A tutti i colleghi della
Polizia Penitenziaria
Lo scalpore che ha suscitato la nostra lettera aperta al Ministro Fassino non ci stupisce, perché siamo abituati a dire cose scomode, che ad altri non piace di sentire.
Non piace sentire dire che i sindacati dovrebbero tutelare tutto il personale.
Non piace sentire dire che sono gli stessi sindacati che hanno creato la contrapposizione tra Polizia e restante personale, dimenticando che il lavoro nel penitenziario è duro per tutti e non solo per voi poliziotti, posto che ogni giorno si è a contatto con la sofferenza umana.
Non piace sentir dire che l’affermazione “i detenuti stanno meglio dei poliziotti“ significa mettere questi ultimi sullo stesso piano dei ristretti, cosa francamente intollerabile perché alla base non vera, ma sulla quale si è costruita una cultura della contrapposizione tra reclusi e personale di Polizia penitenziaria.
Non piace sentir dire che il DNA della Polizia è costituito dalla violenza perché è violenta la cultura che viene imposta ai poliziotti, cultura che pesa per primi su di essi, nel momento in cui devono soggiacervi e non è permesso loro di ribellarsi. Con questo non abbiamo assolutamente detto che voi siete “aguzzini, picchiatori e comunque malvagi,” così come hanno affermato i vostri rappresentanti dopo aver letto il nostro documento, librandosi in interpretazioni volutamente insolenti e comunque travisanti il nostro modo di vedere.
Non piace sentire dire che la formazione proposta dall’Amministrazione, anche se fosse la migliore, su questa cultura poco conta perché da sola non può contrastare un clima scientemente creato dai vertici del DAP per il governo del carcere. Va detto inoltre che la formazione è insufficiente perché questi ultimi - unitamente ai vostri sindacati - quando hanno ridotto la formazione iniziale da un anno a tre mesi hanno scelto di rinunciarvi,!!!!
Dobbiamo peraltro ricordare che “il sindacato più rappresentativo” – il SAPPE – ha fatto sentire la propria voce protestando per l’effettuazione di un seminario sui diritti umani!!!!…. considerandolo superfluo.
Noi invece non abbiamo assolutamente detto che tutti i poliziotti sono picchiatori: non abbiamo condiviso le manifestazioni di piazza che andavano nel senso della proclamazione di innocenza per tutti, perché non è detto che tutti siano innocenti, e soprattutto perché chi ha sbagliato – se lo ha fatto - deve pagare. La difesa ad oltranza di tutti accusa inevitabilmente tutti, qualora venganno riconosciute le responsabilità dei singoli.
Le distanze da certi fatti debbono essere
prese, perché diversamente, allora sì, si criminalizzano 43.000 donne e uomini
Agenti del Corpo di Polizia Penitenziaria
!!!!!!
Abbiamo detto e lo ripetiamo che gli episodi di
illegalità, da parte dei poliziotti penitenziari sono stati nel tempo isolati,
anche se in questo ultimo periodo ne stanno affiorando troppi, ed è proprio
questa la causa per cui bisogna approfondirne i perché e porvi rimedio. Ma
questo deve avvenire perché crediamo veramente che gli episodi di violenza
non sono – per fortuna – la professionalità del poliziotto penitenziario, ma
vanno riconosciuti ed isolati.
Ed è proprio per questo motivo che non crediamo in una logica di pacificazione che allinei tutti su un silenzio complice di situazioni e fatti non condivisibili, che potrebbero trovare responsabilità che non stanno nella Polizia penitenziaria e negli operatori in genere.
Le situazioni scottanti vanno denunciate e affrontate
coraggiosamente, proprio perché si faccia in modo che non avvengano più.
Se l’aver detto tutto questo significa non essere equidistante, ebbene NON SIAMO EQUIDISTANTI, per fortuna, e ci pregiamo di demonizzare quanti non rispettano la legge, pur avendo il compito istituzionale non solo di farla osservare, ma soprattutto di far scoprire a quanti in vario modo e titolo sono stati privati della libertà perché hanno commesso reati, che agire nella legalità paga.
Non volevamo, né lo abbiamo fatto, fomentare atteggiamenti di contrapposizione tra operatori, ma siamo stati fortemente penalizzati perché nella riunione del 10 maggio u.s. siamo stati impediti di parlare sia dai Sindacati, ma soprattutto – ed è quello che più conta- dall’Amministrazione che non ha saputo - e forse voluto - garantire la nostra libertà di espressione.
Alla faccia “del diritto a manifestare il proprio pensiero che è tra le
nostre libertà fondamentali, diritto inviolabile”.
Roma,17
maggio 2000 Il
coordinamento RdB penitenziari