Si
è svolto ieri 23 marzo, presso il Ministero della Funzione
Pubblica, il previsto incontro sull’applicazione della
delega pensionistica, in materia di Previdenza complementare,
anche al Pubblico Impiego.
Un
incontro che avveniva in contemporanea con uno analogo presso
il Ministero del Lavoro per decidere sul varo dei necessari
decreti attuativi.
Il
dato che accomuna i due incontri è l’estrema
improvvisazione con la quale si procede, sia da parte del
Governo che delle altre organizzazioni sindacali, nel regolare
l’intera materia.
In
questo ultimo incontro è emerso, infatti, che sarà
necessaria una modifica parlamentare alla riforma del
risparmio per ricondurre all’unica vigilanza della Covip
anche i Fondi gestiti dalle Assicurazioni che produrrà il
benefico effetto di far slittare a settembre l’inizio dei
termini per avviare la procedura del famigerato
silenzio-assenso.
L’altro
dato, e gravissimo, è che in assenza di una deliberata scelta
del lavoratore sulla destinazione del proprio TFR, saranno i
datori di lavoro di concerto con le OO. SS. a deciderne la sua
destinazione.
Di
una parte del salario che è proprietà esclusiva di ogni
singolo lavoratore decideranno altri!
Nell’incontro
alla Funzione Pubblica, oltre, anche in questo caso, i
numerosi problemi di legittimità e praticabilità del
percorso, l’elemento che è emerso con più evidenza è la
fretta di arrivare alle conclusioni a prescinderne ed il
pronunciamento unanime di tutte le sigle sindacali, ad
eccezione della RdB, a favore del passaggio del Trattamento di
Fine Servizio ai Fondi pensione privati.
La
Rdb ha ribadito la propria netta contrarietà a questa ipotesi
perché, oltre che scippare un trattamento economico sicuro
per investirlo nella speculazione finanziaria, aggrava
certamente il bilancio dell’Inpdap creando le condizioni per
un ulteriore aggressione alla Previdenza pubblica.
A
tal proposito abbiamo avanzato la proposta di istituire un
Fondo pubblico presso l’Inpdap, a rendimento garantito e ad
adesione volontaria, per assolvere al compito di evitare i due
rischi.
La
nostra contrarietà l’abbiamo espressa anche sul principio
del silenzio-assenso per le stesse motivazioni che sosteniamo
nel settore privato, ma anche per ragioni di legittimità,
stante il fatto che i lavoratori pubblici hanno il TFS e non
il TFR indicato nella delega.
Ad
imporsi con tutte le sue contraddizioni su tutte le altre è
la questione della cosiddetta “virtualità”, il fatto, cioè,
che di soldi veri nell’avventura della Previdenza
complementare il governo non ce ne vuole mettere e il fatto
che questo produrrà diversi effetti negativi.
Solo
un punto per chiarire, nel settore privato è garantita la
“portabilità”, ossia la possibilità di portare quanto
maturato in un fondo ad un altro, nel settore pubblico questa
possibilità sarebbe preclusa dal fatto che ciò che si matura
non è un patrimonio economico reale ma virtuale.
Una
diversità di trattamento che denuncia una evidente disparità
di trattamento che è illegittima e che non può essere
accettata.
Ad
alleviare le nostre preoccupazioni, però, abbiamo potuto
registrare la richiesta, Cisl in testa, di una proroga dei
termini per il fondo Espero, quello già istituito per i
lavoratori della Scuola, perché si stenta a raggiungere la
cifra minima di 30.000 aderenti in un comparto di un milione
di lavoratori.
Un forte segnale per Cgil, Cisl e Uil e una bella conferma: i
lavoratori non sono scemi!
Roma,
24 marzo 2005
La
Direzione nazionale
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