COMPARTO MINISTERI

CCNL BIENNIO ECONOMICO 2000 – 2001

 

NON VOGLIAMO L’ELEMOSINA !

La firma definitiva della preintesa per il rinnovo del biennio economico sottoscritta il 19 gennaio scorso tra l'ARAN e le OO.SS. Cgil, Cisl, Uil e Confsal non modifica le quantità di risorse nè la loro distribuzione già concordata nell'accordo prenatalizio.

Tutto questo nonostante nel frattempo siano intervenuti fatti che avrebbero dovuto indurre a maggiore attenzione sia l'Aran che i sindacati firmatari, ma questo non è stato.

Tutto questo a dimostrazione - se ce ne fosse ancora bisogno – di quanto i loro interessi siano più vicini alla politica che ai lavoratori.

Le dichiarazioni governative, circa l'aumentata ricchezza prodotta nel paese, la diminuzione del debito pubblico, il buon andamento della bilancia commerciale, dovevano far ritenere doverosa una redistribuzione più equa con benefici sui salari invertendo cosi una tendenza che in dieci anni ha di fatto impoverito milioni di famiglie, non hanno invece sortito alcun effetto.

Sia la Finanziaria che la direttiva del ministro della Funzione Pubblica, Bassanini, però, indicavano nell’1,2% per il 2000 e 1,7 % per il 2001 l'unico aumento disponibile per gli statali quando già l'inflazione reale galoppava al 2,8 %.

I fatti nuovi, inoltre, sono stati all’inizio dell’anno l'aumento delle tariffe e dei servizi ben oltre la soglia dell’inflazione programmata - Luce, acqua, gas, servizio postale, biglietti ferroviari, ecc. hanno avuto in questo periodo aumenti che vanno dal 5 al 10 % e oltre. Risulta evidente che i profitti sono al di fuori delle regole invece imposte ai salari.

Oltre a questo, i paladini della politica dei redditi (Cgil, Cisl e Uil) sostenevano aumenti che sforavano i tetti stabiliti con il governo e confindustria ma solo per alcune categorie. Nella piattaforma dei metalmeccanici chiedono il 4,5 % di aumento, per i medici del comparto Sanità hanno già ottenuto il “misero” aumento di 1.500.000 lire al mese, per le forze armate e di polizia già si parla di 300.000 lire di aumento, mentre i colleghi del parastato, la cui preintesa è stata firmata nella stessa notte di quella degli statali non si capisce come siano arrivate 32.000 lire in più, che è una miseria, ma che denota come il tentativo di dividere i lavoratori sia stato mai così sfacciato.

Sia chiaro, se è il caso di ribadirlo, che questo ragionamento non è affatto conflittuale nei confronti delle altre categorie di lavoratrici e lavoratori, dei cui aumenti salariali siamo ben felici, ma servono unicamente per sottolineare una volta di più le gestioni, corporative, di chi fa due pesi e due misure.

Nel preaccordo, in una nota a verbale, i sindacati firmatari dichiaravano solennemente di riaprire la trattativa qualora si fossero verificati accordi più vantaggiosi per altre categorie. E ora?

Ne frattempo, nella relazione tecnica di accompagnamento alla Finanziaria , il governo, in merito al famigerato articolo 51, comma 3 (in precedenza art.33, comma 2) che abolisce il diritto alla maggiorazione RIA calcolata al 31.12.93, esalta tale disposizione che farebbe risparmiare alle casse dello Stato ben 1001 miliardi.

Se pensiamo che gli stanziamenti in Finanziaria per i rinnovi dei contratti pubblici non arrivano a 1000 miliardi, ci rendiamo conto che il contratto di tutto il pubblico impiego è stato pagato con il furto ai danni degli stessi dipendenti pubblici. E dobbiamo anche ringraziare per un contratto a perdere !

Ma veniamo ai contenuti e alle mistificazioni di questa preintesa che ha un forte sapore pre-elettorale.

Pur essendo scaduto il vecchio contratto da oltre un anno, casualmente si pensa ora di rinnovarlo in fretta e furia per fare arrivare i "favolosi" aumenti con tanto di arretrati proprio per la vigilia delle elezioni politiche di primavera. Trucchi da “prima repubblica”, che non è mai diventata “seconda”.

Il primo capitolo si apre sugli "Aumenti della retribuzione base" rimandando ad una Tabella A gli aumenti tabellari previsti e che vanno per il 2000 da 30.000 lire al mese per un terzo livello alle 47.000 di un nono livello a partire dal 1° luglio - quindi quell' l,2 % di aumento si riduce allo 0,6 % se calcolato su base annua - e per il 2001 aumenti a partire da 51.000 lire fino a 79.000 lire per il nono livello.

Anche l'indennità di amministrazione subisce un incremento che per il 2000 - a far conto sempre da luglio, oscilla dalle 9.000 lire per il terzo alle 18.000 lire per il nono e per il 2001 favolosi aumenti da 4.000 lire sempre al terzo a 8.000 lire per il nono.

A questi aumenti si aggiungono (bontà loro) ulteriori 16.000 lire mensili per 12 mesi a decorrere dal 2001 destinate all'incremento del F.U.A.

Il resto sono truffe e inganni. Mentono sapendo di mentire,

Infatti:

·   i risparmi sulla RIA del personale cessato dal servizio che vengono "concessi" per il salario accessorio sono già normati in tal senso dai precedenti contratti che hanno istituito tali competenze (DPR 49/87, DPR 44/90);.

·   concessi anche i risparmi dei fondi utilizzati per le posizioni Super o passaggi di livello nell'area del personale cessato dal servizio (già ampiamente previsto dal CCNL 1998-2001);

·   concessi i risparmi derivanti dalla riduzione di personale (ma non era già previsto dalla Finanziaria 2000?);

·   e per ultimo, ma non per sfacciataggine, si fa passare per "incremento contrattuale" la riduzione del 5 % del fondo per gli straordinari da far confluire nel F.U.A. ma queste risorse.sono già iscritte al capitoli di spesa per il personale nelle singole amministrazioni e non sono, come ingenuamente vorrebbero farci credere, soldi freschi che incrementano le retribuzioni ma piuttosto una minestra riscaldata e condita con molte bugie e tanta faccia tosta.

Per cui rifacendoci due conti sulla base di quanto abbiamo analizzato possiamo dire che a regime (fine 2001) l'incremento mensile medio lordo procapite - calcolato sul sesto livello per avere il raffronto immediato. con le cifre da loro diffuse - equivale a L.36.000 + 60.000 + 15.000 + 16.000 = 130.000 contro le 154.000 lire della propaganda di cgil, cisl e uil (e non dimentichiamo i finti autonomi della confsal).

A queste cifre bisogna sottrarre le ritenute fiscali e previdenziali, comunque niente preoccupazioni la tazzina di caffè è garantita.

Leggendo poi l'articolo 8 si capisce l'accanimento dei firmatari per magnificare, e quindi far accettare, questo contratto:

si introduce la previdenza integrativa (leggi pensione privata) con un accantonamento dell'1% della massa salariale del comparto gestita - indovinate da chi ? - da quei stessi firmatari (o assicurazioni e finanziarie a loro collegati).

Dal 1990, anno in cui, a seguito di una proposta di legge presentata dalla CGIL e subito appoggiata dagli altri “compari”, è partito il processo di privatizzazione del rapporto di lavoro di pubblico impiego – il D.Lvo 29/1993 e le sue successive modifiche – la tanto esaltata logica della concertazione ha prodotto un mostro dopo l’altro: diritti perduti, salari taglieggiati, professionalità mai riconosciuta, introduzione della flessibilità, smantellamento del sistema pensionistico, mobilità tra comparti (e si prevede anche verso l’esterno del Pubblico Impiego e “deportazioni” territoriali) …

Risulta ormai chiaro che con questo processo chi firma questi accordi truffa tende solo a garantirsi fette di potere, a partire dai finanziamenti dello stato per i servizi, che tra l’altro vengono tolti al Pubblico Impiego per assegnarli in esclusiva – o quasi – alle centrali sindacali, fino a giungere e questi sono i veri “trenta denari” degli anni ’90, la gestione della Previdenza Integrativa.

Un accordo come quello che commentiamo è una vergogna assoluta e siamo convinti che nessuno si senta rappresentato da chi invece si arroga il diritto di assumere scelte per tutti.

Per questo proponiamo a tutti le delegate e i delegati RSU, di qualsiasi “colore”, di riappropriarsi del ruolo di rappresentanza che gli è proprio e organizzare un referendum all’interno degli uffici per sapere cosa ne pensano lavoratrici e lavoratori dell’elemosina elargita.

Vogliamo e dobbiamo rimettere al centro del dibattito la questione salariale, intesa non solo come vertenza per aumenti contrattuali adeguati al recupero del potere di acquisto degli stipendi ma anche come proposta politica di una diversa redistribuzione della ricchezza prodotta nel Paese che, da anni, destina al salario del lavoro dipendente parti sempre più residuali. Si giunge all’assurdo di questo contratto che non solo non incrementa realmente i salari ma che, tagliando i diritti dei lavoratori (vedi RIA), riesce pure a ricavare ulteriori risparmi.

 

ABBIAMO PAGATO CARA L’’EUROPA

ORA VOGLIAMO SALARI EUROPEI

 

Roma ,10 febbraio 2001

Per Federazione RdB-PI

Pietro Falanga/ Giuliano Greggi