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NUOVE TABELLE, VECCHIE PORCHERIE

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In questi giorni gli Organi centrali hanno comunicato la nuova consistenza organica scaturente dalla decurtazione del 5% della spesa per il personale previsto in finanziaria e, di conseguenza, i vari comandi,  portano alla discussione la loro proposta di nuove tabelle organiche.

            Ci pare che questa circostanza sia colta dai responsabili, congiuntamente ai vari zerbini confederali, per una squallida resa dei conti dal vago sapore punitivo; le “grandi manovre” per schierare i propri “pupilli” in posizioni quanto più alte possibile, passando sulla testa di tutti gli altri, fervono da tempo e trovano l’incrocio giusto nei prossimi processi di riqualificazione (corsi concorsi) nello svolgimento dei quali, siamo convinti, assisteremo all’ennesimo assalto alla diligenza.

A questo quadro disastroso si aggiunge l’insopportabile arroganza di taluni dirigenti e di taluni sindacati che, mano nella mano, pianificano i destini di quei poveri cristi troppo poco importanti da essere tutelati, quelli che essi chiamano “palle al piede”.

Costoro, non soddisfatti del potere che già hanno, che gli consente di fare e disfare a piacimento spostando la gente scomoda, marginalizzandola ed escludendola da qualsiasi beneficio, oggi si lamentano di non poter licenziare direttamente!

Un vero e proprio comportamento da padrone delle ferriere, reso  più squallido dal fatto che loro, grandi dirigenti, non sono sottoposti al giudizio di un Consiglio di Amministrazione o di una Assemblea di Soci cui rendere conto come i manager privati, non rischiano capitali propri e non gli basta ancora, vogliono pure licenziarci: che bello fare il manager così!

Il modello organizzativo delineato da Taylor non è mai morto, vive e si riproduce rigoglioso in questo settore del Pubblico Impiego improntando le relazioni interne all’azienda secondo il modello gerarchico, con scarsissima attenzione ai problemi del dipendente; disuguaglianza e ingiustizia, vere costanti del modo di interpretare la dirigenza in questo ministero, in perenne ritardo coi tempi, si sposa ad un modo di intendere la rappresentanza sindacale come svendita dei diritti dei rappresentati,

La legittimazione di questo ceto sindacale consiste in uno scambio che garantisca una renumerativa rendita di posizione per loro, contro la possibilità di avere le mani libere per la contro parte, naturalmente in questo do ut des c’è sempre una aliquota di lavoratori da sacrificare…e sono la maggioranza.

Questa è l’aria che tira, questa la prospettiva per i prossimi anni, d’altronde il precariato nella P.A. avanza a passi da gigante, la legge 30 e tutti gli ammennicoli  accuratamente pianificati (per meglio dire: concertati) per disgregare la coscienza di classe dei lavoratori, sono anche troppi e troppo potenti per essere affrontati in ordine sparso.

Occorre ricostruire un tessuto di partecipazione vera e militante, guardare in volto la realtà, assumersi delle responsabilità, per se stessi e per quelli che verranno, trovare la forza di ribellarsi a questo stato di cose ingiusto.

            Occorre uscire dalla prigione invisibile che, per anni ci hanno costruito intorno, è ora di smetterla di mendicare favori, è ora di lottare per il proprio diritto ad un posto di lavoro dignitoso e pari opportunità di miglioramento salariale per tutti, si può fare, siamo qui a testimoniarlo, lo testimoniano le nostre lotte passate e lo faranno quelle future: lamentarsi non serve, la lotta paga.

            “Se sogni da solo è solo un sogno, se sogni con gli altri è la realtà che comincia.”

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