RIA: addio

 

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Ancora una ordinanza della Corte Costituzionale colpisce profondamente le aspettative dei lavoratori pubblici.

Infatti, con l’ordinanza n. 263 del 17 giugno 2002, l’autorevole Corte Costituzionale ha dichiarato la “manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 51, comma 3, della legge 23 dicembre 2000 n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001) sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 35, secondo comma, 36, primo comma, 97, 101, 102, 103, 104, 108 e 113 della Costituzione, dal Tribunale di Parma e dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione I”.

E’ bene ricordare, che secondo i giudici rimettenti, la norma censurata, nella parte in cui dispone che l’art. 7, comma 1, del d.l. n. 384 del 1992, “si interpreta nel senso che la proroga al 31.12.1993 della disciplina emanata sulla base degli accordi di comparto di cui alla legge 29.3.19983 n. 93, relativi al triennio 1.1.88 – 31.12.1990, non modifica la data del 31.12.1990, già stabilita per la maturazione delle anzianità di servizio prescritte ai fini delle maggiorazioni della retribuzione individuale di anzianità”, avrebbe imposto un’interpretazione che avrebbe vanificato il diritto all’incremento stipendiale a titolo di retribuzione individuale di anzianità maturata successivamente al 1990, ponendosi così in contrasto con i principi di ragionevolezza, di eguaglianza e di tutela dell’affidamento, oltre ad una interferenza di dubbia ammissibilità rispetto all’esplicazione della funzione giurisprudenziale e al diritto di agire e difendersi in giudizio, influendo sull’esito dei processi in corso, in pregiudizio della funzione giurisprudenziale.

Inoltre, ad avviso del Tribunale di Parma, l’art. 51, comma 3, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) “realizzerebbe una ingiustificata disparità di trattamento in danno di coloro i quali, benché abbiano proposto domanda giudiziale, non hanno ancora ottenuto una sentenza, violando, non ragionevolmente, il diritto alla tutela giurisdizionale (artt. 3 e 24 della Costituzione), sopprimendo altresì il diritto dell’interessato, anche per il caso di fondatezza della domanda, a vedersi tenuto indenne dal pagamento delle spese processuali”.

Infine, sempre secondo il Tribunale di Parma, la norma impugnata, vietando la corresponsione dell’aumento di stipendio riferito all’anzianità di servizio, violerebbe gli artt. 35, secondo comma, e 36, primo comma della Costituzione, dal momento che influirebbe sulla proporzionalità della retribuzione rispetto alla qualità del lavoro svolto, impedendo l’elevazione professionale dei lavoratori.

 La Corte Costituzionale, nei motivi della predetta ordinanza n. 263 ha dichiarato, invece, sotto ogni profilo, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata.

 In questo contesto giurisprudenziale, l’unica strada valida da percorrere è quella della mobilitazione e della lotta dei lavoratori del pubblico impiego proprio nel momento del rinnovo contrattuale.

Articolare iniziative di lotta, partecipare alle future mobilitazioni, fino allo sciopero generale, rimane l’unica e la sola via da intraprendere.

 Roma, 17 settembre 2002 

Coordinamento Nazionale RdB-PI Ministero Economia e Finanze