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Roma, 15 marzo 2004 Al
Personale dei C.S.A. e degli UU.SS.RR. |
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Giustizia, si sa, è termine
arcano, di difficile interpretazione. Sicuramente più comprensibile per
la gente comune è il senso dell’ingiusto, se non altro perché questo
lo si percepisce direttamente sulla propria pelle. E quanto sia profondamente amaro il suo sapore, ne sa
qualcosa la categoria dei lavoratori del MIUR, la quale detiene un primato
assoluto, quello di ricoprire nella classifica dei Ministeri
l’incontestata posizione di fanalino di coda. Se cosi non fosse, non si
comprenderebbero le ragioni per cui, mentre con la legge finanziaria 2004
è stata destinata ad hoc all’incentivazione della produttività
del personale del Ministero dell’Economia e delle Finanze la “
modica ” somma di 5 milioni di euro ( art. 3 comma 143), le risorse
che alimentano il FUA del MIUR, invece, si riducono sempre più al
lumicino, depauperando in misura crescente
un salario già di per sé risicato e progressivamente consunto da
un’inflazione oramai galoppante. E che dire poi delle voci
stipendiali aventi natura fissa e continuativa? Quantunque da tempo sia stato
consacrato l’accorpamento tra l’ex MPI e l’ex MURST per effetto
della previsione normativa contenuta nel D.Lg.vo n.300/99; quantunque si
lavori nello stesso Ministero, nello stesso palazzo, nella stessa stanza,
con la stessa qualifica, la stessa anzianità di servizio e persino
svolgendo lo stesso lavoro, ancora ad oggi dobbiamo tristemente registrare
che nessuna omogeneizzazione dell’Indennità di Amministrazione si è
concretizzata. Sicché, al di là dei fieri
propositi enunciati dall’on.Ministro Moratti, al di là delle garanzie
fornite ( a parole) dall’On. Fini circa lo stanziamento di 15 milioni di
euro per la definizione del problema, al di là delle ampie assicurazioni
rese dal Direttore Generale circa l’avvenuto reperimento delle somme
necessarie ( quantomeno ) per l’anno 2004, sta di fatto che, allo stato,
nulla è entrato nelle tasche dei lavoratori, e quel che è anche peggio,
sulla dichiarata operazione di perequazione è piombato di colpo un
eloquente e sintomatico silenzio. A ben vedere, una spiegazione a
siffatta macroscopica ed assurda discriminazione pur c’è. Vero è che la classe dirigente,
preoccupata solo di offrire all’opinione pubblica una distorta immagine
della realtà, da troppi lustri e con irritante facilità ha dimenticato
che provvedere all’istruzione è ( almeno una volta lo era) una funzione
vitale del patrimonio culturale del Paese. Ma l’oblio non deve meravigliare
più di tanto giacché, se è vero che ogni fenomeno sociale è figlio del
suo tempo, anche i valori subiscono inesorabilmente una progressiva e
profonda metamorfosi. Ne consegue che termini come
istruzione, dignità, decoro professionale hanno perduto anch’essi
l’originario significato e l’intrinseca essenza, per far posto a ben
altri principi, quali l’abuso, l’arroganza, il clientelismo. Eppure Loro continuano a proclamare
ai 4 venti equità e giustizia sociale e si ostinano ad affermare che il “nuovo”
avanza. A noi sembra, invece, che l’unico
cambiamento davvero voluto è quello di lasciare le cose esattamente come
erano ( se non peggio), secondo l’antico, classico copione redatto sui
privilegi e l’ingiustizia. Il Coordinamento Nazionale Rdb – settore M.I.U.R. |