PERCHE’ IL 15 FEBBRAIO
BISOGNA FARE SCIOPERO

 Per un salario europeo, per sollecitare immediati investimenti sul servizio pubblico, per combattere contro lo spezzettamento del servizio camuffato da decentramento, contro le privatizzazioni, le esternalizzazioni e l’outsourcing, per combattere ogni tentativo di precarizzare il mondo del lavoro - dalla modifica dell’articolo 18 l.300/70 alla decontribuzione diffusa…

 L’accordo del 4 febbraio, stretto dal Governo (Fini/Frattini) e da CGIL-CISL e UIL nel Pubblico Impiego non risolve alcuno di questi problemi, nonostante i loro volantini di proclamazione dello sciopero facessero riferi­mento proprio ad essi.

 Vogliamo, momentaneamente, sorvolare su alcuni aspetti di politica generale, a partire dal ruolo di Fini, a discapito di Maroni, nella questione, per arrivare alla completa inutilità dei cosiddetti sindacati autonomi. 

Questo documento, preparato dall’Esecutivo Nazionale RdB-PI Agenzie Fiscali, ha lo scopo di leggere, ad uso e consumo dei nostri delegati, (e di chiunque sia interessato a provare a capirci qualcosa), nel dettaglio l’accordo cercando di spiegare perché, secondo il nostro punto di vista, riteniamo che peggiori la situazione del Pubblico Impiego e, quindi, di tutto il mondo del lavoro…Per fare questo, nelle prossime pagine inseri­remo il testo dell’accordo con, a fronte, la nostra analisi.

 MA, PRIMA DI ENTRARE NELLO SPECIFICO DEL TESTO, UNA PRECISAZIONE TECNICA IMPORTANTISSIMA, RESA NECESSARIA ANCHE DALLE NOTIZIE SCORRETTE CHE STA DIFFONDENDO LA STAMPA.

 QUESTO PROTOCOLLO DI INTESA NON E’ UN CONTRATTO

 I SINGOLI CONTRATTI DI CATEGORIA DOVRANNO ESSERE DISCUSSI ALL’ARAN (Agenzia Rappre­sentanza Negoziale), DEFINITA DAL DECRETO LEGISLATIVO 29/1993 COME SOGGETTO DI INTER­MEDIAZIONE NELLE TRATTATIVE CONTRATTUALI.

SARA’ SOLO LI CHE SI CAPIRA’ COSA VOGLIONO DIRE, IN PRATICA, LE COSE SCRITTE NELL’ACCORDO, ANCHE SE, COME VEDRETE, UNA IDEA CE LA SIAMO FATTA.

 LA PARTITA NON E’ CHIUSA

 LO SCIOPERO DEL 15 FEBBRAIO DIVIENE QUINDI UNO SCIOPERO ANCHE PER CHIEDERE IL SUPERAMENTO DI QUESTO ACCORDO

PROTOCOLLO D’INTESA GOVERNO-SINDACATI

 

Il Governo e le sottoscritte organizzazioni sindacali, all’esito di un proficuo confronto, hanno concordato quanto se­gue:

IL COMMENTO DELLE RdB

1. La stagione negoziale 2002-2005 per il personale delle amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, e 3, co.1, del d.lgs. 165/2001, dovrà confermare integral­mente i contenuti del protocollo Go­verno-Sinda­cati sulla politica dei redditi del 23/7/1993, l’impianto contrattuale, nonché il sistema di relazioni sindacali complessivamente definito con il decreto legislativo 165/2001 e con i CCNL.

Il d.lgs. 165/2001, più volte citato, è il testo che riassume il d.lgs. 29/1993 e le sue suc­cessive modificazioni. Il personale a cui si fa riferimento è :

Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministra­zioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita' montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universita­rie, gli Istituti autonomi case popolari, le Ca­mere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro as­sociazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sa­nitario nazionale.

L’accordo del 23/7/1993 è il cosiddetto Accordo di Luglio 1993. Pur non citando chia­ramente la “Concertazione”, che di tale ac­cordo era l’ossatura, si ribadisce il ri­spetto di tale pratica, tra l’altro richiamata sia dal d.lgs. 165/2001, che da tutti i contratti di Pub­blico Impiego. Il ribadire tale pratica, se per qualcuno può essere un successo, per noi è la conferma che ci troviamo di fronte ad un ruolo sindacale impro­prio, fatto di partecipazione e condivisione, piuttosto che di rappresentanza di interessi, storicamente e logicamente, contrapposti.

 

La Concertazione, infatti è un processo attraverso il quale il sindacato concorda (e condivide) preventivamente col Governo obiettivi e finalità e poi va a spiegarli, (ed imporli) a lavoratrici e lavoratori, invertendo la logica della rappresentanza. Il sindacato dovrebbe concordare con lavoratrici e lavoratori la posi­zione da assumere e poi, sulla base del mandato ottenuto, andare a discutere col Governo… forse siamo un po’ all’antica, ma per noi la rappresentanza significa questo.

Ma c’è di peggio. La nuova concertazione, quella che emerge da questo accordo, è al ribasso. Sia sul piano economico che su quello delle privatizzazioni. Come vedremo, le scelte del Governo non si concordano, si accettano, limitandosi a chiedere un posto al tavolo per discuterne le modalità di applicazione…

2. Per quanto, inoltre, concerne gli obiettivi della stagione negoziale 2002-2003, le Parti concordano sulla neces­sità di difen­dere, secondo i criteri ri­chiamati al punto 1, il potere d’acquisto delle retribuzioni con il contratto nazio­nale e sull’opportunità di destinare, con i criteri definiti dai CCNL, una quota delle risorse finanziarie all’incentivazione dell’efficienza del servi­zio e della pro­duttività.

Qui troviamo la prima conferma di questo ragionamento. Non si parla di recupero dell’inflazione (ne pregressa ne futura), ma si concorda su una formula meno vincolante, ovvero sulla “neces­sità di difendere il po­tere d’acquisto delle retribuzioni”. Gli effetti di queste pratiche? Già li conosciamo. Lo stipendio di un dipendente di Area C, del Ministero delle Finanze, oggi (forse) Agenzie Fiscali ha seguito dal 1990 al 2000 questo andamento (la riga superiore è il valore nominale degli importi percepiti, quella inferiore è il valore d’acquisto degli stessi):

Il grafico è stato ottenuto inserendo gli importi dei modelli 101 (ora CUD) – e quindi comprensivi delle risorse finanziarie dedicate all’incentivazione. E’ da tener presente che il Ministero delle Finanze è da considerarsi un Ministero “ricco” avendo una delle indennità di Amministrazione più elevata. Questa situazione, comune a gran parte degli impiegati, è frutto dell’accordo riguar­dante il costo del lavoro e di un contratto di 4 anni saltato senza rinnovo. Lo stipendio del 2000 è nominalmente inferiore a quello di dieci anni prima, e, se si considera l’inflazione, la perdita del potere d’acquisto della retribuzione supera gli 11 milioni an­nui (perdita di oltre il 30%).- L’ISTAT infatti conferma una “perdita” media, nello stesso periodo di oltre 8 milioni annui. E’ una flessione che non trova alcuna spiegazione. Nello stesso periodo, infatti, il PIL dell’”Azienda Italia” è cresciuto di circa il 30% e l’occupazione è rimasta quasi invariata, inserendo però moltissime figure di lavoro ati­pico. La Politica dei Redditi a chi ha giovato?Anche questa è la Concertazione: un continuo gioco al ribasso. Anche in questo accordo, come negli ultimi dieci anni, gli (eventuali) stanziamenti, per stessa ammis­sione di chi lo ha sottoscritto, non bastano a garantire inflazione programmata e recupero di quella pregressa. Non solo. Ci troviamo di fronte ad un ulteriore aberrazione. Sa­rebbe logico che tali importi finissero in busta paga proprio per difenderne il potere d’acquisto. Invece no. Si concorda che una quota (quota prevalente, dirà più avanti l’accordo e sottolineerà in tutte le TV, il Ministro Frattini) sarà destinata a finan­ziare “l’efficienza del servizio e della produttività”: i Fondi Unici di Amministrazione, gestiti come tutti sappiamo.

3. Le Parti riaffermano lo spirito e i con­te­nuti delle riforme che, attraverso la "con­trattazione" dei rapporti di lavoro, l’introduzione di logiche e criteri condivisi nei contratti basati sulla responsabilità e l’efficacia del funzionamento delle am­mini­strazioni pubbliche, la distinzione tra fun­zioni di indirizzo degli organi politici e fun­zioni di amministrazione concreta e di ge­stione dei dirigenti hanno mirato a pro­muovere una maggiore efficienza, econo­micità ed efficacia delle pubbliche ammini­strazioni.

In tale spirito, le Parti riaffermano il ca­rat­tere centrale e irrinunciabile di una chiara ripartizione di ambiti tra legge e atti pubbli­cistici, da un lato, e contratta­zione collet­tiva e sistema di relazioni sindacali, inte­grato da altre forme di partecipazione sin­dacale, dall’altro lato, secondo le linee ge­nerali che si sono consolidate con il d.lgs. 165 e con i con­tratti collettivi.

Coerentemente con quanto sottolineato al punto 3, il Governo si impegna a confor­mare la propria attività al rispetto di quanto previsto dall’art. 2, c. 2, del d.lgs. 165/2001, attualmente in vigore, che af­ferma la prevalenza della contrat­tazione rispetto alle disposizioni di legge, fatte salve le riserve di legge sta­bilite dallo stesso decreto legislativo. Pertanto, il Go­verno si impegna, anche nel rapporto con il Parlamento, ad evi­tare che si producano interventi in ambiti di competenza della contrattazione. L’impegno ribadito con il presente proto­collo sarà altresì sottoline­ato per quanto concerne il Governo, in una direttiva del Presidente del Consiglio a tutti i Ministri da formalizzare con apposito atto da rendere pubblico nelle forme di rito.

Altra dichiarazione di intenti, in cui, politicamente, si afferma che si condividono i me­todi e i contenuti del decreto legislativo 29/1993 e segg.. E’ curioso però che proprio questo accordo sia in palese contrasto con tali contenuti, cercando di svuotare, per certi aspetti, la contrattazione che, come stabilito proprio dalle norme che si richia­mano, si dovrà svolgere tra ARAN e Organizzazioni Sindacali maggiormente rappre­sentative.

Sulla base di tali norme (artt.47 e 47bis d.lgs 29/1993) le RdB sono maggior­mente rappresentative in 6 comparti del Pubblico Impiego (su dieci). Sarà su quei tavoli che, secondo la norma, si deciderà il vero contenuto dei contratti. Sarà su quei tavoli, e nei posti di lavoro, che, non vincolati da questo pessimo accordo, rilanceremo fortemente la necessità di garantire stipendi europei e di­ritti certi a tutti i dipendenti.

Per la parte riguardante la ripartizione degli ambiti di legge e atti pubblicistici, ed in particolare, la prevalenza di questi ultimi, come di fatto, è stato ricordato nello stesso accordo, è questione già affrontata dal legislatore ed è, quantomeno bizzarro, che si debba sottoscrivere un accordo in cui il Governo si impegna al rispetto delle leggi… ed addirittura che verrà emanata una “direttiva del Presidente del Consiglio a tutti i Mini­stri” per ribadire questo concetto.

Si tratta chiaramente di un inutile proclama che qualcuno, siamo certi, cercherà di spendersi politicamente. Infatti, volendo ritenere questo Governo come inaffi­dabile e non intenzionato a rispettare le leggi, ci si chiede che garanzia si abbia invece riguardo al rispetto dell’accordo. Se invece si ritiene questo Governo af­fidabile e rispettoso delle leggi diviene inutile ribadire il concetto…

d.lgs 165/2001 Art.2, comma 2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposi­zioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le di­verse disposizioni contenute nel presente decreto. Eventuali di­sposizioni di legge, regola­mento o statuto, che introducano di­scipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai di­pendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collet­tivi e, per la parte derogata non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario.

4. In particolare, e per le prospettive im­mediate, il Governo si impegna a per­se­guire il sopra detto criterio di riparto degli ambiti di competenza legislativa e con­trattuale dell’ulteriore corso dell’iter legi­slativo del disegno di legge di riforma della dirigenza statale, modificando quanto in quel disegno di legge con­fligge con ciò che è contenuto nel pre­sente protocollo ed in particolare con­fermando pienamente il ruolo ed i con­tenuti del contratto collettivo vigente nei vari aspetti di garanzia per le due fasce. Le parti concordano, ferme re­stando le attuali norme sulla rappresen­tanza, che la disciplina dell’area della vi­cedirigenza e di quella dei professionisti e ogni altra iniziativa riguardante gli inqua­dramenti del personale sono di compe­tenza della contrattazione. I relativi fondi dovranno essere aggiuntivi rispetto a quelli previsti per i rinnovi contrattuali. Il Governo va­luterà, altresì, i possibili correttivi e le integrazioni del citato d.d.l., per sosti­tuire l’attuale previsione normativa – se­condo cui la nuova disciplina trova ap­plicazione per i dirigenti non titolari di funzioni diri­genziali generali, previa veri­fica dei risul­tati conseguiti – con una fa­coltà di avvi­cendamento, sia nell’ambito di funzioni "di line" che "di staff", con la conseguente ap­plicazione delle proce­dure contrattuali all’uopo previste.

Qui si parla del d.d.l. sulla vice-dirigenza. Il Governo non rinuncia al progetto. Che ap­pare come acquisito – e condiviso - anche dai sindacati fir­matari.

Quello che importa è che la sua disciplina – si afferma - venga riportata alla contratta­zione (“ferme restando le attuali norme sulla rappresentanza”). In questo caso la par­tita si gioca su quello che viene chiamato spoil-system, le nomine e le conferme dei di­rigenti. Un meccanismo nel quale esiste la concorrenza diretta tra go­verno e sindacati e che, evidente­mente, entrambi si vogliono spendere, forse in termini clientelari, cer­tamente di colonizzazione del potere.

In sostanza, il Governo riconosce al sindacato la titolarità di “concertare” ruoli e moda­lità di avvicendamento dell’assurda fi­gura di coloro che verranno inseriti nell’area della Vice Dirigenza.

Siamo certi che proveranno a rivendersi il fatto che le risorse per retribuire tali figure devono essere extra-contrattuali.

La verità è che con il decreto sulla vice dirigenza si elimineranno molti dirigenti (ed i relativi investimenti contrattuali) per far svolgere il loro ruolo (individuati a rotazione?, con concertazione?) - da soggetti che guadagnano il 15-20% di quanto guadagnano loro e a cui sarà garantita una sorta di indennità con stan­ziamenti extra-contrattuali… Magari ricontrattati ogni anno.

Non siamo certo di fronte ad una grande conquista, né sul piano economico né su quello della garanzia dei diritti…

5. In sede di discussione in Parlamento del collegato ordinamentale, coerente­mente con quanto affermato ai punti 3 e 4, il Governo presenterà proposte, come ri­chieste dalle OO.SS., finalizzate a ri­con­durre alla contrattazione il rapporto di la­voro del personale dei Beni Culturali di cui all’art. 33 della legge finanziaria 2002.

Per quanto riguarda il trattamento del per­sonale infermieristico, il Governo ri­badisce che tale ambito costituisce ap­plicazione del già richiamato principio contenuto nel citato art. 2, co. 2, d.lgs. 165.

Per quanto concerne il personale dipen­dente degli Istituti di ricovero e cura a ca­rattere scientifico, il Governo si impe­gna a presentare un’apposito emenda­mento soppressivo relativo all’A.C. n. 2122-bis, volto a espungere dall’art.24, comma 1, lett. c, le parole "con conte­stuale passag­gio al rapporto di lavoro privato"

In questo caso il Governo non assume alcun vero impegno, se non quello di presen­tare proposte in Parlamento a riguardo. Quello che emerge chiaramente è l’avvallo sindacale ad una serie di questioni importantissime sul fronte delle privatizzazioni.

Si parla di ricondurre alla contratta­zione il rap­porto di lavoro del personale dei Beni Culturali previsto dall’art.33 della finanziaria che prevede di:

dare in concessione a soggetti diversi da quelli statali la gestione di servizi finalizzati al miglioramento della fruizione pubblica e della valorizzazione del patrimonio artistico”.

In sostanza, si accetta che la gestione di tali servizi finisca al di fuori dello Stato. Va evidenziato inoltre che la contrattazione del Comparto Mi­nisteri, a cui si fa riferimento, prevede, grazie all’ultimo accordo “concertato” il 16 maggio scorso, svariate fi­gure di lavoratori flessibili, dal “solito” precario al lavoratore inte­rinale…

Si ribadisce che il personale infermieristico, seppur mantenendo la precarietà in pectore di tale figura, e non contestando  i processi di esternalizzazione in corso, rimane (evidentemente a tempo) personale pubblico a cui si ap­plica la contrattualizzazione del rapporto di lavoro.

Per il personale dipendente degli Istituti di ricovero, inoltre, c’è un altro impegno del Governo a presentare un emendamento che lo  sal­vi dal passaggio al rapporto di lavoro privato (???) . Un ulteriore im­pegno a presentare un emendamento… Tra l’altro, il citato arti­colo pre­vede:

la trasformazione degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pub­blico, esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, in fonda­zioni di rilievo nazionale, aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati e sot­toposte alla vi­gilanza del Ministero della salute”.

Questo passaggio non viene messo in discussione. Per cui chiedere un emendamento relativo alla per­manenza del personale nell’ambito pubblico è una contraddi­zione in termini… solo qualcosa da spendersi in termini di propaganda.

6. In relazione agli interventi normativi sulla razionalizzazione e la riforma degli enti pubblici di cui all’art. 28 della legge fi­nanziaria 2002, tenendo conto dell’esigenza di perseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di riduzione del com­plesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di in­cremento dell’efficienza e di migliora­mento della qualità dei servizi, il Go­verno riconosce l’importanza di valutare adeguatamente, fermo l’interesse della generalità dei citta­dini alle migliori e più economiche moda­lità di erogazione dei servizi, anche gli in­teressi dei lavoratori dipendenti degli enti coinvolti dai muta­menti in questione a sal­vaguardia dei li­velli occupazionali. A tal fine il Governo, preventivamente all’adozione dei relativi provvedimenti, atti­verà entro 30 giorni un tavolo di perma­nente confronto con le OO.SS., finalizzato a definire para­metri di efficacia, di effi­cienza, di eco­nomicità e qualità delle pre­stazioni pub­bliche, che in ogni caso vanno garantite e le tipologie dei servizi da escludere. Parte integrante di tale valutazione è l’impatto sulla domanda di servizi pubblici, nonché le ricadute organizzative ed occupazionali sul personale.

Per quanto riguarda l’attuazione dell’art. 29 della finanziaria, il tavolo permanente avrà ad oggetto l’esame dei criteri generali e attuativi relativi alle conseguenti ricadute occupazionali.

Il Governo, tramite il Ministro per la Funzione Pubblica, promuoverà accordi con­trattuali per prevenire eventuali eccedenze di personale, individuando le condizioni economico-normative necessarie alla soluzione di eventuali problemi occupazionali.

 

 

 

 

 

Questo è uno dei punti più importanti (in negativo) dell’accordo. Per comprendere que­sta affermazione è necessario leggere quanto è presente nell’art.28 della finanziaria 2002:

Al fine di conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di incrementarne l’efficienza e di migliorare la qualità dei servizi, con uno o più regolamenti, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo, su proposta dei Ministri dell’economia e delle finanze e per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro in­teressato, individua gli enti pubblici, le amministrazioni, le agen­zie e gli altri organismi ai quali non siano affidati compiti di ga­ranzia di diritti di rilevanza costituzionale, finan­ziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato o di altri enti pub­blici, disponendone la trasformazione in società per azioni o in fondazioni di diritto pri­vato, la fusione o l’accorpamento con enti od organismi che svolgono attività analoghe o complemen­tari, ovvero la soppressione e messa in liquidazione, sentite le organiz­zazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi sulla desti­nazione del personale.

Altrettanto grave il riferimento all’art.29 della finanziaria – dalla cui applicazione (visto che va tutto bene) l’accordo lascia presagire, e forse qualcosa in più, “ricadute organizzative ed occupazionali sul personale”:

Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonchè gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato sono autorizzati, anche in deroga alle vigenti disposizioni, a:

  • acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione;

  •  costituire, nel rispetto delle condizioni di economicità di cui alla lettera a), soggetti di diritto privato ai quali affidare lo svolgi­mento di servizi, svolti in precedenza;

  • attribuire a soggetti di diritto privato già esistenti, attraverso gara pubblica, ovvero con adesione alle convenzioni stipulate ai sensi dell’articolo 26 della l.23 dicembre 1999, n. 488, e succes­sive modificazioni, e dell’articolo 59 della l.23 dicembre 2000, n. 388, lo svolgimento dei servizi di cui alla lettera b).

Se l’azione combinata dei due articoli della finanziaria è un attacco senza precedenti all’integrità del servizio pubblico, questo problema sembra solo sfiorare i sindacati firmatari che, di fatto, cedono su questi principi e “strappano” al Governo solo quanto era già scritto in finanziaria… il confronto sull’argomento.
Insomma, non vengono messe in discussione le pratiche di privatizzazione, esternalizzazione, outsourcing e chi più ne ha più ne metta, su cui pare ci sia, da parte dei sindacati firmatari una completa condivisione. Anche in questo caso, pare che l’unico problema sia quello che le modalità che di gestione di tali processi vengano “concertate” (o addirittura cogestite) con loro.

Per uscire dal sindacalese vediamo di spiegare alcuni termini, se la spiegazione di pri­vatizzazione è pleonastica, bisogna certo chiarire la questione esternalizzazioni e la questione outsourcing.

Con la prima si intende la pratica con la quale, gli Enti Pubblici costituiscono società di diritto privato (in genere società di capitale) per seguire alcuni settori di intervento. Il personale conferito a queste società è, di norma, quello che nell’Ente Pubblico seguiva tali settori. L’effetto immediato è che i dipendenti escono immediatamente dalla con­trattazione pubblica. L’effetto successivo è che le quote di partecipazione in tali società possono essere, dopo un breve periodo di obbligatorietà della proprietà da parte dell’Ente costituente, messe sul mercato.

Per quanto riguarda l’outsourcing, ci troviamo di fronte ad una formula ancora più avanzata, secondo la quale l’Ente, non ritenendo opportuno investire più on alcuni settori di intervento, cerca, sul mercato, alcuni soggetti, già esistenti, a cui viene confe­rito (con appalto, gara etc) l’intervento in tale settore. Anche in questo caso salta la tutela dei posti di lavoro e la garanzia ai cittadini che il servizio pubblico, comunque, fornisce.

7. In riferimento al processo di riforme in atto nella scuola, il Governo, per il tra­mite del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, attiverà, altresì, un tavolo permanente di con­fronto sui seguenti punti: organici, sia del personale docente che A.T.A.; piano pluriennale di investi­mento; tutti gli aspetti di applicazione della riforma che hanno ricadute sul personale e sull’organizzazione del lavoro. Pace sociale anche sulle riforme scolastiche. Anche in questo caso il problema della scuola è risolto attraverso la costituzione di un tavolo permanente di confronto. Non si mettono in discussione le pratiche di privatizzazione. Non appare alcun impegno da parte del Governo, salvo quello di trovare assieme ai sindacati le solu­zioni gestionali più indolori… Si sposta il terreno dello scontro ad un mercimonio su numeri e nomi. Iniziamo già ad avere il sentore delle prossime “vittorie sindacali”, fatte dall’essere riu­sciti a limi­tare i tagli al personale che le riforme, così proditoriamente ac­cettate, fini­ranno col comportare.
8. In relazione agli interventi normativi re­lativi alla delega per la riforma dell’organizzazione del Governo, nonché di enti pubblici, il Governo si impegna ad attivare un tavolo di confronto con i sin­da­cati per quanto concerne i provvedi­menti di attuazione aventi riflessi sull’organizzazione delle strutture delle amministrazioni e degli enti interessati ai processi di riordino, fusione o soppres­sione. Per quanto riguarda le ricadute sul personale conseguenti a questi ultimi pro­cessi di riordino si attivano le proce­dure di cui al punto 6. Altro tavolo, altro regalo. Anche in questo caso i sindacati firma­tari non hanno nulla da dire. Hanno dato per scontato – e quindi hanno accettato - che il Governo modi­fichi, ancora una volta, l’assetto organizzativo del Pubblico Impiego. Basta che sia, anche qui, garantito il loro ruolo. Aspetto più ecla­tante della questione è la situa­zione Agenzie Fiscali, che i se­gretari confederali non hanno neppure pensato di ci­tare. Per esse non esistono stanziamenti in finanziaria visto che i soldi per gli stipendi dovevano passare per convenzioni non ancora defi­nite, ed oggi non c’è affatto chia­rezza sulla nascita, o meno del nuovo comparto.
9. Per quanto concerne la materia previ­denziale, il Governo, modificando in tale senso il contenuto della delega e ferme restando le valutazioni più generali sui contenuti manifestate dalle OO.SS., ga­rantirà che, nel rispetto dei vincoli di fi­nanza pubblica ed in armonia con il set­tore privato, siano contestualmente estesi, nel rispetto della specificità dei settori da valutare in un apposito tavolo tecnico, i seguenti criteri: lo smobilizzo del rateo an­nuale di TFR; il supera­mento del divieto di cumulo.

E veniamo al vero motivo per cui CGIL-CISL e UIL, secondo noi, hanno firmato l’accordo. La partita PREVIDENZA. Da anni stanno inseguendo il malloppo che il TFR (e i conseguenti Fondi pensione) dell’impiego pubblico potrebbe rappresentare (circa 1000 euro proca­pite annue per 3 milioni di dipendenti è una bella torta da 3 miliardi di euro all’anno).

Non sappiamo se CGIL-CISL-UIL riusciranno a papparsi tutto, con i FONDI CHIUSI (aziendali e gestiti, in prevalenza, dai sin­dacati) oppure se dovranno, grazie alle AS­SICURAZIONI che possiedono, accontentarsi di partecipare alla spartizione di FONDI APERTI (sul mercato). Certo è che la partita è di quelle che possono valere uno scon­tro sull’articolo 18, che possono valere l’accettazione dello smantellamento del servizio pubblico (pur se concertato) … Chi gestisce i Fondi, non solo ha un gruzzolo enorme per le mani - con quelli che pos­sono essere i relativi inte­ressi personali (abbiamo visto la questione ENRON dove tutti ci hanno ri­messo meno chi gestiva i soldi) – ma con questo gruz­zolo, sem­pre cre­scente, sarà possibile fare speculazioni enormi. E’ qual­cosa che ha un entità che è dif­ficile immaginare. Ma invitiamo tutti a riflettere attentamente sulla questione.

10. In tema di controllo dei costi della con­trattazione integrativa, il Governo promuo­verà, in relazione alla stesura dell’art. 40-bis, comma 3, del d.lgs. 165/2001 (introdotto dall’art. 17 della legge finanziaria 2002) una soluzione modificativa, preferi­bilmente nell’ambito del d.d.l. collegato ordinamentale, volta a contemperare il prin­cipio dell’autonomia del contratto e, quindi, anche dei contratti integrativi con il principio, anch’esso indisponibile, della compa­tibilità dei contratti con i vincoli di bilancio dei quali sono responsabili le singole amministrazioni.

Questo è un gioco di prestigio che, se non fosse grottesco, sa­remmo curiosi di andare a vedere. Il bluff dell’autonomia negoziale, su cui si scontra tutto l’impianto dell’accordo (ed anche quello del d.lgs 29/1993 o del d.lgs 165/2001) si scopre tutte le volte che si parla di soldi. Si dice, e si riafferma, controfirmato da CGIL-CISL e UIL, che si contem­pera l’autonomia contrattuale, con i vincoli di bilancio.

Come dire che il Governo fissa un limite di spesa al di sotto del quale ARAN, Amministrazioni e sindacati giocano al “piccolo trattativista”. Ci chiediamo veramente che senso abbia tutto questo. Non cambia in sostanza quanto definito dall’art.17 della finanziaria:

(…) Nel caso in cui i controlli e le rilevazioni di cui ai commi 1 e 2 evidenzino costi non compatibili con i vincoli di bilancio, secondo quanto prescritto dall’articolo 40, comma 3, le relative clausole dell’accordo integrativo sono nulle di diritto.

In sostanza, il Governo (e i sindacati firmatari) concordano nel non attivare una così vincolante normativa (che limita il potere contrattuale etc.etc.). Basterà mettersi d’accordo a monte sulle cifre massime…

11. Il Governo si impegna a ridetermi­nare le risorse finanziarie per i rinnovi contrat­tuali e per gli adeguamenti retri­butivi indi­cati dalla legge finanziaria per l’anno in corso, allo scopo di attribuire incrementi retributivi medi complessivi, di comparto, del 5,56%. Le risorse ag­giuntive dovranno in ogni caso essere prevalentemente de­stinate alla incenti­vazione della produttività dei dipendenti.

E arriviamo al botto finale dei fuochi d’artificio. Il crescendo dell’accordo arriva sulla questione contratti: stanziamenti e tempi di contrattazione.

L’accordo (grande successo) prevede che in due anni, e quindi alla fine del 2003, si possa percepire un aumento del 5,56%.

E qui, pur correndo il rischio di perderci nei meandri delle cifre, è obbligatorio fare due conti. Uno stipendio medio oggi è di 1.000 euro netti, il che significa, a regime, un au­mento, alla fine del 2003 di circa 55 euro netti mensili.

Per comprendere la portata dell’accordo a riguardo, va, innanzitutto, tenuto presente che il Governo aveva stanziato, per lo stesso periodo, in Finanziaria il 4,52 % di aumenti. Quindi ci troviamo di fronte a risorse aggiuntive, entro la fine del 2003, dell’1,04% (10 euro netti al mese !!!).

Badate bene, le risorse aggiuntive – che non sono comunque sufficienti al recupero medio del potere d’acquisto - andranno prevalente­mente destinate alla in­centivazione della produttività – come del resto (ricordiamo il punto 2 dell’accordo) tutti gli “aumenti”. Questo concetto, pur se già espresso, è molto importante e quindi vogliamo ribadirlo con un esempio. In un ufficio ci sono cento dipendenti che guadagnano 1000 euro netti al mese – totale 100.000 euro mensili. Alla fine dell’anno prossimo, in quell’ufficio arriveranno altri 5.560 euro netti (prima dell’accordo sarebbero stati comunque 4.452). Come saranno divisi? Secondo il merito, dice l’accordo. Per cui, potrebbe essere che qualcuno, ritenuto, con metodi e parametri da “concer­tare”, poco meritevole non veda il becco di un quattrino. O ancora peggio.

E’ possibile, lo abbiamo già visto spesso, che si definiscano in “concertazione” obiettivi strategici che eliminino direttamente dalla percezione dei fondi servizi specifici o che indirizzino (magari per retribuire la mobilità) i fondi solo per questioni di interesse precipuo delle Amministrazioni.

Qualcuno penserà che abbiamo fatto casi estremi. Può darsi. Ci sarà, entro due anni, sicuramente una quota fissa per tutti, con la quale, siamo certi, sarà garantita ad ognuno di noi la possibilità di acquistare un caffè al giorno, e forse addirittura un cappuccino.

Certo è che questo accordo non definisce nulla in tal senso limitandosi a parlare di cifre complessive e di principi generali.

Per questo motivo as­sume sempre più importanza la proposta RdB di recuperare parte di questi soldi in una 14^ men­silità.

 

FACCIAMO INOLTRE PRESENTE CHE SI PARLA DI CIFRE VIRTUALI. IL MINI­STRO TREMONTI FA SAPERE CHE I RELATIVI STANZIAMENTI SARANNO PRE­VISTI NEL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICA E STANZIATI NELLA PROSSIMA FINANZIARIA E CHE COMUNQUE, QUESTIONI DI FORZA MAGGIORE, TIPO L’INASPRIRSI DELLA GUERRA, SU CUI CONCETTUALMENTE CGIL-CISL-UIL CONCORDANO, POTREBBERO PORTARE ALLA NECESSITA’ DI RIVEDERE TALI CONTEGGI…

 

A questo punto diviene assolutamente necessaria una considerazione sul valzer delle cifre che, come sempre, gira attorno agli stipendi dei dipendenti pubblici. Abbiamo di­mo­strato che tali stipendi, negli ultimi dieci anni, pur considerando le incentivazioni –conteggiate a valore medio ma che, nella pratica quotidiana, creano ulteriore forte di­scrimina­zione - hanno perso valore di circa il 25-30%. Questo, come detto, per la poli­tica della Concertazione. E’ chiaro che chi difende questa politica non può ammettere questa clamorosa, ed evidente, sconfitta. Quindi nega la realtà.

Questo atteggiamento aggiunge, per la categoria dei dipendenti pubblici, al danno la beffa. I primi a parlare di conquiste sul piano economico (false) sono proprio quei sindacati che dovrebbero fare chiarezza. Non solo, sono quelli che, concet­tualmente, ribadi­scono la necessità di adeguate forme di incentivazione e di dispa­rità di trattamento economico (finanziato col recupero del potere d’acquisto sala­riale). E’ evidente che il risultato di tale atteggiamento sono, non solo i nostri stipendi al ri­basso, ma, e forse è fatto ancora più grave, la rappresentazione dell’impiego pub­blico come sacca di privi­legio e in cui, o si parla di incentivazioni o i dipendenti non lavorano…

12 l Governo si impegna ad avviare im­mediatamente le trattative per il rinnovo del CCNL per il personale statale con­trat­tualizzato e degli accordi sindacali per il personale non contrattualizzato relativi al quadriennio 2002-2005 defi­nendo, con la massima tempestività, i necessari atti di indirizzo all’ARAN, nei contenuti sia eco­nomici che normativi, e promuovendo, per quanto di compe­tenza e in armonia con il presente proto­collo, le corrispondenti ini­ziative dei co­mitati di settore per il perso­nale non statale e i necessari interventi per il per­sonale non contrattualizzato.

L’ultimo punto dell’accordo ci fa riflettere sul fatto che gli attuali stanziamenti in finanziaria sono, per quanto riguarda il 2002, tra i 5 e i 10 euro mensili lordi… Resteranno questi, visto che non sarà possibile stanziare altri fondi fino alla pros­sima finanziaria.

Aspettiamoci quindi il solito gioco sulle decorrenze. Contrariamente a quanto si afferma, infatti, sull’accordo non è scritta in nessun punto la decor­renza degli eventuali aumenti.

Per questo ci troveremo di fronte ad un contratto non firmato prima della fine di quest’anno (visto che l’ARAN afferma di non sapere ancora quali sono le organizzazioni sinda­cali da convo­care e soprattutto se il Comparto Ministeri com­pren­derà o no le Agenzie Fiscali) e, c’è da giurarci, la decorrenza degli aumenti sarà cali­brata per giocare sulle percentuali, e quindi, come sempre, spostata avanti nei mesi.

 PROTOCOLLO AGGIUNTIVO

Per effetto della rideterminazione delle risorse contrattuali di cui al protocollo del 4 febbraio 2002, si renderà possibile ri­cono­scere al personale contrattualizzato dei Ministeri un beneficio medio di 195.000 lorde mensili.

Un’ultimissima, breve, annotazione riguarda il Protocollo aggiuntivo che dimostra la malafede con cui questo accordo è stato elaborato. Infatti ci si è resi conto che dal punto mass-mediatico mancava l’elemento su cui far focalizzare l’attenzione di stampa e dipendenti. Per questo si è aggiunto questo protocollo in cui, paradossal­mente, e proprio a riprova di quanto diciamo, si indica una cifra in lire…

IN CONCLUSIONE L’ACCORDO :

 

RILANCIA LA CONCERTAZIONE COME METODO DELLE RELAZIONI SINDACALI – MA E’ UNA CONCERTAZIONE IN CUI I SINDACATI SONO PIU’ DEBOLI E ACCETTANO TUTTE LE SCELTE DEL GOVERNO;

 

NON GARANTISCE ALCUNA VERA AUTONOMIA CONTRATTUALE CHE CONTINUA AD ESSERE SOTTOPOSTA AI VINCOLI DI BILANCIO – SI MANTIENE IL PEGGIO DEL PUBBLICO ED IL PEGGIO DEL PRIVATO;

 

NON METTE IN DISCUSSIONE, E QUINDI LEGITTIMA CON L’APPOGGIO SINDACALE, TUTTE LE PRA­TICHE DI PRI­VATIZZAZIONE, ESTERNALIZZAZIONE, OUTSOURCING, RIFORME DEI MINISTERI E RIFORMA DELLA SCUOLA - IN CAMBIO SI CHIEDE SOLO DI PARTECIPARE ALLA GESTIONE DEI PROCESSI;

 

NON FORNISCE ALCUNA GARANZIA OCCUPAZIONALE VERA – ANZI, LASCIA INTRAVEDERE SCENARI MOLTO DIFFICILI IN UN FUTURO PROSSIMO;

 

RIAFFERMA  - A FAVORE ANCHE DEI SINDACATI FIRMATARI - IL FURTO CHE STA DIETRO AL TFR E ALLE PENSIONI INTEGRATIVE;

PREVEDE CIFRE IRRISORIE DI AUMENTO NON SUFFICIENTI A RESTITUIRE AI SALARI IL POTERE D’ACQUISTO;

IMPEGNA I FIRMATARI A SPINGERE PERCHE’, DURANTE LE CONTRATTAZIONI DI COMPARTO, PARTE CONSISTENTE DI TALI CIFRE NON VADA A TUTTI MA SOLO IN BASE AL “MERITO”;

 NON FORNISCE ALCUNA GARANZIA NE’ SUI TEMPI NE’ SUI MODI DI CORRESPONSIONE DEGLI IMPORTI.

 

CONTRO GLI ACCORDI BIDONE

SCIOPERO GENERALE

VENERDI’ 15 FEBBRAIO

 Manifestazione Nazionale a Roma Piazza della Repubblica ore 9,30