Sì senza “SE” e senza “MA” alla PACE e ai DIRITTI |
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Perché
sono valori inscindibili e la gente ha dimostrato di volerli difendere con
passione e determinazione, ad ogni costo. Centinaia di milioni di persone nel
mondo stanno gremendo piazze e strade di città poste ad un capo e all’altro
del pianeta per urlare un NO assoluto
alla guerra a prescindere da qualsivoglia Risoluzione del Consiglio di Sicurezza
dell’ONU.
NO
alla guerra in IRAQ come ad ogni altra poiché non esiste guerra
“giusta” né guerra “santa” e la guerra non è mai una “contingente
necessità” in quanto non
risolve, ma acuisce ed amplifica a dismisura, i problemi ed i conflitti dei /
tra i popoli e le nazioni.
Tutti
i lavoratori e le lavoratrici d’Europa si fermeranno in uno sciopero
generale non appena la pioggia di missili e bombe si riverserà sulla
popolazione martoriata dell’IRAQ.
Vorremmo che ciò non accadesse e che questo
folle e disumano progetto per il predominio sul mondo si arrestasse. E’ la
nostra speranza, seppure flebile.
C’è
però un’altra guerra, silenziosa, che non va dimenticata e che ha lo stesso
comune denominatore dell’altra e, anche se non cadono missili o granate, ogni
giorno produce i suoi tragici bollettini di sangue: è
la guerra del lavoro.
Le
cifre dell’INAIL e dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del
Lavoro (ANMIL) sono terrificanti, a dimostrazione che in Italia il livello di
sfruttamento, sia che si tratti di cantieri edili o di piccole, medie e grandi
imprese, è forse più forte che altrove.
Ogni
bravo Ispettore del lavoro sa che esiste un nesso, dimostrato e fortissimo, tra
infortuni ed assenza di diritti, come sa che le innumerevoli forme del
precariato quasi mai sostituiscono il lavoro nero, del resto in crescita,
semplicemente vi si aggiungono.
Nonostante
le enormi facilitazioni e
gli sgravi fiscali e contributivi previsti dalla
legge sull’emersione del sommerso
sono soltanto 800 in tutto il Paese i “piani di emersione” presentati
dalle aziende alle Direzioni Provinciali del Lavoro.
A
Roma e provincia sono poco più di cento per un totale di circa duecento
lavoratori “emergibili”.
Praticamente nulla!
Eppure
Confcommercio, Confartigianato, Confindustria sostengono che l’estensione del
licenziamento per giusta causa alle piccole imprese aumenterà il lavoro nero.
Che
grande ipocrisia, più nero di così?
Dicono
anche che la vittoria del Sì al Referendum sull’estensione dell’art. 18
dello Statuto dei lavoratori, obbligherebbe anche le piccole imprese a mantenere
“sul groppone” i propri dipendenti anche in caso di mancanza di lavoro.
Possibile
che “lorsignori” hanno la faccia tosta di far finta di ignorare che le
imprese al di sopra dei 15 dipendenti, a seguito della legge 223/91, in caso di
crisi licenziano senza difficoltà migliaia e migliaia di lavoratori considerati
in esubero?
Ogni
bravo Ispettore del lavoro sa che molto spesso le crisi aziendali sono fittizie
e che ai licenziamenti collettivi fanno seguito assunzioni di precari che
permettono di accumulare più lauti profitti reinvestiti, per lo più, in
rendite finanziarie.
Ma
gli ispettori sono volutamente troppo pochi per impedire i numerosissimi abusi
della legge 223/91 da parte delle medie e grandi aziende.
Certo,
per esse è più difficile licenziare il singolo individuo senza che vi sia un
giustificato motivo.
Se
vincerà il Sì ciò varrà per tutte le imprese.
E
questo non provocherà alcun cataclisma sociale, gli imprenditori non
delocalizzeranno le loro attività nei paesi dell’Est più di quanto non lo
facciano già oggi ma la vittoria del Sì avrà il potere di bloccare la sospensione dell’art. 18 per
3 anni alle aziende che superano la soglia dei 15 dipendenti contenuta nella
legge delega 848/bis, ben sapendo che tale sospensione sarà definitiva, proprio
come è avvenuto per un altro diritto cancellato, cioè la Scala Mobile che,
all’inizio, doveva essere congelata per un periodo limitato!
Il
Governo ed i suoi naturali referenti sanno che la gente è ben consapevole
dell’importanza di questa lotta, anche a causa del suo forte valore simbolico,
e ne hanno paura, per questo intendono fissare la data della consultazione
referendaria subito dopo il secondo turno delle elezioni amministrative.
Il
tentativo palese è quello di fiaccare gli elettori per impedire il
raggiungimento del “quorum”.
Ma,
qualunque sarà la data del Referendum, la gente andrà a votare e voterà Sì
perché sa che la posta in gioco sono i diritti elementari oscurati e negati da
un processo di destrutturazione, frammentazione, atomizzazione del rapporto di
lavoro, iniziato anni fa e reso oggi ancor più insidioso,
processo che può e deve essere arrestato.
Ogni
bravo Ispettore lo sa!
RdB- Direzione Provinciale del Lavoro di Roma