REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione Seconda) ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sui ricorsi riuniti nn. 2923/2000 e 4515/2000, proposti dalla DIRSTAT-FINANZE, in persona del Segretario Generale dott. Giancarlo Barra che agisce anche in proprio, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Carlo Rienzi, Michele Lioi, Michele Mirenghi, Stefano Viti, Mario Marconi e Marco Orlando, presso i quali elettivamente domiciliato in Roma,  Viale delle Milizie, 9;

contro

la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro-tempore;

il Ministero delle Finanze, in persona del Ministro p.t.;

l’A.R.A.N. (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni),  in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato;

la C.G.I.L.-Finanze, in persona del legale rappresentante pro-tempore; la C.I.S.L.-Finanze, in persona del legale rappresentante pro-tempore;

la U.I.L.-Finanziari, in persona del legale rappresentante pro-tempore;

la SALFI, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentati e difesi solo nel ricorso n. 2923/2000 dall’Avv. Marcello Cardi, presso il quale elettivamente domiciliati in Roma, Via Basento, 37;

i Sig.ri Panatta Lino, Carlucci Mario Pio, Ippoliti Orietta, non costituitisi in giudizio;

per l’annullamento

a)      quanto al ric. n. 2923/2000, del decreto del Ministero delle Finanze con cui si procede a rideterminare il numero dei posti da mettere a concorso nelle qualifiche funzionali sesta, settima ed ottava, del personale dell’Amministrazione finanziaria; di tutti gli atti connessi, conseguenziali e presupposti, anteriori e successivi ed, ove occorra, per la declaratoria di illegittimità costituzionale della previsione della legge n. 133/99; ove occorra per l’annullamento degli artt. da 13 a 20 del Contratto Collettivo Nazionale, nonché dell’art. 26; ove occorra, per la declaratoria di illegittimità costituzionale del D.L.vo n. 29/93 e del D.L.vo n. 80/98;

b)     quanto al ric. n. 4515/2000, del decreto ministeriale n. prot. 150981, avente ad oggetto la definizione delle modalità di articolazione dei corsi di riqualificazione del personale dell’amministrazione finanziaria, e che ne fissava la data di inizio al 14 febbraio 2000, nonché di tutti i decreti a questo collegati, che hanno ulteriormente determinato il calendario di svolgimento delle lezioni e dei corsi;

di tutti i decreti direttoriali con cui si provvede ad approvare le varie graduatorie di merito nazionali degli idonei, relativamente alla sesta ed ottava qualifica funzionale ed a tutte le varie qualifiche ivi previste nell’ambito della qualifica;

del decreto del Ministero delle Finanze con cui si procede a rideterminare il numero dei posti da mettere a concorso nelle qualifiche funzionali sesta, settima ed ottava, del personale dell’Amministrazione finanziaria;

di tutti gli atti connessi, conseguenziali e presupposti, anteriori e successivi ed, ove occorra, per la declaratoria di illegittimità costituzionale della previsione della legge n. 133/99;

ove occorra, per l’annullamento degli articoli da 13 a 20 del Contratto Collettivo Nazionale, nonché dell’art. 26;

ove occorra, ed in subordine per la declaratoria di illegittimità costituzionale del D.L.vo n. 29/93 e del D.L.vo n. 80/98;

Visti i  ricorsi con i relativi allegati;

  Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni statali intimate e delle Associazioni sindacali controinteressate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti delle cause;

Nominato relatore alla pubblica udienza del 18 ottobre 2000 il Consigliere dott. D. Landi e uditi, altresì, gli Avv.ti Rienzi e Mirenghi per l'Associazione sindacale ricorrente, l’Avv. dello Stato Zerman per le Amministrazioni resistenti e l’Avv. Cardi per le Associazioni controinteressate;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

Con atto notificato il 24 gennaio 2000,  depositato nei termini, rubricato con il n. 2923/2000, la DIRSTAT-FINANZE, in persona del Segretario Generale dott. Giancarlo Barra che agisce anche in proprio, ha proposto ricorso per l’annullamento  del decreto del Ministero delle Finanze con cui si procede a rideterminare il numero dei posti da mettere a concorso nelle qualifiche funzionali sesta, settima ed ottava, del personale dell’Amministrazione finanziaria nonché di tutti gli atti connessi, conseguenziali e presupposti, anteriori e successivi ed, ove occorra, per la declaratoria di illegittimità costituzionale della previsione della legge n. 133/99; nonché, ove occorra, per l’annullamento degli artt. da 13 a 20 del Contratto Collettivo Nazionale, e dell’articolo 26, e per la declaratoria, di illegittimità costituzionale del D.L.vo n. 29/93 e del D.L.vo n. 80/98.

L’Associazione sindacale ricorrente fa presente che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 1 del 1999, ha dichiarato la illegittimità costituzionale delle norme di cui all’art. 3, commi 205, 206 e 207 della legge 549/95; il legislatore ha di seguito emanato la legge n. 133/99, che ha disposto l’apertura al concorso pubblico esterno per la quota del 30%. Con il provvedimento impugnato l’Amministrazione delle Finanze ha provveduto a rideterminare la quota dei posti spettanti al personale esterno e quella – 70% - da devolvere al personale interno.

Avverso tale provvedimento di rideterminazione dei posti destinati alle procedure para-concorsuali il Sindacato DIRSTAT ha proposto  il presente ricorso affidato alle seguenti censure:

1)     Violazione artt. 3, 97, 98 e 51 della Cost.; violazione legge 312/80; violazione D.L.vo n. 29/93, così come modificato dal D.L.vo n. 80/98; violazione D.P.R. n. 3/1957; violazione legge 83/93; eccesso di potere; sviamento; elusione della pronuncia n. 1/99 Corte Costituzionale; eccezione subordinata di costituzionalità legge 133/99.

Il provvedimento impugnato si pone in netto contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento in materia di procedure concorsuali così come esplicitati della Corte Costituzionale. La normativa emanata è illegittima per il fatto di aver disposto il semplice scorporo di una parte dei posti disponibili senza aver previsto un medesimo concorso unitario con riserva di una quota di posti per il personale interno. Eccezione subordinata di incostituzionalità della legge 133/99, per violazione dei principi di uguaglianza e parità nell’accesso al pubblico impiego e per violazione dell’art. 97 sotto forma di sperequazione di trattamento tramite la richiesta, per la medesima qualifica, di professionalità differenti.

 Ulteriore eccezione subordinata di costituzionalità.

La determinazione di una percentuale così sproporzionata di posti riservati al personale interno, finisce per ledere il principio di concorsualità – art. 51 -, nonché di parità di trattamento – art. 3 – e di buon andamento della P.A. tramite la scelta del migliore – art. 97.

2) Violazione artt. 3, 97, 98 e 51 Cost.; violazione legge 312/80; violazione D.L.vo n. 29/93, così come modificato dal D.L.vo n. 80/98; violazione D.P.R. n. 3/57; violazione legge 83/93; eccesso di potere; sviamento; elusione della pronuncia n. 1/99 Corte Costituzionale; eccezione subordinata.

Si sostiene che nessuno dei vizi rilevati dalla Corte Costituzionale sia stato emendato dall’impugnato provvedimento, che da un lato reintroduce comunque una deroga al principio concorsuale in assenza di cause giustificatrici, e dall’altro conferma invece i vizi di inidoneità delle prove selettive e di accesso indiscriminato alle qualifiche superiori.

Eccezione subordinata di costituzionalità.

Ove si debba ritenere che la norma della legge 133/99 abbia inteso “aggirare” la pronuncia della Corte Costituzionale, pretendendo di legittimare procedure para-concorsuali inidonee a garantire la scelta del migliore, operate senza che il personale che voglia accedere alla qualifica superiore abbia mai svolto nemmeno di fatto tali funzioni, si chiede di rimettere la questione di legittimità costituzionale della legge n. 133/99 alla Corte costituzionale per gli identici motivi che hanno condotto alla declaratoria di illegittimità della legge 549/95.

3) Violazione  degli artt. 97, 98 e 51 della Costituzione; violazione del  D.L.vo n. 29/93; violazione del D.L.vo n. 80/98; eccesso di potere; sviamento; incompetenza; declaratoria subordinata di nullità del C.C.N. comparto Ministeri.

Nel caso in cui si voglia ritenere che il decreto di rideterminazione delle quote di posti disponibili per le procedure paraconcorsuali debba intendersi quale atto esecutivo di una “privatizzazione” che renda possibile l’accesso alle qualifiche superiori senza lo svolgimento  di prove concorsuali e da parte di chi non ha svolto, sia pure di fatto, le mansioni superiori, se ne deve dedurre l’assoluta illegittimità per violazione degli artt. 97 e 98 Cost. e del D.L.vo 80/98 che ha attuato la legge delega 57/97 – art. 11 comma 4.

Si deduce in tale ottica anche l’illegittimità del Contratto Collettivo Nazionale del comparto Ministri – 1998/2001 – nella parte in cui – artt. da 15 a 20 ed art. 26 – possa ritenersi che abiliti lo svolgimento di procedure di avanzamento all’interno delle aree e tra aree differenti, prescindendo dal principio concorsuale.

Questione subordinata di costituzionalità per violazione ed eccesso di delega legislativa.

Ove invece, in via ulteriormente subordinata, volesse ritenersi che sia proprio il concetto di “privatizzazione” introdotto dal D.L.vo 29/93 ed attuato dal D.L.vo 80/98 a consentire di vulnerare i principi posti dagli artt. 3, 51, 97 e 98 della Costituzione si deduce l’assoluta contrarietà di tali decreti alla delega legislativa o, comunque, la totale assenza di una delega in tale senso con conseguenziale eccesso di delega legislativa.

Le Amministrazioni statali intimate si sono formalmente costituite in giudizio. Si sono parimenti costituite in giudizio le Associazione sindacali controinteressate, la cui difesa contesta le ragioni dell’impugnativa ed insiste per il rigetto del ricorso in quanto infondato.

Con successivo atto notificato il 10 marzo 2000, depositato nei termini, rubricato con il n. 4515/2000, la DIRSTAT-FINANZE, in persona del Segretario Generale dott. Gianfranco Barra che agisce anche in proprio, ha proposto ricorso per l’annullamento  del decreto n. prot. 150981, avente ad oggetto la definizione delle modalità di articolazione dei corsi di riqualificazione del personale dell’Amministrazione finanziaria, e che ne fissava la data di inizio al 14 febbraio, nonché di tutti i decreti direttoriali con cui si provvede ad approvare le varie graduatorie di merito nazionali degli idonei, relativamente alla sesta ed ottava qualifica funzionale; con il medesimo atto si chiede l’annullamento anche dei provvedimenti ministeriali oggetto del precedente ricorso n. 2923/2000.

A sostegno del gravame vengono  dedotte le medesime censure sollevata nel sopracitato precedente ricorso.

Le Amministrazioni statali intimate si sono costituite in giudizio a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato, la quale, nella memoria conclusiva, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo trattandosi di controversia devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario ai sensi dell’art. 68 del D.L.vo n. 29/93m in quanto relativa ad un rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, mentre nel merito sostiene la infondatezza del ricorso.

Alla pubblica udienza del 18 ottobre  2000 le cause sono passate in decisione.

D I R I T T O

Attesa la loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva i due ricorsi possono riunirsi per essere decisi con una unica pronuncia.

Va, dapprima, esaminata l’eccezione sollevata dall’Avvocatura dello Stato, di inammissibilità dei ricorsi per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo trattandosi di controversia devoluta alla cognizione del giudice ordinario ai sensi dell’art. 68 del D.L.vo n. 29 del 193 in quanto relativa ad un rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione.

L’eccezione non si appalesa fondata.

A tale proposito occorre rilevare che ai sensi della suddetta disposizione normativa rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo tutte le controversi relative alla legittimità degli atti con cui l’Amministrazione dà luogo a procedure concorsuali pubbliche; peraltro va riconosciuta la cognizione del giudice amministrativo anche in quelle controversie concernenti provvedimenti con i quali l’Amministrazione esclude dalle procedure concorsuali bandite candidati esterni all’Amministrazione.

Va, inoltre, aggiunto che il decreto ministeriale 3 novembre 1999, così come tutti gli altri atti impugnati, non possono qualificarsi come atti esecutivi di disposizioni del contratto collettivo nazionale del comparto ministeri 1998/2001, ma si pongono come atti meramente esecutivi di disposizioni normative contenute nella legge 13 maggio 1999, n. 133, della cui legittimità costituzionale dubitano i ricorrenti.

Pertanto, passando all’esame del merito delle controversie, i ricorrenti sollevano la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 205, 206 e 207 della legge 28 dicembre 1995 n. 549, così come modificato dall’art. 22 della legge 13 maggio 1999,  n. 133 nella parte in cui prevedono e confermano i corsi di riqualificazione del personale interno del Ministero delle Finanze per contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.

I ricorrenti sostengono che l’art. 22, primo comma, lett. a) della suddetta legge n. 133/99, nel prevedere la riserva del 70% al personale interno dei posti vacanti al 31 dicembre 1998, si pone in contrasto con le norme costituzionali sopracitate così come interpretate dalla sentenza n. 1/99 della Corte Costituzionale, la quale ha affermato la possibilità di deroga alla regola del concorso pubblico solo nel caso in cui ricorrano circostanze eccezionali che impongano all’amministrazione di adeguare una peculiare situazione di fatto alla situazione di diritto.

I ricorrenti sollevano una ulteriore questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, primo comma lett. a) della legge 133/99 per contrasto con l’art. 97 della Costituzione, nella parte in cui deroga al procedimento concorsuale, operando una generale “cooptazione verso l’alto” del personale in servizio senza che questi abbia mai svolto, nemmeno di fatto, le funzioni superiori, e dell’art. 22, primo comma, lett. c), nella parte in cui conferma le procedure selettive di cui alla lett. b), comma 206, dell’art. 3 della legge 549/95.

Le dedotte questioni di legittimità costituzionale appaiono rilevanti ai fini della decisione dei presenti ricorsi e sono, altresì, non manifestamente infondate.

Occorre innanzitutto rilevare che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 1/99 aveva dichiarato costituzionalmente illegittime le disposizioni normative di cui ai commi 205, 206 e 207 dell’art. 3 della legge 549/95, che prevedevano la sostituzione del concorso pubblico con procedure selettive interne in assenza di esigenze di rilevanza costituzionale che consentissero la deroga alla regola del concorso pubblico così come previsto dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione. Il legislatore con la legge 133/99 ha modificato il citato art. 3, commi 205, 206 e 207 prevedendo che, con le procedure selettive interne di cui alle suddette disposizioni, potesse essere coperta unicamente una aliquota dei posti vacanti determinata nella misura del 70% nelle qualifiche interessate dalle procedure medesime.

Il Collegio ritiene che la modifica legislativa intervenuta a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale non sia conforme ai principi più volte affermati dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui alla regola del pubblico concorso per l’assunzione del personale nei ruoli della pubblica amministrazione sono ammissibili deroghe da parte del legislatore sono nei limiti segnati dall’esigenza di garantire il buon andamento dell’amministrazione o di attuare altri principi di rilievo costituzionale destinati a garantire la peculiarità degli Uffici di volta in volta considerati. Peraltro la Corte Costituzionale, nella citata sentenza n. 1/99, aveva ribadito che al regime del pubblico concorso, funzionale al buon andamento della pubblica amministrazione, non si sottraggono i passaggi ad una fascia funzionale superiori, nel quadro di un sistema, come quello in vigore delle qualifiche funzionali, che non prevede carriere o le prevede entro ristretti limiti nell’ambito dell’Amministrazione. Da ciò discende che anche in tali passaggi è stata ravvisata una forma di reclutamento, che esige anch’essa un selettivo accertamento delle attitudini, da non rivolgere di regola al solo interno della stessa Amministrazione, al fine di evitare di reintrodurre in modo surrettizio il modello delle carriere (cfr. Corte Cost. n. 314/94).

Considerato, pertanto, che la procedura prevista dalla legge n. 133/99 non fa altro che confermare le procedure già previste dalla precedente normativa di cui alla legge 549/95, dichiarata incostituzionale, deve rimettersi alla Corte Costituzionale la questione di legittimità della nuova normativa che nella sostanza viola il giudicato costituzionale confermando disposizioni dichiarate illegittime. Infatti la modifica legislativa, oggetto di esame, prevedendo una procedura di selezione interna con una riserva di posti per il personale esterno alla pubblica amministrazione nella misura del 30%, appare in contrasto con i principi costituzionali di concorsualità (art. 51), di parità di trattamento (art. 3) e di buon andamento ed imparzialità dell’Amministrazione tramite la scelta del migliore (art. 97).

Così come la previsione della possibilità per tutto il personale interno di partecipare ai corsi di riqualificazione pur non avendo svolto, neppure di fatto, le mansioni superiori, appare in contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost., in quanto crea una ingiustificata disparità di trattamento tra personale interno ed esterno, mentre, d’altro canto, consente l’accesso alla qualifica superiore a coloro i quali non solo non hanno mai svolto mansioni superiori, ma non hanno nemmeno il titolo di studi richiesto per l’accesso a tale qualifica.

Appare, pertanto, non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della normativa in esame per contrasto con gli artt. 3, 51 e 97, primo e terzo comma, della Costituzione.

Va disposta, di conseguenza, ai sensi degli artt. 134 Cost., 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, oltre agli adempimenti di legge specificati in dispositivo.

P. Q. M.

il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Seconda, previa riunione dei ricorsi meglio indicati in epigrafe, dichiara rilevante e non manifestamente infondata per le ragioni di cui in motivazione la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 13 maggio 1999 n. 133 in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.

Sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 18 ottobre 2000 con l’intervento dei Sig.ri Magistrati:

Agostino    ELEFANTE                           Presidente

Domenico LANDI                                   Consigliere estensore

Francesco  GIORDANO                         Consigliere