LETTERA APERTA AI DIRETTORI PENITENZIARI
Non ci meraviglia lo scalpore suscitato
dalla sortita ad effetto e di dubbio gusto sulla “dipartita” dei direttori di
carcere, né ci meraviglia che parte di una categoria tanto corporativa quanto
arroccata su tutti i privilegi che negli anni ha ottenuto sulla pelle degli
altri lavoratori, si sia compattata occasionalmente intorno al SIDIPe,
sindacato di categoria di alcuni direttori, perché si è sentita una volta tanto
“persa” nel momento in cui, dovendo spartire la ricca torta del riordinino, sia
stata lasciata a bocca asciutta.
Questo
ultimo, infatti è stato spartito dalla
Dirigenza del DAP tra gli Amici e gli amici degli Amici. L’aver scoperto che il
SIDIPe, sia stato escluso dalla
spartizione vi ha fatto uscire fuori dai gangheri. Solo questo è il motivo di
tanta arroganza e di tanta arrabbiatura. Sicuramente, come lavoratori iscritti
ad un sindacato di base, non condividiamo le modalità che hanno portato
all’operazione che ha escluso anche voi, ma possiamo dire che nei vostri
confronti si è verificato il passo evangelico “ chi di spada ferisce....” e
quel che segue.
Cari Direttori, la vostra categoria ha
sbandierato tanti vessilli, e tutti rubati agli altri: ha sbandierato la
sicurezza, ma questa è sempre stata totalmente delegata alla polizia
Penitenziaria. Quest’ultima ha l’unico torto di essere stata lasciata sola nel
governo del carcere, con la cultura della sopraffazione dell’uomo che negli
anni si è consolidata, ed ora sta avendo il predominio. Non possiamo
rallegrarci di questo ma - cari Direttori - siete voi che avete permesso
tali stratificazioni culturali, siete
voi che consapevolmente e colpevolmente, avendo - almeno formalmente - la
cultura dalla vostra parte, avete permesso che essi vi ricattassero per non
avere neanche il dovere morale (lasciamo da parte quello amministrativo che può
essere eluso, e voi sapete bene come si fa) di fare qualche cosa per i
carcerati.
La
vostra categoria ha sbandierato il vessillo del trattamento, ma quanti di voi
sono sinceramente trattamentali? Crediamo forse solo una decina e quei pochi ,
al vostro interno, non hanno avuto sicuramente vita facile. Per quello che ne
sappiamo le speranze dei detenuti su di voi non ci sono mai state. Quel poco
trattamento che è stato fatto negli Istituti - salvo qualche rara eccezione - è
stato fatto sulla pelle degli operatori del trattamento appunto. Ricordiamoci
di tutte le volte che avete boicottato le iniziative proposte solo perché
scomodava i vostri personali equilibri, dal momento che non siete mai stati in
grado di gestire, in nome del l’art.27 della Costituzione, il carcere, feudo
talvolta del direttore di passaggio, talaltra addirittura tramandato di padre
in figlio.
Affermate che le carceri sono esplosive
per far pesare il vostro ruolo. Ma le carceri sono esplosive da sempre perché
in questi ultimi anni siete voi che le avete ridotte a polveriere, esasperando
le situazioni secondo vostri calcoli non sempre limpidi, creando volutamente
confusione di ruoli ed infine negando ad alcuni lavoratori la possibilità di
operare. Di tutto ciò voi ne avete piena consapevolezza.
Dalla confusione che state creando
sembrerebbe che vi stiano levando un osso succulento dalla bocca. Se così fosse bene farebbero, ma la realtà è un po’
diversa da come la rappresentate: in verità stanno valorizzando i Direttori
amici loro (forse non voi del SIDIPe) e la Polizia penitenziaria, e proprio per
questo il riordino così come si sta presentando non piace neanche a noi. Bene
sarebbe se finalmente nel carcere ci fossero più voci, ciascuno con la propria
responsabilità, impedendo in tal modo la creazione di sacche di privilegio e
realizzando una maggiore trasparenza. Non preoccupatevi il carcere continuerà
ad essere quello che sempre è stato, perché a nessuno interessa che esso cambi:
continuerà ad essere un feudo, forse questa volta non del SIDIPe.
I direttori di Centro di Servizio Sociale,
anche se non sono stati neanche nominati negli articoli e nelle proteste
ufficiali, perché considerati inferiori a quelli del carcere, si accodano al
gregge protestando anche loro contro il “sistema” perché non hanno capito che
la loro forza è quella di stare fuori dal carcere. Invece si sentono carcerieri
mancati: si sono costruiti “ il carcere senza sbarre “ e vogliono a tutti i
costi far entrare la cultura della galera nelle loro strutture, con buona pace
della Dirigenza del DAP..... E’ che a loro manca il potere di dominio sulle persone e per questo
rinnegano così la loro specificità, caratterizzata dalla relazione di aiuto,
che in questo modo dimostrano di non volere.
Cari
Direttori, ancora una volta avete perso un’occasione: questo poteva essere il
momento di un ricompattamento con il restante personale, ma voi non l’avete
voluto. Avreste potuto avere la nostra solidarietà, ma su queste basi è bene
che i lavoratori, quelli veri, percorrano strade diverse.
Il Coordinamento RdB Penitenziari
Roma,10 marzo 2000