Patto
per l’Italia - Contratto per il Lavoro
Premessa
Governo e parti sociali
assumono quali obiettivi alti e condivisi del presente accordo quelli definiti
per tutti i Paesi dell’Unione Europea dai Vertici di Lisbona e di Barcellona,
secondo i quali dinamismo economico e giustizia sociale devono procedere di pari
passo. Nella economia della conoscenza le ragioni della competitività e della
inclusione sociale tendono a convergere nel comune obiettivo della
valorizzazione delle risorse umane in primo luogo attraverso l’incremento dei
tassi di occupazione regolare, il cui livello medio in Europa dovrà raggiungere
il 70% entro il 2010.
L’Italia è il Paese in
Europa con il più basso livello di occupazione e con i maggiori squilibri
territoriali e di genere.
L’organizzazione di un
mercato del lavoro moderno, trasparente ed efficiente, l’emersione del lavoro
sommerso, le politiche dell’educazione e della formazione, la riduzione della
pressione fiscale sui redditi medio-bassi costituiscono le azioni convergenti
per produrre una più tempestiva traduzione della crescita economica in nuovi e
migliori posti di lavoro.
Lo sviluppo economico e la
crescita dell’occupazione nel Mezzogiorno oltre i livelli medi nazionali
costituiscono la misura principale del successo delle politiche condivise in
questo documento.
La competitività
dell’intero sistema Paese si realizza attraverso la rimozione degli ostacoli
alla nuova occupazione, orientando così gli investimenti alla innovazione dei
prodotti, alla formazione del capitale umano e alla crescita delle imprese.
Le riforme qui negoziate sono
quindi tutte rivolte a stimolare i consumi e lo sviluppo nonché a promuovere
una società più attiva e dinamica, più equa in termini di inclusione sociale
e di integrazione territoriale, più moderna in termini di regole, di
istituzioni e di servizi di pubblica utilità.
Il
Governo e le parti sociali convengono che una efficace politica dei redditi,
secondo quanto previsto dal Protocollo del 23 luglio 1993, è lo strumento
principale per dare stabilità e forza alla crescita economica, assicurare il
perseguimento dell’equilibrio della finanza pubblica compatibilmente con gli
impegni del Patto di stabilità e di crescita così come in ultimo definiti nel
Consiglio Europeo di Siviglia, salvaguardare il potere d’acquisto delle
retribuzioni, conseguire l’innalzamento del tasso di occupazione secondo
quanto deciso dal Consiglio Europeo di Lisbona.
La
politica dei redditi derivata dagli accordi del 1992 e del 1993 ha contribuito a
controllare la dinamica del tasso di inflazione e a realizzare il risanamento
finanziario, condizioni fondamentali per garantire un sano e duraturo sviluppo
del reddito e dell’occupazione. Tali accordi si sono rivelati uno strumento
importante per condurre l'Italia nell’Unione Economica e Monetaria.
L'accordo
sulla politica dei redditi e di coesione sociale che si realizza oggi dovrà
accompagnare il conseguimento degli obiettivi di Barcellona e di Lisbona
realizzando una virtuosa convergenza tra crescita economica, competitività,
incremento dell’occupazione e inclusione sociale.
La
riduzione del tasso di inflazione verso i livelli medi europei è destinata a
continuare nel 2003. Obiettivo del Governo è quello di rafforzare questa
tendenza individuando tassi di inflazione programmati in linea con gli andamenti
dell’economia e con i risultati da perseguire. Il Governo concorre al
contenimento dell’inflazione attraverso comportamenti coerenti in materia di
tariffe, prezzi e salari, attivando gli organi istituzionali preposti, nei
limiti delle competenze di legge e delle regole di mercato. Il miglioramento
della produttività e la progressiva riduzione del cuneo fiscale sul lavoro
potranno contribuire ulteriormente a fare crescere il reddito disponibile delle
famiglie.
Le
parti prendono atto del quadro macroeconomico e di finanza pubblica illustrato
dal Governo ai fini della predisposizione del DPEF 2003-2006 e convengono sugli
obiettivi di crescita del PIL e del tasso di occupazione. Il Governo si impegna
ad assicurare le risorse necessarie ad avviare la riforma fiscale e quella degli
ammortizzatori sociali, a realizzare i previsti interventi nel Mezzogiorno, a
rilanciare la ricerca e l’innovazione, a finanziare la riforma del sistema
scolastico e formativo e le politiche attive per l’occupazione.
In
questo quadro, la riforma fiscale in esame al Parlamento assume per il Governo
il carattere di elemento propulsivo dello sviluppo, stimolando i consumi e la
crescita e avviando un processo di riduzione del carico fiscale sulle persone,
sulle famiglie e sulle imprese. Il Governo si impegna quindi:
·
a dare priorità alla riduzione della tassazione personale, sia nei tempi
sia nel volume di riduzione del prelievo, nell’ambito delle risorse che
annualmente si renderanno disponibili con la manovra di finanza pubblica;
·
a ricavare nell’ambito della prossima manovra finanziaria a) per il
2003, almeno 5,5 miliardi di euro da destinare ad un primo importante avvio di
riforma della tassazione personale, concentrato sui redditi compresi tra 0 e
25mila euro, b) le risorse per consentire dal 2003 una riduzione pari ad almeno
due punti di aliquota dell’imposta sulle persone giuridiche, c) disponibilità
finanziarie pari a 500 milioni di euro per avviare sin dal 2003 –nel
presupposto del necessario accordo con le Regioni per evitare effetti di
duplicazione- la riforma dell’IRAP, iniziando dalla riduzione nella base
imponibile della componente delle retribuzioni;
·
a privilegiare, coerentemente all’attuazione della riforma, quegli
aspetti che sono produttivi di benefici diretti verso le fasce di reddito
medio–basse, in considerazione anche dei contemporanei processi di emersione.
In particolare, tali benefici, nonché il perseguimento di una vera progressività,
saranno realizzati attraverso deduzioni e trasferimenti specifici correlati in
tendenza alla soglia di povertà e quindi valevoli in prevalenza per i redditi
bassi;
·
a garantire, in sede di attuazione e compatibilmente con lo schema sopra
delineato, che la riforma tenga in debita considerazione la condizione familiare
del contribuente attraverso un accrescimento delle relative deduzioni (e,
quindi, della soglia esente), nonché la loro modulazione in base alla numerosità
dei carichi di famiglia ed alla condizione reddituale personale;
·
a riconoscere una specifica deduzione per i lavoratori dipendenti e per i
pensionati che forfettizzi i costi per spese di produzione del reddito,
anch’essa modulata in base al reddito complessivo del lavoratore;
·
a garantire un livello di esenzione per i soli percettori di redditi da
pensione non inferiore all’attuale livello minimo stabilito dal Governo (516
euro al mese);
·
ad applicare le norme sulla “capitalizzazione sottile” (thin
capitalisation) in termini compatibili con le caratteristiche del sistema
produttivo italiano, tenendo conto dei livelli di coinvolgimento del patrimonio
individuale del titolare e dei soci;
·
a definire modi e livelli di tassazione delle operazioni straordinarie più
favorevoli rispetto a quelli inerenti il regime della tassazione ordinaria;
·
ad introdurre una contabilità semplificata per le piccole e medie
imprese con riferimento alla normativa IVA nonché il concordato triennale
preventivo per l’imposizione sul reddito di impresa e di lavoro autonomo;
·
a garantire l’invarianza dell’attuale carico fiscale per il settore
agricolo in materia di IVA e di IRAP per il 2003, in attesa della più completa
riforma del regime impositivo, ferma restando l’esecuzione del credito di
imposta per il 2002, secondo la formulazione concordata;
·
a predisporre strumenti di monitoraggio e controllo del livello della
pressione fiscale locale, insieme agli enti territoriali, sul modello del patto
di stabilità interno, per raggiungere l’obiettivo di una riduzione del carico
tributario complessivo;
·
ad avviare, in occasione della predisposizione delle manovre di finanza
pubblica nelle quali dovrà essere fissato la progressiva attuazione della
riforma, un tavolo di confronto specifico sul tema della riforma fiscale.
Sono allegate al presente
documento alcune esemplificazioni relative a specifiche figure di contribuente.
Le parti convengono che nel
mese di settembre l’apposita sessione di politica dei redditi sarà dedicata
anche ad un confronto sulle misure applicative che il Governo intende trasporre
nella Legge Finanziaria 2003.
Lo Stato Sociale per il
lavoro (Welfare to Work) comprende tutti gli strumenti che sono rivolti a
incoraggiare e assistere il cittadino nel suo inserimento o reinserimento nel
mercato del lavoro, allo scopo di conseguire gli obiettivi dei Consigli Europei
di Lisbona e di Barcellona.
Il Libro Bianco descrive come
in Italia chi cerca un lavoro è nei fatti lasciato a se stesso:
·
inadeguatezza del livello culturale medio della popolazione: il
20% della classe di età 15-65 anni possiede
solo la licenza elementare o non ha alcun titolo di studio e meno del 38%
possiede solo la licenza media;
·
totale carenza dei servizi di incontro tra domanda e offerta (solo
il 4% dei rapporti di lavoro passa oggi per il collocamento);
·
insufficienza e inefficacia diffusa della pur consistente spesa
per formazione anche a causa del carente monitoraggio dei fabbisogni del mercato
del lavoro;
·
spesa sociale prossima alla media europea ma integrazioni al
reddito del disoccupato disomogenee e scollegate da diritti e doveri per il
reinserimento lavorativo.
Inoltre,
il Piano Nazionale per l’Occupazione per il 2002, accogliendo le indicazioni
dell’Unione Europea, individua come azioni prioritarie delle politiche per
l’occupazione una più elevata preparazione culturale e professionale dei
giovani e degli adulti, in modo da renderne più agevole l’ingresso e la
permanenza nel mondo del lavoro, ribadendo il nesso tra istruzione e formazione
da un lato e inclusione sociale e occupabilità dall'altro.
Il
Governo intende realizzare entro l’anno un moderno ed efficiente sistema di
servizi pubblici e privati tra loro collegati da un sistema informativo per il
lavoro (Rete dei Servizi al Lavoro):
-
riordino delle regole del
collocamento, mediante rafforzamento dell’anagrafe del lavoratore, definizione
dello stato di disoccupazione, dei modi per acquisirlo e per perderlo, e dei
connessi diritti e doveri (colloquio di orientamento e proposta di formazione o
di lavoro entro tempi certi). Le misure sono contenute nel decreto legislativo
prossimo all’esame del Parlamento;
-
diffusione dei servizi privati
e privato-sociali, che potranno svolgere, a determinate condizioni, tutte
le tipologie di servizio al mercato del lavoro (incontro tra domanda e offerta,
selezione, formazione, ricollocazione, lavoro interinale, ecc.). Le misure sono
contenute nel DDL 848 che privilegia e incoraggia la gestione di questi servizi
anche a cura delle stesse parti sociali;
-
attivazione della Rete dei
Servizi al lavoro, inclusa una “borsa” continua del lavoro, collegando
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, enti previdenziali e servizi
all’impiego nel territorio (pubblici, privati e privato-sociali), sulla base
di un nuovo progetto atto a produrre una banca dati dei lavoratori attivi ed in
cerca di lavoro e coerente con le competenze delle Regioni.
2.2.
L’educazione per l’occupabilità
La
riforma del sistema delle “tutele attive”, necessariamente graduale e a
carattere pluriennale, ha l’obiettivo di incoraggiare e assistere il
lavoratore nel processo di reinserimento nel mercato del lavoro. Si deve,
pertanto, realizzare un circolo virtuoso tra sostegno al reddito, orientamento e
formazione professionale, impiego e autoimpiego che rafforzi così la tutela del
lavoratore in situazione di disoccupazione involontaria, ne riduca il periodo di
disoccupazione, ne incentivi un atteggiamento responsabile ed attivo verso il
lavoro.
Questo
nuovo sistema di “tutele attive”dovrà assicurare:
-
una maggiore equità, attraverso una migliore corrispondenza tra
contribuzioni e prestazioni;
-
un miglioramento complessivo del grado di tutela economica garantita al
lavoratore disoccupato involontario, sia sotto il profilo della misura
dell’indennità sia della durata della corresponsione;
-
una stretta correlazione tra erogazione dei sussidi e diritti-doveri del
disoccupato, attraverso verifiche periodiche circa l’effettivo stato di
disoccupazione involontaria, l’immediata disponibilità e adesione ad attività
di formazione, ad altra misura o occasione di lavoro secondo modalità definite,
prevedendo la perdita di benefici in carenza di queste condizioni;
-
una tutela di ultima istanza legata a particolari condizioni di disagio.
Le
iniziative previste da questa riforma saranno coerenti con il nuovo quadro
istituzionale definito dal rinnovato Titolo V della Costituzione.
Gli
obiettivi finali della riforma dovranno garantire:
a)
una protezione generalizzata ed omogenea dei disoccupati involontari;
b)
protezioni integrative, aggiuntive o sostitutive, liberamente concordate
fra le parti sociali ai più vari livelli, con prestazioni autofinanziate e
gestite da organismi bilaterali di natura privatistica;
c)
contenimento del costo del lavoro determinato dal prelievo contributivo
complessivamente connesso ai vari schemi di sostegno al reddito nei limiti
massimi attuali e dalla razionalizzazione dei benefici garantiti dalla
protezione di base: ciò anche allo scopo di liberare risorse per il
finanziamento della protezione integrativa.
L’assetto
finale verrà conseguito con un graduale processo di razionalizzazione e di
riordino degli strumenti esistenti e compatibilmente con le risorse finanziarie
che si renderanno disponibili.
2.4.
Le prime misure
A
questo fine un primo intervento consiste nella rapida attuazione, con il
concorso delle parti sociali, dei principi contenuti nel DDL 848bis volti a
razionalizzare gli istituti attuali, superando sprechi ed inefficienze, e a
collegare strettamente integrazioni al reddito, servizi di orientamento,
formazione come altre misure di inserimento nel mercato del lavoro, anche
attraverso gli organismi bilaterali, valutando il possibile concorso di risorse
derivanti dal Fondo Sociale Europeo.
Contestualmente,
l’indennità di disoccupazione ordinaria connessa agli attuali requisiti pieni
sarà incrementata nella sua entità e durata prevedendo:
a.
indennità di base che garantisca un sostegno al reddito complessivo per
un periodo continuativo massimo di dodici mesi, con un meccanismo a scalare che
assicuri al lavoratore il 60% dell'ultima retribuzione nei primi sei mesi, per
poi scendere gradualmente al 40% ed al 30% nei due successivi trimestri. A tal
fine, il Governo si impegna a garantire la necessaria copertura per una spesa di
almeno 700 milioni di euro per anno;
b.
durata massima complessiva dei trattamenti di disoccupazione non
superiore ai 24 mesi (30 mesi nel Mezzogiorno) nel quinquennio;
c.
controllo periodico sulla permanenza nello stato di disoccupazione
involontaria dei soggetti che percepiscono l'indennità;
d.
programmi formativi a frequenza obbligatoria per i soggetti che
percepiscono l’indennità, con la certificazione finale del risultato
ottenuto, nel quadro dei piani individuali concordati con i servizi per
l’impiego. In tale prospettiva potranno essere sperimentate a livello
provinciale prime forme di bilateralità che concorrano a definire
l’orientamento formativo;
e.
un tavolo negoziale tra Governo, Regioni, Province e parti sociali si
riunirà entro 60giorni dal presente accordo per concertare i modi con cui
collegare efficacemente il sostegno al reddito dei disoccupati con le attività
di formazione e, più in generale, i servizi per l’impiego con i programmi
della formazione in alternanza e continua, fermi restando i principi e le
normative che regolano il funzionamento dei Fondi ex lege 388/200, finanziati
dall’accantonamento dello 0,30% del monte salari dei lavoratori dipendenti. In
questo stesso ambito sarà esaminata in via prioritaria la possibilità di uno
specifico rimborso degli oneri derivanti dalla partecipazione ai corsi di
formazione dei cittadini in stato di disoccupazione involontaria, secondo quanto
indicato dall’Unione Europea. Oggetto di verifica da parte del tavolo saranno,
in particolare, i contenuti e l’entità delle misure
finanziarie della riprogrammazione di metà percorso del Fondo sociale
europeo (obiettivo 3 ed obiettivo 1) nell’ambito del negoziato con la
Commissione Europea che si svolgerà nel 2003;
f.
la perdita del diritto al sussidio nel caso di rifiuto della formazione,
di altra misura o occasione di lavoro, secondo modalità definite, o di
prestazione di lavoro irregolare.
Questa
disciplina sostituirà, quindi, il vigente regime dell’indennità ordinaria di
disoccupazione nei settori non agricoli, preservando l’attuale struttura dei
requisiti ordinari di accesso. Rimarrà altresì inalterato il periodo di
copertura relativo ai contributi “figurativi”.
Per
quanto concerne i benefici concessi sulla base di “requisiti ridotti” appare
opportuno un rafforzamento del principio di proporzionalità tra trattamenti e
periodo di contribuzione connesso ad effettiva prestazione d’opera che adegui
tale istituto alle regole sulla durata massima dei trattamenti sopra definita,
anche allo scopo di promuovere l’emersione di lavoro irregolare e di evitare
abusi e distorsioni che spesso disincentivano il ricorso a rapporti di lavoro a
tempo indeterminato.
I
rapporti di lavoro a termine partecipano dei benefici sulla base dei requisiti.
Essi saranno, peraltro, monitorati per prevenire il prodursi di una condizione
di cronica precarietà cui dovrà corrispondere una particolare tutela in
termini di servizi reali. Le collaborazioni coordinate e continuative saranno
riformate in termini tali da valorizzare le prestazioni “a progetto” e in
modo tale da confermare, in ogni caso, la loro riconducibilità all’area del
lavoro autonomo (incrementandone il prelievo contributivo), fermo restando
l’impegno ad arginare con adeguata strumentazione il fenomeno delle
collaborazioni fittizie, che andranno, invece, correttamente ricondotte, anche
in virtù di un potenziamento dei servizi ispettivi, a fattispecie di lavoro
subordinato sulla base di criteri oggettivi; così ricollocate, esse
parteciperanno delle diverse regole generali.
Per quanto attiene
all’avvio del secondo livello di tutela, integrativo e volontariamente
promosso dalle parti sociali, verranno definite forme di incentivazione adeguate
per i contributi delle imprese.
Nell’ambito del processo di
riforma saranno realizzate forme di contabilità separata per settore produttivo
allo scopo di stimolare la responsabilità degli attori sociali e l’equilibrio
tra contribuzioni obbligatorie e prestazioni in ciascun settore attraverso la
trasparenza contabile. Completata la razionalizzazione delle prestazioni e
comunque non prima del 1° gennaio 2004, saranno definite per ciascun settore
–attraverso un preventivo accordo tra le organizzazioni maggiormente
rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro di ciascun settore- una
contribuzione di equilibrio nonché una contribuzione di solidarietà destinata
a concorrere al finanziamento dei settori in disavanzo. Il livello di tale
contribuzione di solidarietà a carico di ciascun settore sarà fissato anche
proporzionalmente alla consistenza numerica degli assicurati e alle prestazioni
di cui beneficia il settore. In ogni caso, il livello contributivo obbligatorio
(contribuzione di equilibrio più contribuzione di solidarietà) non potrà
essere superiore –per i settori in attivo- a quello attuale in rapporto alle
prestazioni erogate. La riforma ha, infatti, lo scopo di produrre attraverso una
gestione più responsabile dei sussidi alla disoccupazione nell’ambito di
ciascun settore la progressiva riduzione tanto dell’aliquota di equilibrio
quanto della contribuzione di solidarietà.
I settori produttivi, in
particolare quelli che non usufruiscono di ammortizzatori sociali integrativi o
sostitutivi dell’indennità di disoccupazione, promuoveranno la gestione,
attraverso accordi collettivi e mediante propri organismi bilaterali, di
prestazioni integrative o sostitutive del livello di base. Tali settori
potranno, sulla base degli accordi tra le parti, richiedere la gestione separata
del livello di base, ferma restando la contribuzione di solidarietà.
L’accordo definito il 20 maggio 2002
dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle aziende artigiane e dei
loro dipendenti costituisce un utile riferimento per l’ulteriore negoziato tra
le parti del settore e per il consolidamento delle esperienze in atto negli enti
bilaterali, anche attraverso strumenti normativi.
2.5.
Il riordino degli incentivi
Il
riordino degli incentivi sarà orientato prioritariamente alla promozione dei
contratti a contenuto misto con certificazione dell’attività formativa da
parte degli organismi bilaterali; al reinserimento dei disoccupati di lungo
periodo; alla promozione di strumenti che possano facilitare la mobilità del
lavoro, anche al fine di accompagnare i processi di localizzazione produttiva;
all’inclusione delle donne nel mercato del lavoro e, più in generale,
all’incremento dell’occupazione, anche autonoma e imprenditoriale, nel mezzogiorno.
Le
iniziative previste da questa riforma saranno coerenti con il nuovo quadro
istituzionale definito dal rinnovato Titolo V della Costituzione.
2.6.
Misure temporanee e sperimentali per l’occupazione regolare e la crescita
dimensionale delle imprese
Governo
e parti sociali condividono il testo di delega al Governo allegato al presente
documento che contiene misure temporanee e sperimentali a sostegno
dell’occupazione regolare e della crescita dimensionale delle imprese.
La
norma proposta ha lo scopo di promuovere nuova occupazione regolare attraverso
misure sperimentali - e perciò temporanee – che hanno l’obiettivo di
incoraggiare la crescita dimensionale delle piccole imprese.
Secondo
i dati del censimento Istat 1996 le imprese fra i 10 ed i 15 addetti erano
87.515, con riferimento all’industria ed ai servizi, ed occupavano 865.000
dipendenti. Nella fascia dimensionale successiva, cioè 16-19, le imprese
scendevano a 27.490 per un totale di 419.600 dipendenti. Appare evidente che
nella classe dimensionale 10-19 addetti oltre i due terzi delle imprese si
colloca nella fascia sotto i 15 dipendenti e che in quest’ambito
l’occupazione è doppia rispetto alla dimensione oltre il 15.
Tale
situazione appare confermata dai dati INPS disponibili per il 1998. Il numero
delle imprese nella classe di ampiezza 10-19 era di poco superiore alle 90mila,
per un totale di oltre 1,2 milioni di dipendenti. Tra queste imprese quelle che
insistono nella classe 10-15 sono quasi il 76% (quasi 70.000) per un totale di
oltre 840mila dipendenti.
Più
volte le parti sociali hanno concordato con il Governo il “non computo” di
alcune categorie di lavoratori (tendenzialmente i nuovi assunti) ai fini della
individuazione del campo di applicazione dello Statuto dei Lavoratori, o
comunque hanno accettato - per incrementare i livelli di occupazione ovvero
contrastare situazioni di crisi occupazionale - che questi occupati
aggiuntivi non dovessero essere calcolati, in modo tale da consentire che alle
aziende interessate, se inferiori in partenza ai 16 dipendenti, continuasse ad
applicarsi la normativa vigente per quella dimensione d’impresa.
Tali
accordi sono stati tradotti in altrettante norme di legge che hanno interessato
i contratti di formazione e lavoro nel 1984, i contratti di apprendistato nel
1987, i contratti di reinserimento nel 1991, i lavoratori interinali nel 1997 e
i lavoratori socialmente utili (LSU) nel 2000.
Anche
in questo caso la norma ripropone la formula del “non computo”,
riferendola a tutti i contratti di lavoro ma limitandola - in via sperimentale -
ad un arco di tempo triennale e, per quanto riguarda lo Statuto dei Lavoratori,
al solo art. 18. A differenza delle normative e degli accordi sopra citati essa
non riguarda infatti i diritti sindacali. La misura proposta verrà strettamente
monitorata e la sperimentazione si concluderà con una verifica congiunta del
Governo con le parti sociali sugli effetti prodotti in termini di maggiore
occupazione e di crescita dimensionale delle imprese.
In
conclusione, la norma proposta non modifica in alcun modo le tutele di cui
dispongono attualmente i lavoratori italiani né la disciplina che oggi si
applica alle diverse categorie d’impresa. Essa, per contro, rappresenta una
misura promozionale per incentivare nuove assunzioni regolari a favore di
soggetti che attualmente sono esclusi da ogni tutela a partire dal vero bene
primario che è il diritto al lavoro.
Le
eventuali ulteriori iniziative legislative conseguenti a questa sperimentazione
saranno definite sulla base di un necessario avviso comune tra le parti sociali.
La
norma proposta non trova logica applicazione al pubblico impiego.
2.7.
Il sostegno al reddito di ultima istanza
Il
sistema di sostegno al reddito verrà completato da uno strumento di ultima
istanza, caratterizzato da elementi solidaristici e finanziato dalla fiscalità
generale.
La
sperimentazione del reddito minimo di inserimento ha consentito di verificare
l’impraticabilità di individuare attraverso la legge dello Stato soggetti
aventi diritto ad entrare in questa rete di sicurezza sociale. Appare perciò
preferibile realizzare il cofinanziamento, con una quota delle risorse del Fondo
per le politiche sociali, di programmi regionali, approvati
dall’amministrazione centrale, finalizzati a garantire un reddito essenziale
ai cittadini non assistiti da altre misure di integrazione del reddito.
L’amministrazione
centrale avrà un ruolo di coordinamento e di controllo sull’andamento e sui
risultati dei programmi medesimi. L’eventuale prosecuzione dell’esperimento
relativo al reddito minimo di inserimento dovrà essere coerente con le finalità
sopra descritte e con gli obiettivi di contrasto dell’economia sommersa.
2.8. Il dialogo sociale
Il
Governo conferma l’obiettivo dichiarato nel Libro Bianco di definire, a
completamento delle riforme in corso, uno Statuto dei Lavori che si configuri
come un testo unico sulla legislazione del lavoro e a questo scopo istituisce
una Commissione di alto profilo scientifico per predisporne i relativi
materiali. Esso assume l’impegno di convocare entro l’anno le parti sociali
per avviare il confronto che dovrà accompagnare tutto il processo di
elaborazione e di decisione relativo a questo atto fondamentale.
Il
Governo e le parti sociali si impegnano a verificare congiuntamente i possibili
contenuti di riforma del processo del lavoro allo scopo di dare ad esso tempi più
certi nell’interesse dei datori di lavoro e dei lavoratori. Le parti sociali
avvieranno altresì un confronto diretto finalizzato a produrre un avviso comune
su forme condivise di conciliazione e di arbitrato.
Il
Governo si impegna a tradurre nelle conseguenti iniziative di legge queste
intese per cui proporrà nel frattempo la soppressione dell’art. 4 del DDL
848bis.
Governo
e parti sociali, inoltre, concordano di effettuare una ulteriore fase di
confronto sui temi del lavoro nel momento della redazione dei decreti
legislativi conseguenti alle leggi delega. La delega relativa alla revisione
della disciplina in materia di “cessione di ramo d’azienda” sarà emendata
nei termini previsti dal testo allegato. Su questo tema sarà comunque richiesto
alle parti sociali di produrre un avviso comune in tempi coerenti con l’esame
parlamentare.
Il
Governo si impegna a promuovere entro il mese di luglio una apposita sede di
confronto con le parti sociali dedicata ai temi delle politiche sociali. Più in
generale, la spesa sociale costituisce materia di necessario confronto con le
parti sociali in relazione a tutte le misure che la riguardano, garantendo
comunque che la prossima legge finanziaria non dovrà prevedere riduzione della
spesa sociale rispetto allo scorso anno.
L’avviso
comune richiesto alle parti sociali allo scopo di promuovere ulteriori
iniziative per l’emersione dell’economia sommersa sarà recepito dal Governo
attraverso gli atti necessari.
3.
Investimenti e Occupazione nel Mezzogiorno
Il
Governo e le parti sociali concordano sull’importanza da assegnare al tema
dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno che assume una valenza
prioritaria nell’ambito della politica economica nazionale e di quella
comunitaria di coesione. Solo con una particolare attenzione alla politica e
agli strumenti di intervento nel Mezzogiorno è possibile realizzare, da un
lato, gli obiettivi di riequilibrio territoriale che ispirano la politica
europea di coesione economica e sociale, dall’altro lato, gli obiettivi di
crescita occupazionale stabiliti con la strategia di Lisbona e, più
recentemente, nelle conclusioni del Consiglio Europeo di Barcellona ed assunti
nel Piano Nazionale d’Azione per l’Occupazione 2002.
Il
Governo e le parti sociali concordano nel considerare essenziale il
coordinamento fra Amministrazione centrale e Regioni alla luce delle recenti
riforme costituzionali.
Il
Governo e le parti sociali adottano come obiettivo della loro intesa quello di
conseguire, coerentemente con il Programma comunitario obiettivo 1, un tasso di
crescita del Mezzogiorno significativamente e stabilmente superiore a quello
medio dell’Unione Europea e del resto del Paese. Unitamente a ciò, obiettivo
dell’intesa è quello di conseguire, entro il 2008, un aumento del tasso di
attività fino al livello del 60 per cento, coerente con il corrispondente
incremento del tasso di occupazione indicato nel DPEF 2003-2007. Tali obiettivi
richiedono una forte crescita della competitività dell’area da realizzarsi
attraverso investimenti pubblici di qualità e interventi per l’attrazione
degli investimenti che accrescano l’accumulazione privata e la produttività.
Priorità
dell’azione di Governo -che nasce dalla certezza che la competitività di ogni
sito e territorio deriva dalle sue infrastrutture, materiali e immateriali- è
la diminuzione sostanziale del gap infrastrutturale, con una particolare
attenzione per i trasporti e la logistica, per il settore idrico ed energetico e
per la ricerca e innovazione. A questa priorità sono volti l’impegno comune
con le Regioni e l’adozione di regole concorrenziali e incentivanti nuove
nell’allocazione e nell’impiego delle risorse.
Ulteriore
priorità è costituita dall’attrazione degli investimenti nell’area, anche
attraverso l’utilizzo dei Contratti di Programma. A tal fine occorre dotare il
Mezzogiorno di una capacità di offrire, in un quadro generale di condizioni di
sicurezza, siti attrezzati e procedure semplificate.
Altre
priorità sono il potenziamento e la semplificazione dei sistemi di
incentivazione, nonché le azioni volte ad accrescere la cultura di impresa e la
cooperazione progettuale all’interno degli insediamenti produttivi, a
sostenere uno sviluppo del sistema turistico orientato ad un’offerta di qualità,
a promuovere investimenti di recupero, apertura e valorizzazione dei beni
culturali e ambientali.
Punto
di riferimento di tale azione rimane la politica di coesione economica e sociale
dell’Unione Europea, costituita dalla politica regionale (e dai suoi strumenti
operativi, i fondi strutturali), dai riflessi sulla politica di coesione delle
altre politiche (la concorrenza, i trasporti, la ricerca, la politica agricola
comune) e da azioni di incentivazione. Il miglioramento nelle comunicazioni,
materiali e virtuali, nella logistica e sicurezza, nella ricerca e formazione,
nella valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, è indispensabile per
un’accelerazione significativa della produttività e degli investimenti.
Il
Governo e le parti sociali condividono il principio che l’importanza riservata
al Mezzogiorno significa garantire non solo risorse finanziarie nel quadriennio
di programmazione, ma anche l’operatività degli strumenti di spesa, la qualità
della stessa e la coerenza interna di tutte le decisioni di governo. Nella
Relazione predisposta annualmente per il Parlamento si darà conto dei progressi
e dei risultati ottenuti sia dalle azioni direttamente rivolte al Mezzogiorno,
sia dalle politiche nazionali, e ne verrà preventivamente data informazione
alle parti sociali.
Per
quanto riguarda le “risorse aggiuntive” rivolte al Mezzogiorno, il Governo e
le parti sociali concordano sulla necessità, già nella prossima Legge
Finanziaria (Tab. D), di mantenere il flusso di nuove risorse da destinare a
investimenti pubblici e incentivi nelle aree depresse in una percentuale del PIL
almeno pari a quella media degli ultimi anni. A tali risorse vanno aggiunte
quelle risorse da destinare al cofinanziamento degli interventi dei fondi
strutturali.
Si
conferma l’obiettivo programmatico di accrescere la quota media di spesa in
conto capitale destinata al Mezzogiorno portandola ad un valore medio del 45%
del totale della spesa nel periodo 2002-2008, secondo lo schema finanziario
unico già utilizzato nel DPEF 2002-2006.
Il
Governo si impegna ad assicurare, in linea con gli impegni di addizionalità del
Programma comunitario 2000-2006, che la quota di risorse ordinarie destinata
agli investimenti nel Mezzogiorno sia non inferiore al 30% del totale della
spesa del settore pubblico allargato (che include, fra gli altri, Ferrovie dello
Stato, ANAS e gli altri enti preposti alla realizzazione delle infrastrutture).
La quota del 30 per cento si applica sia alle assegnazioni che all’effettiva
erogazione di risorse.
Governo
e parti sociali convengono che la modernizzazione delle Amministrazioni centrali
e regionali responsabili per l’utilizzo dei fondi aggiuntivi (comunitari e
nazionali) e ordinari deve procedere speditamente, come condizione
indispensabile per il conseguimento degli obiettivi concordati. A ciò dovrà
concorrere la rigorosa attuazione dei meccanismi premiali del Programma
comunitario
Con
riguardo alle Intese istituzionali di programma e ai relativi Accordi di
programma quadro, strumenti di gestione dei flussi finanziari per gli
investimenti pubblici, il Governo si impegna a rafforzare il monitoraggio del
loro stato di attuazione, delle fonti di finanziamento, dei poteri sostitutivi
attivati o attivabili. Particolare attenzione verrà posta nella verifica dello
stato di attuazione degli studi di fattibilità e nella loro traduzione in
progetti concreti.
Il
Governo, nell’ambito delle attività relative alla programmazione negoziata,
si impegna a favorire, con il concorso delle parti sociali, l’effettiva
operatività della regionalizzazione dei Patti Territoriali, prevedendo una più
precisa regolamentazione degli stessi attraverso gli istituti dell’Intesa
Istituzionale di Programma e degli Accordi di Programma Quadro, sulla base di
puntuali criteri economici e occupazionali prevedendo meccanismi premiali per il
partenariato sociale. Verrà inoltre assicurato il finanziamento dei residui 11
Patti Territoriali già istruiti.
Il
Governo e le parti sociali condividono la scelta strategica di puntare su
politiche in grado di favorire la localizzazione delle attività produttive
nelle aree del Sud. Tale scelta trae
la propria forza dal fatto che tali politiche consentono, da un lato, di
rafforzare il tessuto produttivo meridionale e di favorire processi di
agglomerazione produttiva e,
dall’altro lato, di fare sì che l’intervento a favore del Sud si traduca in
azioni i cui benefici ricadano anche sulle imprese del Centro-Nord che hanno
difficoltà nel reperire aree industriali e manodopera qualificata.
Il
Governo e le parti sociali sono consapevoli che il rilancio delle politiche di
sviluppo per il Mezzogiorno debba essere volto alla valorizzazione del settore
agricolo ed agroalimentare. Per superare l’attuale frammentazione del settore,
dunque, si incentiveranno i processi di aggregazione/organizzazione dei soggetti
operanti nel sistema, al fine di favorire forme organizzative innovative di
filiera nel territorio, dando piena attuazione a quanto già previsto dal d.lgs.
n.228 del 2001. Si mirerà inoltre a riqualificare i fattori della produzione ed
i servizi, favorendo la crescita dimensionale, l’ingresso dei giovani,
l’accesso all’informatizzazione e l’innovazione di processo e di prodotto.
Il
Governo e le parti sociali individuano nel Tavolo agroalimentare il luogo
privilegiato per la definizione di tutte le politiche di sviluppo per il settore
agricolo ed agroalimentare.
In
questo quadro si ritiene che la cooperazione possa rappresentare uno strumento
idoneo ad avviare processi imprenditoriali diffusi e al contempo elemento di
forte coesione sociale. Il Governo ritiene che la crescita del sistema della
cooperazione sia una opportunità da valorizzare.
Il
Governo metterà a punto un programma pluriennale per l’attrazione degli
investimenti nel Mezzogiorno, il cui disegno e attuazione verranno affidati alla
società Sviluppo Italia.
Il
Governo e le parti sociali individuano nel Contratto di Programma, ferme
restando le attuali finalità, lo strumento di intervento principale per le
nuove politiche a favore della attrazione di insediamenti produttivi nelle aree
meridionali, anche per orientare verso il Sud i processi di delocalizzazione
produttiva in atto nel resto del Paese. Lo strumento verrà a tale scopo
adeguatamente finanziato. Verranno a questo specifico scopo definite, d’intesa
con le parti sociali, procedure e attribuzioni anche a partire dall’esperienza
della Programmazione negoziata. Attraverso il Contratto di Programma si potranno
attivare anche processi di trasferimento di conoscenze e sapere in grado di
migliorare la qualità dell’offerta di lavoro e la diffusione delle capacità
manageriali. Il tema della valorizzazione del capitale umano rappresenta difatti
un aspetto essenziale da porre alla base della strategia di sviluppo del
Mezzogiorno.
Per incentivare il processo
di attrazione di attività industriali verso il Sud, il Governo si impegna a
predisporre politiche per il rafforzamento, l’individuazione e la
predisposizione di aree attrezzate, dotate anche di un valido complesso di
servizi ecologici, al fine di consentire una consistente abbreviazione delle
procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Un primo campo di
applicazione sarà rappresentato dalla depurazione delle acque reflue.
Nell’ambito
di una generale semplificazione degli strumenti di incentivazione il Governo sta
procedendo a concentrare nel Mezzogiorno lo strumento del credito d’imposta ex
art. 8, legge 388/2000 per dare certezza finanziaria e renderlo cumulabile con
la “Tremonti bis” (L. 383/2001). In questo modo il credito d’imposta,
cumulato con la “Tremontibis” per un congruo periodo di tempo, diviene così
strumento di compensazione per i maggiori costi del capitale nel Mezzogiorno. In
questo quadro, anche gli incentivi ex lege 488/92, 181/89 e quelli rivolti
all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego svolgono un ruolo importante. A
tali strumenti, come a quelli di sostegno alla ricerca e innovazione e
all’imprenditoria femminile, saranno assegnate adeguate risorse finanziarie.
La
differenza nei tassi bancari applicati al Sud rispetto al Nord e la diversa
importanza delle garanzie reali per la concessione del credito finiscono per
essere un ulteriore fattore di svantaggio competitivo per le imprese del
Mezzogiorno. Il Governo pertanto provvederà a ristrutturare e potenziare il
Fondo di garanzia, tenendo conto anche delle nuove regole di Basilea,
riconducendo a sistema le diverse istituzioni operanti nel settore e
raccordandole meglio al sistema finanziario. Inoltre, il Governo promuoverà una
riforma della legge fallimentare diretta a rendere più rapido e efficiente il
recupero del credito in modo da ridurre il costo del denaro. Verranno inoltre
predisposti meccanismi per coinvolgere le banche non solo nell’istruttoria, ma
anche e soprattutto nell’erogazione del credito a favore delle imprese
beneficiarie degli incentivi.
Il
Governo si impegna ad adeguare la dotazione infrastrutturale del Mezzogiorno ai
livelli del resto del Paese, oltre che attraverso la rapida e qualificata
attuazione del Programma comunitario, attraverso la piena e immediata attuazione
della strategia nazionale della “legge-obiettivo” e delle opere individuate,
opportunamente inserite nelle Intese generali quadro. Il Governo ha individuato
un insieme di azioni strategiche per il Mezzogiorno, sulle quali viene previsto,
assieme alle parti sociali, il monitoraggio sull’attività generale e degli
investimenti del settore pubblico allargato nonché uno più specifico dedicato
alle opere più rilevanti.
Le parti sociali, dal canto
loro, si impegnano a realizzare condizioni di organizzazione del lavoro
funzionali alla massima accelerazione delle opere e della spesa.
In
particolare l’attività di infrastrutturazione sarà volta:
·
all’attuazione organica delle reti idriche, volta a garantire un
approvvigionamento adeguato alle necessità di sviluppo sociale ed economico;
·
a potenziare e ammodernare le reti energetiche nonché a garantire un
costo dell’energia conveniente in grado di fornire a determinati ambiti
territoriali un vantaggio competitivo in grado di favorire il processo di
attrazione di attività produttive;
·
a migliorare la qualità dell’offerta dei servizi e la qualità
dell’offerta infrastrutturale e delle politiche delle aree urbane;
·
a identificare le opere che sicuramente saranno portate a compimento nel
triennio 2003-2005.
Allo
stato attuale, si è in grado di assicurare che entro il 2005 sarà possibile
disporre degli interventi sul sistema integrato dei trasporti delle principali
città meridionali (sistema integrato dei trasporti di Napoli, Bari, Catania e
Palermo), sugli assi autostradali Salerno-Reggio Calabria, Palermo-Messina,
Catania-Siracusa-Gela, nonché gli interventi relativi agli schemi idrici del
Mezzogiorno e negli snodi portuali, interportuali ed aeroportuali del
Mezzogiorno previsti nella delibera del CIPE del 21.12.2001, e quelli che
verranno successivamente indicati, in un elenco allegato.
Il Governo, inoltre, conferma
l’avvio entro 36 mesi della procedura di costruzione del Ponte sullo Stretto.
Il
Governo si impegna a definire un sistema di formazione professionale che
risponda all’obiettivo di recuperare le attuali consistenti quote di abbandoni
e di insuccessi scolastici, e consenta l’acquisizione di competenze e di
abilità immediatamente spendibili sul mercato della produzione e del lavoro.
Pertanto, una particolare attenzione sarà data ai corsi di istruzione e
formazione tecnica-superiore, orientati a specializzare giovani e adulti a
livello post-secondario, nonché a sostenere e a rilanciare l’occupazione, con
particolare riguardo ai settori delle tecnologie, dell’informazione e della
comunicazione. Inoltre, sarà data particolare attenzione all’educazione
permanente degli adulti, quale strumento indispensabile ad incrementare il tasso
di occupazione.
Il
Governo concentrerà investimenti sul versante della ricerca industriale, sul
potenziamento delle strutture scientifiche e tecnologiche e sulle attività di
alta formazione. In coerenza con le Linee guida per la politica scientifica e
tecnologica si procederà ad accrescere e potenziare la sistematica
collaborazione tra le strutture pubbliche di ricerca e il sistema
imprenditoriale, costituendo una rete permanente scienza-innovazione-industria-commercio-turismo,
per aumentare la capacità delle imprese di trasformare le conoscenze e le
tecnologie in prodotti e processi a maggior valore aggiunto. Ciò consentirà da
una parte di valorizzare le specificità del territorio meridionale e la sua
collocazione centrale nel Mediterraneo, dall’altra di creare nuove occasioni
nei settori produttivi ad alta tecnologia. Determinante, a tal fine, sarà una
politica volta a creare, o valorizzare, distretti
di alta tecnologia e centri di eccellenza scientifica in aree
prioritarie.
Il
Governo è consapevole che, soprattutto nel Mezzogiorno, garantire la sicurezza
dei cittadini e delle imprese significa porre la pre-condizione per uno sviluppo
serio e duraturo. In quest’ottica, intensificherà la prevenzione e il
contrasto della criminalità di ogni tipo, in particolare di quella
organizzata,la confisca dei beni di provenienza illecita, la destinazione per
fini di utilità sociale dei beni confiscati. Inoltre, è in fase di
elaborazione un sistema di monitoraggio degli appalti, che eviti le
infiltrazioni di tipo mafioso nella utilizzazione dei fondi destinati alle
grandi opere. A questo scopo sono state attivate le procedure necessarie per
acquisire i fondi provenienti dall’Unione Europea finalizzate a potenziare le
strutture informatiche delle forze di polizia.
Il
Governo e le parti sociali
convengono di dare seguito al presente documento attraverso una ulteriore fase
di lavoro comune dedicata:
·
alla verifica delle azioni in corso allo scopo di garantirne la migliore
efficacia attraverso la definizione di processi decisionali e di modalità
operative più rapide;
·
alla individuazione e attrazione di specifici progetti di attrazione
nelle aree attrezzate del Mezzogiorno allo scopo di accompagnarli con accordi
quali quelli delle procedure del contratto d’area, finalizzati a semplificare
i tempi e i modi delle procedure autorizzative;
·
a condividere più in generale i modi con cui conseguire un contesto
istituzionale e sociale idoneo a garantire certezze agli investimenti nel
Mezzogiorno;
·
a realizzare specifiche verifiche con riferimento agli investimenti
infrastrutturali, all’utilizzo dei Fondi Strutturali, agli strumenti di
incentivazione, all’attrazione degli investimenti, al risanamento ambientale,
allo sviluppo delle risorse umane attraverso la scuola e la formazione, alla
sicurezza del territorio.
Allegato 1
Riforma Fiscale
1.
Livello di reddito imponibile di 9mila euro (18milioni di lire),
tipico delle categorie operaie nei settori maggiormente interessati dal
provvedimento sull’emersione del lavoro irregolare (servizi, edilizia)
La
riduzione di imposta è di almeno 500 euro (circa 1milione di lire) su base
annua, pari a circa il 40% per i lavoratori senza carichi familiari e a
percentuali maggiori per i lavoratori con carichi familiari
2.
Livello di reddito imponibile di 17,5mila euro (35 milioni di lire),
corrispondente ad una buona retribuzione imponibile nel settore industriale
La
riduzione di imposta è di almeno 250 euro (circa 500mila lire) su base annua,
pari a circa il 7% per i lavoratori senza carichi familiari, e a percentuali
maggiori per i lavoratori con carichi familiari
3.
Livello di reddito imponibile di 7,5 mila euro (15milioni di lire),
corrispondente ad una pensione superiore al minimo per circa mille euro (1
milione di lire).
La
riduzione di imposta è di almeno 250 euro (circa 500mila lire) su base annua,
pari a più del 50% per i pensionati senza carichi familiari, e a percentuali
maggiori per i pensionati con carichi familiari
ESEMPLIFICAZIONI
SPECIFICHE PER I BASSI REDDITI
|
|
|
|
|
EFFETTI
DELL’ACCORDO SUI MINIMI CONTRATTUALI |
|
|
|
|
(Valori
in euro) |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
LAVORATORE
e PENSIONATO SENZA CARICHI FAMILIARI |
IRPEF
2002 |
ACCORDO IRPEF
2003 |
DIFF. 2003
- 2002 |
VAR.
% 2003-02 |
Impiegato
servizi di pulizia (euro 10.646,44 annue) |
1.488,95
|
1.007,09
|
-481,85
|
-32,4% |
Operaio
piccola industria edilizia (euro 8.893,50 annue) |
1.066,48
|
490,12
|
-576,37
|
-54,0% |
Pensionato
al minimo (euro 516 al mese) |
287,67
|
0,00
|
-287,67
|
-100,0% |
Altro
pensionato con 9.000 euro annue |
1.086,63
|
521,62
|
-565,00
|
-52,0% |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
EFFETTI
DELL'ACCORDO SUI MINIMI CONTRATTUALI |
|
|
|
|
(Valori
in migliaia di lire) |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
LAVORATORE
e PENSIONATO SENZA CARICHI FAMILIARI |
IRPEF
2002 |
ACCORDO
IRPEF 2003 |
DIFF. 2003
- 2002 |
VAR.
% 2003-02 |
Impiegato
servizi di pulizia (Lit.20.614 annue) |
2.883
|
1.950
|
-933
|
-32,4% |
Operaio
piccola industria edilizia (Lit. 17.220 annue) |
2.065
|
949
|
-1.116
|
-54,0% |
Pensionato
al minimo (un milione al
mese) |
557
|
-
|
-557
|
-100,0% |
Altro
pensionato con Lit. 17.426 annue |
2.104
|
1.010
|
-1.094
|
-52,0% |
Allegato 2
Art.
…. (Delega al Governo in materia di altre misure temporanee e sperimentali
a sostegno della occupazione regolare e della crescita dimensionale delle
imprese)
1.
Ai fini di sostegno della occupazione regolare e della crescita
dimensionale delle imprese il Governo è delegato ad emanare in via sperimentale
uno o più decreti legislativi, entro il termine di un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei seguenti princìpi e
criteri direttivi:
a)
ai
fini della individuazione del campo di applicazione dell’articolo 18 della
Legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, non computo nel numero
dei dipendenti occupati delle nuove assunzioni mediante rapporti di lavoro a
tempo indeterminato, anche part-time, o con contratto di formazione e lavoro,
instaurati nell’arco di tre anni dalla data di entrata in vigore dei decreti
legislativi;
b)
inapplicabilità
della misura di cui alla lettera a) ai datori di lavoro, imprenditori e non
imprenditori, già rientranti, al momento dell’entrata in vigore della
presente legge, nel campo di applicazione dell’articolo 18 della Legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, in quanto abbiano occupato
mediamente nei dodici mesi precedenti, un numero di dipendenti corrispondente
alle soglie dimensionali indicate dallo stesso articolo 18;
c)
non
riconducibilità al concetto di nuova assunzione delle ipotesi di subentro di
un’impresa ad un'altra nella esecuzione di un appalto, là dove presente una
disposizione di legge o una clausola contrattuale a tutela del passaggio del
personale alle dipendenze dell’impresa subentrante;
d)
previsione
di misure di monitoraggio coerenti con la natura sperimentale del provvedimento;
e)
previsione
che decorsi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti
legislativi di cui al presente articolo il Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali procederà a una verifica, con le organizzazioni dei datori di
lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale, degli effetti sulle dimensioni delle imprese, sul mercato del lavoro
e sui livelli di occupazione nel frattempo determinatisi, al fine di consentire
al Governo di riferirne al Parlamento e valutare l’efficacia della misura.
Allegato 3
DDL 848-A
Art.
1, comma 2, lett l)
1)
completa conformazione della disciplina vigente con la normativa
comunitaria, anche alla luce
del necessario coordinamento con la Legge 1 marzo 2002, n. 39, che dispone la
recezione, tra le altre, anche della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio n. 2001/23/CE, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei
lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di
imprese o di stabilimenti;
2)
previsione del requisito dell’autonomia funzionale del ramo di azienda
nel momento del suo trasferimento;
3)
previsione di un
regime particolare di solidarietà tra appaltante e appaltatore, nei limiti di
cui all’art. 1676 del codice civile, per le ipotesi in cui il contratto di
appalto sia connesso ad una cessione di ramo di azienda.