I pubblici dipendenti sono in piazza, nella
settimana che va dal 30 giugno al 4 luglio, per protestare contro le scelte
del Governo e per denunciare all’opinione pubblica il grave stato di degrado
verso cui sta precipitando la Pubblica Amministrazione. Un degrado messo a nudo
dalla più recente denuncia di non operatività dei Vigili del Fuoco, Guardia
Forestale, Polizia stradale, solo la punta di un ben più grande iceberg.
Il continuo taglio dei bilanci, il blocco delle assunzioni, la mortificazione
dei dipendenti retribuiti con stipendi da fame, il blocco delle carriere e il
mansionismo di massa, un esercito di precari tappabuchi, hanno portato
inesorabilmente ad un degrado dei servizi funzionale solo alla creazione di una
opinione pubblica favorevole al ridimensionamento del ruolo dello Stato.
Da qui un procedere continuo, iniziato ben prima dell’avvento di questo
governo, di svendita dei "beni di famiglia", privatizzazioni,
esternalizzazioni, cessioni di ogni genere di attività a soggetti privati nella
logica del mercato e del profitto.
Succede così che la previdenza pubblica si vorrebbe ridurla a mera assistenza
animando il conflitto solo per decidere su chi, tra banche, assicurazioni e
Cgil, Cisl e Uil, dovrà gestire l’affare del secolo, la previdenza privata,
il ministro Sirchia reintroduce i ticket e trasferisce alle assicurazioni
private la tutela della salute, la ministra Moratti subordina la cultura e la
distribuzione del sapere agli interessi dell’impresa e non del Paese, ecc.
"Nel loro piccolo" le Regioni, approfittando del federalismo spacciato
per decentramento, si danno da fare come possono, aumentando le imposte e
tagliando risorse per l’assistenza sociale, i servizi educativi, i sevizi alla
persona, ecc.
La Pubblica Amministrazione diventa uno strumento per fare cassa e non un settore d’investimento innovativo funzionale alla sicurezza alla qualità della vita e allo sviluppo economico!
In questo quadro si inserisce la vicenda dei
rinnovi contrattuali scaduti da 18 mesi.
Nonostante il "patto solenne", che la RdB P.I. in perfetta solitudine
non ha firmato, sottoscritto il 4 febbraio 2002 da Cgil, Cisl e Uil con il
governo, non solo nella persona del Ministro della Funzione Pubblica ma anche
persino in quella del vice Presidente del Consiglio, Fini, quell’accordo è
carta straccia per un milione e mezzo di lavoratori.
Nonostante che sul piano economico sia ispirato al rispetto dei criteri che
hanno animato gli accordi di luglio ’93, quelli della concertazione per
intenderci, che hanno comportato la perdita progressiva del potere d’acquisto
dei salari.
Anche questa volta gli incrementi salariali sono riferiti all’inflazione
programmata 1,7% per il 1,4% per il 2003 contro una rilevazione ufficiale Istat
che fissa l’inflazione al 2,7%, un tasso ben al di sotto di quello reale
determinato dall’introduzione dell’Euro che ha soppiantato il ruolo delle
vecchie mille lire sancendo, così, l’ulteriore impoverimento dei dipendenti
pubblici.
Come se non bastasse i contratti chiusi finora si sono limitati al miserevole
aspetto economico trascurando di affrontare tutti gli altri temi che normalmente
caratterizzano un rinnovo contrattuale, primo fra tutti l’ordinamento
professionale, terreno utile non solo ad eliminare il mansionismo ma anche ad
affrontare nuovi modelli di organizzazione del lavoro più funzionali ad una
migliore erogazione dei servizi.
E’ anche per questa strada che passa lo smantellamento della Pubblica Amministrazione ed è anche per questo che ci sentiamo impegnati in una battaglia che ci vede a fianco dei cittadini.