Contratto Ministeri

UNA OCCASIONE PERSA

Documento
formato .pdf compresso

Scarica il software necessario: Winzip
(1,2 MB)
Acrobat reader
(8,4 MB)

Si è chiuso, in appena 24 ore di trattativa, il contratto nazionale del comparto Ministeri, primo dei contratti del pubblico impiego, dopo 14 mesi dalla scadenza.

La RdB Pubblico Impiego conferma la propria valutazione negativa, espressa sinteticamente già nella nota a verbale dell’Ipotesi di Accordo, sia sul piano economico, assolutamente insufficiente, che su quello normativo praticamente inesistente (o peggiorativo). Una occasione persa! 

Il contratto dei Ministeri è caratterizzato, sostanzialmente, per la sola parte economica che risulta essere fortemente insufficiente per il recupero del potere d’acquisto delle buste paga, continua a tenere i dipendenti pubblici italiani molto lontani dalle retribuzioni europee.

La parte salariale non presenta apprezzabili modifiche rispetto all’Accordo del 4 febbraio 2002 tra governo e Cgil, Cisl, Uil e autonomi, 5 euro in più, rispetto ai 101 euro allora concordati, che hanno fatto gridare alla vittoria questi signori per questa inezia aggiunta.

L’unica nota positiva, semmai, è la destinazione che questi incrementi hanno avuto in gran parte sugli aumenti dello stipendio base, questo grazie anche alla iniziativa della RdB P.I., al contrario dell’Accordo del 4.2.02 firmato dal governo e Cgil, Cisl e Uil che testualmente recita debbano“essere destinate prevalentemente alla incentivazione della produttività dei dipendenti”, (da notare la posizione della Cgil che, nella Nota a verbale n.1, lamenta di non aver destinato abbastanza risorse al salario accessorio).

I 106 euro, inoltre, non sono certi, infatti 9 euro sono utilizzati per i costi del passaggio dell’IIS (contingenza) nello stipendio tabellare (e quindi ritornano nelle casse dello Stato), altri 11 euro medi lordi sono destinati all’incremento delle Indennità di Amministrazione (di cui 7 euro per i ministeri “ricchi” e 15,40 euro medi lordi per quelli “poveri”) e ulteriori 11 euro medi lordi procapite sono destinati al Fondo Unico di Amministrazione.

Preso a riferimento il livello economico B3, gli aumenti tabellari lordi previsti sono pari a 36,50 euro per il 2002 e 40,61 euro per il 2003 per un totale di 77,11 euro lordi che al netto delle ritenute e delle tasse risultano essere circa 50 euro netti a regime (meno di 100.000 vecchie lire).

Nessuno stanziamento per la parificazione delle Indennità di Amministrazione nei ministeri accorpati con il perdurare, quindi, di una diversa retribuzione tra i lavoratori inquadrati negli stessi ruoli che svolgono uguali funzioni.

Elusione assoluta della richiesta di istituzione della 14^ mensilità attraverso la trasformazione di una quota della produttività in emolumento fisso.

Sull’adeguamento dei Buoni Pasto, fermi alle 9.000 lire del 1996, nient’altro che una laconica dichiarazione congiunta (la n. 6) che afferma la necessità di una verifica, mentre il Tesoro continua ad incamerare come risparmi di gestione circa 60 milioni di euro l’anno non spesi per i buoni pasto.

Le modifiche alle norme disciplinari costituiscono la parte preponderante della normativa.

Si trasformano i doveri del dipendente in “obblighi del dipendente” e si dilata la casistica per i provvedimenti disciplinari rispetto ai quali si accentua la discrezionalità del dirigente.

Si è voluto creare e riaffermare un sistema rigido di controllo e coercizione in previsione che alle riforme dei ministeri succeda l’opposizione dei lavoratori a questi processi.

L’introduzione della normativa contrattuale sul Mobbing e contro le molestie sessuali non è nulla di più di quanto prescritto dalle norme legislative in vigore.  

Assente qualsiasi presa di posizione, considerazione o norma di modifica che consenta all’ordinamento professionale finalmente di decollare compiutamente nel comparto affrontando tutte le questioni aperte che in questi 4 anni hanno di fatto perpetuato il ventennale blocco delle carriere mentre il fenomeno mansionismo continua a dilagare.

La non-soluzione prevista sta nella costituzione di una Commissione Paritetica per il Sistema Classificatorio presso l’Aran a cui è affidata la verifica e la modifica dell’attuale ordinamento professionale, ma non si può non ricordare a questo proposito la famosa Commissione istituita dalla legge 312/80 che non venne mai riunita e fu definitivamente cancellata dal D.L.vo 29/93.

Mentre la richiesta di abrogare l’area “A”, obsoleto residuo del vecchio ordinamento superato dall’introduzione di nuove tecnologie e diverse funzioni, è finita nelle laconiche dichiarazioni congiunte (la n. 2) come raccomandazione di “particolare riguardo” per la Commissione paritetica.

Eluso completamente il problema della diffusione massiccia del lavoro precario nelle Pubbliche Amministrazioni, mentre sui diritti sindacali si vuole mettere il bavaglio a qualsiasi forma di dissenso e le RSU continuano essere relegate a non decidere nulla. 

Eliminare, in questo quadro, tutti gli spazi democratici a quei soggetti sindacali che si oppongono a questo progetto (RdB) o che potrebbero potenzialmente farlo (RSU).

La RdB P.I. in coerenza con la propria storia di difesa dei diritti e degli interessi dei lavoratori non si piega a questi diktat ma anzi rilancia una approfondita discussione sui posti di lavoro nel merito e promuove in tutto il comparto il Referendum dei lavoratori statali sul contratto, invita pertanto anche i delegati RSU a farsi protagonisti di questa consultazione democratica, sfidando sul terreno della democrazia tutte le altre organizzazioni sindacali e in particolare i “sinceri democratici” della Cgil.

 Questo contratto non rappresenta assolutamente, per la RdB P.I., un punto di arrivo ma l’avvio di una nuova e più incisiva stagione di lotte su una vertenza a tutto campo da aprire con il governo e nei singoli ministeri su:

Primo appuntamento venerdì 7 marzo sotto la Funzione Pubblica sul terreno della difesa dei diritti e la lotta al precariato.