 10 anni il periodo di riferimento per la definizione della retribuzione utile per il calcolo della pensione, il mancato adeguamento delle pensioni alla dinamica dei prezzi e delle retribuzioni determina ogni anno una decurtazione delle pensioni in pagamento di circa il 2%.
  • L'armonizzazione della normativa tra pubblico e privato.
  • "Sconti" sull'età pensionabile in favore di chi è impegnato in attività lavorative usuranti. I lavoratori, prevalentemente occupati nelle attività particolarmente usuranti,

·        La modifica dell'integrazione al trattamento minimo: il diritto al "minimo" è legato, oltre che al reddito personale del richiedente, anche al reddito del coniuge.

La riforma Amato/cgil-cisl-uil, attraverso questi interventi, ha tagliato i trattamenti pensionistici attesi al 2005 di circa 400.000 mdi di lire (206,58 mdi di euro).

Inoltre la riforma Amato non ha compiutamente realizzato la separazione della spesa assistenziale da quella previdenziale per cui continuano a gravare sul fondo pensioni oneri che dovrebbero essere a carico della fiscalità generale, nessuna lotta all’evasione contributiva e favorito l’elusione contributiva (salario esente da contribuzione, soci cooperative, lavoro atipico, ecc.) tutti elementi che continuano a incidere negativamente sulle entrate dell’Inps.

La riforma Dini legge 8 agosto 1995, n. 335

prevede l’obiettivo della stabilizzazione della spesa pensionistica nel rapporto con il prodotto interno lordo con verifiche periodiche sugli effetti dei “risparmi “ decisi e ha gettato le basi della riforma strutturale del sistema pensionistico, con il passaggio dal calcolo della pensione con il metodo retributivo a quello contributivo.

Il sistema contributivo è un criterio di calcolo delle pensioni che assume come base il totale dei contributi accreditati durante la vita lavorativa e rivalutati ogni anno sulla base del tasso di crescita medio del PIL negli ultimi 5 anni. Si applica ai lavoratori che iniziano a lavorare dal 1996, mentre per i lavoratori che avevano più di 18 anni di contributi nel 1995 viene confermato il sistema retributivo, agli altri il sistema contributivo si applica pro rata.

·         Per chi ha iniziato da pochi anni il lavoro le pensioni che verranno percepite dopo 40 anni di attività e al compimento del 65° anno di età oscilleranno tra il 40% e il 45% delle retribuzioni dell’ultimo periodo lavorativo

·        Il diritto alla pensione contributiva matura con appena 5 anni di versamenti con la flessibilità dell’età pensionabile, scelta dall’assicurato in una fascia che oscilla tra i 57 e i 65 anni. I rendimenti previsti in base alla età di pensionamento sono rivisti ogni 10 anni in relazione alla aspettativa di vita media al momento della pensione

·        Sono previsti anche incentivi a rimanere al lavoro: la pensione «piena» è fissata a quota 65 anni, un premio è previsto per chi lavora fino ai 67 anni. Non ci sarà più distinzione di età pensionabile tra uomini e donne: per tutti vale la fascia pensionabile 57-67 anni. La donna può però avvalersi di periodi di abbuono sull'età pensionabile a seconda del numero dei figli.

·        Abolizione delle pensioni di anzianità ecc.Nascono inoltre le cosiddette "finestre d'uscita", cioè le uscite programmate per la pensione di anzianità con la graduale abolizione delle pensioni di anzianità, entro il 2008.

·        L’istituzione presso l’INPS di una apposita gestione previdenziale autonoma (la cosiddetta "gestione separata") a cui sono obbligatoriamente iscritti i lavoratori autonomi privi di una tutela previdenziale e i lavoratori "indipendenti" soggetti alla ritenuta d’acconto.

·        Regole più favorevoli per il pensionamento in favore di chi è impegnato in attività lavorative usuranti: è possibile usufruire di questo "bonus" non solo per "accorciare" l'eta' fissata per la pensione di vecchiaia (come previsto dalla riforma Amato), ma anche per ridurre il numero di anni di versamento richiesti per questa prestazione (20 anni) o per il requisito anagrafico richiesto per l'accesso alla pensione di anzianità, in aggiunta a quello contributivo dei 35 anni di versamento.

·        L'estensione del Tfr anche ai dipendenti pubblici, estensione necessaria per finanziare anche nel comparto pubblico la previdenza integrativa.

·        Le pensioni di invalidità e reversibilità si riducono in presenza di altri redditi.

·         Le norme che disciplinano le pensioni ai superstiti Inps, si estendono anche nel pubblico impiego.

·        La legge prevede l’attivazione dei fondi pensionistici chiusi istituiti con i contratti nazionali di lavoro e identica nel tfr lo strumento base per il loro finanziamento.

·        I contributi pensionistici versati dal lavoratore e dall'azienda salgono dal 27% al 33% utilizzando i contributi per gli assegni familiari e mantenendo in vita il contributo Gescal che doveva scomparire alla fine dell'anno. 

La riforma Prodi legge 27 dicembre 1997, n. 449

Dopo l'accordo raggiunto tra Governo e sindacati sul nuovo assetto dello Stato sociale, sono state approvate dal Parlamento una serie di norme, contenute nella legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Finanziaria 1998), che modificano alcuni punti della riforma delle pensioni varata dal Governo Dini, inasprendo i requisiti per la pensione di anzianità e armonizzando i requisiti dei pensionamenti anticipati del pubblico impiego alla pensione di anzianità dell'Inps.

Le più importanti novità introdotte dal provvedimento legislativo sono:

  • accelerazione della fase transitoria che porta gradualmente, per i lavoratori dipendenti, al conseguimento della pensione di anzianità al possesso di 35 anni di contribuzione e un’età di almeno 57 anni.
  • esclusione da tale "accelerazione" per alcune categorie di lavoratori (operai ed equivalenti, i c.d. lavoratori "precoci", i lavoratori in mobilità e in cassa integrazione, i prosecutori volontari);
  • ridefinizione del programma di accesso alla pensione di anzianità per gli insegnanti;

·        possibilità di cumulare i trattamenti pensionistici di anzianità con i redditi da lavoro autonomo;

  • elevazione delle aliquote contributive a carico degli artigiani e i commercianti;
  • nuove procedure di individuazione delle "mansioni usuranti",

·        per tutte le forme pensionistiche obbligatorie, fissazione di un tetto massimo di 5 anni all'aumento dei periodi di servizio computabili ai fini pensionistici;

  • per i dipendenti pubblici, destinazione a previdenza complementare di una quota della aliquota contributiva relativa all'indennità di fine servizio

In precedenza erano stati approvati il decreto legislativo 564/96 che rivede la disciplina degli accrediti figurativi e estende le regole Inps agli altri Fondi; i decreti legislativi 181, 182 e 184, tutti del '97, che uniformano le regole degli altri Enti (in particolare l'Inpdai e l'Enpals) al modello Inps.

La Riforma Berlusconi delle pensioni votata al Senato (13-5-04)

Nel 2001 il governo Berlusconi ha proceduto alla verifica dell’andamento del sistema pensionistico e ha accertato che i “risparmi previsti nelle riforme del 1995 e 1997 sono stati superiori a quelli previsti. Nell’arco di 10 anni i risparmi attuati, con le riforme Dini e Prodi ossia minore spesa per le pensioni, sono stati di 108.000 miliardi di lire, 56 miliardi di euro.

Malgrado ciò, il 13-5-04 il Senato ha approvato il disegno di legge delega che affida al governo il compito di riscrivere le regole sulle pensioni. Il disegno di legge delega deve passare all’approvazione della Camera.

Dopo l’approvazione definitiva dei due rami del parlamento il governo è legittimato ad emanare entro 12 mesi i decreti legislativi per: liberalizzare l’età pensionabile; eliminare il divieto di cumulo pensione/reddito da lavoro; lo sviluppo della pensione complementare; la cumulabilità dei contributi versati nelle diverse gestioni.

Le modifiche introdotte: Pensione di vecchiaia

Sistema retributivo: fino al 2014 la pensione sarà erogata con i criteri attuali; 65 anni di età per gli uomini e 60 per le donne con un minimo di venti anni di contribuzione.

Sistema contributivo fino al 2007: età compresa tra 57 e 65 e almeno 5 anni di contribuzione o in alternativa 40 anni di contribuzione. Nel 2008-2009: 65 anni di età, 60 le donne, e 5 anni di contribuzione; in alternativa 60 anni e 35 anni di contributi oppure 40 anni di contributi. Nel 2010-2013: 65 anni di età, 60 le donne, e 5 anni di contribuzione; in alternativa 61 anni e 35 anni di contributi oppure 40 anni di contributi. Nel 2010-2013: 65 anni di età, 60 le donne, e 5 anni di contribuzione; in alternativa 62 anni e 35 anni di contributi oppure 40 anni di contributi.

Pensione di anzianità lavoratori dipendenti

Fino al 2007: Restano in vigore i criteri attualmente vigenti: 35anni di contributi+57anni di età; in alternativa 38 anni di contributi nel 2004 e 2005 e 39 anni di contributi nel 2006 e 2007 senza vincolo di età. E’ previsto, con data da definire, un bonus esentasse del 32,7% della retribuzione lorda per chi decide di ritardare il pensionamento. Restano valide anche le finestre di uscita vigenti 

Dal 2008 al 2009: uomini 60 anni di età e 35 anni di contributi; in alternativa 40 anni di contributi; Dal 2010 al 2013: 61 anni di età e 35 anni di contributi; in alternativa 40 anni di contributi; Dal 2014  62 anni di età e 35 di contributi; in alternativa 40 anni di contributi.

Donne dal 2008 al 2014: 57 + 35; con il calcolo contributivo obbligatorio;.

Resta valida la normativa attuale per i lavoratori posti in mobilità, con accordi sindacali stipulati entro il 1° marzo 2004 per un massimo di 10.000 domande.

Finestre di uscita

La legge modifica lo schema delle finestre d’uscita riducendole da quattro a due.

Lavoratori dipendenti:

·        requisito maturato entro il primo semestre e 57 anni entro il 31 dicembre dell’anno precedente: pensionamento il 1° gennaio dell’anno successivo.

·        requisito maturato entro il secondo semestre: pensionamento il 1° luglio dell’anno successivo.

La delega assegna al Governo la facoltà di individuare finestre diverse per quanti utilizzano il requisito dei quarant’anni di contributi.

Sistema di calcolo

Si applica il sistema retributivo per chi aveva al 31 Dicembre 1995 18 anni di contributi; si applica il sistema contributivo per gli assunti dopo tale data.

Si applica il sistema misto, retributivo per gli anni di contributi versati al 31/12/1995 e contributivo per i contributi versati successivamente, per chi aveva meno di 18 anni di contributi al 31/12/1995

Fondi pensione complementari

La legge votata al senato prevede il conferimento del tfr ai fondi pensione; il conferimento avverrà automaticamente se il lavoratore non esprimerà contrarietà al conferimento entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto delegato e entro sei mesi dall’assunzione per i neo assunti.

La legge prevede regole e controlli comuni per tutte le forme di previdenza complementare, dai fondi chiusi ed aperti alle polizze assicurative.

La legge delega approvata dal Senato ha nel decollo della previdenza integrativa uno dei suoi obiettivi principali con il trasferimento del Tfr ai fondi pensione.

Inoltre prevede l’innalzamento dei requisiti per poter accedere alla pensione, estende il criterio contributivo, gia introdotto dalla riforma Dini, per il calcolo della pensione

Con la privatizzazione parziale del sistema previdenziale, si sono spalancate le porte a quanti puntano a ridurre i salari e spostare ulteriormente la distribuzione del reddito a favore dei profitti. Le ragioni della previdenza integrativa vanno ricercate in interessi politici ed economici di parte.

Il mondo finanziario banche, assicurazioni, gestori puntano a contributi obbligatori e ad appropriarsi per intanto del tfr dei lavoratori ora gestito dalle imprese.

Con i fondi pensione cambia inoltre radicalmente il rapporto tra contributi previdenziali attualmente a carico delle imprese 82,8% e dei lavoratori 27,2%. Con i fondi chiusi il contributo a carico del lavoratore sale intorno al 70% e si riduce al 30% la parte a carico dell’impresa, percentuali destinare a peggiorare ulteriormente per il lavoratore con il passaggio del Tfr ai fondi.

La copertura dei fondi non è universalista e privilegia i lavoratori con retribuzioni elevate rinnegando l’obiettivo di fornire un reddito pensionistico adeguato a tutti i lavoratori. I lavoratori con retribuzioni medio basse non potranno pagarsi la previdenza integrativa e dovranno fare affidamento sulla sola previdenza pubblica

Con i fondi pensione si trasferirà sui redditi da pensione l’instabilità dei sistemi finanziari mondiali con il riproporsi del rischio di fallimento in cui sono storicamente incorsi i fondi pensione di natura privata o semiprivata in occasione di crisi inflattive o crolli borsistici o di guerre.

Eventi in tal senso si sono realizzati anche recentemente, i fondi nei paesi in cui sono in attività hanno subito dei veri tracolli compromettendo le pensioni di migliaia di lavoratori( PanAm- Enron ecc.)

       Anno

Rendimen.Fondi Chiusi

Rivalutazione Tfr

Diff. Tra Fondi e Tfr

      2000

        +3,55

           +3,54

         +0,01

      2001

         -0,50

           +3,20

          -3,70

      2002

         -2,80

           +3,50

          -6,30

      2003

        +5,00

           +3,20,

         +1,80

     Totale 4 anni 

Tot  .+5,25

  Tot. +13,44

   Tot. -8,19

Cancella i diritti degli esposti all’amianto. Dal 1° ottobre vengono ridotte le maggiorazioni da 1,50 a 1,25 per gli anni di esposizione all’amianto e, cosa ancor più grave, non saranno più utili ai fini dell’accesso alla pensione ma solo ai fini della misura della stessa. 

Scaricati sull’Inps 1.500 Mldi di passivo. Mentre è in corso la discussione sulla legge delega il Governo ha deciso di dare un contributo al conto economico dell’Inps trasferendovi il Fondo dirigenti con una passività di 1.500 Mldi.

Governo e Confindustria mentono sullo stato delle pensioni pubbliche.

  • la spesa pensionistica (compresa la copertura tfr che vale 1,5% sul Pil) rappresenta il 12,6% del Pil
  • due punti percentuali di tale spesa non vengono neanche visti dai pensionati in quanto diventano entrate dello stato per effetto del prelievo fiscale. La differente imposizione fiscale spiega da sola una spesa aggiuntiva di 1,6 punti di pil rispetto alla Germania e di 2,6 punti rispetto all’Inghilterra e agli Usa.
  • sulla spesa pensionistica gravano oneri, ancora oggi, di natura assistenziale e di ammortizzazione sociale non a carico dalla fiscalità generale es. l’integrazione al minino dei trattamenti che vale più del 1,3% del Pil.
  • l’area esente da tassazione per i pensionati è fissata a 7000 euro/anno e per i lavoratori dipendenti a 7500 euro/anno il che determina una maggior tassazione delle pensioni di 110 euro annui a parità di salario.
  • la precarizzazione dei rapporti di lavoro consente alle imprese di sostituire i lavoratori a contribuzione piena con lavoratori a contribuzione ridotta.

L’intero impianto della legge delega approvata dal Senato peggiora le condizioni dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, già duramente colpiti dalla stagnazione delle retribuzioni per più di dieci anni.

I lavoratori vengono ripetutamente attaccati, con la politica dei bassi salari, con l’aumento dei prezzi e poi con peggiori pensioni. Anche per questo è’ necessario abbandonare la scelta politica di assumere il PIL e la riduzione della previdenza pubblica come parametri di riferimento per affrontare la materia previdenziale e assumere in alternativa l’obbiettivo di garantire agli anziani un esistenza dignitosa all’interno di una comunità più solidale e solida in ogni suo aspetto.

Le ultime vicende confermano clamorosamente che la linea dei continui cedimenti da parte dei vertici confederali di cgil-cisl-uil alla linea neoliberista del padronato e del governo non fa’ altro che spianare la strada ai continui tentativi di scaricare sui pensionati e sui lavoratori i costi del mal governo e di tangentopoli, dopo aver ripetutamente sostenuto che le cure da cavallo propinate al sistema pensionistico pubblico avrebbero permesso la sopravivenza di quel sistema, oggi sono a discutere di altri tagli in nome di una gobba che si presenterebbe al 2025.

Un vero e proprio saccheggio dei contributi previdenziali versati dai lavoratori dipendenti

Per decenni quando cgil-cisl-uil e Confindustria amministravano l’Inps, si è operato un vero e proprio saccheggio dei contributi versati dai lavoratori dipendenti, senza questo l’Inps avrebbe oggi un patrimonio attivo di alcune centinaia di migliaia di miliardi di lire (alcune migliaia di miliardi di euro).

I contributi pensionistici versati dei lavoratori dipendenti sono stati utilizzati per interventi (sgravi contributivi alle imprese, pensioni dei lavoratori autonomi, l’integrazione al minimo, le pensioni sociali ecc.) che dovevano essere a carico della fiscalità generale.

Se la funzione principale da assegnare al sistema pensionistico pubblico è quella di assicurare a ciascun lavoratore il mantenimento del medesimo tenore di vita anche dopo il pensionamento, unitamente alla funzione assistenziale che mira ad assicurare a tutti gli anziani un reddito minimo di sussistenza non serve difendere l’esistente.

Cgil, Cisl e Uil sono impegnati a difendere la riforma delle pensioni del ’95, appoggiata dal centro sinistra, che ha prodotto la più grave devastazione del sistema previdenziale pubblico soprattutto attraverso la rottura dell’unità dei lavoratori con l’introduzione del contributivo per chi aveva meno di 18 anni di contributi nel ’95 e la stabilizzazione della spesa pensionistica nel rapporto con il prodotto interno lordo con verifiche periodiche sugli effetti dei “risparmi”.

La stabilizzazione della spesa pensionistica nel rapporto con il Pil determina un importo della pensione tanto più basso quanto maggiore è la speranza di vita al momento del pensionamento e in relazione all’ aumento del numero dei pensionati.

Il rapporto tra pensionati e occupati

Un argomento usato a sproposito per sostenere l’inevitabilità dei tagli alle pensioni è quello che è aumentata l’aspettativa di vita, come se fosse una colpa, e che il rapporto numerico tra lavoratori attivi e pensionati peggiora, tutto vero quello che è falsa è la ricetta proposta per affrontare i problemi che oggi si pongono per il sistema pensionistico pubblico. Alcune considerazioni che si possono fare:

1.      Aumenta l’età media di aspettativa di vita, 74 anni oggi per gli uomini che aumenteranno di 5 anni al 2050, ma l’aspettativa media di vita non è uguale per tutti (lavoratori o ricchi) si tratta della solita media del pollo.

  1. Occupati- Non c’è riduzione nel numero di coloro che sono disponibili al lavoro che potrebbero contribuire a migliorare il bilancio degli enti previdenziali, per non parlare del contributo miserevole che spesso sono costretti a dare due milioni di precari, non è solo questione dell’elevato livello della disoccupazione, ma anche delle attività ridicole che sono messe in moto da buona parte dei nuovi occupati, ma anche se cosi non fosse è pacifico che la misura della produttività sociale non dipende dal numero delle braccia.

3.      Produttività del lavoro, la diminuzione del numero degli occupati rispetto al numero dei pensionati è largamente compensata dall’aumento della produttività del lavoro che da anni finisce nelle tasche dei padroni.

Un progetto per battere Governo, Confindustria e il liberismo alla base delle scelte di Cgil-Cisl-Uil:

    • L’aumento delle pensioni in essere per garantire il diritto ad una vita dignitosa a tutti( 4 milioni di pensionati e invalidi percepiscono 402 euro mensili e 7.254.366 non raggiungono i 516 euro)
    • L’aggancio delle pensioni all’andamento reale dei prezzi e alla dinamica salariale
    • Il ripristino del calcolo retributivo per tutti per garantire continuità dei trattamenti salariali in godimento all’atto del pensionamento e ripristinare la solidarietà intergenerazionale.
    • Mantenimento delle pensioni di anzianità e rafforzamento delle misure a sostegno dei lavoratori precoci, dei lavori usuranti e dei lavoratori esposti all’amianto.
    • Piena disponibilità per i lavoratori del TFR con riduzione del prelievo fiscale, la costituzione di un Fondo pubblico presso l’INPS che assicuri ai lavoratori gli attuali criteri di utilizzo e di rivalutazione del proprio tfr e all’Ente un impiego più redditizio delle risorse accantonate con evidenti benefici per il sistema previdenziale pubblico
    • Un nuovo modello di finanziamento del sistema previdenziale pubblico basato anche sulla ricchezza che l’intero sistema crea.
    • Aumento e graduale parificazione dei contributi previdenziali per i co.co.co. artigiani e autonomi a quelli del lavoro dipendente. Copertura contributiva adeguata per tutti, anche nei periodi di precariato.
    • Esentare le pensioni dalle trattenute fiscali a partire dalle fasce di reddito meno elevate
    • Rendere effettiva la separazione tra assistenza e previdenza ponendo fine ad un uso improprio dei contributi previdenziali versati dai lavoratori dipendenti.
    • Attuare concretamente la lotta all’elusione e all’evasione contributiva (30 mdi annui di euro) rafforzando gli organici dei ruoli ispettivi.
    • Favorire una sostanziale omogeneità di trattamento per i dipendenti pubblici ai quali è applicato il rapporto di lavoro privato solo quando fa comodo.

In questo decenni si sono affermate idee e proposte assurde sul sistema pensionistico pubblico e si sono attuati tagli che non solo non sarebbero necessari, ma che contrastano con il mantenimento del livello di vita dei pensionati, con queste idee non solo si è determinato un impoverimento dei pensionati, ma un impoverimento nel quale siamo coinvolti tutti. Ogni taglio imposto ai pensionati non fa altro che ridurre il lavoro necessario.

 E’ infatti evidente che se il reddito degli stessi lavoratori dipende in parte dalla spesa degli anziani,con la cancellazione di questa spesa si cancella quel reddito, ciò vale ancor di più per i redditi futuri.

Un fenomeno sul quale vale la pena riflettere per le implicazioni riguardanti il modello di società che produce e la sua sostenibilità sul piano delle caratteristiche che imprime allo sviluppo economico oltre che dei valori di civiltà ad esso intrinseco.

E’ quindi indiscutibile che i lavoratori tutelando i pensionati, tutelino al tempo stesso se stessi, nel senso di garantire la conservazione del loro posto di lavoro, oltre che i trattamenti pensionistici attesi e anche le condizioni dell’esistenza dei loro figli e nipoti.

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