IL SACCO BUCATO N. 6 – 14/9/2000
 
Sciopero Generale del Pubblico Impiego con Manifestazione a Roma – venerdì 13 ottobre

Riunione del Coordinamento Nazionale RdB-P.I. – Ministero delle Finanze – mercoledì 20 settembre

Dopo la pausa estiva, riprendono le pubblicazioni de’ “Il sacco bucato”. Approfittiamo per ringraziare tutti coloro che hanno manife­stato consenso all’iniziativa – e ci ha dato i suggerimenti in base ai quali stiamo evolvendo la nostra veste grafica - e per chiedere nuo­vamente a tutte le strutture RdB – e, naturalmente,  a chiunque intendesse collaborare con noi, di contattarci o via fax 06 233200763 oppure per posta elettronica – abbiamo modificato il nostro indirizzo che ora è ilsaccobucato@libero.it. Aspettiamo nume­rose le Vostre collaborazioni, sia per quanto riguarda le notizie, che ritenete sia opportuno vengano diffuse sia riguardo a propo­ste di intervento nell’ambito del Ministero delle Finanze. L’attacco alle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori, come vedrete dagli articoli che  seguono, non si è certo affievolito durante l’estate. Il Consiglio Nazionale di Pubblico Impiego della Federazione RdB, analizzando la situazione complessiva di precarizzazione del lavoro, perdita dei diritti, e in primis la continua erosione del nostro po­tere d’acquisto ha deciso di dare a questo Governo, e ai sindacati che lo assecondano, una risposta forte dichiarando per il giorno 13 ottobre p.v. lo Sciopero Generale del Pubblico Impiego. Nel frattempo, la prossima settimana è convocato il massimo organismo RdB interno al Mini­stero delle Finanze a cui parteciperà un delegato per regione, oltre a quelli delle Organizzazioni Sindacali a noi af­filiate, sia per contestualizzare le problematiche specifiche di ministero nella più ampia battaglia del Pubblico Impiego, sia per verifi­care e mettere a punto la linea di intervento nelle vertenze che in questo momento sono in piedi nel nostro Ministero.

 

In questo numero:
Catasti: Classamento U.I.U. Chi fa gli interessi di chi?
 
Tre milioni: arrivano ma…
 
Riqualificazione : la farsa infinita. Le RdB chiedono chiarimenti.
 
Centri di Servizio: c’è una via d’uscita?
 
Lettori Ottici (Area A) : Chi ha vinto?
 
Territorio: Passaggi agli enti locali. Come.
 
Maggiorazione RIA – E’ ancora necessario fare ricorso?
 

Catasti: Classamento U.I.U. Chi fa gli interessi di chi?

Ci sarebbe da pensare che non c’è alcun limite alla faccia tosta di alcune organiz­zazioni sindacali. Il caso specifico, solleva­toci dall’Ufficio del Territorio di Aosta e che sta rimbalzando – speriamo che questo articolo serva ad accelerare il processo – in molti Uffici del Catasto è esempio di un atteggiamento che o è stupido o truffal­dino. Cosa è accaduto? Semplice, nel marzo 1998 alcuni sindacati (i soliti) ave­vano firmato un progetto di classamento delle Unita immobiliari da parte dei cata­sti, prevedendo circa 9 milioni di pezzi da classare e stanziando – fondi 1998 – un relativo importo premiale per i lavoratori che si sarebbero sobbarcati questo onere. L’accordo, astutamente, lasciava spazio ad una verifica dello svolgimento dei lavori e ad eventuali accordi di “aggiustamento”. Così è accaduto, ma in maniera clamorosa. Ma andiamo in ordine. L’accordo divideva gli uffici in due fasce, quelli che avreb­bero terminato il recupero arretrato en­tro giugno 1999, premiati con una cifra maggiore a pezzo, e quelli che avrebbero terminato il lavoro entro fine 1999. Anche il contabile più sprovveduto avrebbe capito che a fronte di uno stanziamento fisso complessivo non sarebbe stato possibile garantire l’importo maggiore per pezzo la­vorato se un numero molto elevato di uf­fici fosse rientrato nella prima fascia. Pur sorvolando inoltre su quanto l’accordo ha causato negli uffici in termini di separa­zione nel personale e corsa all’accumulo delle pratiche, quello che è successo è che due anni dopo l’accordo iniziale, a consun­tivo, l’Amministrazione si è accorta che le pratiche da lavorare – e che sono state effettivamente  lavorate - erano non 9 milioni ma quasi 14, un incremento incredi­bile di oltre il 55%.  I sindacati firmatari dell’accordo, perseve­rando in un atteggia­mento che verrebbe da definire truffal­dino, hanno quindi pensato bene di rive­dere al ribasso (di oltre il 40%) l’importo che era stato fissato come compenso per la singola pra­tica che è passata da 18.000 a 11.700 lire per quelli che hanno termi­nato entro giu­gno 1999 e da 15.000 a 11.400 lire per gli altri. Aver concluso sei mesi prima da­rebbe quindi diritto ad un fantastico com­penso di 300 lire lorde a pratica. Certo, il risultato è legale, diranno i sindacati fir­matari, dell’accordo e dell’aggiustamento, perché fin dall’inizio si era detto che i 9 milioni di pezzi erano una stima e fin dall’inizio si era prospettata una revisione dell’accordo. Ma certo non può essere sot­taciuto che l’errore di valu­tazione è tal­mente marchiano da non inso­spettire. Come è possibile sbagliare così grossola­namente? Come è possibile che il sindacato a fronte di un errore così enorme firmi un accordo di revisione tutto a discapito di chi il lavoro lo ha effet­tuato? Vale la pena fidarsi di chi firma contratti a nome no­stro e poi, una volta che il lavoro è stato effettuato, approfit­tando di sotterfugi, li modifica a nostro discapito? Il “senso di responsabilità” di questi sindacati ha un limite?

 

Tre milioni: arrivano ma…

Finalmente arrivano negli uffici i tre mi­lioni (due netti) che i sindacati firmatari dell’accordo del 21 giugno ci hanno assicu­rato che sarebbero arrivati entro fine lu­glio. La posizione delle Rappresentanze sindacali di base sulla questione crediamo sia ormai nota, ma riteniamo comunque chiarirla ulteriormente. Non è accettabile, secondo noi, che venga mantenuto così basso il nostro stipendio per garantire un sempre maggiore incremento di soldi nel salario accessorio. Questi soldi sono di tutti ma non per tutti, perché vengono de­stinati, e sono proprio i sindacati in molti casi a spingere in questa direzione, solo a coloro che, si dice, lo “meritano”. Un con­cetto che favorisce clientelismi, divisioni tra il personale e fenomeni come quelli dell’articolo precedente, con lavoratrici e lavoratori che per mantenere in qualche modo il potere d’acquisto del proprio sti­pendio sono obbligati ad abbassarsi a cot­timi truffaldini. Nel salario accessorio del ministero delle finanze c’è oggi un importo intorno al 20% dello stipendio base. Quasi sette milioni a testa. Soldi nostri con cui si poteva pagare la quattordicesima mensilità e aumentare gli stipendi attraverso una vera riqualificazione del personale – non la cosa orribile di cui parleremo nel prossimo articolo.  Cosa si è scelto di fare? Di di­stribuire secondo il merito, di premiare al­cuni anziché altri. Per cui ci saranno colle­ghi che, siccome non hanno la fortuna di stare in determinati uffici, o servizi, ve­dranno di quei soldi solo una piccola fetta perdendo moltissimo rispetto all’inflazione. Oggi, riteniamo anche grazie alla difficoltà in cui la nostra proposta della quattordicesima mensilità le aveva messe, Amministrazione e sindacati hanno firmato un accordo per distribuire negli uffici un acconto del fondo unico di ammi­nistrazione del 1999. Ma badate bene, e questo è evidente nel momento in cui ci fanno firmare la ricevuta salvo conguaglio, come fanno solitamente (vedi articolo pre­cedente) se danno con una mano tolgono con l’altra.  Ci dicono che i tre milioni (due netti) che oggi ci sembrano regalare, do­vremmo guadagnarceli perché dobbiamo impegnarci al conguaglio nel caso  non do­vessimo raggiungere quell’importo attra­verso le solite indennità.  Essere grati? Non crediamo proprio. Per le Rappresen­tanze sindacali di base, e questa è l’indicazione che stiamo dando a tutte le strutture dove sono presenti nostri dele­gati, oltre naturalmente a suggerire a chiunque sia animato da principi di equità, questi soldi sono già oggi una quattordice­sima mensilità, che non può e non deve es­sere messa in discussione dalle trattative che in ogni posto di lavoro devono essere messe in atto sul fondo unico di ammini­strazione per l’anno 1999. In pratica, e siamo a disposizione per chiarimenti su questa posizione, non accetteremo alcun progetto che crei differenze nel perso­nale almeno fino all’assorbimento completo dei soldi distribuiti fin qui a lavoratrici e lavoratori. Nessuno deve correre il rischio di restituire nulla.

 

Riqualificazione : la farsa infinita. Le RdB chiedono chiarimenti.

Cominciano a pervenire i primi risultati della riqualificazione. Risultati che non possono che destare forte preoccupa­zione. In Sardegna ed in Emilia-Romagna, ad esempio, le commissioni sono partico­larmente rigide, bocciando, nei corsi in cui ci sono più posti a concorso che parteci­panti, quasi il 30% dei candidati. Il risul­tato è quello di attribuire ancora meno dei posti che erano in origine disponibili. Que­sto rafforza la posizione critica che verso “questa” riqualificazione abbiamo sempre tenuto. La lenta ma inesorabile erosione dei posti disponibili è solo un aspetto di un percorso vertiginoso in cui sono stati ob­bligati le colleghe e i colleghi per ottenere qualcosa che era loro diritto: un livello di inquadramento.  Concorsi veri e propri, si diceva per metterci al riparo dai “catti­voni” della DIRSTAT, che hanno previsto prove feroci oltre due anni fa, corsi con ore supplementari non recuperabili, per­corsi di chilometri per “farsi vedere” dai tutor, incertezza fino all’ultimo sulle mo­dalità delle prove finali. Non c’è problema, state tranquilli. Questo è quello che tutti ci avevano detto. Una formalità? Non pro­prio. Oggi emerge con estrema chiarezza il disegno complessivo. Una grossa macchina per spendere soldi (va notato che proveni­vano dal Fondo di Previdenza) e per favo­rire, anche in questo caso, clientelismi di bassa lega,  spesso solo millantati. La di­sparità di trattamento e di svolgimento delle prove finali, tra una regione e l’altra e talvolta anche nella stessa regione tra qualifiche differenti, è il segno di quanto ci aspetta con le Agenzie. Lavoratori che, sempre più, pur svolgendo lo stesso lavoro avranno trattamenti diversi a seconda delle disponibilità economiche delle singole realtà territoriali oppure la maggiore o minore “managerialità” dei dirigenti locali. Le Rappresentanze sindacali di base, per protestare riguardo a queste discrimina­zioni hanno richiesto un incontro alla Dire­zione Generale del Personale. Anche per­ché, pare che non sia finita, come vedremo nell’articolo successivo, in molte regioni, il processo di riqualificazione di fatto mette i lavoratori nelle mani delle Direzioni Re­gionali e/o Compartimentali che con le ri­forme degli Uffici Unici e lo smantella­mento dei Centri di Servizio non chiedono altro di avere personale che per passare di livello dovrà passare l’ulteriore scoglio di accettare una sede non gradita. Sulla que­stione va segnalato che in Liguria, dove nel Dipartimento delle Entrate c’è una forte presenza e visibilità delle RdB, abbiamo ottenuto che le carenze dichiarate di al­cuni uffici non possano essere coperte con i vincitori dei corsi di riqualificazione la cui destinazione dovrà necessariamente essere concordata con le organizzazioni sindacali. Noi dal canto nostro chiederemo che, dopo una richiesta di mobilità volon­taria, sia garantita alle lavoratrici e ai la­voratori la permanenza nella loro sede di servizio.

 

Centri di Servizio: c’è una via d’uscita?

La continua incertezza in cui sono lasciati i lavoratori dei Centri di Servizio è lo stru­mento attraverso il quale in alcune realtà territoriali, più che in altre, l’Amministrazione procede nelle prove di “managerialità” di cui parlavamo preceden­te­mente. E anche qui emergono situazioni diverse – ma simili - a seconda delle realtà territoriali. Esempi? A Palermo la sistemazione degli Uffici delle Entrate lascia nel limbo i lavoratori del Centro di Servizio che, con Uffici sa­turi di perso­nale, almeno secondo l’Amministrazione, non troverebbero sbocco territorialmente gradito. I sinda­cati interni, non RdB, hanno firmato un ac­cordo, in cui viene varata un sondaggio esplorativo sulla volontà o meno a rimanere nel Centro di Servizio. Per i la­voratori, che spesso non si fidano degli ac­cordi dei sin­dacati, e avrebbero ragione da vendere, visti gli articoli precedenti, resta il dub­bio: se scelgo di rimanere firmano una cambiale in bianco, non conoscendo la fine del Centro di Servizio, se scelgo di andare mi metto alla mercè di trasferi­menti. Che fare? A Bologna, la situazione sotto certi versi è ancora peggiore. La Di­rezione Re­gionale ha addirittura diffuso un “volan­tino” in cui ironizza con le preoc­cupazioni sollevate dalle lavoratrici e dai lavoratori affermando che il processo di aziendaliz­zazione che noi denunciamo non comporta rischi. Nel frattempo decide di licenziare lavoratori a termine del periodo di prova o perché non sono accettabili sul piano ca­ratteriale. A Roma e a Genova, per contro, si cominciano a fissare attraverso accordi di mobilità le vie d’uscita per i la­voratori dal Centro di Servizio, su base cittadina salvo istanze specifiche di mobi­lità volon­taria. L’unica risposta sta in un incontro nazionale che i delegati – sinda­cali e RSU - di tutti i Centri di Servizio devono chie­dere alla dirigenza del Mini­stero delle Fi­nanze.. magari accompagnate da petizioni dei lavoratori. Numeri di fax: Dire­zione Generale AA.GG. e del Personale 06/50267296 – Dir.Ge­nerale Entrate (Dott.Romano) 06/59648842 – Dip.En­trate, Dir.Personale (Ing. Fenu) 06/59648740.

 

Lettori Ottici (Area A) : Chi ha vinto?

La forte vertenza che le Rappresentanze sindacali di base hanno varato sulla que­stione lettori ottici ha creato enormi scompensi nei Centri di Servizio e rea­zioni, spesso scomposte, sia da parte dell’Amministrazione che degli altri sinda­cati. Il segnale che è emerso forte du­rante la questione era: i lavoratori non de­vono protestare e lottare perché i sinda­cati nazionali (CGIL-CISL-UIL e SALFi) conoscono i loro problemi e sicuramente li risolveranno. Si sono così create tensioni fortissime all’interno dei Centri di Servi­zio, tensioni che i sindacati, anziché stem­perare hanno cercato di acuire, proprio per convincere i lavoratori a smettere la lotta. Pensiamo al comunicato della CGIL del Trentino, che diceva ai lavoratori che stavano agendo illegalmente visto che si rifiutavano, in assenza dell’attivazione delle procedure previste dal contratto, di svolgere mansioni superiori; pensiamo all’atteggiamento della CGIL di Genova, che per processi di mobilità suggeriva i la­voratori che si rifiutavano di svolgere mansioni superiori. Questi sindacati hanno firmato un accordo per il passaggio tra le aree, come sempre, molto “responsabile”. Il testo dell’accordo è presente nella se­zione Ministero Finanze del nostro sito www.rdbcub.it  (Sezione Pubblico Impiego-Ministeri). Dimenticano di scrivere quanti sono il 100% dei posti disponibili in B1 – che sono poco più di cento. Dimenticano assolutamente che il ruolo del sindacato è quello di farsi promotore di modifiche e migliorie del sistema. Come è accaduto sempre da molti anni a questa parte, si li­mitano a prendere atto, che secondo piante organiche ormai non più reali, i posti sono quelli. Nessuno – salvo RdB - riven­dica una modifica delle piante organiche basata sulla rilevazione delle reali profes­sionalità in campo. La figura degli acquisi­tori con lettore ottico, come oggi quella di addetto ai call-center, non esiste nelle piante organiche. Andava inserita e collo­cata adeguatamente (almeno 4, se non 5 li­vello) e poi effettuato un concorso per quella qualifica – con ovvia forte preva­lenza di titoli per chi aveva già da tempo – anche a seguito di un corso – svolto tali mansioni e che magari era anche in pos­sesso di una laurea il cui utilizzo potrebbe renderlo più utile anche all’Amministrazione. Non si è voluto fare così. Si è promesso di svuotare l’Area A. Il dubbio che ci pervade ora è: visto l’atteggiamento, cosa intendono per svuo­tamento dell’area A? Le RdB non si sono dimenticate di questa vertenza che ci ha fortemente caratterizzati. La costitu­zione delle Agenzie non sarà in questo senso, indolore per il Ministero… E’ forse per questo che stanno cercando di elimi­nare le Rappresentanze sindacali di base facendo una conta numerica degli iscritti e dicendo che non superiamo lo sbarramento posto per limitare i titolari alla contratta­zione? Se così fosse è di vitale impor­tanza, per le vertenze che solo noi por­tiamo avanti che vi iscriviate alle Rappre­sentanze sindacali di Base

 

Territorio: Passaggi agli enti lo­cali. Come?

Ci è stata presentata una bozza di de­creto in materia - e da cui sono tratte le citazioni tra virgolette. Per il momento prefe­riamo astenerci da ogni commento sulla stessa. Riteniamo opportuno per in­formazione citarne i passaggi sa­lienti. La bozza definisce in “n.4000 unità di perso­nale, con rapporto a tempo inde­terminato, addette agli uffici del territo­rio (settore catasto) del Ministero delle Finanze” il personale che ai sensi del de­creto legisla­tivo n.112/98 sarà trasferito ai comuni as­sieme “all’esercizio delle fun­zioni in mate­ria di tenuta e aggiornamento del catasto e dei relativi servizi”. “L’amministrazione ministeriale, entro dieci giorni dalla deli­berazione della Con­ferenza unificata, che individua le sedi di destinazione del perso­nale all’interno di ciascun ambito regionale, comunica per iscritto ai dipendenti inte­ressati l’elenco di dette sedi. Il personale interessato dal trasferimento di funzioni presenta, a se­guito della comunicazione (…) domanda di trasferimento, indicando una o più sedi nell’ambito della propria o altra regione, in ordine di preferenza (…). La mancata pre­sentazione di quest’ultima equivale a ri­chiesta di permanenza. (…) L’amministrazione predispone per ogni Re­gione una graduatoria sulla base dei criteri e dei punteggi (…) Nel caso in cui le do­mande di trasferimento risultino inferiori al numero individuato per ciascuna regione si procede all’individuazione del restante personale da trasferire nell’ambito terri­toriale (…) attingendo dalle graduatorie regionali predisposte per i dipendenti che hanno presentato domanda di permanenza (…) e quelli che abbiano indicato sedi di­verse da quelle della regione di apparte­nenza. (…) Il personale trasferito con­serva il trattamento economico fisso e continuativo acquisito (stipendio, IIS, re­tribuzione individuale di anzianità e inden­nità di amministrazione). Allo stesso si ap­plicano le dinamiche retributive del com­parto in cui è compreso il personale dell’ente di destinazione. La equiparazione tra le professionalità possedute dal per­sonale (..) è la seguente :

 

Ministeri

EE.LL.

A1

Cat.A (A1)

B1

Cat. B (B1)

B2

Cat. B (B3)

B3

Cat. C (C1)

C1

Cat. D (D1)

C2-C3

Cat. D (D3)

 

Al personale trasferito è riconosciuta a tutti gli effetti la continuità del rapporto di lavoro e l’anzianità di servizio maturata presso l’amministrazione di provenienza. Il personale trasferito può permanere, a domanda, nel regime previdenziale proprio del personale del comparto di prove­nienza…”

 

Maggiorazione RIA – E’ ancora necessario fare ricorso?

Come avevamo già accennato nel nostro numero di chiusura pre-estivo, molte orga­nizzazioni sindacali hanno rispolverato il ricorso per ottenere la maggiorazione R.I.A. Di che si tratta? Come ricorderete, il contratto del 1990 (firmato da tutti i sindacati meno che da RdB) eliminava gli scatti di anzianità introducendo un inden­nità che veniva maturata da coloro che raggiungevano, entro il termine di applica­zione del contratto (31.12.1990) anzianità nell’ordine di 5, 10 o 20 anni. La valenza del contratto è stata traslata al 31.12.1993, quello successivo è infatti va­lido a partire dal 1.1.1994. Questo, se­condo noi, faceva traslare a quella data anche i termini per la maturazione delle fasce di anzianità e quindi per la matura­zione del diritto. Il sindacalismo di base ha promosso, a partire dal 1995 iniziative e ricorsi in tal senso. Ricorsi che, seppur lentamente, hanno fatto il loro iter e sono risultati vincenti in diverse sentenze del TAR e del Consiglio di Stato. I ricorsi, e la loro diffusione, sempre grazie all’impegno del solo sindacalismo di base, hanno as­sunto proporzioni numeriche tali che il Mi­nistero del Tesoro, in torto, ha sentito il bisogno, per porre fine al contenzioso, che sarebbe alla fine risultato tutto a suo ca­rico, di porre alcuni quesiti al Consiglio di Stato a cui il Consiglio di Stato, a fine giu­gno, ha dato risposte chiare. Il più impor­tante riguarda il superamento della non estendibilità del giudicato. Come saprete infatti, dal 1994 solo i ricorrenti dovreb­bero veder riconosciuto il loro diritto es­sendo impossibile estendere a coloro che non hanno presentato ricorso il giudicato. Il Consiglio di Stato, però, riguardo a que­sto problema è stato chiarissimo. NON SI TRATTA IN QUE­STO CASO DI DI­RITTI INDIVI­DUALI LESI, MA DI UN DIRITTO CONTRATTUALE CHE DEVE ESSERE ESTESO A TUTTI COLORO CHE HANNO QUEL CONTRATTO. 
L’unica distinzione tra coloro che hanno pro­posto ricorso e quelli che non lo hanno fatto è possibile solo sulla prescrizione del diritto, che come dice il Codice Civile è di cinque anni. In sostanza, nel momento in cui il Ministero del Tesoro pagherà dovrà andare indietro di cinque anni, dalla data di determinazione del provvedimento, nel caso di non ricorrenti e dalla data del ri­corso, nel caso di ricorrenti. Importante un passaggio su coloro che avrebbero pre­sentato domanda per il riconoscimento del diritto senza poi proporre ricorso, anche per loro, dice il Consiglio di Stato si blocca, alla data della domanda la prescri­zione del diritto. Il Consiglio di Stato, però non ci da ragione su tutta la linea, perché, al momento, tira fuori dal benefi­cio coloro che avrebbero maturato le an­zianità tra il 1 gennaio 1993 e il 31 dicem­bre 1993. Questa determinazione è giusti­ficata dal blocco degli automatismi sti­pendiali attivo per tutto l’anno 1993. Senza entrare nel merito di quest’ultimo passaggio, che, naturalmente non condividiamo, è chiaro che tutti coloro che hanno maturato i 5, 10 o 20 anni di anzianità, anche sommando periodi in diverse amministrazioni pubbliche, nel periodo tra il 1 gennaio 1991 e il 31 dicembre 1992, hanno diritto al rico­noscimento del beneficio. Chiedere oggi di fare ricorso, è atteggiamento truffal­dino, atto solo ad acquisire consensi e fa­cili iscritti (qualcuno propone gratis i l ri­corso per gli iscritti vecchi e nuovi) met­tendo in campo una battaglia già vinta da altri. Ad oggi, senza aver a che fare con nessun sindacato, a coloro che non hanno presentato ricorso, basta presentare una semplice domanda indirizzata alla Dire­zione generale del Personale del proprio Ministero per tramite del proprio ufficio (fare protocollare) il cui facsimile è di sotto. Non facciamoci truffare.

 

 

 

… l .. sottoscritt… _________________________________________________

 

in servizio presso : ____________________________________________ con la

 

qualifica di __________________________________________________ q.f.;

 

PREMESSO

 

che ha maturato successivamente al 31 dicembre 1990 e entro il 31 dicembre 193, nella quali­fica di ____________________ l’anzianità di effettivo servizio di anni ______ (1);

che per gli effetti  dell’art.7, 1° comma del D.L. n.384/92, convertito nella legge n.438/92, che ha prorogato la vigenza del D.P.R. n.44/90 sino al 31 dicembre 1993, ha diritto alla maggiora­zione della retribuzione individuale di anzianità (R.I.A.), prevista dall’art.9, commi 4 e 5 , del richiamato D.P.R. n.44;

 

CHIEDE

 

che gli venga corrisposta, per le causali in premessa, la maggiorazione annuale della retribu­zione individuale di anzianità acquisita in diritto, nonché le compe­tenze arretrate spettanti per legge, maggiorate degli interessi e della rivalutazione monetaria.

 

__________, lì __________         Firma ___________________________________