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Una
celebre favola racconta che, in un tempo lontano, un re svagato e
vanitoso, invece di occuparsi degli affari del regno e del benessere
dei propri sudditi, perdeva il suo tempo baloccandosi tra sarti,
cortigiani e parrucchieri. Il re in questione, oltre a spendere somme
spropositate per vistose acconciature ed abiti confezionati coi
tessuti più pregiati, aveva l’abitudine di costringere la
popolazione ad assistere alle sue esibizioni, in real passerella,
durante le quali pretendeva l’approvazione e il plauso di tutti i
convenuti e… guai ad abbozzare il men che minimo commento: la testa
dell'impudente critico avrebbe potuto incontrare la lama del boia
all’istante!
Dopo
lunghi preparativi ed innumerevoli prove, senza che alcuno dei
dignitari di corte s’azzardasse a sollevare il ben che minimo
sospetto sulle reali proprietà della stoffa, finalmente il re fu
pronto ad esibirsi con il suo nuovo vestito. Circondato
da armati e cortigiani si presentò al popolo, radunato presso il
palazzo reale in gran fretta, col capo coronato e lo scettro in mano
ma… completamente nudo! Più
volte percorse la passerella pavoneggiandosi mentre il ciambellano di
corte illustrava ad alta voce e con aria grave ma soddisfatta le
incredibili proprietà dell’abito indossato da sua maestà. Nel
silenzio più totale nessuno dei sudditi osò aprire bocca, soltanto
un bimbo, all’improvviso, ebbe il coraggio di gridare: “guardate,
il re è nudo!!” Si
sa che nei bambini la spontaneità è così proverbiale da rasentare
l’incoscienza e, dopo un lungo attimo di silenzio, il grido rimbalzò
di bocca in bocca, prima timidamente sussurrato poi di seguito con
rinnovata forza, via via tramutandosi in una grande, irriverente,
liberatoria risata che travolse l’imperatore ed il suo seguito di
pavidi cortigiani seppellendoli sotto una valanga di ridicolo. *** Il
potere è una cosa seria, chi lo detiene ama mostrarsi risoluto,
compreso nel suo ruolo e mal sopporta di essere sbeffeggiato. L’arma
del ridicolo spesso è quella più temuta perché rischia di minare le
fondamenta stesse delle inviolabili, presunte verità su cui il potere
regge il proprio consenso. Insomma, vi starete chiedendo perché mai sprechiamo il nostro tempo nel riassumervi una favola tanto nota quando in questo Ministero siamo tutti alle prese con cose ben più serie quali: il disastro della riqualificazione del personale o le continue dispute sull’assegnazione annuale del fondo unico d’amministrazione. Bene, noi crediamo che questa favola possa definirsi una sorta di parabola perfettamente attinente a ciò che sta accadendo nella nostra Amministrazione. E’
chiaro che il Ministero del Lavoro, alla luce delle trasformazioni in
esso avvenute durante l’ultimo decennio e di quelle ancora “in
cantiere”, sia un dicastero destinato, nelle intenzioni di chi di
volta in volta si alterna al governo, a divenire un’Amministrazione
dello Stato più virtuale che reale, in quanto progressivamente
svuotato di funzioni concrete: prima fra tutte quella relativa al
collocamento. E’
da anni che denunciamo questo processo di dismissione, contrabbandato
da politici e parti sociali come una riforma innovativa e necessaria,
finalmente dalla parte dei cittadini. Oggi, dopo il decentramento
delle cosiddette “politiche attive del lavoro” alle province,
assistiamo alla estrema frammentazione dei soggetti autorizzati alla
gestione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro con il
proliferare di una miriade di agenzie private di intermediazione
considerate, con il decreto legislativo 276/03, alla pari dei Centri
per l’impiego. A questi ultimi, cioè alla parte pubblica, non è
assegnato nemmeno il ruolo di “coordinamento” ed infatti i centri
per l’impiego sono ridotti pressoché a scatole vuote: ad essi,
semmai, tocca l’onere di collocare le persone che le varie agenzie
private non giudicano redditizie e senza avere gli strumenti né
economici né normativi per esercitare un vero governo del mercato del
lavoro. La
gran parte dei nostri ex colleghi degli uffici di collocamento
obbligati al trasferimento alle province, al di là della propaganda,
denunciano costantemente il profondo stato di frustrazione e di
inutilità in cui si trovano ad operare: una
sorta di “mobbing” diffuso e generalizzato. Quindi,
la riforma del collocamento, sottratto al Ministero del Lavoro, così
bramata da Cgil Cisl e Uil, altro non è stata che la risposta
istituzionale alla esigenza iperliberista di azzerare il controllo
pubblico sul mercato del lavoro e di fare anche della disoccupazione
un mercato redditizio dal punto di vista economico e politico. Se
dovessimo “fotografare” oggi la situazione all’interno del
Ministero del lavoro, potremmo agevolmente dire che tale dicastero,
attraverso la riorganizzazione continua del proprio apparato
burocratico, fa della propaganda l’obiettivo principale avendo, ma
solo in apparenza, compiti istituzionali importanti, alcuni dei quali
nuovi di zecca che dovrebbero rimpiazzare quelli spariti, vanificati
in larga misura però da una sorta di calcolata inefficienza. Facciamo
alcuni esempi: - si
pubblicizza la vigilanza sul lavoro con convegni, pubblicazioni,
vetrine di vario genere e, allo stesso tempo, non si fa niente per
incrementare il numero esiguo di ispettori ma, al contrario, si lascia
che un numero considerevole di questi continui a svolgere compiti
meramente amministrativi sottraendoli così all’attività di
vigilanza sul territorio. Né si impegnano risorse per corsi di
formazione e aggiornamento che coinvolgano, a turno, tutto il
personale ispettivo, demandando la formazione solo a pochissimi
“eletti”, scelti dalle DPL non si sa bene come, che poi, a loro
volta, dovrebbero trasformarsi in insegnanti per il resto degli
ispettori: cosa più che improbabile, praticamente impossibile per
tutta una serie di fattori. A
tutto ciò poi si devono aggiungere gli effetti disastrosi sul mondo
del lavoro della riforma Biagi con l’introduzione di forme estreme
di precariato difficilissime da controllare (es. lavoro a “regime di
somministrazione” anche a tempo indeterminato cioè in prestito a
vita; lavoro “intermittente” cioè a chiamata; lavoro
“ripartito” cioè prendi due e paghi uno ecc.) e con la
depenalizzazione e abrogazione di molti reati, come l’interposizione
di manodopera (L.1369/60) ed il desanzionamento di numerosi illeciti
amministrativi, a tutto vantaggio delle aziende a cui, finalmente, è
garantita mano libera. -
Si propaganda l’assistenza alla famiglia a mezzo di trasmissioni
radiofoniche, spot televisivi ecc. con particolare riguardo
all’apertura sui luoghi di lavoro degli asili nido per venire
incontro alle esigenze delle lavoratrici madri ed incentivare la
natalità e poi, allo stesso tempo, si impedisce (e non se ne
conoscono le ragioni) che all’interno della nostra stessa
Amministrazione venga aperta una struttura tra l’altro già
predisposta a tale bisogna, in via Fornovo, una delle sedi centrali
del Ministero, dove la maggioranza dei dipendenti sono donne. In
questo quadro di indicazioni progettuali, tutte pervase di gran forma
ma prive di reale sostanza, si inseriscono come logico riflesso le
scelte operate in merito alla riqualificazione del personale
tutt’oggi in corso. Con la firma degli accordi sul Contratto
Integrativo riguardanti la riqualificazione del personale,
l’Amministrazione e le OO.SS. firmatarie hanno dato il via ad una
vera e propria operazione chirurgica che ha, a tutti gli effetti,
scavato un solco ancor più profondo di quello già esistente tra le
aree funzionali B e C. Difatti,
favorendo la riqualificazione di gran parte dell’area C a scapito
dell’ area B, l’Amministrazione traccia definitivamente le
coordinate di un disegno che propone lo schiacciamento verso l’alto
di profili professionali delegati a funzioni amministrative o anche di
semplice, seppur alto, supporto logistico (vedi funzionari
amministrativi, socio statistico economici, specialisti
informatici) ed allo stesso tempo, all’interno della stessa
area, perpetua nei numeri l’incancrenita insufficienza di qualifiche
quali gli Ispettori del Lavoro (vedi, tra l’altro, l’accordo
vergognoso sul diritto d’opzione). Contestualmente
assistiamo ad un modesto coinvolgimento nei processi di
riqualificazione di lavoratori appartenenti alle posizioni economiche
B1 e B2. Si dispone infatti l’esclusione massiccia di moltissimi
lavoratori attraverso criteri di valutazione altamente discriminanti e
basati su oggettive e palesi ingiustizie (eccessiva valutazione dei
titoli di studio là dove, a suo tempo, non erano richiesti; eccessiva
valutazione di corsi di formazione fruiti solo da una esigua parte di
“fortunati” colleghi; presa in considerazione solo delle mansioni
“formalmente conferite” e così via) relegando l’anzianità di
servizio, unico criterio a nostro avviso veramente oggettivo, ad un
ruolo quasi secondario. Inoltre
per gli assistenti amministrativi inquadrati in B3, addirittura, è
stato disatteso quanto inizialmente previsto con il passaggio di 570
di essi nella posizione economica C1 (profilo professionale di
collaboratore amministrativo). L’assemblea nazionale indetta
dalla RdB il 3 ottobre 2003,
alla quale hanno partecipato centinaia di lavoratori e lavoratrici e l’elevatissimo
numero di ricorsi che stanno piovendo sull’Amministrazione da
tutta Italia, sono un chiaro segnale rivolto dal basso a questa e alle
OO.SS. tutte, perché nel prossimo Integrativo non compaiano gli
stessi criteri ultraselettivi e lesivi dei diritti della maggioranza
dei lavoratori di questo Ministero. Anzi,
noi diciamo che tutti i lavoratori esclusi dagli attuali processi di
riqualificazione devono poter passare, col prossimo Contratto
Integrativo, alla posizione economica superiore utilizzando, come per
i passaggi già avvenuti, i soldi del Fondo Unico. D’altro
canto non è accettabile il ragionamento puramente numerico sostenuto
dall’Amministrazione in concorso con le altre sigle sindacali che
non vi sarebbero posti disponibili in organico nella posizione B3.
Diverso è infatti parlare di qualità e professionalità acquisita da
coloro i quali stazionano da decenni in tale posizione piuttosto che
della quantità virtuale prevista ad operare. Da
questo punto di vista appare del tutto evidente che all’incremento
numerico della posizione economica B3 (vistosamente insufficiente come
già sottolineato) dovuto al futuro passaggio di 950 unità
provenienti da B1 e B2,
non corrisponde alcun progetto di utilizzo dei lavoratori in attività
che non siano sostanzialmente quelle già svolte dagli appartenenti al
profilo B3 nel suo complesso. Infatti,
i lavoratori appartenenti a tale profilo vengono utilizzati da sempre
per le mansioni più disparate: trattandosi in generale di personale
di media – alta scolarizzazione (diplomati i più, laureati molti!)
hanno assunto ormai da anni il ruolo di Jolly
dell’Amministrazione, impegnati spesso nello svolgimento di
mansioni superiori sia in sede periferica che centrale, utili per
tappare i buchi causati dalle carenze in organico di profili
professionali quali gli Ispettori del lavoro (vedi addetti alla
vigilanza), collaboratori amministrativi da impiegare in materia di
contenzioso ed altro. Tutto
questo a prescindere dall’intenzione di inquadrare tale profilo (B3)
in una riorganizzazione reale del lavoro indirizzata verso i
principali compiti istituzionali del Ministero come l’attività di
vigilanza. In
sostanza, se ve ne fosse la volontà politica, si potrebbe
responsabilmente prevedere il passaggio di una parte considerevole di
quanti sono o saranno, alla fine di questa riqualificazione,
inquadrati in B3 assistente amministrativo, nei profili ispettivi,
cosa tra l’altro assolutamente necessaria se davvero si volesse, nei
fatti e non solo a parole, potenziare la funzione ispettiva per
combattere con qualche risultato apprezzabile il lavoro nero ed
irregolare. Questo
darebbe modo di liberare posizioni in B3 permettendo il passaggio in
tale posizione economica di tutti i livelli inferiori (B1 e B2)
esclusi dagli attuali processi di riqualificazione i quali,
altrimenti, saranno destinati in eterno a restare “al palo”
svolgendo mansioni comunque superiori mai riconosciute. Insomma,
per tornare alle favole, la riqualificazione così come è stata
concepita ed attuata dall’Amministrazione in accordo con Cgil, Cisl,
Uil più sigle di “contorno” assomiglia molto al vestito nuovo del
re. Un abito invisibile, impalpabile fatto passare per sontuoso
attraverso la sola suggestione delle parole. Ci
sembra scandaloso spendere decine di migliaia di euro (con le quali
peraltro potevano essere riqualificati centinaia di colleghi in più)
per organizzare corsi fuori sede, strapagando professori, consulenti
ed addetti ai lavori che hanno avuto la sola funzione “didattica”
di riversare sui partecipanti una valanga di nozioni tecniche
attinenti più all’universo del burocratese che non alla reale
conoscenza dei fenomeni che attraversano il mondo del lavoro. Tanto
più che gli stessi partecipanti ai corsi svolgono da decenni mansioni
superiori non già dettate dalla perfetta conoscenza mnemonica di tale
o tal’altra legge (che serve solo a selezionare, o, se preferite, a
“segare” le persone agli esami!) ma dalla pratica quotidiana di
lavoro che implica la conoscenza delle norme e degli atti che regolano
il loro operato. L’unica
spiegazione possibile rimane, per l’appunto, quella di dover
giustificare a tutti i costi una brutale selezione tra i partecipanti
che altrimenti non avrebbe avuto ragione di essere. Per
noi, che ci siamo collocati da sempre fuori dal coro dei ciambellani
di corte, non per caso né per calcolo, ma a seguito di un’analisi
approfondita delle dinamiche che attraversano il Ministero ed in virtù
del rispetto verso i lavoratori, queste rimangono verità palesi e…
gridare che….”Il Re è nudo!” può essere utile a risvegliare le
coscienze assopite da lunghi anni di aspettative negate, ma certo non
può bastare. *** Sarebbe
troppo semplice e riduttivo mutare in una risata liberatoria la rabbia
di migliaia di colleghi, spesso con un quarto di secolo di servizio alle
spalle, tagliati fuori da ogni possibilità di vedere soddisfatte
legittime aspirazioni ad un corretto inquadramento. Ci vuole ben altro. Siamo alle porte di un nuovo
contratto integrativo dove la materia della riqualificazione,
soprattutto per il lavoro di sensibilizzazione svolto negli ultimi
quattro anni dalla nostra Organizzazione sindacale, sarà di nuovo sul
tavolo delle trattative e dovrà diventare la “materia del
contendere”!. Le
centinaia di vertenze giacenti negli Uffici del Contenzioso, le
innumerevoli offerte di “pacificazione”, con relativa corresponsione
monetaria, operate dall’Amministrazione attraverso i tentativi di
conciliazione e le recenti sentenze (vedi quella riguardante gli
Ispettori del Lavoro a Roma e gli Addetti alla Vigilanza a Savona) dove
i tribunali riconoscono il corretto inquadramento ai colleghi
ricorrenti, sono la inequivocabile dimostrazione che da decenni i
lavoratori di questo Ministero vengono utilizzati, sarebbe meglio usare
un termine più consono “sfruttati”, in mansioni o addirittura in
funzioni superiori diverse da quelle previste dal loro inquadramento
professionale e soprattutto incompatibili con le loro retribuzioni. Il
prossimo contratto integrativo dovrà sanare questo gap
d’inquadramento professionale e retributivo restituendo a tutti i
colleghi che sono stati esclusi dalla precedente riqualificazione pari
dignità e pari diritti. Con
questo obiettivo, proporremo:
Proposte
queste che, come dicevamo, devono garantire a tutti pari dignità e
devono porsi il raggiungimento di due obiettivi: il
diritto a vedersi riconosciuto il corretto inquadramento economico in
relazione alle funzioni svolte; il
diritto alla progressione economica, senza rimanere “inchiodati” a
vita nel livello economico di assunzione. Insomma
se con il nuovo Contratto Integrativo si vuole costringere il re ad
occuparsi degli affari del regno, ponendo in essere ed ottemperando alle
funzioni di principale utilità sociale a cui è preposto e non già a
mostrarsi in passerella facendo mostra di invisibili, quanto inutili,
indumenti di fantasia, è necessario che i “sudditi” impongano nuovi
protocolli, regole diverse. Sarebbe
un segnale di civiltà da parte dell’Amministrazione discutere e
accettare proposte che permettano un totale, corretto inquadramento, di
tutti quei lavoratori esclusi dalla precedente riqualificazione ma
temiamo che dovremo combattere non poco contro il realismo (assai
sospetto!) di quanti (comprese le solerti CGIL, CISL e UIL) preferiscono
contrapporre a qualsiasi ragionamento sensato i calcoli ragionieristici
“nudi
e crudi”. Occorrerà quindi il sostegno
fattivo e visibile alle nostre proposte da parte di tutti quelli che,
iscritti e non, ci riconoscono un ruolo fondamentale nella vita
sindacale dei nostri uffici, per poter determinare una inversione di
tendenza rispetto alle logiche pseudomeritocratiche, ultraselettive e,
in sostanza, antidemocratiche che stanno pervadendo il Ministero del
Lavoro (e non solo!) e mediante cui viene sistematicamente emarginata
una gran parte di lavoratori.
Roma, 13 aprile 2004 |
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