Il sacco bucato

Notiziario RdB-PI Ministero Finanze e Agenzie Fiscali

n. 13/2001 – 15 novembre

In questo numero:
Il valore aggiunto
 
Il diritto alla carriera
 
Gli aumenti contrattuali
 
Le follie del salario accessorio
 
Operazione Trasparenza: le RdB tornano all’attacco
 
Uffici Entrate, ci risiamo
 
Agenzie, Ministero o…

Il valore aggiunto

La storia si ripete, come nel 1998, abbiamo visto una “campagna elettorale” per le elezioni RSU all’insegna di slogan sin­dacali del tipo: “diventa protagonista”… “scegli le persone”… o simili… slogan che puntano tutto sulla persona e trala­sciano i contenuti… nessuno ci dice che ne pensa della 14^ mensilità, del misero fallimento delle procedure di sviluppo di carriera, della schizofrenica gestione del salario accessorio, del futuro che ci aspetta… ci si limita a chiedere voti cer­cando i candidati più o meno simpatici di cui ci si dimenticherà, come nel 1998, subito dopo le elezioni quando, siamo certi, vedremo gli stessi soggetti sindacali contendersi il ruolo di chi ha vinto le elezioni. Perché queste sono elezioni che si vincono! E non nei posti di lavoro, ma sul piano nazionale. La somma dei voti che ogni lista sinda­cale riceve in tutti gli Uffici ne determina il peso nazionale. Determina quanto quel sindacato conterà nei prossimi tre anni. Diviene ovvio quindi che i contenuti generali divengono importanti. E’ per questo che i candidati nelle liste RdB, oltre ad essere, almeno, onesti ed affidabili come tutti gli altri, hanno, riteniamo, un VALORE AGGIUNTO: le proposte RdB (l’unica piattaforma contrattuale prodotta ad oggi è la nostra), la volontà della RdB di confrontarsi quotidianamente sulle questioni, la determinazione di RdB a non arrendersi sulle questioni di primaria importanza. L’analisi, talvolta anche impietosa, che facciamo di contratti e accordi, secondo noi fallimentari, non vuole essere solo una critica ai soggetti sindacali che tali accordi hanno sottoscritto. Vuole essere il punto di partenza da cui ricostruire i diritti. La nostra attività si basa sulla constatazione che tali soggetti non possono fare di meglio ma soprattutto, e questa è una sensazione, purtroppo confermata tutti i giorni dai fatti, che molto poco fanno per cambiare le condi­zioni in cui si dicono costretti ad operare. I risultati si ottengono coinvolgendo tutti nel dibattito sui contenuti, di­mostrando all’Amministrazione che tutti siamo uniti sulle questioni essenziali: salario, carriera, diritti… non con una campagna elettorale basata sul “votantonio”. Buone elezioni.

Robespierre

 


Il diritto di carriera

Abbiamo visto la riqualificazione, che a fronte di un percorso concorsuale carico di contraddizioni e frustra­zioni ha un esito particolarmente in­certo, sia sul piano del diritto - non vogliamo attardarci sulla questione dei contratti provvisori, su cui già­molto abbiamo detto, sia sul piano della mobilità, dove le assegnazioni e distacco, metodologia seguita per la­sciare tutti “provvisoriamente” nel loro ufficio, lascia aperta la strada a qualsiasi scelta dell’Amministrazione. Abbiamo visto le procedure per i li­velli super, che dovevano essere cosa semplice e che invece sono impanta­nate in pastoie concorsuali inenarra­bili. Stiamo vedendo le procedure di passaggio tra le aree e nelle aree, che, dalle prime avvisaglie, non sem­brano possano andar meglio.

Ci sembra ce ne sia abbastanza per­ché, al di fuori di qualsiasi polemica, su chi ha sbagliato e quando, si possa affermare che tali procedure hanno miseramente fallito l’obiettivo au­spicato.

Non ammetterlo oggi significherebbe essere in mala fede. Affermiamo questo, non perché siamo felici del fallimento di operazioni che, nei modi e nell’ideologia su cui si reggevano, abbiamo sempre criticato. Ma perché, riteniamo che quando si commettono errori, e gli errori sindacali coinvol­gono migliaia di persone, sarebbe più opportuno ammettere i propri sbagli e cercare di ripartire per ovviare agli stessi. Tutti sono in grado di comprendere il problema leggendo cosa dice l’ordinanza del TAR sui corsi di riqua­lificazione (gennaio 2001): (…) Nel caso in cui si voglia ritenere che il decreto di rideterminazione delle quote di posti disponibili per le procedure para­concorsuali debba intendersi quale atto esecutivo di una “privatizzazione” che renda possibile l’accesso alle qualifiche superiori senza lo svolgimento di prove concorsuali e da parte di chi non ha svolto, sia pure di fatto, le mansioni supe­riori, se ne deve dedurre l’assoluta illegit­timità per violazione degli artt. 97 e 98 Cost. e del D.L.vo 80/98 che ha attuato la legge delega 57/97 – art. 11 comma 4.

(…) Si deduce in tale ottica anche l’illegittimità del Contratto Collettivo Na­zionale del comparto Ministri – 1998/2001 – nella parte in cui – artt. da 15 a 20 ed art. 26 – possa ritenersi che abiliti lo svolgimento di procedure di avanzamento all’interno delle aree e tra aree differenti, prescindendo dal principio concor­suale.(…)

Ci troviamo di fronte ad un fatto che rende chiaro che la nostra critica alle procedure non è polemica.

E’ chiaro che non informare i colleghi di questi fatti è fargli un pessimo servizio, obbligandoli a sottoporsi a procedure umilianti e discriminatorie che sono e restano sub iudice…

Nel nuovo contratto il sistema va ra­dicalmente cambiato. Le RdB chie­dono una semplificazione del sistema ordinamentale e retributivo (undici livelli retributivi ci sembrano franca­mente troppi ed ingiustificati, a fronte dei reali livelli di responsabi­lità riscontrabili negli uffici), un in­quadramento di diritto del personale nel nuovo sistema individuato, e l’introduzione di un meccanismo di carriera automatico basato su anzia­nità, formazione e altri criteri ogget­tivi (es. titoli di studio), un meccani­smo che consenta a tutti di poter maturare sul campo il diritto sog­gettivo e di crescere nell’inquadramento professionale in parallelo con la sempre maggiore pro­fessionalità richiesta. Sono richieste sbagliate?

 

Gli aumenti contrattuali

L’ISTAT ci dice che un dipendente Ministeriale ha perduto, dal 1993 al 2000, 8.037.000 lire all’anno. Un se­sto livello (B2), su cui vengono effet­tuati i calcoli statistici, ha, nel 2001 uno stipendio che vale 618.000 lire al mese meno di quello che valeva nel 1992. L’importo è ottenuto divi­dendo per tredici mensilità la cifra fornita dall’ISTAT. Ci troviamo di fronte ad un fatto. Anche qui ogni sindacato può decidere che atteggia­mento assumere. Ogni atteggiamento è legittimo purchè condiviso da lavo­ratrici e lavoratori. Noi ci limitiamo a costatare che il grosso sacrificio ai lavoratori dipendenti era stato chie­sto, nel 1992 e 1993, quando è stata varata la cosiddetta “politica dei redditi” per sollevare il sistema eco­nomico, nella presunzione che quanto risparmiato nei salari sarebbe stato reinvestito in posti di lavoro e di­ritti… Scelte che si sono rivelate sbagliate. Sono i fatti e le cifre che lo dimostrano. Se il lavoro dipendente ha perduto in questi anni il 30% del valore della propria retribuzione, ol­tre ai posti di lavoro comunque per­duti, contemporaneamente il paese, nella sua globalità, ha visto crescere la ricchezza complessiva di cifre an­che qui vicino al 30%. Insomma, se noi siamo più poveri, e la maggio­ranza delle persone che conosciamo sono più povere, se il complesso è più ricco l’unica spiegazione sta nell’arricchimento smisurato di po­chi. E’ giunto il momento di prendere atto di questo e di invertire questo processo, che tra l’altro, non fa af­fatto bene all’economia del paese, in­troducendola nella spirale minor con­sumi – minore produzione – minori po­sti di lavoro – minore disponibilità di reddito – minori consumi… Crediamo sia il momento, di chiedere quanto ci è stato tolto. Invitiamo i colleghi a riflettere, non solo sull’aspetto eco­nomico, ma su quanto è stato fatto nei nostri cervelli in questi anni. Rite­niamo, infatti, in queste poche righe di aver dimostrato che l’aumento di 500.000 mensili richiesto dalle RdB è cosa non solo giustificata nei conti, ma auspicabile sotto il punto di vista dell’economia nazionale… ci aspettiamo però che molti, pur di non ammettere i propri errori, continue­ranno a difendere le proprie ottuse scelte, dicendo che gli stupidi siamo noi…

 

Le follie del salario accessorio

Negli ultimi anni, non solo ognuno di noi ci ha rimesso oltre 600.000 lire al mese, ma quello che ci danno, non viene neppure garantito a tutti. In­fatti le cifre dei redditi fornite dall’ISTAT tengono conto anche dell’importo complessivo di salario ac­cessorio distribuito, conteggiandolo, ovviamente, come se fosse distribuito a tutti in maniera uguale. E’ quindi in­contestabile la richiesta delle RdB di trasformazione degli importi oggi at­tribuiti al salario accessorio in salario fisso attraverso: l’introduzione della 14^ mensilità, la semplificazione del sistema delle indennità, la loro omogeneizzazione, e la loro intro­duzione in busta paga, la perequa­zione tra le indennità di ammini­strazione, la distribuzione di premi a tutti solo su base di risultati collettivi. Alla critica che non tutti sono uguali di fronte al lavoro, rispondiamo che tutti sono uguali di fronte al costo della vita e che è sindacalmente (e socialmente) indecente accettare di creare discriminazioni salariali con cifre, che seppur fossero distribuite a tutti in maniera eguale, manter­rebbero comunque i nostri salari oltre 600.000 al di sotto di quanto valevano otto anni fa. In quest’ottica, non è importante se i fondi arrivano dal contratto o dall’applicazione di norme (come il 2%), quello che è im­portante è che l’importo complessivo di tali fondi, sul piano economico, non si avvicina neppure lontanamente alla garanzia del recupero dell’inflazione.

Anche qui, però, vogliamo superare questo ragionamento, che a taluni può sembrare ideologico, da cui però, ov­viamente, non si può prescindere, e calarci nei fatti. Negli uffici il si­stema premiale non ha affatto pre­miato i più meritevoli, ne per la quota fissa, ne per la quota variabile. Le in­dennità sono state individuate e di­stribuite con anni di ritardo e non era indifferente trovarsi in un ufficio piuttosto che in un altro, o in un ser­vizio piuttosto che in un altro… nes­suna oggettività.

Un esempio su tutti, che ci pare illu­minante, e che si può verificare oggi in molti Uffici delle Entrate che si sono costituiti, i più, dopo il 1999. Pur provenendo da Uffici che hanno rag­giunto nel 1999 gli obiettivi monetari ed economici – e in un contesto di organizzazione del lavoro non scelto da loro, aver contribuito quindi allo sviluppo dell’operato dell’Amministrazione in maniera equi­valente in termini di impegno e pre­stazione - molti potranno con­statare che gli importi (il famoso 2%) che il sistema premiale attribuirà ad ognuno saranno fortemente differen­ziati a seconda della tipologia di uffi­cio a cui si era assegnati… una con­traddizione fortissima, che il con­fronto quotidiano all’interno degli Uf­fici delle Entrate farà scoppiare. Altro elemento di constatazione è che la strenua difesa di un meccani­smo premiale su quote così rilevanti del salario porta a ritardi nella cor­responsione degli importi tali che, pur nei pochissimi casi in cui venissero in­dividuati criteri oggettivi, questi non possono che perdersi per strada e portando talvolta all’accumulo di pa­gamenti, come sta accadendo ora, stranamente in periodo pre-elezioni RSU, in cui nessuno capisce più che cosa gli stanno pagando e che ci por­tano a pagare l’aliquota massima su tutti gli importi. Infine, la gestione schizo­frenica di tali soldi, ne fa perdere completamente il controllo. Non si riesce a capire se i soldi iniziali siano poi alla fine stati effettiva­mente distribuiti…

 

Operazione Trasparenza: le RdB tornano all’attacco

Abbiamo colpito nel segno, dopo l’Agenzia delle Entrate, anche l’ARAN si è “scomodata” a rispondere all’iniziativa delle RdB in cui chiede­vamo conto della gestione del salario accessorio (maggio 2001). La lettera dell’ARAN alla Direzione del Perso­nale del Ministero, pur non essendo condivisibile nell’ipotesi che dalla suddivisione del salario accessorio possano emergere dati sensibili, co­munque afferma il diritto, sulla base dell’art.6, lettera A, comma 3 del CCCNL (16 febbraio 1999) delle Or­ganizzazioni Sindacali di ricevere l’informazione relativa – e qui citiamo testualmente la nota ARAN n.14348 del 19 ottobre 2001 - “a tutti gli ele­menti conoscitivi in ordine alla distribu­zione delle risorse del fondo unico di amministrazione, come, ad esempio, la tipologia degli incentivi individuali e col­lettivi, la quantificazione dei relativi im­porti, il numero di unità che ha ricevuto i compensi in ciascuno ufficio, la suddivi­sione delle unità per centro di responsa­bilità, il numero di ore di lavoro straordi­nario complessivamente svolto dall’ufficio e simili…”.

Va rilevato che nella lettera di ri­chiesta che le RdB avevano inviato ai singoli uffici non venivano chiesti i nominativi dei percipienti bensì esclu­sivamente – e, anche qui, citiamo te­stualmente:

La scrivente O.S. richiede, sulla base della legge 241/90, prospetto dell’assegnazione dei fondi di salario ac­cessorio presso il Vostro Ufficio.

Nel dettaglio, si richiede che vengano evidenziati, gli importi attribuiti, negli ul­timi dodici mesi, a ciascun dipendente nonché specificata la natura di tali fondi (es. tipo di indennità, eventuali incentivi, straordinario, etc.)”

Dire che si chiedono i dettagli degli importi assegnati non comporta ne­cessariamente un elenco nominativo dei dipendenti, quindi, ammesso che esista un problema di privacy, le RdB non hanno mai inteso violarla, e que­sto è facilmente dimostrabile se si confronta la richiesta con quella con­testualmente inviata sull’organizzazione del lavoro che, pa­rimenti, citiamo “Al fine di comprendere la reale struttura organizzativa degli uffici in indirizzo, e operare credibilmente sull’organizzazione e sui carichi di lavoro, si richiede di fornire al più presto l’organigramma dell’ufficio destinatario della presente nel quale siano evidenziati nomi e profilo professionale di singoli dipendenti nonché – nel dettaglio - i com­piti assegnati e svolti dagli stessi.”

Invieremo nei prossimi giorni una lettera all’ARAN per la richiesta di incontro per interpretazione autentica dell’articolo 6, lettera A, comma 3 del CCNL (19 febbraio 1999) perché riteniamo limitativa l’interpretazione che l’ARAN ne da unilateralmente.

Affermare, e citiamo sempre la nota ARAN, che “l’informazione successiva è finalizzata a consentire di accertare che nella fase applicativa, siano state attuate tutte le previsioni stabilite dalla contratta­zione integrativa e cioè che le risorse, complessivamente stanziate, siano state effettivamente utilizzate secondo i criteri prestabiliti e sulla base delle quantità previste” è interpretazione che ci sen­tiamo di condividere. Non riteniamo però che la conoscenza della suddivi­sione di tali importi – ripetiamo, non i nominativi - sia indifferente nella possibilità di comprendere se i criteri prestabiliti siano stati effettiva­mente rispettati. Se è vero che gli importi sono stanziati complessiva­mente, è anche vero che è la loro suddivisione che, secondo quanto sta­bilito dal contratto, dovrebbe ren­derli efficaci nei piani delle Ammini­strazioni.

L’incontro a riguardo è molto impor­tante, perché, è chiaro che può es­sere individuato come un primo tas­sello del prossimo contratto, che ci auguriamo, possa essere più traspa­rente di quello attuale.

Un ultima rilevazione. L’ARAN, fa ri­ferimento, nella sua nota, a richieste di Organizzazioni Territoriali e RSU, questo fa presumere, ma ne siamo si­curi, che l’iniziativa varata dalle RdB a maggio, sia stata vista favorevol­mente non solo dai delegati RdB ma anche, trasversalmente, dai delegati di altre Organizzazioni Sindacali e da molte RSU nel loro complesso.

E’ chiaro che a livello locale l’influenza delle scelte politiche na­zionali è meno forte della necessità di capire le questioni e che a livello locale, tutte le storture del salario accessorio sono elemento dirompente che molti “nazionali” neppure si imma­ginano. A questo punto la domanda sorge spontanea. Che fanno e che pensano le altre Organizzazioni sin­dacali? Gli va bene che i propri rap­presentanti e le RSU abbiano poteri conoscitivi limitati? O che magari, come in alcuni casi di cui abbiamo avuto segnalazione (uno tra tutti, Bologna3) siano sottoposti alla cieca furia repressiva di dirigenti che ve­dono il ruolo sindacale e il rispetto del contratto come un disturbo al conducente?

 

Uffici Entrate, ci risiamo

Altro giro di cartelle, altro collasso degli uffici. E’ chiaro, a que­sto punto. I problemi non sono  con­tingenti bensì strutturali e organiz­zativi. Le RdB hanno deciso di varare un’iniziativa nazionale, con raccolta di firme all’interno degli uffici. UN FISCO GIUSTO PER TUTTI (con­tribuenti e dipendenti), questo il nome dell’iniziativa che parte dal pre­supposto che gli insufficienti inve­stimenti, in termini di strutture, personale, salariali, formazione e diritti che hanno accompagnato il varo dell’operazione Uffici Unici, sono elemento che penalizza i contri­buenti, che spesso si trovano in con­dizioni kafkiane e i dipendenti che si devono arrangiare e che divengono spesso oggetto di impropreri, e tal­volta di peggio, da parte di contri­buenti, giustamente, imbufaliti. Un patto di alleanza tra dipendenti e contribuenti è quello che stiamo cer­cando di stringere, con due raccolte di firme parallele che chiedono un mi­glioramento sostanziale del servizio e delle condizioni di lavoro.

I problemi organizzativi e di risorse emergono prepotentemente nei front-office dove l’alleanza con i con­tribuenti diventa necessaria e prati­cabile, ma coinvolgono fortemente tutto il personale degli Uffici. Per cui l’iniziativa varata, e di cui, siamo certi, sentiremo parlare molto nei prossimi tempi, riguarda tutti. Le firme raccolte, vanno inviate alla no­stra redazione, o, se volete, alla stampa locale, sarà nostra cura in­viarle a parlamentari, governo, vertici dell’agenzia e stampa nazionale. Qua­lora non ne siate ancora in possesso, potete richiedere alla nostra reda­zione, i modelli su cui raccogliere le firme.

 

Agenzie, Ministero o…

Ne abbiamo già parlato, ma mentre si discute la Finanziaria, non possiamo che ritornare sull’argomento. Frattini e Tremonti parlano di fallimento del progetto Agenzie e della necessità di rafforzare il ruolo di controllo del Ministero sul ruolo operativo degli uffici. Questo non significa necessa­riamente che le Agenzie chiudono e torniamo tutti ministeriali. Potrebbe, ad esempio, significare che a fronte di un rafforzamento di un ruolo di controllo ministeriale, magari con il rientro di 4/6000 dipendenti nei ruoli ministeriali, ci potrebbe essere un’accelerazione di tutti i processi di privatizzazione (oggi si chiama ester­nalizzazione) degli uffici individuati come strettamente operativi, o del decentramento, il Catasto di Reggio Emilia, in pratica, non esiste più. L’articolo 19, comma 1 della finanzia­ria,in discussione in parlamento, af­ferma: (…) con uno o più regolamenti (…) entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo, su proposta dei Ministri dell’economia e delle finanze e della funzione pubblica, (…) individua gli enti pubblici e le agenzie, finanziati direttamente o indi­rettamente dallo Stato o da altri enti pubblici, disponendone la trasforma­zione in società per azioni o in fonda­zioni di diritto privato ovvero la sop­pressione e messa in liquidazione.