Cambiano i
governi ma non le scelte nei confronti del sistema
previdenziale pubblico. Non serve difendere l’esistente: con
la RdB/CUB per battere Governo,Confindustria e il liberismo
che è anche alla base delle scelte di Cgil-Cisl-Uil.
La
previdenza pubblica in atto prima della riforma Amato
la
legge 30 aprile 1969, n. 153,
i principi stabiliti possono così sintetizzarsi:
-
-abbandono
di ogni residua forma di capitalizzazione;
-
-perfezionamento della formula retributiva per il calcolo
della pensione, sia attraverso l’aumento del rapporto
pensione e retribuzione, che a partire dal 1976 è passato
all’80 per cento, sia attraverso il miglioramento dei
criteri di determinazione della retribuzione pensiona-bile,
erogazione della pen-sione sociale ai cittadini
ultra-sessantacinquenni, sprovvisti di tutela pensionistica
e reddito;
-
-istituzione della pensione di anzianità per coloro che
avevano trentacinque anni di contribuzione,
-
-perequazione automatica delle pensioni con rivalu-tazione
in base all’indice dei prezzi al consumo, dal 1975 è stato
introdotto anche l’aggancio automatico alla dinamica
salariale. Questo doppio aggancio ha permesso una tutela
effettiva del valore reale delle pensioni tra il 1975 ed il
1992, dopo di che l’aggancio automatico alla dinamica
salariale è stato soppresso.
La riforma
Amato
decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, interviene sia per
contenere il numero che l’importo delle pensioni:
-
Per
contenere il numero vengono bloccate le pensioni di
anzianità e innalzata l'età pensionabile fissata a 60 e 55
anni a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne; viene
aumentato il requisito minimo contributivo da 15 a 20 anni
per avere diritto alla pensione di vecchiaia
-
Per
ridurre l’importo
delle pensioni viene abolita l’indicizzazione delle pensioni
ai salari; allungato da 5 a 10 anni il periodo di
riferimento per la definizione della retribuzione utile per
il calcolo della pensione,
il mancato adeguamento delle pensioni alla dinamica dei
prezzi e delle retribuzioni determina ogni anno una
decurtazione delle pensioni in pagamento di circa il 2%.
-
L'armonizzazione della normativa tra pubblico
e privato.
-
"Sconti"
sull'età pensionabile in favore di chi è impegnato in
attività lavorative usuranti. I lavoratori, prevalentemente
occupati nelle attività particolarmente usuranti,
·
La modifica
dell'integrazione al trattamento minimo: il diritto al
"minimo" è legato, oltre che al reddito personale del
richiedente, anche al reddito del coniuge.
La riforma Amato/cgil-cisl-uil, attraverso
questi interventi, ha tagliato i trattamenti pensionistici
attesi al 2005 di circa 400.000 mdi di lire (206,58 mdi di
euro).
Inoltre la riforma Amato non ha compiutamente
realizzato la separazione della spesa assistenziale da quella
previdenziale per cui continuano a gravare sul fondo pensioni
oneri che dovrebbero essere a carico della fiscalità generale,
nessuna lotta all’evasione contributiva e favorito l’elusione
contributiva (salario esente da contribuzione, soci
cooperative, lavoro atipico, ecc.) tutti elementi che
continuano a incidere negativamente sulle entrate dell’Inps.
La riforma Dini legge 8
agosto 1995, n. 335
prevede
l’obiettivo della stabilizzazione della spesa pensionistica
nel rapporto con il prodotto interno lordo con verifiche
periodiche sugli effetti dei “risparmi “ decisi e ha gettato
le basi della riforma strutturale del sistema pensionistico,
con il passaggio dal calcolo della pensione con il metodo
retributivo a quello contributivo.
Il
sistema contributivo è un
criterio di calcolo delle pensioni che assume come base il
totale dei contributi accreditati durante la vita lavorativa e
rivalutati ogni anno sulla base del tasso di crescita medio
del PIL negli ultimi 5 anni. Si applica ai lavoratori che
iniziano a lavorare dal 1996, mentre per i lavoratori che
avevano più di 18 anni di contributi nel 1995 viene confermato
il sistema retributivo, agli altri il sistema
contributivo si applica pro
rata.
·
Per chi ha iniziato da pochi anni il lavoro le
pensioni che verranno percepite dopo 40 anni di attività e al
compimento del 65° anno di età oscilleranno tra il 40% e il
45% delle retribuzioni dell’ultimo periodo lavorativo
·
Il diritto alla pensione contributiva matura
con appena 5 anni di versamenti con la flessibilità dell’età
pensionabile, scelta dall’assicurato in una fascia che oscilla
tra i 57 e i 65 anni. I rendimenti previsti in base alla età
di pensionamento sono rivisti
ogni 10 anni in relazione alla aspettativa di vita media al
momento della pensione
·
Sono previsti anche incentivi a rimanere al
lavoro: la pensione «piena» è fissata a quota 65 anni, un
premio è previsto per chi lavora fino ai 67 anni. Non ci sarà
più distinzione di età pensionabile tra uomini e donne: per
tutti vale la fascia pensionabile 57-67 anni. La donna può
però avvalersi di periodi di abbuono sull'età pensionabile a
seconda del numero dei figli.
·
Abolizione delle pensioni di anzianità ecc.Nascono
inoltre le cosiddette "finestre d'uscita", cioè le uscite
programmate per la pensione di anzianità con la
graduale abolizione delle pensioni di anzianità, entro il
2008.
·
L’istituzione presso l’INPS di una apposita
gestione previdenziale autonoma (la cosiddetta "gestione
separata") a
cui sono obbligatoriamente iscritti i lavoratori autonomi
privi di una tutela previdenziale e i lavoratori
"indipendenti" soggetti alla ritenuta d’acconto.
·
Regole più
favorevoli per il pensionamento in favore di chi è impegnato
in attività lavorative usuranti: è possibile usufruire di
questo "bonus" non solo per "accorciare" l'eta' fissata per la
pensione di vecchiaia (come previsto dalla riforma Amato), ma
anche per ridurre il numero di anni di versamento richiesti
per questa prestazione (20 anni) o per il requisito anagrafico
richiesto per l'accesso alla pensione di anzianità, in
aggiunta a quello contributivo dei 35 anni di versamento.
·
L'estensione del Tfr anche ai dipendenti
pubblici, estensione necessaria per finanziare anche nel
comparto pubblico la previdenza integrativa.
·
Le pensioni di invalidità e reversibilità si
riducono in presenza di altri redditi.
·
Le norme che disciplinano le pensioni ai
superstiti Inps, si estendono anche nel pubblico impiego.
·
La legge prevede l’attivazione dei fondi
pensionistici chiusi istituiti con i contratti nazionali di
lavoro e identica nel tfr lo strumento base per il loro
finanziamento.
·
I contributi pensionistici versati dal
lavoratore e dall'azienda salgono dal 27% al 33% utilizzando i
contributi per gli assegni familiari e mantenendo in vita il
contributo Gescal che doveva scomparire alla fine dell'anno.
La riforma
Prodi
legge 27 dicembre 1997, n. 449
Dopo
l'accordo raggiunto tra Governo e sindacati sul nuovo assetto
dello Stato sociale, sono state approvate dal Parlamento una
serie di norme, contenute nella legge 27 dicembre 1997, n. 449
(Finanziaria 1998), che modificano alcuni punti della riforma
delle pensioni varata dal Governo Dini, inasprendo i requisiti
per la pensione di anzianità e armonizzando
i requisiti dei pensionamenti anticipati del pubblico impiego
alla pensione di anzianità dell'Inps.
Le più importanti novità introdotte dal
provvedimento legislativo sono:
-
accelerazione della fase transitoria che
porta gradualmente, per i lavoratori dipendenti, al
conseguimento della
pensione
di anzianità al possesso di 35 anni di contribuzione e
un’età di almeno 57 anni.
-
esclusione
da tale "accelerazione" per alcune categorie di lavoratori
(operai ed equivalenti, i c.d. lavoratori "precoci", i
lavoratori in mobilità e in cassa integrazione, i
prosecutori volontari);
-
ridefinizione del programma di accesso alla pensione di
anzianità per gli insegnanti;
·
possibilità di
cumulare i trattamenti pensionistici di anzianità con i
redditi da lavoro autonomo;
-
elevazione
delle aliquote contributive a carico degli artigiani e i
commercianti;
-
nuove
procedure di individuazione delle "mansioni usuranti",
·
per tutte le forme
pensionistiche obbligatorie, fissazione di un tetto massimo di
5 anni all'aumento dei periodi di servizio computabili ai fini
pensionistici;
-
per i
dipendenti pubblici, destinazione a previdenza complementare
di una quota della aliquota contributiva relativa
all'indennità di fine servizio
In
precedenza erano stati approvati il decreto legislativo 564/96
che rivede la disciplina degli accrediti figurativi e estende
le regole Inps agli altri Fondi; i decreti legislativi 181,
182 e 184, tutti del '97, che uniformano le regole degli altri
Enti (in particolare l'Inpdai e l'Enpals) al modello Inps.
La Riforma Berlusconi delle
pensioni votata al Senato (13-5-04)
Nel 2001 il governo Berlusconi ha proceduto
alla verifica dell’andamento del sistema pensionistico e ha
accertato che i “risparmi previsti nelle riforme del 1995 e
1997 sono stati superiori a quelli previsti.
Nell’arco di 10 anni i risparmi attuati, con le
riforme Dini e Prodi ossia minore spesa per le pensioni, sono
stati di 108.000 miliardi di lire, 56 miliardi di euro.
Malgrado ciò, il 13-5-04 il
Senato ha approvato il disegno di legge delega che affida al
governo il compito di riscrivere le regole sulle pensioni. Il
disegno di legge delega deve passare all’approvazione della
Camera.
Dopo l’approvazione
definitiva dei due rami del parlamento il governo è
legittimato ad emanare entro 12 mesi i decreti legislativi
per: liberalizzare l’età pensionabile; eliminare il divieto di
cumulo pensione/reddito da lavoro; lo sviluppo della pensione
complementare; la cumulabilità dei
contributi versati nelle diverse gestioni.
Le modifiche introdotte: Pensione di vecchiaia
Sistema
retributivo: fino al 2014
la pensione sarà erogata con i criteri attuali; 65 anni di età
per gli uomini e 60 per le donne con un minimo di venti anni
di contribuzione.
Sistema
contributivo fino al 2007:
età compresa tra 57 e 65 e almeno 5 anni di contribuzione o in
alternativa 40 anni di contribuzione. Nel
2008-2009:
65 anni di età, 60 le donne, e 5 anni di contribuzione; in
alternativa 60 anni e 35 anni di contributi oppure 40 anni di
contributi. Nel
2010-2013: 65
anni di età, 60 le donne, e 5 anni di contribuzione; in
alternativa 61 anni e 35 anni di contributi oppure 40 anni di
contributi. Nel
2010-2013:
65 anni di età, 60 le donne, e 5 anni di contribuzione; in
alternativa 62 anni e 35 anni di contributi oppure 40 anni di
contributi.
Pensione di anzianità lavoratori dipendenti
Fino al 2007:
Restano in vigore i criteri attualmente vigenti: 35anni di
contributi+57anni di età; in alternativa 38 anni di contributi
nel 2004 e 2005 e 39 anni di contributi nel 2006 e 2007 senza
vincolo di età. E’ previsto, con data da definire, un bonus
esentasse del 32,7% della retribuzione lorda per chi decide di
ritardare il pensionamento. Restano valide anche le finestre
di uscita vigenti
Dal 2008 al
2009:
uomini 60 anni di età e 35 anni di contributi; in alternativa
40 anni di contributi; Dal 2010 al 2013: 61 anni di età
e 35 anni di contributi; in alternativa 40 anni di contributi;
Dal 2014 62 anni di età e 35 di contributi; in
alternativa 40 anni di contributi.
Donne dal
2008 al 2014: 57 + 35; con il calcolo contributivo
obbligatorio;.
Resta valida
la normativa attuale per i lavoratori posti in mobilità, con
accordi sindacali stipulati entro il 1° marzo 2004 per un
massimo di 10.000 domande.
Finestre di uscita
La legge
modifica lo schema delle finestre d’uscita riducendole da
quattro a due.
Lavoratori
dipendenti:
·
requisito maturato entro il primo semestre e 57
anni entro il 31 dicembre dell’anno precedente: pensionamento
il 1° gennaio dell’anno successivo.
·
requisito maturato entro il secondo semestre:
pensionamento il 1° luglio dell’anno successivo.
La delega
assegna al Governo la facoltà di individuare finestre diverse
per quanti utilizzano il requisito dei quarant’anni di
contributi.
Sistema di calcolo
Si applica
il sistema retributivo per chi aveva al 31 Dicembre 1995 18
anni di contributi; si applica il sistema contributivo per gli
assunti dopo tale data.
Si applica
il sistema misto, retributivo per gli anni di contributi
versati al 31/12/1995 e contributivo per i contributi versati
successivamente, per chi aveva meno di 18 anni di contributi
al 31/12/1995
Fondi pensione complementari
La legge
votata al senato prevede il conferimento del tfr ai fondi
pensione; il conferimento avverrà automaticamente se il
lavoratore non esprimerà contrarietà al conferimento entro sei
mesi dall’entrata in vigore del decreto delegato e entro sei
mesi dall’assunzione per i neo assunti.
La legge
prevede regole e controlli comuni per tutte le forme di
previdenza complementare, dai fondi chiusi ed aperti alle
polizze assicurative.
La legge delega approvata dal
Senato ha nel decollo della previdenza integrativa uno dei
suoi obiettivi principali con il trasferimento del Tfr ai
fondi pensione.
Inoltre prevede l’innalzamento dei requisiti
per poter accedere alla pensione, estende il criterio
contributivo, gia introdotto dalla riforma Dini, per il
calcolo della pensione
Con la
privatizzazione parziale del sistema previdenziale, si sono
spalancate le porte a quanti puntano a ridurre i salari e
spostare ulteriormente la distribuzione del reddito a favore
dei profitti. Le ragioni della previdenza integrativa vanno
ricercate in interessi politici ed economici di parte.
Il mondo
finanziario banche, assicurazioni, gestori puntano a
contributi obbligatori e ad appropriarsi per intanto del tfr
dei lavoratori ora gestito dalle imprese.
Con i fondi
pensione cambia inoltre radicalmente il rapporto tra
contributi previdenziali attualmente a carico delle imprese
82,8% e dei lavoratori 27,2%. Con i fondi chiusi il contributo
a carico del lavoratore sale intorno al 70% e si riduce al 30%
la parte a carico dell’impresa, percentuali destinare a
peggiorare ulteriormente per il lavoratore con il passaggio
del Tfr ai fondi.
La copertura
dei fondi non è universalista e privilegia i lavoratori con
retribuzioni elevate rinnegando l’obiettivo di fornire un
reddito pensionistico adeguato a tutti i lavoratori. I
lavoratori con retribuzioni medio basse non potranno pagarsi
la previdenza integrativa e dovranno fare affidamento sulla
sola previdenza pubblica
Con i fondi
pensione si trasferirà sui redditi da pensione l’instabilità
dei sistemi finanziari mondiali con il riproporsi del rischio
di fallimento in cui sono storicamente incorsi i fondi
pensione di natura privata o semiprivata in occasione di crisi
inflattive o crolli borsistici o di guerre.
Eventi in
tal senso si sono realizzati anche recentemente, i fondi nei
paesi in cui sono in attività hanno subito dei veri tracolli
compromettendo le pensioni di migliaia di lavoratori( PanAm-
Enron ecc.)
Anno |
Rendimen.Fondi
Chiusi |
Rivalutazione Tfr |
Diff.
Tra Fondi e Tfr |
2000 |
+3,55 |
+3,54 |
+0,01 |
2001 |
-0,50 |
+3,20 |
-3,70 |
2002 |
-2,80 |
+3,50 |
-6,30 |
2003 |
+5,00 |
+3,20, |
+1,80 |
Totale 4 anni |
Tot .+5,25 |
Tot. +13,44 |
Tot. -8,19 |
Cancella i
diritti degli esposti all’amianto.
Dal 1° ottobre vengono ridotte le maggiorazioni da 1,50 a 1,25
per gli anni di esposizione all’amianto e, cosa ancor più
grave, non saranno più utili ai fini dell’accesso alla
pensione ma solo ai fini della misura della stessa.
Scaricati
sull’Inps 1.500 Mldi di passivo.
Mentre è in corso la discussione sulla legge delega il Governo
ha deciso di dare un contributo al conto economico dell’Inps
trasferendovi il Fondo dirigenti con una passività di 1.500
Mldi.
Governo e
Confindustria mentono sullo stato delle pensioni pubbliche.
-
la spesa
pensionistica (compresa la copertura tfr che vale 1,5% sul
Pil) rappresenta il 12,6% del Pil
-
due punti
percentuali di tale spesa non vengono neanche visti dai
pensionati in quanto diventano entrate dello stato per
effetto del prelievo fiscale. La differente imposizione
fiscale spiega da sola una spesa aggiuntiva di 1,6 punti di
pil rispetto alla Germania e di 2,6 punti rispetto
all’Inghilterra e agli Usa.
-
sulla
spesa pensionistica gravano oneri, ancora oggi, di natura
assistenziale e di ammortizzazione sociale non a carico
dalla fiscalità generale es. l’integrazione al minino dei
trattamenti che vale più del 1,3% del Pil.
-
l’area
esente da tassazione per i pensionati è fissata a 7000
euro/anno e per i lavoratori dipendenti a 7500 euro/anno il
che determina una maggior tassazione delle pensioni di 110
euro annui a parità di salario.
-
la
precarizzazione dei rapporti di lavoro consente alle imprese
di sostituire i lavoratori a contribuzione piena con
lavoratori a contribuzione ridotta.
L’intero
impianto della legge delega approvata dal Senato peggiora le
condizioni dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, già
duramente colpiti dalla stagnazione delle retribuzioni per più
di dieci anni.
I lavoratori
vengono ripetutamente attaccati, con la politica dei bassi
salari, con l’aumento dei prezzi e poi con peggiori pensioni.
Anche per questo è’ necessario abbandonare la scelta
politica di assumere il PIL e la riduzione della previdenza
pubblica come parametri di riferimento per affrontare la
materia previdenziale e assumere in alternativa l’obbiettivo
di garantire agli anziani un esistenza dignitosa all’interno
di una comunità più solidale e solida in ogni suo aspetto.
Le ultime
vicende confermano clamorosamente che la linea dei continui
cedimenti da parte dei vertici confederali di cgil-cisl-uil
alla linea neoliberista del padronato e del governo non fa’
altro che spianare la strada ai continui tentativi di
scaricare sui pensionati e sui lavoratori i costi del mal
governo e di tangentopoli, dopo aver ripetutamente sostenuto
che le cure da cavallo propinate al sistema pensionistico
pubblico avrebbero permesso la sopravivenza di quel sistema,
oggi sono a discutere di altri tagli in nome di una gobba che
si presenterebbe al 2025.
Un vero e proprio saccheggio
dei contributi previdenziali versati dai lavoratori dipendenti
Per decenni
quando cgil-cisl-uil e Confindustria amministravano l’Inps, si
è operato un vero e proprio saccheggio dei contributi versati
dai lavoratori dipendenti, senza questo l’Inps avrebbe oggi un
patrimonio attivo di alcune centinaia di migliaia di miliardi
di lire (alcune migliaia di miliardi di euro).
I contributi
pensionistici versati dei lavoratori dipendenti sono stati
utilizzati per interventi (sgravi contributivi alle imprese,
pensioni dei lavoratori autonomi, l’integrazione al minimo, le
pensioni sociali ecc.) che dovevano essere a carico della
fiscalità generale.
Se la
funzione principale da assegnare al sistema pensionistico
pubblico è quella di assicurare a ciascun lavoratore il
mantenimento del medesimo tenore di vita anche dopo il
pensionamento, unitamente alla funzione assistenziale che mira
ad assicurare a tutti gli anziani un reddito minimo di
sussistenza non serve difendere l’esistente.
Cgil, Cisl e
Uil sono impegnati a difendere la riforma delle pensioni del
’95, appoggiata dal centro sinistra, che ha prodotto la più
grave devastazione del sistema previdenziale pubblico
soprattutto attraverso la rottura dell’unità dei lavoratori
con l’introduzione del contributivo per chi aveva meno di 18
anni di contributi nel ’95 e la stabilizzazione della spesa
pensionistica nel rapporto con il prodotto interno lordo con
verifiche periodiche sugli effetti dei “risparmi”.
La
stabilizzazione della spesa pensionistica nel rapporto con il
Pil determina un importo della pensione tanto più basso quanto
maggiore è la speranza di vita al momento del pensionamento e
in relazione all’ aumento del numero dei pensionati.
Il rapporto tra pensionati e
occupati
1.
Aumenta l’età media
di aspettativa di vita, 74 anni oggi per gli uomini che
aumenteranno di 5 anni al 2050, ma l’aspettativa media di vita
non è uguale per tutti (lavoratori o ricchi) si tratta della
solita media del pollo.
-
Occupati-
Non c’è riduzione nel numero di coloro che sono disponibili
al lavoro che potrebbero contribuire a migliorare il
bilancio degli enti previdenziali, per non parlare del
contributo miserevole che spesso sono costretti a dare due
milioni di precari, non è solo questione dell’elevato
livello della disoccupazione, ma anche delle attività
ridicole che sono messe in moto da buona parte dei nuovi
occupati, ma anche se cosi non fosse è pacifico che la
misura della produttività sociale non dipende dal numero
delle braccia.
3.
Produttività del lavoro,
la diminuzione del numero degli occupati rispetto al numero
dei pensionati è largamente compensata dall’aumento della
produttività del lavoro che da anni finisce nelle tasche dei
padroni.
Un progetto
per battere Governo, Confindustria e il liberismo alla base
delle scelte di Cgil-Cisl-Uil:
-
L’aumento delle pensioni in essere per garantire il
diritto ad una vita dignitosa a tutti( 4 milioni di
pensionati e invalidi percepiscono 402 euro mensili e
7.254.366 non raggiungono i 516 euro)
-
L’aggancio delle pensioni all’andamento reale dei prezzi e
alla dinamica salariale
-
Il
ripristino del calcolo retributivo per tutti per garantire
continuità dei trattamenti salariali in godimento all’atto
del pensionamento e ripristinare la solidarietà
intergenerazionale.
-
Mantenimento delle pensioni di anzianità e rafforzamento
delle misure a sostegno dei lavoratori precoci, dei lavori
usuranti e dei lavoratori esposti all’amianto.
-
Piena
disponibilità per i lavoratori del TFR con riduzione del
prelievo fiscale, la costituzione di un Fondo pubblico
presso l’INPS che assicuri ai lavoratori gli attuali
criteri di utilizzo e di rivalutazione del proprio tfr e
all’Ente un impiego più redditizio delle risorse
accantonate con evidenti benefici per il sistema
previdenziale pubblico
-
Un nuovo
modello di finanziamento del sistema previdenziale
pubblico basato anche sulla ricchezza che l’intero sistema
crea.
-
Aumento
e graduale parificazione dei contributi previdenziali per
i co.co.co. artigiani e autonomi a quelli del lavoro
dipendente. Copertura contributiva adeguata per tutti,
anche nei periodi di precariato.
-
Esentare
le pensioni dalle trattenute fiscali a partire dalle fasce
di reddito meno elevate
-
Rendere
effettiva la separazione tra assistenza e previdenza
ponendo fine ad un uso improprio dei contributi
previdenziali versati dai lavoratori dipendenti.
-
Attuare
concretamente la lotta all’elusione e all’evasione
contributiva (30 mdi annui di euro) rafforzando gli
organici dei ruoli ispettivi.
-
Favorire
una sostanziale omogeneità di trattamento per i dipendenti
pubblici ai quali è applicato il rapporto di lavoro
privato solo quando fa comodo.
In questo
decenni si sono affermate idee e proposte assurde sul sistema
pensionistico pubblico e si sono attuati tagli che non solo
non sarebbero necessari, ma che contrastano con il
mantenimento del livello di vita dei pensionati, con queste
idee non solo si è determinato un impoverimento dei
pensionati, ma un impoverimento nel quale siamo coinvolti
tutti. Ogni taglio imposto ai pensionati non fa altro che
ridurre il lavoro necessario.
E’ infatti
evidente che se il reddito degli stessi lavoratori dipende in
parte dalla spesa degli anziani,con la cancellazione di questa
spesa si cancella quel reddito, ciò vale ancor di più per i
redditi futuri.
Un fenomeno sul quale vale la pena riflettere
per le implicazioni riguardanti il modello di società che
produce e la sua sostenibilità sul piano delle caratteristiche
che imprime allo sviluppo economico oltre che dei valori di
civiltà ad esso intrinseco.
E’ quindi
indiscutibile che i lavoratori tutelando i pensionati,
tutelino al tempo stesso se stessi, nel senso di garantire la
conservazione del loro posto di lavoro, oltre che i
trattamenti pensionistici attesi e anche le condizioni
dell’esistenza dei loro figli e nipoti. |