RINNOVI CONTRATTUALI

TANTO RUMORE PER NULLA ?

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Ieri (19-2-2003) all’Aran è ripartita, in modo pesantemente negativo, la trattativa per il rinnovo contrattuale del comparto Ministeri, tanto più negativo perché destinato ad assumere il ruolo di apripista per il resto del pubblico impiego.

Il primo dato negativo è l’intenzione proclamata di chiudere la “partita” nel giro di pochi giorni (si parla di una settimana) come se la scadenza contrattuale fosse una pratica da chiudere in modo burocratico e non l’amministrazione attenta degli interessi e dei bisogni di migliaia di lavoratori aggravatisi ulteriormente  nell’ultimo quinquennio.

La proposta sulla parte economica per il 2002-2003 messa sul tavolo vede 105 euro medie lorde a disposizione, ossia ben 4 euro (sempre medie lorde) in più rispetto a quanto concordato tra Cgil, Cisl , Uil e governo con il famigerato accordo del 4 febbraio dell’anno scorso.

Dopo aver tuonato per mesi in difesa del potere d’acquisto delle buste paga e proclamato uno sciopero generale il 13 dicembre, si accontentano ora pressoché della stessa cifra che, soprattutto a seguito dell’introduzione dell’Euro, è del tutto inadeguata anche solo a recuperare l’inflazione reale di questi due anni.

Nel particolare i 105 euro, pari a 203.400 vecchie lire, sono destinate per:

·        145.500 lire medie lorde di incremento sullo stipendio base che al netto delle ritenute e delle tasse si concretizzano nella favolosa cifra di circa 90.000 lire (46,46 euro) per un livello B3.

Dell’Ordinamento Professionale non c’è alcuna traccia nella proposta fornitaci dall’Aran che si è premurata di informarci che nella prossima riunione di martedì 25 febbraio ci proporrà una bozza “tesa a superare lo scoglio della sentenza della Corte Costituzionale”, una mossa che vuole essere la richiesta di un “atto di fede” in cambio del massimo di flessibilità.

La parte normativa, oltre che a peggiorare gravemente le norme disciplinari (il bastone senza nemmeno la carota!) e le norme che regolano le relazioni sindacali, conferma in peius tutta la normativa precedente, con particolare riferimento alle cosiddette “code contrattuali”.

Dopo 14 mesi di vacanza contrattuale non può essere liquidato così un contratto da cui i lavoratori si aspettano risposte ai tanti problemi che sono affiorati negli ultimi cinque anni, anche a partire dalle riforme “Bassanini” che hanno ridisegnato a costo zero la configurazione della Pubblica Amministrazione, scaricandone però i costi sulla pelle dei lavoratori e degli utenti.

Tutte le strutture e gli iscritti della RdB P.I., i delegati RSU e tutti i lavoratori devono essere impegnati in tutti i luoghi di lavoro a discutere nelle assemblee i contenuti di questo contratto, evidenziare i problemi che questo contratto non risolve e, anzi, peggiora per avviare da subito ogni forma di mobilitazione e di lotta per impedire l’ennesimo e sempre più insopportabile imbroglio!

Federazione RdB Pubblico Impiego