Con un colpo
di scena degno di una tragedia greca si è definitivamente
concluso oggi, 21 giugno, il tentativo di avviare i percorsi
di riqualificazione per il personale giudiziario.
Avevamo già
intuito da tempo la
scarsa
disponibilità e volontà dell’Amministrazione di risolvere
concretamente il problema.
Infatti sin
dall’inizio della trattativa
l’on. Vitali
aveva tentato di scaricare la responsabilità della mancata
riqualificazione sui sindacati che non avevano formulato una
proposta unitaria, poi sulla inadeguatezza delle risorse
necessarie al finanziamento dell’operazione e, per ultimo,
sulla eccessiva “litigiosità” degli stessi dipendenti che, con
la proposizione di svariati ricorsi al giudice ordinario e
amministrativo, avevano di fatto bloccato la progressione di
carriera di tutto il personale.
Con queste
motivazioni, e messo alle strette per l’incalzare della
delegazione
RdB CUB
che chiedeva ai
rappresentanti del Ministero se esistesse una reale volontà
politica per garantire la legittima e sacrosanta progressione
di carriera a tutti i lavoratori giudiziari,
il sottosegretario ha
chiuso la trattativa ritenendo fallito ogni utile tentativo
per trovare un accordo con i sindacati e dichiarando che il
suo mandato sarà concluso con la
presentazione di un
provvedimento legislativo
che regolerà la riqualificazione.
Una legge
che,
nel pieno rispetto dei principi dettati dalla Corte
Costituzionale e ben lontana dagli straordinari effetti della
legge cd. Meduri che, si ricorda, consentirà a tutti i
direttori degli istituti penitenziari di assumere, senza
alcuna selezione o concorso, la qualifica dirigenziale,
potrebbe riqualificare
dai 9.000 ai 15.000 dipendenti.
Ritorna con
tutta l’arroganza possibile la regolamentazione del rapporto
di lavoro attraverso le leggi che sminuiscono il ruolo e la
volontà dei sindacati e, quindi, dei lavoratori.
Dopo averci
privatizzato il rapporto di lavoro con il D.L.vo 29/93 e poi
con il 165/2001 (che aveva recepito tutto il peggio del
rapporto pubblico e del privato), si vuole ora ricorrere alla
legge per regolare una materia che il CCNL demanda
espressamente alla contrattazione integrativa, calpestando gli
accordi e i contratti stipulati in questi anni.
Ma forse la
cosa più grave è stata la mancanza di una qualsiasi reazione
di sdegno da parte di tutte le altre sigle sindacali presenti
al tavolo negoziale. Non una parola di condanna per
l’atteggiamento arrogante dell’Amministrazione che tenterà
ora, con una legge, di vanificare le legittime aspettative dei
circa 40.000 dipendenti giudiziari da troppo tempo in attesa
del riconoscimento della loro professionalità.
La RdB CUB
ha abbandonato la riunione rappresentando lo sdegno di tutti i
lavoratori giudiziari per lo scellerato comportamento
dell’Amministrazione e segnalando che manifestazioni di
protesta del 15 giugno scorso sono da intendersi come un primo
assaggio del conflitto che tutto il personale sarà capace di
esprimere fin dai prossimi giorni.
La RdB CUB
rilancia con forza lo stato di agitazione di tutto il
personale, prevedendo la costruzione di iniziative di lotta a
livello locale per
contrastare la svendita del diritto alla progressione di
carriera
e la
preparazione di una mobilitazione nazionale dei lavoratori
giudiziari.
Roma, 21
giugno 2005
Esecutivo Nazionale
Giustizia
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