APOCALIPSE NOW
SPECIALE CENTRI DI SERVIZIO
La materia
è complessa per cui abbiamo ritenuto non potesse esaurirsi nel solito volantino
di informazione/propaganda e abbiamo deciso di fornire, attraverso un numero
speciale de “Il sacco bucato” tutti gli elementi perché ognuno, a parte le
propagande sindacali, possa farsi un idea precisa di quanto stia accadendo.
Un numero
che contenga le nostre valutazioni, le nostre proposte, un analisi, seppur di
parte, delle posizioni delle altre sigle sindacali e, naturalmente, il
documento integrale presentato dall’Amministrazione il 7 novembre.
Si tratta,
ovviamente, di considerazioni a caldo, non esaustive delle problematiche, e che
non vogliono comunque ingenerare polemiche con nessuno – più che mai
controproducenti in una fase così delicata -, ma che ci paiono comunque atto
dovuto da parte di chi, come noi, fa del confronto costante con chi lavora
il punto di forza delle proprie proposte.
1.
Le
Rappresentanze sindacali di base e i Centri di Servizio
Come saprete le Rappresentanze sindacali di base
hanno, da quando esistono, seguito con particolare attenzione le questioni
afferenti ai Centri di Servizio, fino talvolta a essere criticata da altri
settori del ministero per questi motivi. La causa di questa particolare
attenzione non è mai stata la sottovalutazione di quant’altro accadesse in
altre sedi di lavoro, ma la valutazione, che oggi si sta, purtroppo,
rilevando concreta, che i Centri di Servizio, fossero una sorta di “batteria di
allevamento” – una bomba a tempo innescata - in cui venivano sperimentate
tecniche di produzione e nuove lavorazioni. Uno sfruttamento di lavoratrici
e lavoratori metodico e sistematico, con continui progetti finalizzati che
spazzavano via mansioni e orari di lavoro, e che, lungi dall’avere
effettive ricadute benefiche – le continue cartelle pazze sono solo un sintomo
–, hanno fatto da apripista per procedure analoghe presso gli Uffici
delle Entrate.
Le questioni dei Lettori ottici e dei Call
Center sono solo gli atti finali di questo lungo esperimento.
Ora la bomba a tempo sta per esplodere.. che
accadrà a lavoratrici e lavoratori?
2.
Oggi
non servono più. Ma che riforma è?
Bassanini. Anche per quanto riguarda il Ministero delle
Finanze, uno degli artefici della disfatta è il “semplificatore”. Colui che
ha da tempo superato il limite tra la semplificazione e la resa. Nello
specifico il Ministero delle Finanze che uscirebbe dalle riforme è un organismo
ad azione limitata. La visione contabilistica di Bassanini e del suo “amico”
Visco – Del Turco ha un atteggiamento che non ci pare chiarissimo nei confronti
della Riforma – ha limitato le valutazioni al semplice aspetto del “quanto
costa, quanto incassa” dimenticando il ruolo che la stessa Costituzione
assegna al Ministero, ovvero quello di deterrenza nei confronti
dell’evasione fiscale.
In questo quadro, i Centri di Servizio
avrebbero assolto i loro compiti e funzioni – anche quelli varati pochissimi
anni fa. E quindi viene posto il problema di riutilizzo delle sedi – secondo
criteri di “economicità ed efficienza”,
afferma l’Amministrazione – e naturalmente delle migliaia di dipendenti
“allevati” in questi anni.
3. La “proposta dell’Amministrazione”
Dal documento che l’amministrazione ci ha
presentato emerge, tra le righe, ma spesso anche in maniera evidente, che le
valutazioni RdB, seppur tacciate da molti di “Cassandrismo” non si discordavano
di molto dalla realtà, sia sul piano dell’analisi che su quello della
ricaduta sui colleghi dei processi di riforma. Ma, al di là delle parole,
riteniamo che innanzitutto sia necessario fornire ai colleghi il testo integrale del documento che
l’Amministrazione ha presentato, significativo di quanto sta accadendo ma
non certo definitivo. Ognuno potrà valutare la ricaduta che una proposta del genere avrebbe sulla
propria realtà locale.
PIANO DI RIALLOCAZIONE DEL PERSONALE DEI
CENTRI DI SERVIZIO DELLE IMPOSTE DIRETTE E
INDIRETTE
Esaurimento della funzione
dei Centri di servizio
Le modifiche normative
introdotte con i provvedimenti emanati in base alle deleghe contenute nella
legge n. 662 del 1996 hanno profondamente modificato lo scenario che aveva
determinato l'istituzione dei Centri di servizio. Oggi infatti la liquidazione
delle dichiarazioni avviene con procedure automatizzate, che vengono gestite a
livello centrale. Inoltre, dal momento che le dichiarazioni ed i versamenti
viaggiano per via telematica, è venuta meno l'esigenza di prevedere ingenti
spazi per la loro archiviazione. Anche le domande di rimborso, grazie alla
progressiva estensione della possibilità di compensare crediti e debiti, stanno
riducendosi notevolmente.
Come è noto, tutte queste
novità trovano attuazione dall'anno d'imposta 1998: pertanto, una volta
esaurito il piano straordinario di recupero dell' arretrato fino al 1997, che
deve concludersi entro la fine del corrente anno, le funzioni essenziali dei
Centri di servizio verranno meno e si renderà inevitabile procedere alla loro
soppressione.
La data di soppressione
verrà stabilita sede per sede, quando saranno concluse le attività di
"post-liquidazione" relative all'arretrato (rimborsi, ricorsi, ecc.)
o quando, una volta ridottasi la mole di tale attività, si dovesse ritenere più
conveniente trasferirne la lavorazione agli uffici delle entrate.
Inoltre, si può ipotizzare
che la gestione di alcune altre competenze attualmente svolte dai Centri di
servizio e da trasferire agli uffici delle entrate (quali, a titolo di esempio,
la trattazione delle comunicazioni per usufruire delle detrazioni di imposta a
fronte degli interventi di recupero del patrimonio edilizio, l'archiviazione
delle dichiarazioni cartacee consegnate alle banche e agli uffici postali,
ecc.) venga materialmente concentrata, per ragioni di economia di scala, in una
o due delle strutture che attualmente ospitano i Centri di servizio.
Destinazione delle
strutture immobiliari
E' opportuno precisare che
la scelta sulla destinazione da dare agli immobili che attualmente ospitano i
Centri di servizio (dismissione o utilizzazione per altri scopi) va fatta
tenendo presenti gli obiettivi di economicità ed efficienza che devono
contraddistinguere l'Agenzia delle entrate. Ciò premesso si riepilogano di
seguito, per ciascuna struttura, le soluzioni che appaiono più opportune.
·
Bari: l'immobile sarà dismesso
entro il 31 dicembre 2001.
·
Bologna: l'immobile verrà mantenuto
e fungerà da nuova sede della Direzione regionale delle entrate e di uno degli
uffici circoscrizionali delle entrate.
·
Cagliari: l'immobile verrà mantenuto
ed ospiterà il cali center e uno dei due uffici delle entrate
oggi operanti in località Santo Nicolau; gli archivi saranno inoltre utilizzati
per riunire pratiche di diverso tipo, oggi suddivise tra più immobili privati
detenuti in locazione.
·
Genova: l'immobile sarà dismesso
entro il 31 dicembre 2002.
·
Milano: l'immobile (che è detenuto
in locazione) sarà dismesso al più tardi il 31 dicembre 2001; l'archivio sarà
trasferito presso la caserma Bartoli, recentemente ristrutturata.
·
Palermo: l'immobile verrà mantenuto
ed ospiterà la Direzione regionale delle entrate, che vi si trasferirà dalla
attuale sede, e uno degli attivandi uffici delle entrate, oltre agli archivi.
·
Pescara: l'immobile sarà mantenuto,
come sede di uno degli attivandi uffici delle entrate e del call center; sarà
inoltre una delle due strutture presso le quali saranno accentrate le
lavorazioni particolari cui si è fatto cenno in precedenza. Si prevede infine
di utilizzare parte della struttura quale sede di una stabile organizzazione
per la formazione del personale della regione. L'eventuale superficie eccedente
sarà dismessa.
·
Torino: la struttura verrà in
parte dismessa ed in parte utilizzata per il cali center; vi saranno
inoltre concentrate, fino ad esaurimento, alcune lavorazioni arretrate di
competenza degli uffici delle entrate in materia di rimborsi.
·
Roma: la struttura (anch'essa
detenuta in locazione) sarà dismessa entro il 31 dicembre 2001.
·
Salerno: la struttura sarà
mantenuta ed ospiterà l'ufficio delle entrate di Salerno, che accorperà
i due uffici previsti dal D.M. n. 700 del 1996; dovrà inoltre essere valutata
la possibilità di collocarvi un cali center e di accentrarvi - analogamente
a Pescara - le lavorazioni particolari, nonché altre eventuali attività di
supporto agli uffici delle entrate della provincia.
·
Trento: l'immobile sarà destinato
a sede dell'ufficio delle entrate, i cui locali saranno a loro volta occupati
dalla Direzione regionale.
·
Venezia: la struttura ospiterà il cali
center e gli archivi; alcuni ambienti saranno inoltre adibiti ad
aule di formazione, in aggiunta all'attuale sala per le videoconferenze, che
sarà mantenuta e possibilmente ampliata. Potrebbe infine prevedersi il
trasferimento del secondo ufficio delle entrate oggi operante a Mestre. La
parte dell'immobile eventualmente non più necessaria sarà dismessa.
Mobilità del personale
Su questo punto appare
opportuno prevedere, parallelamente all'esaurimento delle lavorazioni legate
all'arretrato, un passaggio graduale del personale agli altri uffici.
Per quanto riguarda la
destinazione del personale, dovranno essere definite le necessarie procedure di
mobilità. A tal fine si prevedono i criteri di massima di seguito indicati:
a)
tenendo
presenti le specifiche necessità operative degli uffici e salvo diversa opzione
da parte degli interessati, va data la precedenza alla mobilità nell'ambito
della stessa città del Centro di servizio, evitando però situazioni di squilibrio
tra gli uffici della regione;
b)
a
tale ultimo fine occorre assicurare una copertura quanto più possibile omogenea
delle carenze di organico all'interno della regione: non devono cioè
verificarsi situazioni nelle quali, mentre viene, ad esempio, colmata la
carenza di organico degli uffici della città sede del Centro, permangano
situazioni gravemente deficitarie negli altri uffici della regione; per evitare
che ciò si verifichi, la ripartizione del personale dovrà essere bilanciata tra
le diverse sedi, prevedendo, al massimo, una fascia di oscillazione del 10% in
più o in meno;
c)
per
corrispondere alle effettive necessità degli uffici, la percentuale di
copertura deve essere distintamente calcolata per ciascuna
area di inquadramento e non
sulla base del numero complessivo di unità di personale.
Si precisa infine che, in vista del passaggio del personale ad
altri uffici, saranno previste opportune iniziative di formazione.
Sulla base delle indicazioni che precedono, sarà immediatamente
avviata con le Organizzazioni sindacali la contrattazione nazionale, cui
faranno seguito le singole trattative locali.
3. Ci permettete alcune valutazioni?
Le cose che diciamo qui le abbiamo affermate
anche al tavolo di confronto con l’Amministrazione. Abbiamo la sensazione che,
dopo aver spremuto ben bene lavoratrici e lavoratori, magari “obbligandoli” per
il lavoro ad emigrare, spostare a livello regionale il confronto, significa
trasformarlo in un confronto puramente “tecnico” in cui le valutazioni da fare
saranno in base agli spostamenti necessari a equilibrare il personale degli
uffici della regione. Di conseguenza, nella migliore delle ipotesi, potrebbe
essere varata una mobilità di tutto il personale delle regioni interessate,
magari corrispondendo – come suggerito dalla CGIL – quote di salario accessorio
(il Fondo Unico, pozzo di San Patrizio) a coloro obbligati a spostarsi.
Questo, in molte realtà regionali, in cui
siamo presenti, sarà il quadro reale, con Direttori Regionali tra l’incudine e
il martello di produttività richiesta e distribuzione del personale.
L’Amministrazione si asterrebbe così dall’assumersi alcun impegno a livello
centrale. L’unico livello nel quale si possono calibrare gli obiettivi di produzione
– e di conseguenza la corresponsione del salario accessorio al personale e la
valutazione dell’operato dei singoli dirigenti locali - su parametri, non
squisitamente tecnici, ma attraverso valutazioni più complesse. In sostanza
la ricaduta di un eventuale distribuzione disomogenea del personale sarebbe
tutta sui Direttori Regionali più o meno pavidi, più o meno manager…
Inoltre, il decentramento della gestione
impedirebbe qualsiasi mobilità volontaria interregionale, che, pur comprendendo
le difficoltà di chi ha da poco sottoscritto accordi sull’argomento fortemente
vincolanti per il personale, riteniamo debba essere riconosciuta, seppur in
maniera regolamentata, a chi subisce una dismissione di attività.
Ma l’Amministrazione propone anche di peggio,
vorrebbe decentrare la questione ponendo addirittura vincoli restrittivi (il
10% in più o in meno negli uffici e la subordinazione all’appartenenza alle
Aree).
Pur criticando l’impianto complessivo sul
piano strettamente “politico” e quindi confermando la nostra proposta, già
circolata negli uffici - abbiamo, sul piano tecnico sottolineato l’impossibilità di parlare di “fasce di oscillazione
per area di inquadramento” in assenza di profili professionali, piante organiche
e in presenza del varo delle Agenzie fiscali e del processo di riqualificazione
in atto.
Se passasse un idea come quella proposta
dall’amministrazione ci sarebbe un travaso di personale negli uffici più
carenti – e probabilmente più scomodi – con una teoria dei vasi comunicanti
– che noi stiamo già osteggiando in tutte le regioni dove si sono stati varati
gli Uffici Unici - secondo cui sarebbe possibile slegare l’utilizzo del
personale da ogni sua esigenza individuale.
Immaginate inoltre cosa accadrebbe in quelle
regioni nelle quali, secondo parametri ancora ufficialmente sconosciuti, le
Direzioni regionali dovessero ritenere che quasi tutti gli uffici sono già in
esubero?
Queste argomentazioni devono aver convinto
anche la CGIL che – sentendo più volte la necessità di affermare di essere il
sindacato più rappresentativo (chiaro sintomo di debolezza) - ha, pur
accettando complessivamente (e filosoficamente) l’impianto, comunque richiesto
di cassare (solo) le questioni relative alla fascia di oscillazione. Bontà
loro.
Le altre sigle – soprattutto CISL e UIL - si
sono mostrate possibiliste nei confronti di una mobilità volontaria
interregionale, seppure con i problemi di cui parlavamo pocanzi, e hanno
ribadito, come noi, la necessità di un accordo centrale formulando proposte,
che, nella sostanza, sono simili alla nostra, seppur diversificate in alcuni
punti chiave: destinazione del personale nelle città sedi del centro di
servizio (per la UIL sui può discutere anche di provincia, ci è parso di
capire), salvo richiesta diversa dei singoli interessati nell’ambito della
regione.
La diversificazione sostanziale ci pare stia
nell’apertura che, comunque, viene concessa alla mobilità regionale, seppure in
fase successiva, e seppur dietro corresponsione di incentivi economici.
4. Ed ora, che succede?
L’Amministrazione, ha preso atto
delle posizioni sindacali - che forse riteneva più favorevoli nel complesso - e
ha preso tempo, riservandosi di riconvocarci a breve. Contrariamente a quanto qualcuno potrà affermare, NULLA E’
STATO DECISO.
Noi abbiamo richiesto tempi
brevissimi.
L’aver pubblicizzato una
proposta – sebbene qualcuno “in periferia” l’abbia definita massimalista – ha
comunque sortito il primo effetto. Tutti, salvo la CGIL, hanno, in qualche
modo, rilanciato rispetto alla proposta dell’amministrazione. Mettendola in
difficoltà.
Ribadiamo:
il nostro obiettivo è quello di
ottenere che il personale sia destinato agli uffici di richiesta – in maniera
regolamentata, anche con spostamenti volontari interregionali - e che questo non faccia partire un
meccanismo di vasi comunicanti all’interno delle regioni.
Per ottenere questo, oltre a
tenere vivo il confronto e la nostra proposta abbiamo la necessità di rafforzare
la presenza delle Rappresentanze sindacali di base anche su base territoriale.
Nei prossimi giorni incontreremo il personale per decidere assieme forme di
sostegno alla proposta RdB.