Il sacco bucato n.10/2001

25 settembre

In questo numero:
Memoria corta?
 
Demanio, si delinea il futuro
 
Dogane. Cosa c’è dietro l’angolo?
 
Fondo Unico di Amministrazione 2000. Dove sono i nostri soldi?
 
Riqualificazione, livelli super, passaggi tra e nelle, aree: disastro su tutta la linea.
 
Elezioni RSU: si stanno definendo le sedi e i numeri dei delegati
 
Verso il nuovo contratto (2) : il diritto alla tutela della salute è uguale per tutti?

Memoria corta?

Bassanini, CGIL, CISL e UIL si sono schierati contro il disegno di legge che il Governo ha presentato la scorsa settimana riguardante la sostitu­zione dei dirigenti da parte dell’Esecutivo. Per Bassanini, «i dirigenti sa­ranno ormai alla mercè dei partiti politici», ora che con questo ddl «l'o­biettivo dell'occupazione delle istituzioni ha evidentemente prevalso sul­l'interesse del paese». E’ vero. L’unico problema è che il disegno di legge attualmente in discussione è l’evoluzione di quanto già scritto nel Decreto Legislativo 80/1998, varato dallo stesso Bassanini. Il meno peggio che prepara al peggio. CGIL, CISL e UIL, allora, non avevano giudicato negati­vamente il meccanismo dello spoil-system – con cui si posizionano “nei ruoli chiave dello Stato personalità culturalmente e politicamente più «omoge­nee»” (La Stampa 22/9/2001). Non ci stupisce l’indignazione di Bassanini, che nei suoi anni di “regno” non si è dimostrato assolutamente avaro di provvedimenti antidemocratici e nepotisti e, quindi, non può che essere infastidito se qualcuno usa le sue armi contro di lui e i “suoi scudieri” – anche ai ver­tici delle Agenzie Fiscali? Le Rappresentanze sindacali di base, nel 1998, avevano denunciato questo meccanismo – alcuni ricorderanno un nostro intervento, all’epoca, contro Bassanini, nella trasmissione televisiva “Milano-Italia”. Le nostre proteste e considerazioni erano rimaste isolate. Oggi GCIL, CISL e UIL non perdono l’occasione per di­mostrare, ancora una volta, che il loro giudizio si modifica a seconda di chi è il “padrone”. Solo l’indipendenza da questi meccanismi è garanzia di coerenza dei giudizi e di vera tutela delle fasce sociali più deboli: le lavoratrici, i lavoratori, e chi un lavoro non lo ha.

Robespierre

Demanio, si delinea il futuro

Si dice “cartolarizzazione e varo dei fondi immobiliari”, significa vendita, attraverso le banche, di tutto il patrimonio immobiliare dello Stato. In cinque anni si prevede. Il nostro Ministro Tremonti, prodigo di buone idee, con un Decreto Legge (varato il 21 settembre scorso) ha pensato così di raggra­nellare i soldi per fronteggiare parte delle promesse elettorali, rese ancora più difficili dalla terri­bile situazione internazionale, che richiederebbe, sempre secondo di­chiarazioni del Governo, circa 3000 miliardi di investimenti immediati in materiale bellico. A parte il giudizio negativo sulla alienazione di tutti i beni dello Stato, siamo scettici ri­spetto a questa operazione almeno per altri tre motivi: 1) il tramite delle banche per l’operazione corre il rischio di favorire grossi poteri economici – alcuni dei quali ben rap­presentati ai vertici del nostro Go­verno - che potranno fare man bassa del patrimonio immobiliare; 2) per gli inquilini, che, salvo eccezioni - spesso indicate come regole pro­prio per sottolineare la necessità della privatizzazione del settore - appartengono a fasce sociali deboli: lavoratori, pensionati, disoccupati che si troveranno di fronte a pro­prietari certo meno accondiscen­denti dello Stato; 3) infine, ma non meno importante, per i 1.605 dipen­denti dell’Agenzia del Demanio, che fra cinque anni si troveranno senza lavoro. Si procede a grandi passi verso la distruzione del Pubblico Impiego, e quindi lo smantellamento dello stato sociale che ha avuto ini­zio nel 1992 – dalla legge delega 421/92 - e che ha visto tutti i ver­tici politici degli ultimi dieci anni procedere (spesso con la complicità di quelli che si autodefiniscono “no­stri rappresentanti”) in maniera, più o meno veloce, ma sempre nella stessa direzione…

Dogane. Cosa c’è dietro l’angolo?

Se Sparta piange, Atene non ride. Anche per le Dogane si ipotizza lo “spezzatino”. Leggete cosa dice il nostro facondo Ministro. Si tratta di un estratto da “Milano-Finanza” del 4 settembre u.s. “Per quanto riguarda l’Agenzia delle Dogane, il governo punta sul fatto che tra presto sarà inutile. Infatti, sa­rebbe in cantiere l’istituzione di un organismo unico per le do­gane a livello europeo e sarebbe intenzione del Governo cancel­lare al più presto questo organi­smo. Insomma, l’intento chiaro dei Ministri Frattini e Tremonti è quello di ridimensionare strutture che non si ritengono utili”. Cre­diamo che ogni commento sia super­fluo.

Fondo Unico di Amministra­zione 2000. Dove sono i nostri soldi?

Prima dell’estate ci avevano pro­messo che avrebbero distribuito 2.700.000 lire (lorde) ad ognuno di noi come “acconto” del Fondo Unico di Amministrazione del 2000. Viene spontanea la considerazione, già fatta su analoga promessa rispetto al FUA 1999, che è veramente pa­radossale, un ossimoro, parlare di acconto di soldi del 2000 distribuiti dopo la metà dell’anno successivo. L’Amministrazione richiede il ri­spetto degli obiettivi e ci impone ritmi sempre più frenetici promet­tendoci in cambio soldi che ci con­segna solo anni dopo. La gestione di questi fondi, quindi, diviene sempre più oggetto di discriminazioni for­tissime tra il personale. Un sistema che le Rappresentanze sindacali di Base hanno sempre contestato, di­mostrando a più riprese, con i fatti, che i singoli Uffici, nella maggior parte dei casi, non sono neppure in grado di fornire i dati sull’utilizzo di tali fondi. Un sistema che va as­solutamente rivisto nel prossimo contratto. Ma che fine hanno fatto i 2.700.000 promessi? Si sono persi per strada. L’amministrazione, in­terrogata sulla questione, non rie­sce a fornire tempi certi. Verrebbe da ipotizzare che qualcuno – i sin­dacati che,  pochi mesi fa, avevano sottoscritto l’accordo che parlava dei 2.700.000 - intendeva strumen­talizzare l’arrivo di quei fondi in chiave propagandistica. Far arri­vare soldi negli uffici è sempre una mossa vincente, e ricordiamo che a Novembre ci sono le elezioni RSU. In tal caso ci saremmo trovati di fronte a un “incidente di percorso”, che dimostrerebbe quanto quelle sigle sindacali siano impegnate a macinare discorsi ideologici senza alcun contatto con la realtà. Ricor­derete, infatti, che le Rappresen­tanze sindacali di base si sono ri­fiutate di firmare l’accordo sui 2.700.000 perché era una coda, pe­ricolosa, di un accordo precedente, quello già citato sul FUA 1999 (i tre milioni). L’accordo del giugno 2001 prevedeva, infatti, che con parte dei 2.700.000 si dovessero congua­gliare eventuali situazioni di debito che, l’applicazione degli accordi sull’utilizzo del FUA avessero fatto emergere rispetto all’acconto cor­risposto sui fondi del 1999. Una vera follia. Perché assecondava una volta di più – in verità c’è una forte condivisione ideologica – l’Amministrazione nella sua scelta di distribuire fondi solo sulla base di meccanismi sperequativi. Insomma, era un escamotage per il quale i di­pendenti, come sempre male infor­mati, non avrebbero dovuto accor­gersi, se non in alcuni casi, della sperequazione che si era giocata sulla loro pelle. A questo punto sono entrati in gioco due altri fattori. Il primo, è, in caso di applicazione ri­gida degli accordi nazionali, la enorme diffusione di posizioni debi­torie, rispetto ai fondi 1999 distri­buiti in acconto. Il secondo è una nuova consapevolezza dei dipen­denti, che, non appena vengono in­formati su ciò che accade, e questo è quello che noi cerchiamo di fare, dimostrano di non essere quella massa di caproni ignavi che molti vorrebbero. La liquidazione dei 2.700.000, se effettuata a congua­glio e senza correttivi in quella di­rezione che noi indichiamo da tempo, ovvero la garanzia per tutti  di una quota fissa di salario acces­sorio (14^ mensilità) diviene un bo­omerang, rendendo evidente agli occhi di tutti, proprio a ridosso delle elezioni RSU quanto determi­nate scelte siano sbagliate. Qual­cuno dovrà spiegare perché si è scelto di utilizzare dei soldi di tutti per retribuire produttività e posi­zioni di lavoro che spesso prescin­dono dalla volontà (buona, aggiunge­remo noi) dei dipendenti e vengono attribuite su basi casuali (o clien­telari) a seconda del lavoro e degli incarichi assegnati dai singoli diri­genti.

Riqualificazione, livelli super, passaggi tra e nelle, aree: disastro su tutta la linea.

E’ ufficiale, slittano i termini della presentazione delle domande per i passaggi tra, e nelle, le aree. La nuova data è il 22 ottobre. L’Amministrazione non riesce a ge­stire le mille contraddizioni che sono insite nella gestione schizo­frenica ed irreale della progres­sione di carriera, definita dal con­tratto di lavoro. La riqualificazione, sempre appesa ad un filo, non vede ancora gli inquadramenti, neppure provvisori, dei vincitori nonostante che, ricordiamo, i posti finali siano stati ridotti a meno della metà di quelli originariamente messi a con­corso. Delle posizioni Super ormai non si sa quasi più nulla. I concorsi a titoli (del 1992, il millennio scorso) ancora in sospeso, come quelli da VII a VIII, oppure con effetto da definire come quello da V a VI. Con­traddizioni forti per i passaggi da III a IV, dove si è scelto non di privilegiare, e quindi di mettere in competizione chi, come gli addetti alla lettura ottica, il diritto lo ave­vano già maturato, e questo a tutto discapito di altro personale, ormai (scarsamente) retribuito per lavo­razioni che non esistono più da al­meno cinque anni e che, ormai da sempre, svolge mansioni abbondan­temente al di sopra di tali inqua­dramenti. I bandi dei passaggi tra, e nelle, le aree talmente pieni di er­rori e contraddizioni da apparire un facile bersaglio per chiunque voglia impallinarli con centinaia di ricorsi. Crediamo sia chiaro agli occhi di tutti che il sistema è fallito. Il con­tratto è sbagliato, come le RdB di­cevano tre anni fa, quando il con­tratto nazionale di lavoro è stato scritto e due anni fa, quando se ne discuteva l’applicazione nel Con­tratto Integrativo delle finanze. Si sono create aspettative ingestibili. Questo perché ci si è ostinati a fa­vorire meccanismi concorsuali senza tenere conto del diritto effettivo alla carriera maturato con l’anzianità. Questo perché l’ideologia meritocratica ha conta­minato tutti gli accordi sfornando alla fine un mostro. Tre anni fa (ma da molto tempo) dicevamo che biso­gnava sanare una situazione, che vedeva l’inquadramento del perso­nale inadeguato rispetto alle nuove figure professionali richieste e alla nuova organizzazione del lavoro. Questo è, tragicamente, ancora più vero oggi. Quando le scelte diverse hanno dimostrato tutta la loro ina­deguatezza. Con il nuovo contratto, questa situazione va radicalmente modificata, nei prossimi numeri parleremo della nostra proposta. Concludiamo con una “chicca”, a di­mostrazione di quanto il sistema costruito sia solo un castello di carte. Citiamo l’ordinanza del TAR del 18 ottobre 2000, l’ultima sui corsi-concorsi di riqualificazione: Si deduce (…) anche l’illegittimità del Contratto Col­lettivo Nazionale del comparto Ministri – 1998/2001 – nella parte in cui – artt. da 15 a 20 ed art. 26 – possa ritenersi che abi­liti lo svolgimento di procedure di avanzamento all’interno delle aree e tra aree differenti, pre­scindendo dal principio concor­suale.” Giova qui ricordare che gli articoli citati dal TAR, sono quelli sulla base dei quali sono state atti­vate tutte le procedure di passag­gio di livello attualmente in corso.

Elezioni RSU: si stanno defi­nendo le sedi e i numeri dei delegati

E’ in corso, vi terremo aggiornati, una trattativa sulle sedi in cui si vo­terà per le RSU il prossimo novem­bre. E’ ormai definito che per l’Agenzia del Demanio le sedi sono le 34 Filiali, per quella del Territo­rio, i 108 Uffici Provinciali, per quanto riguarda le Dogane, si parla di circa 104 sedi, ma potrebbero essere qualcuna di più. Maggiori problemi ci sono alle Entrate dove, la smania di frammentazione di al­cuni sindacati, prevalentemente la CGIL e la CISL, vorrebbe fare ele­zioni RSU anche in tutti gli uffici che chiuderanno nei prossimi sei mesi per dare origine agli Uffici Unici delle Entrate. Una logica per­versa che dimostra quanto poco in­teressi la vera democrazia. Ab­biamo visto decine di RSU, in questi ultimi anni decadere per effetto degli accorpamenti degli uffici ed abbiamo registrato l’opposizione proprio di queste sigle a procedere a nuove elezioni perché “si aspetta­vano quelle nazionali”. Un errore imperdonabile che ha lasciato mi­gliaia di colleghi senza rappresen­tanza d’ufficio (salvo quella delle centrali sindacali). Una vera e pro­pria espropriazione del diritto. Noi stiamo proponendo che ciò non ac­cada e che le RSU vengano già elette accorpando gli uffici che an­dranno a costituire i prossimi uffici entrate. Una scelta di democrazia. Vi terremo informati. Per quanto riguarda i numeri dei delegati, l’ARAN, ieri (24/9/2001) ci ha con­sultati chiedendoci se riteniamo possibile applicare nelle Agenzie i numeri concordati nel 1998 per il Comparto Ministeri. Abbiamo rispo­sto che siamo d’accordo. I numeri, seppur non definitivi, sono presenti nella tabella di seguito. Anche per questo, in caso di variazioni, vi in­formeremo tempestivamente.

Dipendenti

Delegati

Eleggibili

da 1 a 50

3

da 51 a100

5

da 101 a 200

7

da 201 a 500

10

da 501 a 800

13

da 801 a 1100

16

da 1101 a 1400

19

da 1401 a 1700

22

da 1701 a 2000

25

da 2001 a 2300

28

da 2301 a 2600

31

da 2601 a 2900

34

da 2901 a 3000

37

da 3001 a 3500

40

da 3501 a 4000

43

….e così via aggiungendo 3 componenti ogni 500 dipendenti

Verso il nuovo contratto (2): il diritto alla tutela della salute è uguale per tutti?

Continua l’iter sulle proposte che le RdB inserirà nella nuova piatta­forma contrattuale, e che saranno tanto più forti quanti più voti rice­veranno nostri candidati nelle pros­sime elezioni RSU. Riteniamo che vada abolito il meccanismo perverso della detrazione di quote dell’indennità di amministrazione in caso di malattia inferiore a 15 giorni lavorativi; circostanza che costringe il lavoratore alternativa­mente ad una perdita economica oppure a lavorare in stato di malat­tia non dichiarata con effetti anche sulla salute collettiva (ad es. la tra­smissione dell'influenza). L’indennità di amministrazione è equiparabile allo stipendio a tutti gli effetti, essendo quota fissa e costante. Non possiamo accettare che il diritto costituzionale alla sa­lute trovi cittadinanza solo in caso di malattia uguale o superiore a giorni 15.

Casella di testo: