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La
manovra bis, varata con Decreto Legge dal governo, ha il suo punto di
forza nel taglio delle spese per beni e servizi dei ministeri con ben 4,2
miliardi di euro. Questi
tagli avranno, e già si cominciano ad avvertire, una ricaduta nefasta
sulla funzionalità dei ministeri. La
“sbornia” delle privatizzazioni degli anni ’90, con la massiccia
esternalizzazioni dei servizi ha prodotto una lievitazione dei costi
proprio per quei servizi che erano prodotti in proprio dalle
amministrazioni statali, e pubbliche in genere. Appalti
milionari per la gestione dei sistemi informatici in presenza di
professionalità, che oltre che avere la necessaria capacità tecnica, con
una approfondita conoscenza delle necessità operative
dell’amministrazione; persino servizi amministrativi dati in appalto
esterno con costi da capogiro. Per
non parlare poi delle miriadi di consulenze milionarie che ogni dicastero
attiva ad ogni cambio di compagine governativa. Tutte
queste spese hanno gonfiato i bilanci pubblici nonostante la forte
riduzione delle spese per il personale a causa del blocco ormai decennale
delle assunzioni e dei rinnovi contrattuali caratterizzati da una politica
di moderazione salariale che ha di fatto “impoverito” i dipendenti
statali. Questi
tagli andranno a ricadere sugli uffici statali con forti ripercussioni sui
servizi istituzionali che i ministeri sono tenuti a fornire ai cittadini.
Riduzione della funzionalità delle cancellerie dei tribunali dove già
ora è difficile persino trovare la carta per le fotocopie; presso gli
ispettorati del lavoro dove è già difficoltosa la reperibilità degli
strumenti necessari per la verifica della tutela delle condizioni di
lavoro. Si
impone oggi una drastica inversione di tendenza verso una politica di
rilancio e potenziamento della pubblica amministrazione che sola può
garantire lo sviluppo sociale ed economico del Paese. p/Direzione
Nazionale RdB PI
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