Oggi, 9 novembre, presso il Dipartimento della Funzione Pubblica si è svolto un incontro tra il ministero e le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative nel pubblico impiego circa gli schemi di DPCM per l’attribuzione delle risorse alle regioni a seguito del decentramento delle funzioni dello stato.
Se qualcuno poteva avere qualche dubbio sulla vera natura della riforma Bassanini questo incontro è servito a fugarlo definitivamente.
Infatti quando si comincia a parlare di soldi vengono fuori i veri problemi che questa pseudo-riforma della pubblica amministrazione vuole affrontare e cioè scaricare interi servizi di rilevanza sociale alle autonomie locali che poi penseranno a smantellare, privatizzare o ignorare.
Quindi le roboanti parole del dott. Pajno (Commissario straordinario del governo per il completamento del federalismo amministrativo), tese a incensare la riforma con continui richiami all’efficienza e alla maggiore vicinanza della pubblica amministrazione ai cittadini, non ci convincono minimamente.
Sì perché quando si è trattato di venire al dunque si è parlato solo di numeri: soldi e personale da trasferire, senza tenere conto che dietro quei numeri ci sono funzioni, servizi alla cittadinanza, professionalità e esperienza.
A quei numeri non corrispondono infatti i profili professionali necessari per continuare ad assicurare la qualità dei servizi; a seconda di come sono andate le trattative con le singole regioni si sono usati criteri più o meno restrittivi; il personale da trasferire alle regioni non ha alcuna garanzia di passaggi di livello che riconoscano la professionalità acquisita; la mobilità che si innesca dovrebbe essere su base provinciale ma non è detto; i ministeri centrali stanno andando nel pallone e non sanno che pesci prendere; le regioni ancora non hanno determinato le sedi provinciali in cui dovrebbero essere trasferiti i lavoratori.
La RdB, che fin dall’inizio ha criticato l’impianto della riforma avendola intesa come una riforma che penalizza sia i cittadini-utenti che i dipendenti statali, nello specifico ha denunciato la mancanza di chiarezza sui contingenti di personale da trasferire (qualifiche e sedi) e ha rilanciato pesantemente il problema della riqualificazione del personale che dovrà transitare e che perderà, stante così le cose, sia il treno dei passaggi di livello dei vari ministeri sia i passaggi di livello nelle autonomie locali.
La Funzione Pubblica ha replicato impegnandosi ad emanare una direttiva ai ministeri sulla mobilità e uno schema di domanda di opzione, di individuare con le regioni oltre che i numeri anche le professionalità e di istituire un tavolo di confronto con le confederazioni sui problemi che insorgeranno nei processi di mobilità; mentre per ciò che riguarda i processi di riqualificazione non è andata oltre un generico quanto inconsistente impegno a segnalare alle regioni la alta qualità professionale dei singoli dipendenti trasferiti.
La RdB, come pure i lavoratori, sono insoddisfatti di queste modalità che non garantiscono nulla e nessuno, salvo gli interessi di chi ha deciso di dismettere tutto ciò che è pubblico.
Invitiamo tutti i lavoratori delle amministrazioni interessate a questi processi di mobilità ad organizzarsi e far valere, attraverso la RdB, i propri diritti su tutti i tavoli di trattativa (sui posti di lavoro, al ministero, alla Funzione Pubblica, alla regione).