NEW YORK 11 settembre
Attoniti, solidali e preoccupati

Il barbaro attentato portato a compimento la scorsa settimana a New York ci ha lasciato attoniti, senza parole. Perché ha stroncato la vita di migliaia di persone che avevano la sola “colpa” di lavorare in un luogo individuato come obiettivo simbolico, da parte di un terrorismo la cui ferocia non ha precedenti.

 

La nostra solidarietà va a tutte le lavoratrici e i lavoratori vittime di colpe non loro. Vittime sia dell’atto terroristico, che di un sistema produttivo, che, come stiamo già vedendo in questi giorni, con i 13.000 posti in esubero subito dichiarati dalla Ford, proprio a loro farà pagare la prevista recessione.

 

Siamo molto preoccupati per quello che adesso potrebbe accadere. Abbiamo sentito troppo, in questi giorni, pronunciare la parola giustizia con una tono che la faceva apparire troppo simile alla parola vendetta. La guerra non è mai “santa”. La guerra non è mai giusta. E con tutto il rispetto che queste vittime meritano, non vorremmo che da questa situazione ne derivassero altre. Vorremmo anche che le migliaia di vittime oscure perché non passano in televisione o perché la loro morte non fa crollare i titoli in borsa, diventassero sempre meno oscure. 

 

Chi ci ricorda oggi lo scoppio nel 1984, a Bhopal, in India, di una fabbrica chimica, proprietà di una multinazionale, la Union Carbide, che, come accertato in un processo, colpevolmente, per guadagnare di più, ridusse le misure di sicurezza causando 16.000 vittime, circa 50/70mila invalidi senza possibilità di recupero e 500.000 contaminati, lasciando ancora oggi, al centro dell’India, una vasta area in cui non esiste l’acqua potabile?

Chi contabilizza i bambini morti che (secondo l’Interagency Group on Beastfeeding Monitoring) sono causati da un uso improprio del latte in polvere indotto dalla cattiva informazione a riguardo fornita dalla Nestlè?

Chi ci ricorda che la speranza di vita nello Zambia è 27 anni?

Perché solo oggi la comunità internazionale si accorge della presenza dei Talibani, per fare giustizia, magari con il braccio armato della Nato, mentre da anni, nel loro regime le donne vengono private delle libertà più elementari e sottoposte a vere e proprie barbarie? …

 

Non ci piace il terrorismo e non ci piace che uomini, donne e bambini, soprattutto nei paesi definiti "in via di sviluppo", siano considerati una risorsa rinnovabile e quindi "expendable", spendibile. Ma non possiamo fare a meno di pensare che tutte queste cose siano, in qualche modo, in relazione tra di loro. Dobbiamo assolutamente cominciare a pensare ad un mondo diverso…

 

Roma, 17 settembre 2001