SENTENZA N. 310
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare MIRABELLI Presidente
- Francesco GUIZZI Giudice
- Fernando SANTOSUOSSO "
- Massimo VARI "
- Cesare RUPERTO "
- Riccardo CHIEPPA "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma
181, 182 e 183, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica) e successive modifiche e dell'art.
36, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure urgenti di finanza
pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), promossi con ordinanze emesse
il 15 aprile 1999 dal Tribunale di Genova, il 27 maggio 1999 dal Tribunale di
Urbino, il 5 maggio 1999 (n. 2 ordinanze) dal Pretore di Macerata, il 26 maggio
e il 21 giugno 1999 dal Tribunale di Parma, il 28 giugno 1999 dal Tribunale di
Milano, il 18 marzo 1999 dal Pretore di Torino, il 7 luglio (n. 2 ordinanze) e
il 20 maggio 1999 dal Tribunale di Parma, il 4 marzo 1999 dal Tribunale di
Teramo, il 28 e il 30 settembre 1999 dal Tribunale di Bologna, il 23 novembre,
il 14 dicembre 1999 (n. 3 ordinanze), l'11 gennaio 2000 (n. 2 ordinanze), il 23
novembre 1999, l'11 e il 25 gennaio, e il 22 febbraio 2000 (n. 3 ordinanze) dal
Tribunale di Treviso, rispettivamente iscritte ai nn. 400, 422, 442, 443, 504,
505, 553, 559, 560, 561, 597, 624, 669, 670, 746 del registro ordinanze 1999,
45, 46, 47, 90, 91, 92, 97, 116, 176, 177, 178 del registro ordinanze 2000 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 29, 36, 37, 40, 41, 42, 43, 46, 50, prima serie speciale,
dell'anno 1999 e nn. 4, 9, 11, 13 e 17, prima serie speciale, dell'anno 2000.
Visti gli atti di costituzione di Martelli Nella ed altra, di
Dallatomasina Anna e Castellazzo Costantina, di Quaretti Orvea, Bianchi Tiziana
e Fogliazza Virginia, di Crespi Maria Carolina ed altri, di Codato Anna Maria
ed altra, Poser Emma e Pin Antonia ed altre, dell'INPS, nonché gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 maggio 2000 il Giudice relatore
Cesare Ruperto;
uditi gli avvocati Adolfo Biolè per Martelli Nella ed altra,
Salvatore Cabibbo per Dallatomasina Anna e Castellazzo Costantina, Franco
Agostini per Quaretti Orvea, Bianchi Tiziana e Fogliazza Virginia, Sante
Assennato per Crespi Maria Carolina ed altri, Giovanni Angelozzi per Codato
Anna Maria ed altra, Poser Emma e Pin Antonia ed altre, Carlo De Angelis per
l'INPS e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
Ritenuto
in fatto
1.1.- Nel corso di
un giudizio d'appello - vertente in materia di ricostruzione di trattamenti
pensionistici in base alla sentenza n. 240 del 1994 di questa Corte - il
Tribunale di Genova, con ordinanza emessa il 15 aprile 1999 (R.O. n. 400 del
1999), ha sollevato questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 1,
comma 181, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica), come modificato dall’art. 3-bis del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il
riequilibrio della finanza pubblica), convertito in legge 28 maggio 1997, n.
140; b) dell'art. 1, comma 182,
della legge n. 662 del 1996, come modificato dall’art. 36, comma 1, della legge
23 dicembre 1998, n. 448 (Misure urgenti di finanza pubblica per la
stabilizzazione e lo sviluppo); c) dell'art. 1, comma 183, della legge n. 662
del 1996 e dell’art. 36, comma 5, della legge n. 448 del 1998.
Premette il
rimettente che i dubbi di legittimità, già prospettati in precedenza da altre
autorità giudiziarie riguardo a parte della normativa oggi denunciata -
sopravvenuta nelle more del giudizio e contenente una serie di disposizioni dirette
a risolvere il problema del pagamento delle somme vantate dagli aventi diritto
in applicazione della citata sentenza oltre che della sentenza n. 495 del 1993
-, permangono all’esito della nuova valutazione della rilevanza delle sollevate
questioni, alla luce delle innovazioni introdotte dalla legge n. 448 del 1998
(che avevano comportato la restituzione degli atti ai rispettivi giudici a quibus, con ordinanza di questa Corte
n. 31 del 1999), e coinvolgono anche tali ultime disposizioni.
In particolare, a
giudizio del rimettente, siffatti dubbi investono: a) l'art. 1, comma 181,
della legge 662 del 1996, come modificato dall’art. 3-bis del decreto-legge n. 79 del 1997, convertito in legge n. 140
del 1997, nella parte in cui prevede la soddisfazione degli aventi diritto in
sei annualità, per violazione degli artt. 3 e 38 Cost., trattandosi di
disposizione che realizza una disparità di trattamento dei pensionati rispetto
alla generale categoria dei creditori, ai quali il codice civile attribuisce la
facoltà di esigere immediatamente l’adempimento dell’obbligazione nella sua
interezza; b) l'art. 1, comma 182,
della legge n. 662 del 1996, come modificato dall’art. 36, comma 1, della legge
n. 448 del 1998, nella parte in cui prevede che sugli arretrati maturati al 31
dicembre 1995 è dovuta esclusivamente una somma pari al cinque per cento
dell’importo maturato a tale data, per violazione degli artt. 3 e 38 Cost.,
determinando la norma un trattamento deteriore rispetto a quello previsto per
ogni altro credito; c) dell'art. 1, comma 183, della legge n. 662 del 1996 e
dell’art. 36, comma 5, della legge n. 448 del 1998, nella parte in cui
prevedono l’estinzione d’ufficio con compensazione delle spese dei giudizi
pendenti alla data di entrata in vigore delle rispettive leggi e privano di
effetto i provvedimenti giudiziari non ancora passati in giudicato, per
violazione degli artt. 3, 24 e 25, primo comma, Cost., poiché tale disposizione
vanifica il diritto alla tutela giurisdizionale dell’interessato senza neppure
la giustificazione della sopravvenuta soddisfazione delle ragioni fatte valere
nel giudizio di cui è prevista l’estinzione, nonché per violazione degli artt.
102 e 113 Cost., attesa l'illegittima compressione del diritto di azione ed
indebita ingerenza nell’esercizio della funzione giurisdizionale, che si
evidenziano anche con riguardo alla disposta compensazione delle spese di lite.
1.2.- Si sono
costituite le parti private del giudizio a
quo, che hanno concluso per la declaratoria di illegittimità costituzionale
delle denunciate norme, sostanzialmente ribadendo - anche in una memoria
depositata nella imminenza dell'udienza - le stesse motivazioni svolte dal
rimettente, in particolare con riferimento alla previsione della estinzione dei
giudizi con compensazione delle spese di lite, che - secondo la parte -
determinerebbe sia la soppressione della tutela giurisdizionale e la
negoziazione del diritto alla difesa, sia l'indebita interferenza del potere
legislativo nelle attribuzioni del potere giudiziario.
2.- Nel corso di
analogo giudizio, il Tribunale di Urbino - premesso di aver già sollevato
questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 181, 182 e 183,
della legge n. 662 del 1996, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 38
Cost., e di ritenere tuttora rilevante la questione, anche all’esito della
nuova valutazione condotta alla luce della normativa sopravvenuta - con
ordinanza emessa il 27 maggio 1999 (R.O. n. 422 del 1999), ha «ribadito il
giudizio di rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata
con ordinanza del 30 gennaio 1997», disponendo la «restituzione degli atti»
alla medesima Corte costituzionale.
3.- Con due
ordinanze di contenuto sostanzialmente analogo, emesse in data 5 maggio 1999
(R.O. nn. 442 e 443 del 1999), il Pretore di Macerata ha sollevato questione di
legittimità costituzionale: a) dell'art. 36, comma 1, della legge n. 448 del
1996, nella parte in cui, modificando il comma 182 dell'art. 1 della legge n.
662 del 1996, prevede il pagamento esclusivamente di una somma pari al cinque
per cento sugli arretrati di pensione maturati al 31 dicembre 1995, per
violazione dell'art. 3 Cost. - dato il deteriore trattamento rispetto ai
normali crediti previdenziali, che, fino all’entrata in vigore della legge n. 412
del 1991, producevano il cumulo di interessi e rivalutazione - e per violazione
dell'art. 38 Cost., in quanto la mancata previsione del pagamento di interessi
e rivalutazione del credito maturato a titolo di integrazione incide su una
componente non ancora liquidata della pensione; b) del citato art. 36, comma 5,
nella parte in cui prevede l’estinzione dei giudizi con compensazione delle
spese, per violazione degli artt. 23 [recte:
25] e 24 Cost., in quanto tale previsione lede il diritto di azione del soggetto
interessato, senza un correlativo arricchimento del patrimonio di questo,
nonché sottrae al giudice naturale la decisione su una componente accessoria
della controversia; c) dell'art. 3-bis
della legge n. 140 del 1997, nella parte in cui prevede il pagamento
dell’arretrato in sei annualità, per violazione dell'art. 3 Cost., stante la
disparità di trattamento rispetto alla generalità dei crediti, esigibili
immediatamente nella loro interezza; d) dell'art. 36, comma 3, della legge n.
448 del 1998, per violazione dell'art. 24 Cost., nella parte in cui impone agli
eredi non aventi titolo alla pensione ai superstiti, dei pensionati deceduti
anteriormente al 30 marzo 1996 - quali i ricorrenti nel giudizio a quo [solo R.O. n. 442 del 1999] -,
l’onere di presentare a pena di decadenza domanda in sede amministrativa entro
un anno dall’entrata in vigore della predetta legge, anche in caso di previa
proposizione di domanda in sede giudiziaria;
4.1.- Con cinque
ordinanze di contenuto sostanzialmente analogo, emesse il 20 maggio (R.O. n.
597 del 1999), il 26 maggio (R.O. n. 504 del 1999), il 21 giugno (R.O. n. 505
del 1999) ed il 7 luglio 1999 (R.O. nn. 560 e 561 del 1999), il Tribunale di
Parma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma
182, della legge n. 662 del 1996, come modificato dal decreto-legge n. 79 del
1997, convertito con modificazioni dalla legge n. 140 del 1997, e come
sostituito dall’art. 36 della legge n. 448 del 1998.
Secondo il
rimettente, la denunciata norma, nella parte in cui prevede l’estinzione dei
giudizi con compensazione delle spese di lite - pur se gli intervenuti
mutamenti normativi non hanno comportato una soddisfazione delle pretese fatte
valere in via giurisdizionale, continuando a permanere viceversa una
sostanziale vanificazione del diritto agli interessi e rivalutazione del
credito maturato - si pone in contrasto con l’art. 24 Cost. Il giudice a quo deduce, inoltre, che la norma
impugnata, nella parte in cui riconosce una somma solo simbolica (cinque per
cento) in luogo del rimborso degli interessi legali e della rivalutazione, lede
gli artt. 3 e 38 Cost. per l’ingiustificato deteriore trattamento del credito
previdenziale. Nei giudizi promossi con R.O. nn. 560 e 561, il Tribunale
rimettente deduce, inoltre, che la previsione dell’estinzione dei giudizi con
compensazione delle spese di lite si pone in contrasto - per le ragioni già
esposte - anche con gli artt. 3, 102 e 113 Cost.
4.2.- Nei giudizi
promossi con R.O. nn. 504, 505, 560 e 597, si sono costituite le parti private
dei processi principali, che hanno concluso tutte per l’accoglimento delle
sollevate questioni, con motivazioni analoghe a quelle svolte nelle ordinanze
di rimessione.
5.1.- Con ordinanza
emessa il 28 giugno 1999 (R.O. n. 553 del 1999), il Tribunale di Milano ha
anch'esso sollevato questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 1, comma 182 [recte: 183], della legge n. 662 del 1996
[che il rimettente cita testualmente come modificato dal decreto-legge n. 79
del 1997], nel testo sostituito dall’art. 36 della legge n. 448 del 1998, nella
parte in cui prevede - nonostante l'incidenza negativa su diritti perfetti ed
esigibili - l’estinzione dei giudizi pendenti, con compensazione delle spese di
lite, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., e nella parte in cui prevede che
i provvedimenti giudiziari non ancora passati in giudicato restano privi di
effetto, per violazione degli stessi parametri oltre che degli artt. 101 e 102
Cost.; b) del medesimo art. 1, comma 182, della legge n. 662 del 1996,
sostituito dall’art. 36, comma 1, della legge n. 448 del 1998, nella parte in
cui prevede che sugli arretrati maturati al 31 dicembre 1995 è dovuta
esclusivamente una somma pari al cinque per cento dell’importo maturato a tale
data, per violazione degli artt. 3, 38 e 53 Cost. (quest’ultimo parametro
evocato in quanto il rimettente interpreta detta previsione quale sorta di
tributo sul credito previdenziale sganciato dalla capacità contributiva del
titolare).
5.2.- Si sono
costituite le parti private del giudizio principale, che - facendo proprie le
motivazioni svolte dal rimettente a sostegno della non manifesta infondatezza
della sollevata questione - concludono chiedendo la declaratoria di
illegittimità costituzionale delle norme impugnate.
6.1.- Il Pretore di Torino, con
ordinanza emessa il 18 marzo 1999 (R.O. n. 559 del 1999), ha a sua volta
sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 36, comma 5, della
legge n. 448 del 1998, nella parte in cui impone al giudice di estinguere i
giudizi aventi ad oggetto il rimborso delle somme maturate fino al 31 dicembre
1995, in conseguenza dell’applicazione della sentenza della Corte
costituzionale n. 495 del 1993, con compensazione delle spese di lite tra le
parti, per violazione dell'art. 24, primo comma, Cost.
6.2.- Si è
costituita la parte privata del giudizio principale, che - facendo proprie le
motivazioni svolte dal rimettente a sostegno della non manifesta infondatezza
della sollevata questione - conclude per la declaratoria di illegittimità
costituzionale della norma censurata.
7.- Il Tribunale di
Teramo, con ordinanza emessa il 4 marzo 1999 (R.O. n. 624 del 1999), ha
sollevato - negli stessi termini del Pretore di Torino - questione di
legittimità costituzionale dell'art. 36, comma 5, della legge n. 448 del 1998,
per violazione dell'art. 24 Cost.
8.- Con due
ordinanze di identico contenuto, emesse in data 28 e 30 settembre 1999 (R.O.
nn. 669 e 670 del 1999) il Tribunale di Bologna - sulla base di motivazioni
coincidenti nella sostanza con quelle svolte dagli altri rimettenti - ha
sollevato questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 36, comma 5, della legge n. 448 del 1998, nella parte
in cui prevede - senza alcun arricchimento della posizione dell’avente diritto
- l’estinzione d’ufficio dei giudizi pendenti, con compensazione delle spese di
lite, per violazione degli artt. 3, 24 e 38 Cost.; b) dell'art. 1, comma 182,
della legge n. 662 del 1996, come modificato dal decreto-legge n. 79 del 1997,
convertito in legge n. 140 del 1997, e dall’art. 36 della legge n. 448 del
1998, nelle parti in cui viene esclusa la rivalutazione monetaria e viene
ridotta la misura degli interessi legali sui ratei delle somme dovute, per
violazione degli att. 3, 36 e 38 Cost.
9.1.- Infine, con dodici
ordinanze di contenuto identico, emesse il 23 novembre (R.O. nn. 746 del 1999 e
92 del 2000), il 14 dicembre 1999 (R.O. nn. 45, 46 e 47 del 2000), l’11 gennaio
(R.O. nn. 90, 91 e 97 del 2000), il 25 gennaio (R.O. n. 116 del 2000), ed il 22
febbraio del 2000 (R.O. nn. 176-178 del 2000), il Tribunale di Treviso ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 181 e 182,
della legge n. 662 del 1996, come modificato dall’art. 3-bis della legge n. 140 del 1997, e dall'art. 36, comma 1, della
legge n. 448 del 1998, per violazione: a) dell'art. 3 Cost., nella parte in cui
- prevedendo una liquidazione forfettaria del cinque per cento degli interessi
sul dovuto e dilazionando i tempi di adempimento - introducono un
ingiustificato deteriore trattamento degli accessori dei crediti dei pensionati
aventi diritto alla cosiddetta cristallizzazione; b) dell'art. 38 Cost., per la
conseguente compressione di tali diritti di natura previdenziale, intesi a
garantire il minimo vitale. Il rimettente ha inoltre sollevato questione di
legittimità costituzionale dell'art.
36, comma 5, della legge n. 448 del 1998, per violazione dell'art. 24 Cost., in
quanto la previsione dell’estinzione dei giudizi con compensazione delle spese
di lite - in assenza di un contestuale arricchimento della posizione giuridica
del creditore - vanifica il diritto di agire per la tutela integrale del
diritto sostanziale, cui accede la rifusione delle spese, con l’ulteriore
rischio per l’interessato di vedersi opporre dall’INPS, in sede amministrativa,
argomentazioni ed eccezioni già dedotte in giudizio.
9.2.- Nei giudizi
promossi con R.O. n. 746 del 1999, nn. 46 e 47 del 2000, si sono costituite le
parti private dei processi principali, le quali, con identiche motivazioni,
hanno concluso per la declaratoria di illegittimità costituzionale delle
denunciate norme, in particolare deducendo: a) l’ingiustificata previsione
dell’estinzione dei giudizi pendenti (che le parti assumono verificarsi non ope legis, bensì solo dopo una valutazione
ad opera del giudice dell’esatto adempimento dell’INPS al disposto normativo),
attesa la natura non satisfattiva dei diritti (preesistenti, perfetti ed
esigibili) vantati dai pensionati da parte delle disposizioni impugnate; b) la
sottrazione al giudice naturale della decisione sulle spese di lite -
componente accessoria della controversia - che si risolve in un costo per
l’interessato; c) l’ingiustificata previsione di forme particolari di modalità
e tempi di pagamento delle somme costituenti il capitale maturato.
10.1.- Nei giudizi promossi con R.O.
nn. 400, 422, 442, 504, 553, 559, 560, 597, 669, 670, 746 del 1999 e nn. 45,
90, 97, 116 e 176 del 2000, si è costituito l'INPS, concludendo per
l'infondatezza delle sollevate questioni, poiché le denunciate norme - la cui ratio va rinvenuta nell'esigenza di
eliminare il contenzioso, contemperando le esigenze dei pensionati con quelle
del bilancio dello Stato - costituiscono un intervento legislativo di segno
certamente positivo rispetto alle aspettative dei pensionati, le quali, in
virtù delle citate sentenze n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994, avevano bensì
assunto il rango di diritti di credito, ma restavano tali in relazione ai tempi
ed ai modi dell'adempimento. Sicché, secondo l'INPS, il congruo bilanciamento
operato dal legislatore nella sua discrezionalità appare idoneo a far sì che
tutti i dedotti dubbi di costituzionalità possano essere superati, ed in primo
luogo quello relativo alla declaratoria di estinzione dei giudizi, non
eludibile dal giudice di merito, la cui infondatezza preclude la possibilità di
esame del merito delle altre censure.
In una memoria
depositata nell'imminenza dell'udienza, l'Istituto ha inoltre richiamato le
varie pronunce con le quali la Corte di cassazione ha dichiarato la menifesta
infondatezza di questioni sostanzialmente identiche a quelle sollevate dagli
odierni rimettenti, affermando il carattere satisfattivo del complessivo
intervento normativo censurato, che - seppure non integralmente - consente la
concreta realizzabilità dei diritti riconosciuti dalle sentenze costituzionali,
nel contempo provvedendo in ordine alla indispensabile copertura finanziaria
dell'onere per l'erario, sì da contemperare la soddisfazione dei crediti con le
scelte di politica economica relative al reperimento delle risorse.
10.2. - In tutti i
giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per
l'inammissibilità ovvero per la manifesta infondatezza di tutte le sollevate
questioni, sottolineando in via pregiudiziale la piena legittimità della
previsione dell'estinzione dei giudizi, in quanto giustificata dalla
intervenuta soddisfazione, seppure non integrale, delle ragioni fatte valere
dai ricorrenti nei giudizi a quibus.
Considerato
in diritto
1.- Le questioni
sollevate dalle diverse autorità giudiziarie rimettenti investono, sotto
differenti profili, l’art. 1, commi 181, 182 e 183, della legge 23 dicembre
1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), l’art. 3-bis del decreto-legge 28 marzo 1997, n.
79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito in
legge 28 maggio 1997, n. 140, nonché l’art. 36, commi 1, 3 e 5, della legge 23
dicembre 1998, n. 448 (Misure urgenti di finanza pubblica per la
stabilizzazione e lo sviluppo). Le denunciate norme, sopravvenute nelle more
dei giudizi principali, contengono disposizioni relative alle modalità di
pagamento delle somme maturate dagli aventi diritto in applicazione delle
sentenze n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994.
In particolare, i
prospettati dubbi di legittimità costituzionale possono essere così
sintetizzati:
a) l'art. 1, comma
183, della legge n. 662 del 1996 e l’art. 36, comma 5, della legge n. 448 del
1998 sono censurati, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 38, 101, 102 e 113
Cost., nelle parti in cui prevedono l’estinzione d’ufficio, con compensazione
delle spese, dei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore delle
rispettive leggi - aventi ad oggetto le questioni di cui all’art. 1, commi 181
e 182, della medesima legge n. 662 del 1996 - e privano di effetto i
provvedimenti giudiziari non ancora passati in giudicato;
b) l’art. 1, comma
182, della legge n. 662 del 1996, come modificato dall'art. 36, comma 1, della
legge n. 448 del 1998, è a sua volta censurato, in riferimento agli artt. 3,
36, 38 e 53 Cost., nella parte in cui prevede che sugli arretrati spettanti al
31 dicembre 1995 è dovuta esclusivamente una somma pari al cinque per cento
dell’importo maturato a tale data;
c) l’art. 1, comma
181, della legge 662 del 1996, come modificato dall’art. 3-bis del decreto-legge n. 79 del 1997, è censurato, con riferimento
agli artt. 3 e 38 Cost., nella parte in cui prevede la soddisfazione degli
aventi diritto in sei annualità;
d) l’art. 36, comma
3, della legge n. 448 del 1998 viene censurato per violazione dell'art. 24
Cost., nella parte in cui impone agli eredi, non aventi titolo alla pensione ai
superstiti, dei pensionati deceduti anteriormente al 30 marzo 1996, l’onere di
presentare a pena di decadenza domanda in sede amministrativa entro un anno
dall’entrata in vigore della predetta legge, anche nel caso di previa
proposizione di domanda in sede giudiziaria.
2.- I giudizi, per
l’evidente connessione dei temi, riguardanti le medesime disposizioni, debbono
essere riuniti e congiuntamente decisi.
3.- Preliminarmente
va dichiarata la manifesta inammissibilità della questione sollevata dal
Tribunale di Urbino (R.O. n. 422 del 1999), che ha soltanto «ribadito il
giudizio di rilevanza della questione di legittimità costituzionale [già]
sollevata con ordinanza del 30 gennaio 1997», disponendo la «immediata
restituzione degli atti alla Corte costituzionale», senza minimamente
argomentare in merito alle singole censure. Questa Corte ha infatti più volte
affermato che la motivazione dell’ordinanza di rimessione dev'essere
autosufficiente e non può limitarsi a richiamare per relationem il contenuto di altri atti o provvedimenti (v., da
ultimo, ordinanze n. 242 e n. 98 del 1999).
4.- Nel merito, va
innanzitutto rilevato come l’esame delle sollevate questioni debba
necessariamente muovere dalla preventiva valutazione di quella concernente
l’asserita illegittimità della norma che impone la declaratoria di estinzione
dei giudizi pendenti, con compensazione delle spese fra le parti. Solo la
caducazione di tale norma, infatti, potrebbe dare ingresso al giudizio di
legittimità costituzionale delle altre, considerato che - secondo la
giurisprudenza di questa Corte - «ove dovesse riconoscersi l’infondatezza delle
censure formulate in ordine alle norme di previsione della sopra descritta
disciplina processuale dei giudizi pendenti, le dichiarazioni di estinzione
d’ufficio dei giudizi medesimi, non eludibili dai magistrati che ne sono
investiti, precluderebbero, conformemente alla loro funzione, qualsiasi esame
del merito e quindi la pronuncia di sentenze di condanna aventi un contenuto
rispetto al quale si profili ostativo il dettato delle altre norme oggetto di
censura» (sentenza n. 103 del 1995; in senso conforme v., da ultimo, proprio
con riferimento a questioni analoghe a quelle odierne, ordinanza n. 76 del
1999).
Come già ritenuto
con tale sentenza, al fine di individuare i limiti di costituzionalità
dell’intervento del legislatore nel processo, quando di questo venga definito
l’esito attraverso una norma che ne imponga l’estinzione, si deve valutare il
rapporto tra siffatto intervento ed il grado di realizzazione che alla pretesa
azionata sia stato accordato in via legislativa.
4.1.- I rimettenti
muovono dalla premessa che, nella specie, l'intervento del legislatore sia
costituzionalmente illegittimo perché l'assetto impresso dalle nuove norme ai
rapporti sostanziali oggetto dei giudizi pendenti non coincide col
riconoscimento agli attori del diritto loro spettante a percepire interamente,
non solo gli arretrati, ma anche gli accessori (interessi e rivalutazione
monetaria) sui crediti risultanti dalle pronunce di questa Corte, cui il
legislatore ha dato esecuzione.
Ora, che la regola
in tema di pagamento dei crediti vantati anche nei confronti delle pubbliche
amministrazioni sia quella del riconoscimento di capitale e accessori, è
indubbio. Ma non si può non dare rilievo alla circostanza che i crediti in
questione erano venuti ad emergere a séguito della dichiarazione di
incostituzionalità di precedenti norme, e che dunque, in forza dell'efficacia
"retroattiva" delle pronunce di accoglimento di questa Corte,
l'amministrazione si era trovata nella necessità di far fronte ad un onere
assai gravoso per le finanze dello Stato, corrispondente a crediti relativi
anche al periodo anteriore al prodursi di tale efficacia. Si versa, quindi, non
in un caso ordinario di ritardo nel pagamento di debiti dell'amministrazione,
ma in una situazione del tutto eccezionale, involgente il riflesso sul passato
di crediti per prestazioni rivelatesi dovute solo a posteriori.
Ciò posto, occorre
sottolineare che in materia di diritti di prestazione, anche costituzionalmente
garantiti, come si riconosce al legislatore una certa sfera di discrezionalità
nel graduarne il soddisfacimento nel tempo, tenendo anche conto delle risorse
finanziarie disponibili, egualmente si deve ammettere che esso abbia in linea
di principio la possibilità, quando si tratti di crediti relativi ad epoca
anteriore al loro acclaramento - scaturiti dalla pronuncia di illegittimità
costituzionale delle norme che li escludevano o li limitavano - di prevederne
il soddisfacimento con modalità e in misura diverse rispetto ai casi normali.
Quando opera così,
disciplinando in via eccezionale la misura e le modalità del riconoscimento dei
crediti anteriori, il legislatore può certamente intervenire anche sui processi
in corso, instaurati per chiedere il pieno soddisfacimento dei crediti medesimi,
imponendone una definizione ex lege.
In tal caso, onde escludere che sia stato menomato il diritto di azione, è
necessario e sufficiente accertare, da parte di questa Corte, che il nuovo
assetto dato dal legislatore alla materia non si traduca in una sostanziale
vanificazione dei diritti azionati, ma attui una nuova disciplina del rapporto,
tale da far venire meno le basi del preesistente contenzioso, in quanto
realizza - nella misura e con le modalità ritenute dal legislatore compatibili
con i limiti, ragionevolmente apprezzati, consentiti dalle circostanze nelle
quali esso si è trovato ad operare - le pretese fatte valere dagli interessati.
4.2. - Tanto
premesso, va osservato che le denunciate disposizioni costituiscono l’esito
finale di una delicata attività legislativa, articolatasi nel tempo, volta a
dare concreta attuazione alle pretese vantate dagli interessati sulla base
delle sentenze n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994, con cui questa Corte ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale, rispettivamente, dell'art. 22 della
legge 21 luglio 1965, n. 903 («nella parte in cui non prevede che la pensione
di riversibilità sia calcolata in proporzione alla pensione diretta integrata
al trattamento minimo già liquidata al pensionato o che l’assicurato avrebbe
comunque diritto di percepire») e dell’art. 11, comma 22, della legge 24
dicembre 1993, n. 537 («nella parte in cui - nel caso di concorso di due o più
pensioni integrate o integrabili al trattamento minimo, delle quali una sola
conserva il diritto all’integrazione ai sensi dell’art. 6, comma 3, del
decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 [...], convertito, con modificazioni,
in legge 11 novembre 1983, n. 638, non risultando superati al 30 settembre 1983
i limiti di reddito fissati nei commi precedenti - prevede la riconduzione
all’importo a calcolo dell’altra o delle altre pensioni non più integrabili,
anziché il mantenimento di esse nell’importo spettante alla data indicata, fino
ad assorbimento degli aumenti della pensione-base derivanti dalla perequazione
automatica»).
Ebbene, a nessuno
può sfuggire che le disposizioni stesse realizzano un’evidente evoluzione
rispetto alla originaria ben più restrittiva disciplina (anch’essa censurata
davanti a questa Corte da numerose autorità giudiziarie, cui gli atti sono
stati successivamente restituiti per jus
superveniens: v. ordinanza n. 31 del 1999 e, da ultimo, ordinanza n. 435
del 1999), dettata in materia per la prima volta dal decreto-legge 28 marzo
1996, n. 166, reiterato con identico contenuto dai decreti-legge 27 maggio
1996, n. 295, 26 luglio 1996, n. 396, e 24 settembre 1996, n. 499, tutti
decaduti ma i cui effetti sono stati fatti salvi dall’art. 1, comma 6, della
legge 28 novembre 1996, n. 608, ed i cui contenuti precettivi sono stati quindi
riformulati, con modifiche, dall’art. 1, commi 181, 182 e 183, della legge 23
dicembre 1996, n. 662.
Dapprima
l’eliminazione, con l’art. 3-bis del
decreto-legge n. 79 del 1997, delle modalità di estinzione del debito mediante
assegnazione di titoli di Stato (ai sensi dell’art. 1, comma 181, della legge
n. 662 del 1996); poi la previsione, nell’art. 36, comma 1, della legge n. 448
del 1998 (a modifica del comma 182 dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996),
della corresponsione, originariamente esclusa, di una somma pari al cinque per
cento sull'importo degli arretrati maturato al 31 dicembre 1995; infine, la
ricomprensione (nel testo, riformulato dall'art. 36, comma 2, della legge n.
448 del 1998, del comma 181 dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996) degli
eredi del pensionato defunto nella categoria degli aventi diritto al rimborso
(che precedentemente spettava solo ai superstiti aventi diritto alla pensione
di reversibilità in data 30 marzo 1996), costituiscono soluzioni normative
tutte di segno positivo rispetto alle aspettative degli interessati, le quali,
pur avendo, appunto in virtù delle citate sentenze di illegittimità
costituzionale, assunto il rango di diritti di credito, restavano ancora
necessariamente da precisare con riguardo ai modi e ai tempi di adempimento.
Ad avviso della
Corte, la definitiva quantificazione del dovuto e la congrua
procedimentalizzazione della sua erogazione (a causa anche della necessità di
predisporre la relativa copertura finanziaria) realizzano un assetto nuovo,
corrispondente a quanto il legislatore, nella sua responsabilità, ha ritenuto
possibile fare, in una situazione palesemente eccezionale, onde consentire la
concreta realizzazione dei diritti controversi, tenuto conto - nel quadro
generale delle compatibilità - del rapporto corrente fra l'ingente entità delle
pretese e le effettive disponibilità finanziarie, consentite dalla congiuntura
economica del Paese.
Pertanto, va
espresso un giudizio di sufficienza nel senso sopra indicato, ritenendo
conseguentemente non censurabile la norma che dichiara estinti i giudizi in
corso e priva di effetto i provvedimenti giudiziari non ancora passati in
giudicato.
5.- Poiché tale
estinzione non deriva dal potere dispositivo delle parti, ma appunto
direttamente dalla legge, va inoltre ritenuta non contrastante con gli evocati
parametri la contestuale previsione della compensazione delle spese di lite.
Infatti, originando da fonte normativa l’assetto degli interessi in conflitto,
la situazione non è in alcun modo assimilabile ad una comune cessazione della
materia del contendere; sicché il giudice neppure astrattamente sarebbe stato
in grado - atteso l’iter
particolarissimo attraverso cui è maturato il soddisfacimento dei diritti fatti
valere in giudizio - di affermare la soccombenza virtuale e di tenerne conto al
fine della condanna alla rifusione delle spese processuali (v. la già citata
sentenza n. 103 del 1995).
Le disposizioni di
cui agli artt. 1, comma 183, della legge n. 662 del 1996, e 36, comma 5, della
legge n. 448 del 1996 - le quali, come non compromettono il diritto di difesa
dell’interessato, così non incidono sull’assetto che la Costituzione riserva
all’esercizio dell’attività giurisdizionale ed alle sue prerogative anche nei
rapporti con il legislatore - risultano quindi immuni dai denunciati vizi di
illegittimità costituzionale.
6.- Per i motivi già
enunciati sub n. 4, la declaratoria
d'infondatezza dell'esaminata questione rende inammissibili le altre, per
difetto di rilevanza nei giudizi principali.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 1, comma 183, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica) e dell’art. 36, comma 5, della legge
23 dicembre 1998, n. 448 (Misure urgenti di finanza pubblica per la
stabilizzazione e lo sviluppo), sollevate - in riferimento agli artt. 3, 24,
25, 38, 101, 102 e 113 Cost. - da venticinque autorità giudiziarie,
rispettivamente con le ordinanze indicate in epigrafe;
dichiara inammissibili le restanti questioni di legittimità
costituzionale, concernenti: a) l’art. 1, comma 182, della legge n. 662 del
1996, come modificato dall’art. 36, comma 1, della legge n. 448 del 1998,
sollevate - in riferimento agli artt. 3, 36, 38 e 53 Cost. - da ventidue delle
citate autorità giudiziarie; b) l’art. 1, comma 181, della legge 662 del 1996,
come modificato dall’art. 3-bis del
decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della
finanza pubblica), convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140, sollevate - in
riferimento agli artt. 3 e 38 Cost. - da tredici delle predette autorità
giudiziarie; c) l’art. 36, comma 3, della legge n. 448 del 1998, sollevata - in
riferimento all’art. 24 Cost. - dal Pretore di Macerata, con l’ordinanza
indicata in epigrafe;
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 181, 182 e 183, della legge n.
662 del 1996, sollevata - in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 38
Cost. - dal Tribunale di Urbino, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2000.
Cesare
MIRABELLI, Presidente
Cesare
RUPERTO, Redattore
Depositata
in cancelleria il 20 luglio 2000.