A delegate e delegati RdB-PI
Ministero Finanze / Agenzie Fiscali
Alle colleghe e ai colleghi
“Verso un nuovo
contratto”
Le RdB-PI nel Settore
Finanze
1.
PREMESSA
Il
20 dicembre dello scorso anno nella riunione del Coordinamento Nazionale
RdB-PI Finanze, erano emerse chiare indicazioni riguardo all’atteggiamento da
assumere. In questi mesi le vertenze varate dall’Esecutivo sono state, a
seguito di tali indicazioni, diverse. Le questioni sono state volutamente
confuse e rinviate da un’Amministrazione che ha fatto del “prendere tempo” una
filosofia di gestione. Abbiamo ritenuto quindi necessario elaborare un
documento che riprenda tutte le tematiche affrontate nell’ultimo periodo, sia
per dare una veste organica al nostro intervento degli ultimi mesi, sia per
tracciare lo sviluppo del nostro intervento futuro – una sorta di bozza di
piattaforma rivendicativa e programmatica che potrà essere discussa e
modificata, oltre che da delegate e delegati RdB, da tutti i nostri iscritti
che vorranno contribuire alla discussione.
Sarà
infatti necessaria una nuova riunione del Coordinamento, da tenersi
immediatamente dopo l’estate, in cui, ovviamente, vanno coinvolti i delegati
delle Organizzazioni Sindacali affiliate , per farsi trovare pronti agli
appuntamenti contrattuali e, naturalmente a quello delle elezioni RSU, da cui
può derivare un maggiore peso delle nostre proposte al tavolo di trattativa
contrattuale.
E’
chiaro che ognuno dei punti evidenziati necessiterebbe di una ben più ampia
analisi, ma, come sempre accade, la necessità di essere più sintetici
possibile, ingenera carenze nell’esposizione.
Ci
scusiamo di questo e speriamo che tali carenze o imperfezioni possano essere
colmate e corrette nel dibattito che, siamo certi, questo documento aprirà in
tutti i posti di lavoro.
2.
ORA PIU’ CHE MAI
Le
Agenzie Fiscali sono una scelta dell’ex governo, una scelta appoggiata e voluta
da alcuni sindacati. Una scelta che noi abbiamo sempre giudicato negativamente,
sia nei confronti degli “utenti”, a cui non si garantisce più un fisco uguale
per tutti - se mai lo è stato - che nei confronti dei dipendenti, che, nel
processo meritocratico e privatistico, divengono sempre meno persone e sempre
più elementi del processo produttivo. L’applicazione delle scelte fa emergere,
purtroppo, la bontà delle analisi che le RdB fanno da anni, come vedremo. Il
nostro essere ai tavoli nazionali, oggi, assume quindi un’importanza maggiore
di quanto non fosse fino poco tempo fa. Importanza di facile comprensione, se
si pensa che il nostro essere “contro” ai processi in atto, ci consente di
affrontarne gli sviluppi dequalificanti e sconvolgenti, con quella coerenza e
determinazione che chi ha scelto di essere favorevole a tali processi,
ovviamente, non può manifestare.
Questo
vuol dire non andare in ordine sparso e non limitarsi, come facevamo all’inizio
della nostra esperienza sindacale, a “sparare a zero” su ogni cosa. Questo vuol
dire essere maturati, qualificare le nostre proposte e lavorare in maniera organizzata
per ottenere risultati reali per tutti.
Da
questo punto di vista, il bilancio degli ultimi anni è senz’altro positivo.
Siamo infatti riusciti ad imporre alcune tematiche importanti, obbligando
l’Amministrazione ad affrontare, seppur, come vedremo, con limiti ancora
evidenti, problemi che da sempre si frappongono al riconoscimento dei diritti
di lavoratrici e lavoratori. Le forti iniziative varate recentemente, di cui
parleremo nel dettaglio successivamente, hanno accelerato tale processo,
aumentando la sensibilità di tutti nei confronti di problemi che fino a “ieri”
nessuno vedeva e ponendo l’accento su tutte le contraddizioni che la gestione
pubblico/privatistica - varata dal Decreto Legislativo 29/93 e concretizzata
dagli ultimi contratti e dal passaggio ad Agenzie Fiscali – contiene in
maniera evidente. Proprio per questo è sempre più necessaria la continuità
tra l’intervento nazionale e quello locale, e viceversa. Il dialogo continuo
tra le due realtà ci consente infatti di inserirci in tali contraddizioni e
portare a casa risultati fino a poco tempo fa insperati.
3.
CONFLITTUALITA’ E NON CONCERTAZIONE
Circa
2000 iscritti nelle Agenzie Fiscali, diverse centinaia di posti di lavoro dove
esprimiamo delegati locali, contatti costanti con quasi tutti gli uffici,
significano un livello di intervento – e quindi una potenzialità di risultati
– che, come dicevamo, non era neppure ipotizzabile quando, pochi anni fa,
abbiamo accettato la sfida di ricreare le condizioni per fare sindacato.
Sfida
che si basa sul rigetto delle logiche di complicità, che la concertazione ha
istituzionalizzato, e sul mantenimento di un ruolo di chiara contrapposizione
con l’Amministrazione, portatrice di interessi diversi da quelli dei suoi
dipendenti. Una conflittualità costante, fatta, come dicevamo, non in modo
velleitario, ma con il ragionamento. Fatta non con estemporanee levate di
scudi, ma con un percorso di rivendicazione organizzato e cosciente della
realtà che ci circonda. Un percorso che tutti assieme dobbiamo costruire e
che tutti assieme dobbiamo gestire. La forza delle RdB-PI è quella di non
essere il sindacato dei “piaceri”, degli interventi “a latere” degli incontri
ufficiali, delle garanzie di “nicchie individuali”. Le RdB-PI sono il sindacato
dei “diritti” che può rivendicare grazie proprio alla propria
conflittualità che è garanzia di “non dovere niente a nessuno”…
4.
INFORMAZIONE
Ciò
su cui abbiamo fondato il nostro intervento sindacale è l’informazione su ciò
che accade. I delegati RdB-PI, a qualsiasi livello, non hanno “segreti” con le
lavoratrici ed i lavoratori, al fine di aumentarne la consapevolezza e
garantirne la partecipazione. Dobbiamo quindi fornire a tutti coloro che
volessero impegnarsi sul piano sindacale gli strumenti di analisi ed operativi
necessari. Un vero sindacato di base si costruisce solo attraverso la
diffusione di materiale informativo e strumenti di dibattito e confronto.
Aver
costruito a livello nazionale strumenti come il Sito Internet, il bollettino
IL SACCO BUCATO, la mailing list di posta elettronica attraverso la quale
giungiamo ormai in quasi tutti gli uffici in tempo reale, è un primo passo, ma
non ancora abbastanza. Sollecitiamo quindi tutte le strutture a una maggiore
partecipazione a questi strumenti, perché possano essere più puntuali, nei
contenuti e nei tempi. Sollecitiamo
inoltre i coordinamenti regionali ad uno scambio più costante di documenti e
opinioni con il Coordinamento Nazionale.
5.
LE RICHIESTE E LE INIZIATIVE
A. IL
SALARIO
La
questione salario è stata individuata dalla Federazione di Pubblico Impiego
come vertenza chiave. La gestione di tale vertenza nella specificità del
Ministero delle Finanze/ Agenzie Fiscali non fa che confermare la bontà di
tale analisi.
La
vertenza sul salario si può dividere in quattro vertenze specifiche:
Ø la
prima, legata prevalentemente ai RINNOVI CONTRATTUALI BIENNALI, parte
economica, dove abbiamo dimostrato che la richiesta di 500.000 lire mensili,
non è richiesta velleitaria. E’ richiesta legittima, sia per l’adeguamento dei
nostri salari agli standard europei, sia per recuperare quanto nei terribili
anni ’90, gli anni della concertazione, è andato perduto in potere d’acquisto
dei nostri salari a seguito del disallineamento, peraltro in progressione
geometrica, tra aumenti corrisposti ed inflazione reale. Lo sciopero del 13
ottobre 2000, e quello del 7 dicembre 2000, hanno obbligato tutti i soggetti
sindacali a confrontarsi con quanto da noi affermato, ed aperto contraddizioni
molto forti tra chi, con la solita logica concertativa, ha sottoscritto accordi
a perdere a fronte di inflazioni più che doppie. E’ di ieri (25 giugno 2001)
l’ultima conferma di quanto diciamo. Il Governatore di Bankitalia ha, infatti,
affermato, che igli stipendi dei dipendenti pubblici devono aumentare ben al
di là dell’inflazione reale, per consentire un recupero economico e come
rilancio di un economia che sta vedendo una forte riduzione dei consumi… A proposito della sottoscrizione di accordi,
riteniamo che non dobbiamo farci intimorire o intorpidire da normative capestro
che, almeno in occasione dei contratti normativi, impongono la firma del
contratto anche a chi non è d’accordo con i suoi contenuti, pena la perdita di
ogni diritto sindacale. Riteniamo che, in questa ottica, la discussione sulla
firma o meno sotto un contratto che non condividiamo, sia, infatti, un falso
problema, una trappola, nella quale i nostri avversari cercano di farci cadere.
La chiarezza dei nostri contenuti deve essere espressa nell’attività quotidiana
e non può essere certo il momento, seppur simbolicamente importante, della
firma dei contratti, il tratto di qualificazione della nostra identità
sindacale. Non abbiamo sottoscritto il recente biennio economico, perché non
lo condividevamo, e perché questa scelta non comportava alcun danno, ma visto
che la contraddizione sui salari, oltre a quelle che evidenzieremo in seguito,
si aprirà sempre più, il nostro compito è quello di esserci e continuare,
coerentemente, sulla strada intrapresa.
Ø La
seconda, legata al SALARIO ACCESSORIO, parte dalla considerazione che,
non solo gli aumenti percepiti sono stati assolutamente insufficienti, ma che
buona parte degli stessi è finita nei fondi del salario accessorio, con la cui
gestione si premiano alcuni a discapito di altri, si incentivano mobilità,
sfruttamento di personale al di là delle loro qualifiche di inquadramento, al
di là dell’orario di lavoro ordinario.
Sul
salario accessorio la nostra richiesta è quindi quella di una sua
“storicizzazione”. Non accettiamo che il salario sia legato alla produttività.
Innanzitutto perché qualsiasi economista serio potrà confermare che in un tipo
di lavoro come quello Pubblico, il concetto economico di maggior redditività è
inapplicabile. In secondo luogo perché, comunque, ogni anno viene dato per
acquisito un aumento di produttività, sulla base dei parametri individuati ed
imposti dall’Amministrazione, e l’anno successivo, per accedere agli
“incentivi” la base di calcolo si sposta in avanti. Questo ha portato negli
ultimi anni ad un ulteriore impoverimento del salario base, spostando sempre
più in avanti, in termini di carichi di lavoro, la soglia per accedere al
salario accessorio.
Non
pochi sono i casi nei quali per riuscire a svolgere il lavoro minimo è
necessario, con ritmi eccessivi causa di pessima qualità, impegnare tutte le
36 ore lavorative e quindi, per poter accedere al salario accessorio, sempre
più indispensabile per tenere il più possibile allineato il salario al costo
della vita, si è praticamente obbligati ad ampliare il proprio orario di lavoro
– cosa che tra l’altro, crea un’inaccettabile discriminazione tra lavoratrici e
lavoratori, solitamente, per impegni familiari, più disponibili a farsi
“prendere” dal lavoro. Cosa che inoltre, è illegittima, perché conduce alla
distribuzione di soldi contrattuali con lavori “extracontrattuali”.
Una
considerazione va effettuata sulle cosiddette indennità per particolari
posizioni – pensiamo a sportelli, lavori disagiati e recentemente,
lettori ottici, call center, etc… Riteniamo che queste non possano non essere
corrisposte, ove concordate, e che quindi i ritardi nella loro corresponsione
non siano accettabili, riteniamo altresì che vada però superata la logica
dell’indennità per il lavoro svolto che consente un utilizzo flessibile del
personale senza nessun riconoscimento definitivo, ne economico ne giuridico
del lavoro svolto.
Rispetto
all’utilizzo del salario accessorio per favorire processi di mobilità –
costituzione di uffici unici e, recentemente, riallocazione del personale a
seguito della dismissione dei Centri di Servizio, inoltre, proprio perché
riteniamo che queste cifre siano, in sostanza, il recupero – parziale –
inflattivo di tutti, l’unica considerazione che possiamo fare è che è
eticamente inaccettabile che si utilizzino questi fondi per favorire processi
di riorganizzazione dell’Amministrazione.
Infine,
ma non meno importante delle precedenti considerazioni, va rilevato che
attraverso l’utilizzo del salario accessorio “salta” il concetto base del
rapporto di lavoro, ovvero della corrispettività, nel tempo e nella
quantità, tra lavoro svolto e relativo salario. Promettere incentivi per un
lavoro svolto, e garantirli solo per il raggiungimento pressoché totale degli
obiettivi, significa far lavorare il personale con il rischio di non vedersi
corrisposta alcuna cifra, oppure corrisposta in maniera non proporzionale al
risultato raggiunto e nella migliore delle ipotesi attribuita con oltre un
anno di ritardo. Questo fa si che sugli effettivi sviluppi della gestione del
salario accessorio, non sia possibile alcun controllo, con quello che ciò può
significare in tema di trasparenza ed equità di gestione.
A
seguito di tali considerazioni abbiamo varato alcune iniziative e
rivendicazioni che riassumiamo qui sommariamente, nei contenuti e nelle
motivazioni:
1. la
prima, propedeutica ad ogni sviluppo successivo, parte proprio dalle ultime
considerazioni effettuate pocanzi. In base alla legge 241/90 abbiamo infatti
formulato richiesta a tutti gli uffici di fornirci, o direttamente, o
tramite i nostri delegati di posto di lavoro, l’elenco delle attribuzioni
economiche di salario accessorio negli ultimi mesi. E’ un’iniziativa
importante, nella quale sollecitiamo i nostri delegati locali a “rilanciare”
verificando se la lettera è stata ricevuta e chiedendone la risposta al più
presto. Alcuni uffici ci hanno risposto, i più non hanno ancora dato alcun
cenno. Alcuni si barricano dietro la privacy, dimenticando che dal salario
accessorio non emerge alcun dato individuato come “sensibile” dalla legge …
Perché questa iniziativa è così importante? Innanzitutto perché attraverso
essa possiamo ripristinare – o creare in molti casi – quella trasparenza che
è necessaria nella gestione del salario accessorio. In secondo luogo, e
crediamo che questo sia il caso più frequente, possiamo dimostrare che la
gestione di queste quote di salario è talmente complessa da rendere quasi
impossibile alcun consuntivo completo. Potremmo dimostrare, qualora ci
venissero fornite una quota accettabile di prospetti, quanto ritardo c’è nella
corresponsione dei fondi e qualora questi vengano attribuiti, vedi indennità
e straordinari, ai singoli soggetti con continuità, anche che il salario
accessorio viene utilizzato non per retribuire situazioni di straordinarietà,
bensì situazioni ordinarie che non si vuole affrontare organicamente. Infine,
sarebbe semplice dimostrare, se messa questa richiesta in parallelo con altre
iniziative (vedi organigrammi degli uffici), che per molti colleghi la
corresponsione delle cosiddette indennità di posizione è talmente costante
da giustificare l’assorbimento in busta paga dell’indennità in oggetto, magari
con l’apposizione di una specializzazione a fianco del profilo professionale.
2. Richiesta
della 14^ mensilità, sia per analogia ai privati, sia come forma di
“storicizzazione” del salario accessorio. Questa richiesta può essere
effettuata in occasione di ogni contrattazione sul Fondo Unico di Amministrazione.
In un primo momento non è necessario che si chiami necessariamente 14^ mensilità,
ma è necessario che una quota, almeno equivalente ad un ulteriore stipendio,
venga attribuita a tutti i dipendenti del Ministero e delle Agenzie. In un
secondo momento chiederemo che tale quota venga estrapolata dal FUA per divenire
quota fissa dello stipendio. Sul piano economico ciò è fattibile perché una
quota, oltre il 50% dei fondi che formano il FUA sono cifre “fisse” e quindi facilmente
quantificabili in avvio di gestione. Per questo, da questi fondi, sarebbe
possibile, preventivamente, ricavare la 14^ mensilità. Stiamo conducendo
questa vertenza attraverso una petizione inviata in tutti gli uffici. Il cui
valore va al di là della contrattazione del Fondo Unico di Amministrazione.
Anche in questo caso sollecitiamo, innanzitutto i nostri delegati, ed in
secondo luogo, tutti coloro che ne fossero interessati a non lasciar cadere
la questione. Anche in questo caso la richiesta non è affatto velleitaria, se
vediamo che, seppur con tutti i difetti che non abbiamo certo evitato di rilevare,
negli ultimi due anni l’Amministrazione si è vista obbligata ad attribuire
“cifre fisse” del salario nel periodo estivo.
3. Gestione
Indennità di posizione. Come abbiamo già rilevato, in più di
un’occasione ci siamo trovati a rifiutare accordi che, dal FUA, corrispondevano
quote, anche abbastanza elevate, di salario accessorio a fronte di una
particolare prestazione lavorativa. I casi più eclatanti sono, seppur in
maniera diversa, quello degli addetti alla lettura ottica e quello degli
operatori dei Call Center. Nel primo caso, si è gestito un lavoro evidentemente
di qualifica superiore, attraverso un indennità giornaliera che veniva
garantita a chi effettuava il lavoro stesso, una sorta di aumento fuori busta,
che portava a percepire cifre analoghe a quelle del livello afferente al lavoro
da svolgere. L’anno dopo però l’Amministrazione ha scoperto le carte, trasformando
l’indennità in progetto. O si facevano abbastanza “pezzi” o venivano perduti
i soldi. Per quanto riguarda i Call Center, dipendenti di qualsiasi qualifica
devono svolgere lo stesso lavoro, a seguito di una selezione e accomunati da
un’indennità – anche in questo caso volatile, e comunque non corrisposta in
tempi “civili” - e senza prevedere
alcun riconoscimento professionale duraturo. La nostra posizione, ovviamente,
non intende rigettare il salario ma, vuole che lo stesso sia inserito in
busta paga, a riconoscimento della figura professionale che l’indennità va
a retribuire.
4. Salario
di produttività. Dopo aver utilizzato parte del salario per
costituire la 14^ mensilità, intesa, come visto, come “storicizzazione” dei
livelli di produttività base raggiunti, e restante quota per “storicizzare” le
indennità attraverso l’attribuzione di salario base corrispondente, riteniamo
che, anche in funzione del nuovo assetto contabile delle Agenzie, non siano più
proponibili quella miriade di progetti e progettini che da anni stanno
letteralmente massacrando gli uffici sia in termini di separazione tra
colleghi, sia in termini di interminabili trattative sindacali. Le singole
Agenzie, sottoscrivono una convenzione con il Ministero delle Finanze. In tale
convenzione sono presenti anche i fondi incentivanti attribuiti all’Agenzia
in caso di raggiungimento di obiettivi globali. L’ipotesi è chiara. Se gli
obiettivi secondo i quali si matura il salario accessorio sono generali, non è
accettabile che gli incentivi creino forti discriminazioni. In sostanza, se
l’Agenzia raggiunge un premio, a questo premio tutti devono accedere in maniera
equa (sulla base delle presenze, ad esempio). Niente più progettini.
Provocatoriamente, usando i termini del nostro avversario, potremmo dire che
avremmo un unico grande obiettivo aziendale, raggiunto il quale, tutti coloro
che fanno parte dell’azienda, devono essere premiati con un premio di
produttività collettivo.
Ø Una
questione legata al salario è quella dell’ INDENNITA’ DI AMMINISTRAZIONE.
In questo caso la nostra rivendicazione è stata, ed è, quella di ottenere una
perequazione tra le diverse indennità presenti nel nostro Ministero. Posizione
che è stata confermata da diverse leggi, vanificate poi nella loro
applicazione, come del resto abbiamo sempre denunciato, e che oggi, trova
ancora maggior forza nell’inserimento di tutto il personale del Ministero in
un “ruolo unico” da cui è distaccato alle singole Agenzie. Al tavolo dell’ARAN,
in nostro intervento va in tale direzione da tempo, e, va detto, nell’ultimo
periodo, questa contraddizione sta divenendo così evidente da non poter più
essere ignorata. Siamo certi che, in qualche modo, sarà affrontata nei prossimi
tempi. Vorremmo trovarci nelle condizioni di imporre il nostro punto di vista a
riguardo.
Ø L’ultima
vertenza si interseca con quanto diremo successivamente sui diritti. La
battaglia sul salario diviene a tutto tondo nel momento in cui oltre al salario
diretto – di cui abbiamo trattato finora – si discute di SALARIO INDIRETTO.
E qui possiamo parlare di Buoni pasto, incredibilmente fermi come
valore da anni; di servizi o contributi per la gestione dei figli che
l’Amministrazione deve attivare; di recupero dell’indennità di amministrazione
per le malattie inferiori ai 15 giorni; di ampliamento dell’ipotesi delle 150
ore per formazione a corsi professionali esterni finanziati dall’Amministrazione;
di assicurazioni, a carico dell’Amministrazione su eventuali errori dei
propri dipendenti; ma grande importanza riveste, la salvaguardia di quanto
maturato nel nostro Fondo di Previdenza, di fronte agli attacchi di chi
vorrebbe impadronirsene per farne fondi pensione integrativi. Questo ci porta
ad un'altra importante questione che ci accomuna con gli altri lavoratori.
Operazioni come quella che stanno cercando di fare con il fondo di Previdenza
delle Finanze, trovano la loro giustificazione in un meccanismo semplice. Gradualmente
viene smantellato il sistema pensionistico e si dice a chi lavora che la sua
pensione non sarà sufficiente, ragione per cui ogni forma di risparmio deve
essere convertita in Fondi Pensione… Per quanto riguarda il Fondo di
Previdenza, abbiamo dichiarato lo stato di agitazione del personale, e
abbiamo raccolto migliaia di firme che richiedono la liquidazione del Fondo
agli aventi diritto. Per ragioni di brevità, abbiamo citato solo gli elementi
più importanti certi che il dibattito troverà altri elementi di rivendicazione
per ampliare la nostra piattaforma contrattuale e da porre all’ordine del
giorno come “problemi da risolvere”.
B. L’ORDINAMENTO
PROFESSIONALE
Su
tale questione le RdB, riteniamo, senza false modestie, possono rivendicare una
delle loro più importanti vittorie. All’inizio del 1995, noi facevamo sciopero
sull’ordinamento professionale. Nel 1996, noi andavamo a Ginevra per denunciare,
all’Istituto Lavoro delle Nazioni Unite, lo sfruttamento che nel Pubblico
Impiego, il Governo italiano faceva dei propri dipendenti attraverso il
fenomeno del mansionismo. Nessuno allora prendeva in considerazione il problema.
Poi, improvvisamente, il tema è apparso sui “taccuini” di tutti tanto è vero
che in tutti i contratti integrativi è stata varata, seppur con molti limiti,
che analizzeremo in seguito, una sorta di procedura di progressione di
carriera. Tanto è vero che nelle Fiinanze, negli ultimi anni, si è dato luogo,
vedremo come, alle cosiddette procedure di riqualificazione. Come già detto
per il salario, è qualcosa aver imposto, con la nostra coerenza di anni, i
terreni di discussione, ma non è abbastanza e quindi dovremmo continuare ad
impegnarci in tale direzione al fine di ottenere i risultati sperati. Vediamo
sommariamente le situazioni in gioco:
B.1 RIQUALIFICAZIONE (ex legge Finanziaria 1995)
Nelle
Finanze il processo di riqualificazione è in piedi da anni. Ricordiamo che, in
occasione degli incontri, che nel 1996 precedettero il primo bando di concorso,
avevamo rilevato che la similitudine con bandi analoghi che pochi mesi prima
erano stati bloccati con ricorso al Ministero di Grazia e Giustizia, mettevano
a rischio la procedura. Avevamo addirittura ipotizzato una sorta di disegno a
fallire. Qualcuno aveva pensato che eravamo visionari. Ma, purtroppo, così non
era. Dopo pochi mesi, a concorsi varati, un insidioso ricorso veniva accolto
dalla Corte Costituzionale che tacciava i concorsi di anticostituzionalità.
Tutto da rifare. Ma anche questa volta, nonostante le richieste di RdB di
modifica dei profili professionali e reinquadramento del personale, senza
procedure concorsuali, e quindi di fatto a riconoscimento delle reali
mansioni svolte, venivano ritoccati i numeri dei posti disponibili con alchimie
numeriche che alla fine del percorso (che però, come vedremo, non è ancora
finito) hanno messo a disposizione meno della metà dei posti iniziali. Venivano
cambiate le procedure, rendendole più concorsuali e mettendo, come sta accadendo,
assolutamente nel vago, il momento del nuovo inquadramento. Insomma un
pastrocchio tale che il TAR con un’ordinanza di fine 2000, afferma che la
anticostituzionalità della procedura non è stata superata e rimette la
patata bollente alla Corte Costituzionale. Oggi è tutto fermo. I nostri
colleghi hanno partecipato a una “gara a premi” incredibile, con diverse prove,
senza regole chiare, con testi di studio sbagliati, con l’obbligo di partecipare
a lezioni fuori dall’orario di lavoro e si sono dovuti sottoporre ad un esame
finale in cui, spesso, sadici presidenti di commissione hanno falcidiato i
partecipanti, noncuranti di avere di fronte colleghi che da molti anni
svolgevano i compiti dei quali aspiravano ad un naturale riconoscimento.
I
colleghi hanno però vissuto la riqualificazione, come il meno peggio,
partecipando alla procedura e “difendendo coi denti” l’osso che gli avevano
buttato. Sia chiaro, con questo non vogliamo dare alcun giudizio di merito,
anzi, date le condizioni, e dato il coro di tutti coloro che affermavano che
questa era l’unica strada possibile, crediamo che i colleghi non avrebbero
realmente potuto fare altrettanto. Abbiamo denunciato a lungo le diverse
situazioni, ma è stato impossibile, proprio per quanto dicevamo pocanzi, varare
una vera e propria vertenza sulla questione. Vertenza che corresse il rischio
di bloccare tutte le procedure. Ora, l’ordinanza del TAR di cui prima,
paradossalmente, conferma la nostra ipotesi, ovvero che una procedura non
concorsuale, o quantomeno legata, come dovrebbe essere al riconoscimento delle
mansioni svolte, non sarebbe stata anticostituzionale. Insomma il rischio è
che la procedura, nonostante tutto, salti, perché non è stata fatta come
chiedevano le RdB.
E’
chiaro che chiediamo – e ci auspichiamo -
una “soluzione politica” al problema riqualificazione, che garantisca
chi la riqualificazione l’ha fatta, ma, nel caso ciò non accada, pretenderemo:
a) il
pagamento dei danni subiti (si pensi che la procedura è stata finanziata con il
Fondo di Previdenza)
b) il
recupero delle ore “regalate” all’Amministrazione
c) l’immediato
inquadramento di coloro che la riqualificazione l’hanno superata nei livelli
di loro diritto, sulla base, non delle procedure concorsuali, ma del riconoscimento
delle mansioni svolte
d) l’apertura
di questa procedura a tutti, con la revisione dei profili professionali che individuino
più posti nei livelli superiori – in attuazione di quanto accade nella realtà.
B.2.
PASSAGGI TRA LE AREE E NELLE AREE
Come
dicevamo, la nostra battaglia, solitaria, sull’ordinamento professionale, ha
portato al varo di procedure che, in qualche maniera, vanno nella direzione
da noi richiesta. Sia nell’ultimo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, che
nei Contratti Integrativi, infatti si è introdotta la possibilità di sviluppi
interni di carriera, che in molti ministeri vengono chiamati appunto riqualificazione,
inducendo ad una qualche confusione con la Riqualificazione effettuata alle
Finanze. Fatto questo, che riteniamo positivo, innanzitutto sul piano del
riconoscimento dell’analisi che avevamo effettuato con la nostra pluriennale
battaglia, in secondo luogo perché, seppur con tutte le parzialità che vedremo,
finalmente è stato introdotta una procedura di sviluppo di carriera. E’ ovvio
che, se tali procedure seguono modi e tempi della Riqualificazione di cui
abbiamo parlato prima il nostro giudizio non può che essere negativo. Oggi
vediamo, molto lentamente, mettere a concorso posti che non esistono più, vediamo
varare procedure paraconcorsuali per coprire profili professionali
inesistenti, quando sarebbe bastato dire, ad esempio, che l’organizzazione del
lavoro per processi, riduce le figure professionali, aumentando la polivalenza
degli operatori. Anzi, questo viene detto, ma secondo l’amministrazione questo
porta a figure poco qualificate, interscambiabili e alle quali al limite viene
concessa temporaneamente un’indennità per il lavoro svolto. Noi riteniamo, al
contrario, che la plurifunzionalità sia di fatto una plurispecializzazione e
che a questa debba corrispondere come diritto un livello di inquadramento
idoneo. Senza procedure concorsuali e simili. E’ ovvio che, data la condizione
attuale, noi tenderemo a questo risultato e non è detto che, grazie alla
crescita di iscritti e consensi che stiamo registrando, in tempi più o meno
brevi non riusciremo a raggiungerlo.
B.3.
POSIZIONI SUPER
Un
discorso a parte meritano le posizioni super, che noi, proprio in ottemperanza
al discorso di cui sopra, abbiamo sempre rifiutato concettualmente.
Con esse infatti si aumenta la distanza tra il lavoro effettivo e la sua
rappresentazione sotto il piano retributivo. Ripetiamo, ad un lavoro
polispecializzato, non possono corrispondere così tante frammentazioni
dei livelli retributivi. Siamo al paradosso, e lo stiamo dimostrando con
l’iniziativa di cui parleremo nel paragrafo successivo, di vedere negli uffici
più livelli economici di inquadramento che funzioni effettivamente svolte.
Inaccettabile. Ancora più incredibile se si vanno a verificare le procedure
che per queste cose si mettono in campo. Procedure farraginose, piene di falle
e che sono soggette a migliaia di ricorsi. Un modo per cambiare tutto senza
cambiare niente. Vogliamo inoltre far notare quanto l’introduzione delle
posizioni super, che non ha, come abbiamo visto, alcun senso nell’ambito
dell’organizzazione del lavoro, sia invece strumentale ad una altra
prospettiva: quella del trasferimento di funzioni e personale agli enti
locali. Nel contratto Enti Locali, infatti, i livelli di iquadramento sono
maggiori di quelli del comparto ministeri. L’introduzione di nuovi livelli
super colma questo gap rendendo automatica la conversione di livello. Questo è
il vero motivo delle posizioni super.
B.4
GLI ORGANIGRAMMI DEGLI UFFICI
Fino
ad ora abbiamo snocciolato tesi, secondo noi incontrovertibili, ma che
necessitano, ci rendiamo conto di un supporto di analisi che le renda
accettabili e praticabili. Per questo motivo, abbiamo, come per il salario accessorio,
lanciato un iniziativa, che invitiamo tutte le strutture a rilanciare, riguardo
alla organizzazione degli uffici. Un ventaglio di livelli retributivi così
ampi, una così vasta foresta di profili professionali, farebbe intendere, come
dicevamo, una complessa organizzazione del lavoro. I primi risultati della
nostra richiesta, invece, dimostrano quanto gli organigrammi siano semplici,
cumulandosi più funzioni sui singoli dipendenti, i quali, come dicevamo
finora sono plurispecializzati e coprono, gli Uffici delle Entrate, ne sono
l’esempio più eclatante, non più di 4 o 5 macrofunzioni – o, come dicono quelli
bravi, processi operativi. L’importanza della richiesta degli organigrammi
degli uffici sta qui. Nella possibilità di dimostrare che ragionare con 7/11
livelli retributivi non ha senso, che varare passaggi di livello in questo
quadro è solo un modo per rallentare la carriera dei dipendenti. Il quadro
della situazione che emerge dice che i livelli retributivi devono essere
pochi e schiacciati verso l’alto, dato il grande livello di adattamento –
allargamento - funzionale e professionale che viene richiesto.
Nell’organizzazione del lavoro che emerge si verifica che non ha alcun senso
l’Area A… anche questo, nostro “cavallo di battaglia”, tanto che per lungo
tempo siamo stati identificati come il sindacato dei III livelli…Nel quadro
che emerge diviene addirittura superflua l’Area B. Tutto, o quasi, il personale
svolge già oggi funzioni tali da poterlo inquadrare tranquillamente
nell’attuale area C. Le diverse indennità devono divenire, in questo
quadro, e qui riprendiamo quanto detto precedentemente, parte integrante
dello stipendio divenendo indennità di specializzazione, preventivate
e pagate in tempo reale.
C. I
DIRITTI
Oltre
a quanto già detto nei diritti che si possono configurare come salario
indiretto – vedi sopra – un capitolo a parte meritano questioni come
l’applicazione della Legge 104/92, soprattutto alle Entrate, e della Mobilità
del personale. E’ oggi inaccettabile che si antepongano strumentali
questioni di organici all’applicazione di una legge dello stato che tutela i
portatori di handicap e i loro familiari. E’ altrettanto inaccettabile che
l’Amministrazione intenda far passare una fase di riforme sulle spalle di chi
lavora, attraverso l’introduzione di procedure di mobilità. Diversi mesi, è
stato varato un accordo sulla stabilizzazione dei permessi e dei distacchi, accordo
che, forse sbagliando, abbiamo sottoscritto proprio per creare un precedente.
L’Amministrazione infatti ha, al di là di ogni ragionamento sugli organici
trasformato in trasferimenti, migliaia di posizioni sospese e sospette. Perché
diciamo che forse abbiamo sbagliato? Perché, visto che il nostro fine non era
certo quello di favorire alcuno, non siamo stati in grado di sollevare la
contraddizione di cui sopra al punto tale di ottenere il riconoscimento del
diritto a spostarsi, ove questo necessario per la tutela di familiari, o a non
spostarsi ove questo necessario per il mantenimento di nucleo familiare,
affetti, legami…
Oggi
ci troviamo di fronte ad un amministrazione che, seppur in assenza di piante
organiche, continua a parlare di carenze o esuberi per impedire l’assistenza
dei portatori di handicap, e che continua a parlare – vedi la costituzione degli
uffici unici o la questione relativa ai centri di servizio, o la suddivisione
tra demanio e territorio – di necessità di incentivare il personale a
spostarsi.
Approfittiamo
di questo spazio per ricordare che i regolamenti delle Agenzie, introducono, e
questo è sospetto oltrechè pericoloso, la possibilità per le Agenzie stesse di
attivare la mobilità d’ufficio. A tal riguardo va sollevata una questione,
che non è, come appare, di lana caprina.
Nell’ambito
della recente contrattazione sui Centri di Servizio, la delegazione RdB ha
formulato richiesta di inserimento di una clausola di salvaguardia rispetto
alla mobilità d’ufficio.
Ci
è stato risposto che la mobilità d’ufficio non si è mai fatta e mai si farà. E’
un falso, una interpretazione in cui non bisogna cascare. L’Amministrazione
infatti confonde le carte. Sembrerebbe che, secondo loro, la mobilità d’ufficio
sia solo quella in cui, senza avvisare nessuno, da un giorno all’altro un
dipendente viene trasferito da un ufficio all’altro. Sorvolando sul fatto che
anche questo è accaduto, molto spesso è accaduta la mobilità d’ufficio
contrattata, in cui l’amministrazione chiede personale in un ufficio e i
sindacati trovano delle regole per obbligare qualcuno ad andarci.
Anche
questa è mobilità d’ufficio e l’abbiamo vista nella costituzione degli Uffici
Unici dove in molti casi siamo riusciti ad ottenere distacchi a termine, ma in altri
abbiamo visto il trasferimento dei “disgraziati” che avevano meno titolo per
non spostarsi. E’ chiaro che, a parte un dibattito aperto sulle piante
organiche, in cui, per ovvie ragioni l’amministrazione tende al ribasso, la
politica di livellamento negli uffici, secondo noi non può essere fatta con la
mobilità del personale, ma con una politica di assunzioni e blocco del
turn-over e di trasferimento di funzioni (tramite gli strumenti informatici)
da uffici considerati carenti a uffici considerati in esubero. Per quanto
riguarda l’assenza delle professionalità specifiche, che spesso è stata scusa
per i trasferimenti, in un’azienda che si rispetti un piano di riorganizzazione
deve essere affiancata da un’attenta analisi dei bisogni che si creano
sul piano professionale e corsi di formazione (veri) che vanno a
soddisfare tali bisogni. Tutto il resto è arrangiarsi clamorosamente sulle
spalle di chi lavora.
E
poco ci interessa la monetizzazione del disagio, certo, un palliativo, ma
inaccettabile se effettuata con soldi, come il Fondo Unico di Amministrazione,
già dei dipendenti per contratto.
Nella
sezione relativa ai diritti trova inoltre spazio il DIRITTO AL POSTO DI
LAVORO, qualificato come dicevamo precedentemente, retribuito come
dicevamo precedentemente… ma che ci sia.
Appare
un discorso paradossale, per molti di noi, fino a poco tempo fa un discorso
fantascientifico. Ma l’operazione Agenzie Fiscali, nei primi mesi di vita sta
già sviluppando le negatività che intravedevamo nel percorso. Anche in questo
caso, oggi, non ha più significato, affermare “l’avevamo detto” o accusare chi
questo percorso lo ha appoggiato, ci ha creduto e lo ha propagandato – ci
verrebbe da dire contrabbandato - tra lavoratrici e lavoratori. Oggi,
purtroppo, ha significato opporsi a tali processi. Processi che ci parlano di esternalizzazione
e privatizzazione dei servizi. La recente, e non ancora risolta questione
della Società Mista con i servizi catastali potrebbe addirittura saltare il
passaggio agli enti locali per consegnare direttamente ai privati la gestione
della fiscalità locale. Migliaia di lavoratori si vedrebbero espropriati
delle loro funzioni che verranno attribuite a società esterne, le quali, nella
migliore delle ipotesi potranno assorbire parte del personale, o anche tutto,
ma con un contratto non più pubblico ma privato…
La
riforma delle AGENZIE, ma più in generale le riforme dei ministeri, si
basano su un concetto, che come abbiamo visto, è inaccettabile sul piano
dell’economia. Tutte le riforme servono per migliorare l’economicità dei
risultati. Per far questo, e qui i discorsi si collegano tra di loro, giudicano
il nostro lavoro sulla base di parametri virtuali di produttività (sulla base
dei quali vogliono anche pagarci il salario accessorio). Perché diciamo
virtuali? Perché in un lavoro in cui non è possibile calcolare la redditività
– fatta anche di servizi non monetizzabili, e del ruolo di deterrenza –
l’unico modo per incidere sull’utile è ridurre i costi… e i costi siamo noi.
6.
DEMOCRAZIA E RSU
Nel
prossimo autunno si dovrebbero tenere le elezioni RSU. Le RdB si stanno
impegnando affinché questo appuntamento non sia solo di circostanza. Pur senza
approfondire troppo l’analisi sulla questione, è risultato chiaro agli occhi di
molti, che il peso concesso alle singole RSU è stato molto limitato. In
sostanza la moltiplicazione dei livelli di contrattazioni “superiori” agli
uffici sedi di RSU ha tolto a queste ogni reale possibilità di contrattare
miglioramenti, economici e normativi per i colleghi.
Le
RSU sono state studiate per applicare negli uffici quanto deciso da altri. Non
a caso, infatti, si è introdotta nel contratto la possibilità da parte delle
Organizzazioni Sindacali territoriali di partecipare alle trattative, e non a
caso, seppur fosse stato espressamente richiesto da RdB, eventuali conflitti
di decisione tra sindacati e RSU non sono stati regolamentati.
Oggi,
quello che noi vediamo, anche nel quadro della devolution o federalismo, di
cui molti, di tutti gli schieramenti politici, si riempiono la bocca, è una
sempre maggiore regionalizzazione delle trattative. Nelle Finanze questo
accade da tempo. I tavoli regionali e compartimentali sono un ulteriore filtro
all’attività sindacale delle RSU.
In
sostanza, sebbene la legge preveda solo due livelli di contrattazione, alle
Finanze, questi si sono moltiplicati, se il primo livello di contrattazione
rimane quello all’ARAN del Comparto ministeri, nel nostro caso c’è il Contratto
Integrativo delle Finanze, le contrattazioni di agenzia (ex dipartimento), le
contrattazioni regionali e/o compartimentali e, finalmente il posto di lavoro…
è chiaro che in questo caso la democrazia viene forzata in direzioni obbligate
che dall’alto, con opportuni aggiustamenti impongono ai posti di lavoro, alla
base, scelte e atteggiamenti.
Noi
vogliamo valorizzare le RSU, ed essendo contrari alla regionalizzazione
dei contratti, richiediamo con forza il superamento del livello regionale,
illegittimo sul piano normativo e inopportuno sul piano della vertenzialità.
L’esperienza
ci ha infatti insegnato che, nei casi in cui esistano strutture con un forte
livello di conflittualità, il livello di trattativa decentrato regionale serve
il più delle volte ad “assorbire” ed “annacquare” tale conflittualità in un
livellamento degli uffici.
Noi
riteniamo che le RSU debbano prendersi ciò che gli è proprio… il diritto di
sviluppare il contratto decentrato. Per questo d’ora in poi
affermeremo che l’unico ambito legittimato a discutere di questioni di
salario, di orario, di diritti in genere è il singolo posto di lavoro e useremo
ogni spazio di contrattazione altro per esaltare le scelte dei posti di lavoro
piuttosto che mortificarle in un quadro globale. Invitiamo quindi tutti i
delegati che avessero atteggiamenti diversi a ripensare le loro modalità di
intervento mettendo il confronto con le singole strutture al centro della
propria attività sindacale.
7.
CONCLUSIONI
Nella
rilettura di questo testo, ci siamo resi conto che molte sono le responsabilità
che abbiamo come organizzazione sindacale, vuoi per carenza altrui, vuoi per la
sfiducia che nei posti di lavoro vi è verso tutto ciò che è sindacato.
Le
questioni in gioco sono talmente tante ed importanti che l’unico modo che
abbiamo per affrontarle è quello di rendere il più possibile partecipi
lavoratrici e lavoratori, assumendo un atteggiamento responsabile nei confronti
delle vertenze in corso, non lasciandosi sfuggire i momenti in cui le contraddizioni
divengono più stridenti ,
con la coscienza che, se facciamo questo, possiamo avere un ruolo determinante
nell’evoluzione delle questioni sindacali.
L’invito
è, non solo quello di informare tempestivamente i colleghi di ciò che accade,
ma di invitarli a partecipare in prima persona alla costruzione e
all’evoluzione non burocratica del sindacalismo di base.
In
questo modo, i risultati parziali che fin qui abbiamo ottenuto potranno
svilupparsi ulteriormente e divenire base solida da cui partire per un reale
miglioramento delle condizioni di lavoro.
Roma,
26 giugno 2001
Esecutivo
Nazionale RdB-PI Settore Finanze