IPOTESI DI
PIATTAFORMA DI PUBBLICO IMPIEGO
QUADRIENNIO 2002/2005
La nuova stagione dei rinnovi contrattuali in tutti i comparti del P.I. deve servire, oltre che a costruire le piattaforme rivendicative, in particolare sui temi del salario, dei diritti e della democrazia nei luoghi di lavoro, a rilanciare l’iniziativa contro gli
attuali processi di trasformazione della Pubblica Amministrazione.
Un’occasione che deve essere segnata da elementi di
continuità e di sviluppo dell’iniziativa messa in campo l’anno scorso a partire
dallo Sciopero Nazionale del 13 ottobre sulle due stesse coordinate principali:
- una nuova e diversa politica salariale che, rompendo con la politica dei redditi portata avanti da Cgil, Cisl e Uil e assecondata dalle varie frange pseudo autonome, interrompa l’inarrestabile rincorsa a perdere degli ultimi dieci anni per rivendicare una nuova e diversa redistribuzione della ricchezza;
-
una vera riforma della Pubblica Amministrazione che veda nei lavoratori
pubblici, partecipi e coscienti, il vero protagonista del cambiamento e che
sviluppi e rafforzi la natura sociale dei servizi all’utenza mettendo al centro
gli interessi dei cittadini e non il processo di finanziarizzazione
dell’economia,
Questa stagione contrattuale
deve rappresentare, infine, un momento di radicale ed irreversibile rottura con
la politica e la pratica concertativa di questi ultimi anni che dopo avere
smantellato diritti e tutele, peggiorato condizioni di lavoro e di salario,
compromesso dignità e status sociale, ha spinto gran parte dei lavoratori
spesso al disinteresse e alla rassegnazione, in altri casi alla delega totale.
Gli ultimi due
rinnovi quadriennali, oltre che produrre questi risultati nefasti per i
lavoratori, hanno svolto la funzione di facilitare il processo di
smantellamento della P.A. e con essa dello stato sociale.
La privatizzazione del rapporto di lavoro che ha
messo assieme il peggio del pubblico e il peggio del privato, la drastica
riduzione dei livelli occupazionali attraverso il blocco permanente del turn
over, l’introduzione crescente di ogni forma di flessibilità e precarietà,
l’esternalizzazione di interi processi produttivi, lo scompaginamento di
tradizionali assetti di comparto, hanno favorito un processo di privatizzazione
già molto avanzato.
Il governo Berlusconi ha già chiaramente dimostrato
di voler portare a definitivo compimento l’opera iniziata dai precedenti
governi Prodi, D’Alema, Amato.
E’ preannunciata già la privatizzazione della
sanità, della scuola, della previdenza pubblica, dell’assistenza attraverso
varie iniziative di legge, nuovi assetti organizzativi e modifica della natura
giuridica degli Enti che erogano servizi,
Un progetto che rischia di essere accelerato e
facilitato dall’eventuale esito positivo del voto al referendum del 7 ottobre
sul finto federalismo partorito scelleratamente dal centrosinistra negli ultimi
giorni della precedente legislatura e contro il quale dovremo batterci con
tutte le nostre forze.
Non si tratta, infatti, del tentativo di avvicinare
la P.A. agli utenti, cosa assolutamente condivisibile, ma di rovesciare il
principio della sussidarietà: al privato saranno affidate tutte le attività
mentre il pubblico potrà intervenire solo se il privato non avrà interesse a
farlo.
Lo Stato rinuncia alle proprie prerogative ed al
ruolo di garante dell’offerta omogenea di prestazioni e servizi con la
conseguenza che avremo enormi differenziazioni di trattamento per la salute, la scuola, la previdenza, i
salari e i diritti, in un folle corsa al ribasso determinata dalla competizione
tra regioni.
L a battaglia
per il rinnovo dei contratti deve, quindi, avere al centro un progetto di
revisione e ammodernamento della pubblica amministrazione che veda come punto
di riferimento l’unitarietà ed il rilancio dello Stato sociale, gli interessi e
i bisogni dei cittadini.
Vogliamo, infine, conquistare una dignità
compromessa e restituire ai pubblici dipendenti l’orgoglio della propria
appartenenza ad una Pubblica Amministrazione moderna ed efficiente.
La nostra idea di contratto deve essere ispirato,
dunque, a questo obiettivo contrariamente a quanto è accaduto negli ultimi
rinnovi contrattuali.
Va difesa l’unicità contrattuale e la prevalenza del
contratto nazionale lasciando al
secondo livello non la funzione sostitutiva ma quella integrativa,
aggiuntiva sul piano economico e di adattabilità alle esigenze locali sul piano
applicativo.
Va imposto il pieno rispetto delle scadenze
contrattuali per evitare che lo slittamento dei tempi comporti un’ulteriore
decurtazione dei salari e per evitare che lo sventagliamento delle date dei
rinnovi comporti una divisione del fronte di lotta.
Bisogna innanzitutto rivendicare una diversa
redistribuzione della ricchezza anche riaffermando la tradizionale, anche se
oramai lontana, funzione di incremento salariale connessa al rinnovo
contrattuale.
Una funzione imposta peraltro dalla registrazione di
una perdita consistente del potere d’acquisto avvenuta in questi ultimi dieci
anni certificata, perfino, dalle più recenti statistiche pubblicate dall’Istat.
L’Istituto nazionale di statistica ci informa che
nel periodo 1993-2000 i lavoratori dell’Università hanno perso 9.758.000 lire,
del Parastato 8.394.000, dei Ministeri 8.037.000, degli Enti Locali 5.584.000,
cifre sottostimate perché includono gli aumenti di settori di dipendenti, come
i dirigenti, che sono stati ben più sostanziosi.
Per pudore, forse, non sono citati i dati della
Sanità dove gli aumenti concessi ai medici farebbero, con tutta evidenza,
sballare il dato statistico.
Una tendenza confermata dagli esiti della
contrattazione sul secondo biennio economico del periodo contrattuale in
scadenza e che rischia di accentuarsi ancor più per il confermato divario tra
l’inflazione reale e quella programmata per il 2002 e 2003 dall’attuale
governo.
Dobbiamo perciò imporre la reintroduzione di un
meccanismo di rivalutazione automatica dei salari per evitare che quello che
una volta era garantito dalla scala mobile appaia oggi, in misura dimezzata ,
come aumento contrattuale.
L’imminente entrata in vigore della moneta unica
europea, l’Euro, rende ancor più urgente ed ineludibile l’allineamento alle
retribuzioni europee.
Riconfermiamo pertanto, come primo momento di recupero , la richiesta di un aumento in paga base di 260 Euro ( 500 mila lire circa).
·
dal
mancato reintegro del turn over, imposto da tutte le ultime leggi finanziarie,
che ha portato ad una progressiva e persistente diminuzione di personale;
·
dal
processo di informatizzazione in corso e dall’adozione di nuova tecnologia;
·
dall’adozione
di nuovi modelli organizzativi;
·
dall’uso
del salario per imporre la rincorsa ad obiettivi prefissati di produttività.
Il risultato, non sempre in sufficiente evidenza, è un notevole incremento dei carichi di lavoro anche se non sempre equamente distribuito.
Un fenomeno amplificato dal ricorso oramai
generalizzato allo straordinario obbligatorio e dalla massiccia introduzione di rapporti di lavoro atipici,
flessibili e precari.
Questo fenomeno va aggredito su più fronti.
Va, innanzitutto, combattuto ed impedito il ricorso
ad ogni forma di assunzione anomala, in particolar modo del lavoro interinale.
Bisogna continuare ad esercitare una forte pressione
sulle amministrazioni perché vengano trasformati in lavoro stabile tutte le
assunzioni precarie ancora in essere.
Bisogna agire, infine, sull’orario di lavoro
puntando al riequilibrio dei tempi di vita e di lavoro cominciando dal netto
rifiuto dello straordinario obbligatorio e, in considerazione della grave
emergenza occupazionale che interessa il nostro paese da molti anni, iniziando
la battaglia per la riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali a parità di salario.
ORDINAMENTO
PROFESSIONALE
Su questo terreno la RdB può vantare una vera e
propria primazia:
·
avere
impostato la lotta al mansionismo
·
avere
superato la dimensione difensivistica proponendo un nuovo modello di
ordinamento
·
avere
costretto tutti, OO.SS., Amministrazioni e Aran, a fare i conti con questo
problema.
Da questo
punto di vista possiamo vantare un vero e proprio successo politico.
I risultati concreti sono ovviamente diversificati,
lusinghieri o modesti, da settore a settore e ciò in rapporto al dato
organizzativo, alla piena consapevolezza e determinazione con la quale siamo
stati capaci di esercitare l’iniziativa.
C’è, perciò, molto da fare ancora e dappertutto:
1.
puntare
all’abolizione completa del mansionismo in ogni sua forma puntando a realizzare
in concreto lo slogan: uguale lavoro, uguale salario, cominciando a pretendere
l’applicazione dell’art. del codice civile che prevede il passaggio automatico
di qualifica dopo sei mesi di mansioni superiori;
2.
impedire
che i nuovi ordinamenti, anziché strumenti di progressione economica e di
carriera, diventino l’occasione per introdurre nuova flessibilità.
Le piattaforme di settore dovranno farsi carico
ovviamente di definire in modo più analitico questi obiettivi avendo accortezza
di contrastare i tentativi, pesantemente in atto, di divisione e
gerarchizzazione dei lavoratori.
Particolare importanza va attribuita alla formazione
per sottrarla ad una gestione clientelare e perché non ne venga somministrata
di qualità scarsa, non di rado pessima, e perché non diventi occasione
d’imbonimento ideologico.
La formazione, al contrario, va imposta come
occasione di affrancamento dalla subordinazione gerarchica, conquista di spazi
di autonomia e riappropriazione di un
ruolo attivo nella gestione delle problematiche lavorative.
Può essere distinta in due filoni: aggiornamento professionale e sviluppo
formativo.
Va garantita la pari opportunità, dev’essere pretesa
per tutti e deve svolgersi durante
l’orario di lavoro.
TFR E
PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Su questo terreno i lavoratori pubblici hanno già
subito pesanti attacchi.
Con la scusa della lotta ai privilegi sono state
taglieggiate le loro pensioni trascurando di ricordare che nella maggior parte
dei casi i trattamenti precedenti erano frutto di più elevati versamenti
contributivi.
Non contenti di ciò ci si appresta a sferrare
l’ennesimo attacco alle pensioni e alle
loro liquidazioni.
La RdB P.I. è impegnata a costruire un fronte comune
di lotta con tutto il resto del mondo del lavoro per contrastare i disegni del
governo ad estendere a tutti il calcolo contributivo, peraltro già notevolmente
peggiorato dalle misure introdotte dal governo dell’Ulivo con la finanziaria
dell’anno scorso, che rappresenterebbe un’ulteriore taglio della rendita
pensionistica, per impedire l’abolizione delle pensioni di anzianità e
l’elevazione dell’età pensionistica.
Chiarendo però che l’atteggiamento da assumere non
dev’essere quello della difesa dell’attuale sistema già fortemente penalizzante
per tutti ed estremamente iniquo per i giovani.
Bisogna, invece, battersi per l’affermazione di un
nuovo sistema pensionistico pubblico più avanzato e più equo, ispirato ad un
elementare principio di civiltà: ogni società, tanto più una società ricca come
la nostra, deve garantire ai suoi cittadini una vecchiaia decorosa dopo
un’intera vita di lavoro in un patto di solidarietà che tiene insieme e
protegge allo stesso modo lavoratori attivi e in pensione, i padri con i figli.
Va in tutt’altra direzione, invece, il tentativo di
scippare le liquidazioni trasformandole in TFR per finanziare, attraverso i
Fondi pensioni, la previdenza privata destinata a sostituire progressivamente
quella pubblica.
In questo
campo le responsabilità di Cgil, Cisl e Uil sono enormi, almeno quanto sono i
loro interessi economici e di questo farebbero bene a ricordarsene tutti i
lavoratori, i giovani e quelli meno giovani.
Imporre il versamento delle liquidazioni nei Fondi,
nei cui Consigli di Amministrazione siedono Cgil, Cisl e Uil, vuol dire
regalare a questi la possibilità di arricchirsi con i costi di gestione e di
diventare soggetti economici di primo piano e costringere, invece, i lavoratori
a dare i propri soldi nelle mani della speculazione finanziaria.
Le ricorrenti crisi delle Borse degli ultimi dieci
anni, l’ultima delle quali è costata per ora la bellezza di due milioni di
miliardi, la dice lunga sulle possibili sorti del proprio risparmio
previdenziale.
Il passaggio al TFR deve servire anche in questo
caso, invece, perché se ne possa fare l’uso che se ne fa nel privato, ossia
estendere anche ai pubblici dipendenti la possibilità di chiedere
l’anticipazione del 70% di quanto accumulato sinora per bisogni straordinari
come l’acquisto della casa o per il pagamento di cure straordinarie.
SALUTE E
SICUREZZA
Siamo di fronte ad una vera e proprio emergenza;
certo non siamo ai drammatici e gravissimi
livelli di altri settori del mondo del lavoro,
ma la stragrande maggioranza dei luoghi di lavoro della P.A. è fuori da ogni norma e regolamento riguardo
alla sicurezza , non ci riferiamo solo
al Sud che probabilmente rappresenta solo la parte più eclatante e storica del problema.
E’ sufficiente pensare ai metri quadrati disponibili
per ciascun lavoratore, oppure alle condizioni di aerazione, alla presenza di
macchinari , alle vie di fuga etc.
Non si può più accettare che lo Stato, in qualità di
datore di lavoro dei dipendenti pubblici, sia il primo a calpestare e/o violare
le norme che esso stesso emana in
qualità di Legislatore o concorda con le Organizzazioni sindacali in qualità di
datore di lavoro.
Su questo è necessario rilanciare il ruolo degli RLS
e imporre l’elezione diretta da parte dei lavoratori. Nella maggior parte delle
Amministrazioni, gli RLS sono stati “nominati” dalle organizzazioni sindacali
che hanno così acconsentito che anche la sicurezza diventasse “materia di
concertazione”.
La situazione non è diversa riguardo alla tutela
della salute.
Seppure più volte citata nei contratti nazionali ma
anche in quelli integrativi, in realtà non esiste tutela alcuna, tranne che in
rari casi e comunque non sempre operata
direttamente dalle Amministrazioni.
DEMOCRAZIA E
DIRITTI
E’ una battaglia che la RdB ha sempre messo al
centro del suo intervento segnato molto positivamente con l’Assemblea Nazionale
degli eletti RSU del 1 giugno scorso alla quale dovremo dare seguito e
ulteriore forza nei singoli luoghi di lavoro attraverso il protagonismo ed il
coinvolgimento dei lavoratori eletti.
La battaglia per una contrattazione decentrata vera
e con potere ai delegati è
evidentemente all’ordine del giorno unitamente a quella contro l’attacco ai
diritti dei lavoratori : riduzione degli spazi di contrattazione , ulteriore
restringimento del diritto di sciopero, vanificazione del ruolo dei lavoratori
eletti a cui è stato anche sottratto il diritto a convocare assemblee, attacco
al diritto di manifestare, espropriazione del diritto ad approvare le
piattaforme contrattuali ed i conseguenti accordi.
Occasione straordinaria per rilanciare questa
battaglia, oltre che la stagione contrattuale, è la prossima campagna
elettorale per il rinnovo delle RSU.
MOBILITA’
La questione “mobilità” è un’altra emergenza.
I decreti Bassanini stanno portando alla mobilità
forzata di centinaia e centinaia di lavoratori, mobilità che comporta aggravi
di orario per il raggiungimento del posto di lavoro, sradicamento sociale e
ulteriori problemi economici.
Questo è un punto che dovrà essere al centro del
nostro intervento nei prossimi mesi non solo a livello nazionale ma anche a
livello decentrato dove concretamente si applicano le norme.
A livello nazionale dovranno essere previsti
meccanismi di adeguamento salariale tra lavoratori che, a seguito di processi
di mobilità tra diversi settori della pubblica amministrazione, si trovino a
lavorare nello stesso ente e a parità d’inquadramento con retribuzioni le più
svariate, l’INPDAP docet!
La questione mobilità riguarda anche un’altra
problematica : la impossibilità per i lavoratori di cambiare sede di lavoro o
ente dello stesso comparto.
Anche questo è un punto importante; nei fatti oggi è
negato ai lavoratori il diritto a modificare la propria vita; nonostante che da
anni i contratti nazionali prevedano la mobilità e che siano stati stabiliti
requisiti e regole, nella realtà la mobilità è possibile solo attraverso
clientele e discrezione dei dirigenti.
SERVIZI
SOCIALI
Alcune Amministrazioni da anni gestiscono
direttamente servizi per i propri dipendenti : copertura assicurativa, mutui e
prestiti, servizio trasporto e Asili nido, in altre Amministrazioni parte di
questi servizi o non esiste affatto o è gestita da casse interne, cral o cose
simili.
Tali diversi comportamenti basati o sulla
convenienza di soggetti esterni o sulla forza contrattuale delle organizzazioni
sindacali interne si sono potuti realizzare perché nel corso degli anni e
quindi dei rinnovi contrattuali il
problema dei “servizi per i dipendenti”
è stato cancellato o barattato con altro. E’ invece assolutamente non
secondario riportare nella piattaforma contrattuale il problema dei servizi per
i dipendenti che, per essere funzionali e al di fuori di ogni possibile
interesse per i privati, dovranno essere gestiti direttamente dalle
Amministrazioni che ovviamente dovranno investire risorse.
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PER UNA MODERNA
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA AL SERVIZIO DEI CITTADINI
·
PER LA DIFESA E IL RILANCIO
DELLO STATO SOCIALE
·
PER VERI AUMENTI
CONTRATTUALI
·
PER ORDINAMENTI
PROFESSIONALI CHE RICONOSCANO E PROMUOVANO PROFESIONALITA’ E ABOLISCANO IL
MANSIONISMO
·
CONTRO OGNI FORMA DI
FLESSIBILITA’ E PRECARIETA’ DEL RAPPORTO DI LAVORO
ORGANIZZATI CON LA RdB P.I. PER DIFENDERE I TUOI
DIRITTI, IL TUO SALARIO E PER IMPORRE
LA TUA IDENTITA’ E DIGNITA’ DI LAVORATORE!