L’amministrazione della Giustizia decide di dare una stretta finale al contratto integrativo e, con un’arroganza senza precedenti, continua a trattare con i soli sindacati confederali e UNSA appiattiti, per chi sa quale motivo (sic!), sulle sue posizioni. L’Amministrazione giocando finalmente a carte scoperte svela chiaramente le sue intenzioni: ha a cuore solo la sorte dei magistrati non del personale amministrativo. Infatti il ministero negli ultimi anni è stato occupato ad alleggerire il carico di lavoro dei magistrati (vedi G.O.A. – giudici di pace –richiesta del Ministro di aumento dell’organico di 1000 unità), non una parola è stata spesa in favore del personale amministrativo, che a fronte degli aumenti dei carichi di lavoro per effetto delle riforme ha subito una contrazione delle piante organiche di circa il 3%. Questo è un fatto di inaudita gravità. La RdB impegnata da anni a difendere i diritti dei lavoratori della giustizia non si piega alle logiche di bottega e dice no.

La Rdb sin dall’inizio ha intuito le reali intenzioni di questa amministrazione e dei sindacati di regime per questo motivo aveva invitato tutti i lavoratori a vigilare sulle trattative senza abbassare la guardia

• l’introduzione di nuove fasce orarie finalizzate alla copertura delle udienze, che con il Giudice Unico, si prevede debbano svolgersi sistematicamente nelle ore pomeridiane;
• la garanzia dell’espletamento di attività adibendo i lavoratori, secondo i bisogni, in mansioni superiori o inferiori sia nell’ambito della stessa area che tra aree diverse;
• la destinazione di parte delle risorse del Fondo Unico di Amministrazione per finanziare un’attività paragiurisdizionale che interessa solo i magistrati;
• l’avallo dell’aumento dei carichi di lavoro in capo a ciascun dipendente a seguito della diminuzione del personale delle cancellerie, dovuta all’istituzione delle figure informatiche, dei formatori, dei comunicatori, dei paragiudici e quant’altro.

In cambio di tutto ciò i sindacati confederali e l’UNSA:

• si accontentano di una vaga promessa di riqualificazione del personale che qualora si verificasse interesserebbe nella migliore delle ipotesi poche centinaia di unità e verrebbe finanziato interamente con i soldi di tutti i lavoratori con una diminuzione proporzionale del cosiddetto salario accessorio.