Se potessi avere …106 € al mese

Il nuovo CCNL e la questione salariale

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Sottoscritto il rinnovo del CCNL dei Ministeri, scaduto il 31 dicembre 2001, si è prontamente avviata la solita grande campagna mediatica sugli “aumenti” contrattuali dei dipendenti del comparto Ministeri. Ben 106 € al mese, 205 mila mensili delle vecchie lire !!! Aumenti oltre ogni limite li definisce “il Sole 24 Ore”, prestigioso quotidiano economico, sempre “preciso e puntuale”. 

Se CGIL, CISL, UIL ed il loro seguito di sindacati vari “autonomi” fanno il loro mestiere. Se i giornalisti, della carta stampata o televisiva non fa differenza, NON fanno il loro mestiere, limitandosi a leggere le “veline” che gli vengono consegnate, proviamo noi, lavoratori del Ministero del lavoro, organizzati nelle Rappresentanze Sindacali di Base, RdB-CUB, a vederci chiaro. 

Intanto questo contratto, come i precedenti, non fa che adeguarsi alle regole definite dall’accordo del luglio 1993 sulla politica dei redditi. Accordo che tanto abbiamo criticato allora e che continuiamo adesso a contrastare. 

Quell’accordo era stato sottoscritto da CGIL, CISL ed UIL con l’obiettivo di “mantenere la difesa del potere d’acquisto delle retribuzioni”. Sono ormai passati 10 anni e sarebbe forse il caso di verificare la validità di quell’accordo e se esso abbia effettivamente mantenuto l’obiettivo che si era prefissato. 

Abbiamo quindi provato a fare due conti, calcolando a partire dal 1993, gli stipendi annui percepiti da un dipendente del Ministero del Lavoro, comprensivi di “aumenti” contrattuali ed indennità di amministrazione, e tenendo conto del contratto appena sottoscritto.

Per verificare il “mantenimento del potere d’acquisto delle retribuzioni” abbiamo invece applicato, a gennaio di ogni anno, un aumento pari non già all’inflazione reale ma a quella virtuale determinata ufficialmente dall’ISTAT per l’anno precedente; a partire dal 1993 e senza tener conto dei rinnovi contrattuali. 

Questo è il risultato: 

Livello

 

Perdita d’acquisto

Media annua

Stipendio da rivalutare

Differenza

stipendio attuale previsto

(periodo 1993-2003)

perdita d’acquisto

a Gennaio 2003

lire

euro

lire

euro

lire

euro

lire

euro

livello A1

31.307.326

 16.168,88

 2.846.121

 1.469,90

 2.750.317

 1.420,42

257.934

133,21

livello B1

33.584.977

 17.345,19

 3.053.180

 1.576,84

 2.929.622

 1.513,02

276.689

142,90

livello B2

35.698.370

 18.436,67

 3.245.306

 1.676,06

 3.102.821

 1.602,47

294.217

151,95

livello B3

37.755.947

 19.499,32

 3.432.359

 1.772,67

 3.311.463

 1.710,23

309.086

159,63

livello C1

40.852.198

 21.098,40

 3.713.836

 1.918,04

 3.621.730

 1.870,47

333.012

171,99

livello C2

43.812.787

 22.627,42

 3.982.981

 2.057,04

 3.965.824

 2.048,18

355.986

183,85

livello C3

47.329.018

 24.443,40

 4.302.638

 2.222,13

 4.354.030

 2.248,67

381.127

196,84

In parole povere, un collega inquadrato al livello economico B3 (la media dei Ministeri ed il livello che vede la maggior parte del personale), ha avuto negli ultimi 10 anni aumenti retributivi pari al 25,5% contro un aumento dell’inflazione pari al 36,6% con una perdita secca di potere d’acquisto superiore al 10%.

In soldini, per mantenere lo stesso potere d’acquisto del 1992, un dipendente del Ministero del Lavoro, dovrebbe ricevere da questo rinnovo contrattuale un assegno pari a 19.500 € (quasi 38 milioni) ed un ulteriore aumento mensile, oltre quelli previsti dal rinnovo, pari a 160 € (vale a dire 310 mila vecchie lirette ). 

Andiamo allora a vedere in dettaglio quelli che a buon ragione possiamo chiamare le diminuzioni di potere d’acquisto previste dal rinnovo contrattuale, per capire come si arriva alla favolosa cifra di 106 €, spacciata per aumento contrattuale, calcolandola sempre in riferimento alla posizione economica B3 di un dipendente del Ministero del Lavoro.

€ 77,11

sulla retribuzione tabellare.

€ 15,40

sull’indennità di amministrazione.

€ 10,90

pro-capite sull’indennità di amministrazione sempre a partire da gennaio 2003

Anche così si arriva a 103,41 €; ma abbiamo visto molte altre oo.ss. conteggiare anche i costi relativi al finanziamento dell’accorpamento dell’i.i.s. (l’ex contingenza), valutati in 8,73 € mensili, come aumenti contrattuali. Eppure sapevamo che non era possibile sommare le pere con le pesche !!!

Stipendio tabellare. 

I 77,11 € sono previsti da gennaio 2003. Per il 2002 sono invece previsti 36,50 €. A regime quindi, in concreto, troveremo un aumento dello stipendio base, al netto di tasse e ritenute, pari a poco più di 46 €, equivalente alla favolosa cifra di 90.000 vecchie lire. 

Indennità di amministrazione 

I 15,40 € (7,00 € per alcuni ministeri) sono previsti quasi interamente da gennaio 2002, visto che gli aumenti previsti da gennaio 2003 sono pari a … 80 centesimi !. Di questi in busta paga vedremo 18.000 lire scarse. 

Qui si continua però a trascinare, anch’esso da oltre un decennio, uno stridente paradosso che vede dipendenti svolgere le stesse mansioni, ma percepire cifre enormemente differenti pur appartenendo allo stesso comparto di contrattazione. Le riforme degli ultimi anni, che hanno visto ridisegnare la pubblica amministrazione, hanno ulteriormente contribuito ad acuire questa contraddizione.

Gli accorpamenti di Ministeri hanno infatti condotto ad una situazione per cui, ad esempio, un assistente amministrativo del Ministero del Lavoro percepisce uno stipendio di oltre 200 mila lire inferiore allo stesso assistente amministrativo che lavora nello stesso ufficio ma proviene dall’ex Dipartimento Affari Sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 

I firmatari del contratto confessano, in una dichiarazione congiunta, che tale riequilibrio non può essere realizzato “con le risorse derivanti dall’applicazione dell’Accordo sul costo del lavoro del 23 luglio 1993”. E se provassimo una buona volta a buttare a mare questo benedetto accordo e ci occupassimo di svolgere pienamente il ruolo sindacale: la difesa e la tutela dei lavoratori interessati?  

Fondo unico di amministrazione 

Ci lascia alquanto perplessi considerare degli stanziamenti destinati ai Fondi unici di amministrazione come aumenti contrattuali. Da come si è sviluppata la contrattazione di amministrazione negli ultimi anni è facile prevedere come tali “aumenti” non saranno minimamente percepiti da gran parte del personale, mentre pochi vedranno ben più dei 10 € calcolati come aumenti contrattuali. 

Proviamo lo stesso a stare al gioco. Con i suoi circa 8.400 dipendenti il Fondo Unico di Amministrazione del nostro Ministero verrebbe quindi aumentato di circa 1.200.000 € (poco più di 2 miliardi e 300 milioni).  

I costi dei processi di ristrutturazione della Pubblica Amministrazione, e delle sue contraddizioni, vengono però scaricati direttamente sui soldi dei lavoratori. Da gennaio 2003, ad esempio, gli Ispettori del Lavoro saranno finalmente, e giustamente, inquadrati al livello economico C2, ma con i soldi del Fondo Unico naturalmente, non con appositi stanziamenti del Tesoro. Costo dell’operazione: 3.000.000 € in meno sul Fondo Unico (più di 5 miliardi e 800 milioni). 

Auspichiamo, però, che anche i percorsi per l’inquadramento a B3 possano essere portati a conclusione velocemente e che almeno una parte dei colleghi attualmente inquadrati in B2 possano correttamente essere inquadrati nel livello economico B3. Costo, sul fondo, almeno un altro miliardo.

Totale: nonostante i tanto sbandierati “incrementi”, il Fondo Unico di Amministrazione del Ministero del Lavoro nel 2003 avrà una diminuzione di almeno 4 miliardi e mezzo. 

Cominciamo ad intuire come vengono calcolati gli “aumenti” contrattuali: si sommano le pere con le pesche e si aggiunge il gioco delle tre carte. 

Accorpamento dell’ex contingenza nello stipendio tabellare 

E da qui sembra che i dipendenti assunti fino al 2000, quindi in regime di indennità di buonuscita e non TFR,  recupereranno, in media per un inquadramento economico B3, circa 180 € l’anno … quando andranno in pensione. Un po’ di spiccioli se paragonati ai 1.772 € e passa di perdita di potere d’acquisto annuo calcolato in precedenza. 

Ma quando andranno in pensione, vi sarà ancora l’indennità di buonuscita ? Il 27 febbraio è stata approvato alla Camera ed è adesso in discussione al Senato il Disegno di Legge di Delega al Governo in materia previdenziale e misure di sostegno alla Previdenza complementare

Il nostro coraggioso Ministro Maroni aveva in passato dichiarato che è necessario : "prendere atto che se chiediamo ai lavoratori di utilizzare liberamente il Tfr per la previdenza complementare nessuno lo farà: quindi, dobbiamo fare una scelta coraggiosa, dobbiamo utilizzare queste risorse, pari a 10-15 miliardi di euro l'anno, per la previdenza complementare”. 

Intanto cominciano a gonfiare il malloppo da destinare alla Previdenza complementare e a chi gestirà i Fondi Pensione di categoria. 

I lavoratori potevano contare finora su tre risorse economiche: la retribuzione, il TFR, la pensione. 

La retribuzione viene continuamente, incessantemente, annualmente erosa dai contratti sottoscritti da chi ormai fa della concertazione la propria ragione d’essere. 

La quota di pensione pubblica è stata sensibilmente ridotta a partire dalla riforma Dini e dalle varie riformine dei governi di centrosinistra che si sono succeduti nel tempo, col solito consenso dei sindacati allettati dalla miniera dei fondi negoziali, e seriamente messa in pericolo dalla decontribuzione prevista dalla legge delega. 

Pronti al botto finale: et voilà, i lavoratori saranno costretti a regalare la loro indennità di fine servizio, TFR, per sperare di riavere il livello di copertura che avevano con la pensione pubblica (affidandosi alla borsa !!). 

E così facendo sperano di vincere la battaglia politica, sindacale, ma anche culturale, che hanno condotto per oltre un decennio sulla pelle di noi tutti: trasformare il “diritto” alla pensione in un prodotto “finanziario” da acquistare, di cui il lavoratore deve assumersi il “rischio di mercato”. 

I buoni pasto 

Ci sarebbe un’altra piccola risorsa, introdotta nel 1996;i buoni pasto per le giornate di rientro: 9.000 lire. E tali sono rimaste dal 1996, nonostante i 60 milioni di € l’anno non spesi che il Tesoro continua ad incamerare come risparmi di gestione.

Potremmo proporre a qualche esercizio commerciale di cominciare ad accettare, come forma di pagamento, la dichiarazione congiunta n. 6, quella in cui le parti si danno atto della necessità di procedere ad una verifica della spesa effettivamente sostenuta.

RdB CUB -  Federazione Pubblico Impiego
Lavoro e Politiche Sociali

15 marzo 2003