Il
sacco bucato n.2/2002
20 febbraio
SOMMARIO
1. Subalternità, opposizione ed inutilità
Nella
notte del 4 febbraio scorso, CGIL-CISL e UIL hanno sottoscritto con il vice
presidente del Consiglio, Fini, un protocollo di intesa riguardante il
Pubblico Impiego, a seguito del quale hanno revocato lo sciopero che avevano
dichiarato per il giorno 15 febbraio. Nel pomeriggio del 5 febbraio sono stati
convocati gli altri sindacati. Le RdB, al contrario da chi ha deciso di
presentarsi scodinzolando, non hanno avallato l’accordo e hanno confermato
lo sciopero. Una scelta difficile perché eravamo certi che la batteria
mass-mediatica di governo e sindacati avrebbe costruito sull’accordo una
cortina fumogena insondabile. Sorvolando sullo scontro tutto interno alla
maggioranza tra Maroni e Fini, che con la sua presenza ha cercato, e ottenuto,
dai sindacati firmatari una legittimazione di ruolo, il Governo, con
quell’accordo, in cui vengono elencati tutti gli articoli della Finanziaria
relativi alle privatizzazioni (e affini), porta a casa l’OK sindacale su
tali questioni. Infatti le stesse vengono richiamate, non per metterle in discussione,
ma solo per garantire ai sindacati il diritto di cogestire i relativi
processi e, citiamo testualmente, di partecipare alla valutazione
“sull’impatto sulla domanda di servizi pubblici, nonché le ricadute
organizzative ed occupazionali sul personale”. A buon intenditore… E
poi? Il grande risultato della trasformazione dell’Indennità di
Buonuscita in TFR e in Fondi Pensione, di cui parleremo ampiamente nel
prossimo articolo, e la lottizzazione dei posti dirigenziali attraverso la
concertazione dello spoil-system… E lavoratrici e lavoratori? 195mila lire
lorde, se si trovano nella prossima finanziaria, entro la fine del 2003, da
distribuire, non a tutti ma sulla base di, ancora non chiaramente definiti,
processi di incentivazione della produttività. Questo vuol dire che, se
tutto resterà invariato, nella migliore delle ipotesi, ci troveremo in busta
paga un aumento di 15-25 euro netti in due anni. Le RdB hanno sbugiardato
questo accordo. Lavoratrici e lavoratori hanno partecipato in massa ad uno
sciopero che ha dimostrato che è finita l’epoca in cui gli accordi erano
tutti buoni… oggi le persone, quelle vere, non i burocrati sindacali, non
sono più disponibili ad accettare ciecamente ogni panzana gli venga rifilata.
Il
sindacalismo di base, con la svolta del 15 febbraio, si candida
credibilmente ad essere l’unica alternativa alla triade composta da
CGIL-CISL e UIL. Alternativa che si sviluppa, per quanto riguarda RdB, dalla
scelta di non contiguità ai meccanismi di partito e che non significa certo
cecità rispetto ai processi politico/sociali.
I
sindacati cosiddetti autonomi, (CISAL, FIALF, FLP, CONFSAL-SALFI, UGL…o
come si chiamano nel loro continuo rimescolio di carte) hanno dimostrato in
questo frangente di non avere una posizione propria, dichiarando e ritirando
lo sciopero sulla base di quanto facevano i loro “fratelli maggiori”.
CGIL-CISL e UIL confermano
quindi la loro scelta di subalternità, accontentandosi di
cogestire le scelte altrui.
Le Rappresentanze sindacali
di base fanno opposizione vera, proponendo soluzioni alternative.
Il sindacalismo autonomo
invece, dimostra l’inutilità assoluta di una lettura non
generale dell’attività sindacale, che li porta ad alzare la voce su
questioni minimaliste ma ad accettare passivamente le scelte di coloro che
(in teoria) contestano.
Lavoratrici
e lavoratori ora sanno cosa scegliere.
Gilgamesh
2.
A chi frutta il TFR nei Fondi Pensione?
Al
31 dicembre di ogni anno l'ammontare accantonato a favore del lavoratore
alla fine dell'anno precedente deve essere valutato sulla scorta di due coefficienti:
uno stabilito dalla legge in misura fissa pari all'1,50%, l'altro in ragione
del 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo accertato dall'ISTAT
rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente. La quota di TFR accantonata nel 2001 verrà così rivalutata del 3,525 %
I
fondi integrativi chiusi, nel 2001, hanno avuto questa “performance”
Fondo
|
valore
quota (lire) |
valore
quota (lire) |
Performance
|
|
31.12.2000
|
31.12.2001
|
|
Cometa
(metalmeccanici) |
21.590
|
21.630
|
0,23
|
Fonchim
(chimici) |
24.011
|
23.660
|
-
1,46 |
Fondoenergia
|
21.657
|
21.275
|
-
1,74 |
Fonte
: IlSole24ore del 27.01.2002
L’andamento
dei fondi aperti è ancora peggiore: si passa dal - 6,58 % del Fondo della
Fondicri al -18,94 % del Fondo pensione della Gestielle (Fonte : IlSole24ore del 7 e 21.01.2002.)
Dopo
l'11 settembre le perdite superavano il 30%, poi la guerra ha fatto rialzare
la borsa ...
Negli Stati Uniti, il
basso livello di copertura della Social Security (la nostra INPS), che varia
dal 30% al 40% dello stipendio, ha spinto 40 milioni di lavoratori, attratti
da grosse agevolazioni fiscali, a sottoscrivere i piani pensionistici
aziendali. Nel 2001 negli USA ci sono stati 2 milioni di licenziamenti,
lavoratori che si trovano ora senza lavoro ed anche senza pensione. Questo è
il baratro in cui vogliono portare anche noi: massacrano la copertura delle
pensioni pubbliche per obbligarci a versare i nostri soldi (partendo dal TFR)
nei loro fondi speculativi, allettandoci con le agevolazioni fiscali.In questo
quadro nessun lavoratore avrebbe il benché minimo interesse a trasferire il
Tfr sui fondi pensione. Per questo già dal gennaio dell’anno scorso sono
state aumentate le tasse sul TFR a tutti togliendo le 600 mila lire annue
esentasse e trasferendo l’esenzione dalle tasse solo alle quote di TFR che
vengono passate sui fondi integrativi. Questa manovra, approvata dal Centrosinistra, ha aperto la strada al
trasferimento obbligatorio di tutto il TFR ai Fondi Pensione. Negli Stati
Uniti, il recente fallimento della Enron ha dimostrato come, in questi
crack finanziari, gli unici a guadagnarci sono i gestori stessi del fondo.
Ma di chi sono le società
italiane che gestiscono la quota maggiore dei fondi pensione integrativi?
Mediolanum
è di Silvio Berlusconi
ed Ennio Doris.
Intesa
Asset Management è
diretta da Alberto Brambilla,
sottosegretario al lavoro e autore della delega sul Tfr nei Fondi pensione
!!!! Afferma di essersi dimesso dopo l'entrata nel Governo. Intesa
ha la maggior fetta di mercato dei fondi pensione aperti (a
fine 2000 aveva il 23% sul totale).
Unionvita
è
pariteticamente della Cisl
e della Aig
(Usa). La Aig ha acquistato dalla Fiat tutta l'area dell'Alfa Romeo di Arese
(2 milioni di metri
quadri).
CDO
è della Compagnia delle Opere
di Formigoni. E’ l'unico fondo pensione azionario in attivo (0,2 %), anche
se il rendimento
delle azioni scelte dal fondo (benchmark) ha perso in un anno il 20,33% (IlSole24ore,7-1-02).
La cosa ha del
"miracoloso".
Toro
è della Fiat,
Generali
di Mediobanca,
.....
...
e, dulcis in fundo, UNIPOL, della
CGIL!
3.
Chi siamo? La madre di tutte le confusioni
Quanto
le RdB siano state, e siano tuttora, contrarie alle Agenzie Fiscali lo abbiamo
detto in tutte le salse. Oggi vogliamo approfondire la situazione per
provare a comprendere, tutti assieme, lo stato dell’arte. Il pretesto ci
viene fornito da una lettera giunta dalla Direzione Generale del Personale
del Dipartimento delle Politiche Fiscali, riguardante l’utilizzo dei
permessi sindacali, il cui controllo, tale ufficio avoca a se, in assenza di
un contratto Agenzie Fiscali.
La
motivazione presente nella lettera è che manca un contratto di Agenzia,
mancano le regole di gestione, manca la determinazione della
rappresentatività sindacale nelle Agenzie, manca l’attribuzione del
personale alle Agenzie, si ricorda infatti, che il personale è attualmente
tutto dipendente del Ministero dell’Economia e delle Finanze e che è solo
distaccato presso le Agenzie.
A
questo si aggiunge, l’assenza assoluta, nell’accordo del 4 febbraio, di
riferimenti alle Agenzie Fiscali, il fatto che per il 2002 non sono ancora
state discusse le convenzioni tra Ministero e Agenzie (nelle quali ci sono
anche i soldi dei nostri stipendi, che non sarebbero quindi compresi negli
stanziamenti in finanziaria), le mille voci sulla revisione della riforma bassanini…
Questo
crea una situazione nella quale si potrebbero creare presto black-out simili a
quelli che hanno coinvolto i colleghi del demanio (nei cui uffici centrali non
era arrivato lo stipendio di gennaio).
Certo
è che non solo non si riesce a vedere il “nuovo miracolo italiano” che ci
avevano promesso tutti i sindacati che sponsorizzavano le Agenzie, ma si è
venuto a creare un vulnus, un’ assenza di regole certe, in cui, tutto, nelle
singole Agenzie si muove solo sulle regole della managerialità.
Insomma,
le Agenzie si sentono vincolate solo dai propri “obiettivi” e dalle
proprie “missioni” e finiscono col fregarsene del contratto che, come ci
ricorda il Dipartimento Politiche Fiscali, non ci lega a loro ma al
Ministero, con il quale, nonostante richieste molteplici, da parte di ogni
sigla sindacale, non si riesce ad avere un colloquio, visto che siamo Agenzie
Fiscali… chiaro?
Come
ricordavamo circa un anno fa, quindi, nel nostro rapporto con loro, le
Agenzie, fanno riferimento, non al contratto ma al regolamento di Agenzia…
atto praticamente unilaterale che non fornisce a nessuno alcuna certezza.
Un
esempio? Pochi giorni fa abbiamo sottoscritto, con le altre organizzazioni
sindacali, una richiesta di incontro con Ferrara, il Direttore dell’Agenzia
delle Entrate, il quale, in barba alle più elementari regole contrattuali, ma
nel pieno rispetto della logica manageriale, ci sta convocando sigla per
sigla… per farsi una chiacchierata con noi…c’è da preoccuparsi. E molto
!
4.
Entrate. Mobilità incentivata: le ragioni di una firma
Qualche
giorno fa è stato sottoscritto, anche dalle RdB, un accordo sulla questione
Centri di Servizio. La nostra firma è stata apposta con nota a verbale che
chiarisce la nostra posizione, soprattutto riguardo alla natura dei fondi
che vengono utilizzati per incentivare la mobilità, che vengono sottratti dal
Fondo Unico di Amministrazione.
Il
percorso seguito per arrivare a questo risultato è stato molto complesso,
rimandiamo a tutti i nostri comunicati a riguardo, che partono dalla nostra
proposta presentata nell’ottobre del 2000 e che hanno visto scontri anche
serrati, con scioperi del personale dei Centri di Servizio, presidi, ed
estenuanti trattative. Il risultato finale non è soddisfacente in
pieno, soprattutto perché rimanda alle
sedi regionali l’individuazione di carenze organiche, ma, possiamo dire di
aver condotto in porto la maggior parte delle nostre richieste iniziali.
Infatti, in alcuni casi siamo riusciti, cominciando da Genova ed arrivano a
Bari, ad ottenere la riconversione, anche parziale, delle strutture dei Centri
di Servizio, dappertutto siamo riusciti a non mandare in mobilità il
personale che è stato ricollocato, salvo volontà diverse dei singoli
dipendenti, negli uffici delle città sede dei Centri di Servizio. In questo
contesto la richiesta di mobilità interregionale, che ha caratterizzato solo
la nostra sigla fin dall’inizio della vertenza era, e non poteva essere diversamente,
un ulteriore strumento di collocazione del personale verso sedi gradite. Fin
dall’inizio il nostro obiettivo è stato infatti quello di impedire che il
personale solo perché facente parte dei Centri di Servizio potesse essere
utilizzato come tappabuchi su base regionale.
Il
problema sorgeva in quelle realtà dove oggettivamente, non sarebbe stato
possibile, in termini logistici, ricollocare il personale in ambito
cittadino. In quei casi era assolutamente necessario attivare una mobilità
volontaria interregionale da utilizzare però in modo corretto per evitare
di trasformare una situazione di svantaggio di lavoratrici e lavoratori dei
Centri di Servizio, inaccettabile, in una situazione di privilegio degli
stessi sugli altri colleghi, altrettanto inaccettabile.
Per
questo abbiamo lottato per ottenere una mobilità interregionale di tutela,
nel senso sopra esposto, ottenuta a Trento, dove nessuna della altre soluzioni
da noi proposte era praticabile, ed l’apertura di una mobilità
interregionale volontaria riguardante tutti – non solo lavoratrici e
lavoratori dei Centri di Servizio. Nell’accordo sulla mobilità incentivata,
entrambi questi risultati sono presenti. Questo, e la necessità di rafforzare
le posizioni delle nostre delegazioni regionali, a cui la partita passa ora,
nonostante siano rimaste le nostre perplessità sulla gestione del processo,
ci ha convinto a sottoscrivere l’accordo in questione.
5.
Posizioni Super: ottenuto lo slittamento della graduatoria
E’
stato sottoscritto, anche da RdB, in data 8 febbraio 2002, un accordo
riguardante il personale delle Agenzie e del Dipartimento Politiche Fiscali.
L’accordo prevede che:
“al
fine del ripristino del numero dei posti stabiliti per le procedure super, il
recupero delle posizioni rese disponibili, fino alla data del 31 dicembre
2001, per cessazione dal servizio a qualsiasi titolo, per passaggio a
posizione economica superiore o per avvenuto accesso alla dirigenza, va
effettuato a favore dei candidati che seguono in graduatoria i vincitori
delle procedure bandite. L’attribuzione della posizione super avrà
decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla data di avvenuta
disponibilità del posto”.
L’accordo
fornisce una soluzione parziale al problema delle posizioni super. SI
garantisce lo slittamento delle graduatorie a copertura di tutte le posizioni
che si sono liberate entro il 31 dicembre scorso. Resta il dubbio. Che succede
delle posizioni che si libereranno dopo tale data? Restano quindi inalterate,
nonostante questo accordo “tecnico” tutte le nostre perplessità
riguardo alle posizioni super, che andranno a morire o obbligheranno, a
procedura precedente non ancora conclusa a riattivare una nuova procedura di
attribuzione. Non era meglio riattivare un meccanismo automatico di aumento
di retribuzione con l’anzianità?
6.
Decentramento dei catasti. Contrari
ma pragmatici.
Come
abbiamo già detto in più di un’occasione, essere coerenti non significa
essere stupidamente ostinati. Anche sulla questione del decentramento dei
catasti, dove il nostro obiettivo primario è, e resta, il rigetto della
procedura (motivato a più riprese sia a tutela dei colleghi che dei
cittadini) ci rendiamo conto che il primo obiettivo da perseguire oggi è riprendere
il controllo della situazione che sembra assolutamente sfuggita dalle mani
di chiunque.
Quando,
quasi un anno fa, si è parlato di sperimentazione, avevamo chiesto alcuni
impegni, sul numero delle sedi e sul personale coinvolto. L’individuazione
delle sedi era conseguenza delle richieste degli enti locali, il numero
massimo sarebbe dovuto essere 15 e il personale coinvolto, solo su base
volontaria, dovevano essere circa 40 colleghi. L’Agenzia ha però perso il
controllo della situazione e le voci più incontrollate hanno cominciato a
girare negli uffici. Vogliamo innanzitutto che l’Agenzia ci assicuri che
se di sperimentazione si deve discutere, lo si può fare solo con regole ben
precise, che ci consentano di verificarne gli esiti.
Siamo
certi, ora come un anno fa, e forse ancora di più, viste anche le
segnalazioni che ci giungono dai vari uffici, che la sperimentazione non può
che confermare l’impossibilità del percorso di decentramento e quindi
confermare la necessità di modificare la normativa in materia, lasciando
eventuale spazio solo a convenzioni con gli uffici dei catasti che
sono, e devono restare, statali (compresi i
loro dipendenti).
E’
chiaro che il “liberi tutti” che sembrava aver pervaso amministratori
locali, cooperative, consorzi, etc. avrebbe creato una situazione
ingiudicabile ed ingovernabile. Per questo motivo, nei prossimi
incontri all’Agenzia del Territorio chiederemo espressamente che, se di
sperimentazione si deve parlare, questa deve essere assolutamente
regolamentata e che ogni altra pratica di decentramento o pseudo-decentramento
al di fuori di tali regole deve essere assolutamente bloccata.
7.
Territorio e lavoratori a tempo determinato. I lavoratori e le RdB a
colloquio con il capo del personale
Oggi,
19 febbraio, abbiamo avuto un’incontro con il dott. Imbucci,
dell’Agenzia del Territorio, a cui abbiamo fatto presente la necessità di
varare una serie di riunioni, entro i primi di marzo, per verificare
l’effettiva parificazione nei diritti
degli ex-LSU con gli altri dipendenti. Inoltre, abbiamo chiesto di attivare
un tavolo entro aprile per iniziare a discutere, in tempo utile del futuro
occupazionale di tali lavoratori. Ci è
stata manifestata una certa disponibilità che però va verificata nei
prossimi giorni. Nel frattempo invitiamo lavoratrici e lavoratori ex LSU a
prepararsi ad un ennesimo round di battaglia per il riconoscimento del diritto
al posto di lavoro.
8.
Dogane. Ecco come spendiamo i soldi del FUA
A
volte non ci pensiamo. Ma se ragionassimo più attentamente sul nostro
rapporto di lavoro, scopriremmo che lo sfruttamento è talmente quotidiano che
i privilegi che ci attribuiscono non solo non esistono, ma probabilmente, ci
rimettiamo abbondantemente. Un esempio? L’utilizzo della propria auto per
servizio. Ipotizzando l’utilizzo di un veicolo per circa 9.000 km in un anno
per servizio, visto il rimborso garantito di 392 lire (0,20 euro) a km
scopriremo cose incredibili. Infatti, con i 20 centesimi a km rimborsati non
si riesce neppure a coprire i
costi di gestione/manutenzione/svalutazione di una Panda Young (senza airbag)
escludendo però gli oneri in conto capitale per anticiparne l’acquisto che
riprenderemo senza interessi dopo una svalutazione dell’80% circa del veicolo
e semprechè ci accolliamo il 100% della RCA… se uno avesse l’aspirazione
di un veicolo niente niente più “lussuoso” si troverebbe di fronte a
ben altra situazione.
Secondo
la rivista “Al Volante”, infatti, questo è quanto ci costa usare la
nostra auto (per i 9.000 km dell’esempio):
Modello |
Costo/km |
Rimborso /km |
Diff./km |
Spesa |
Fiat
600 young |
0,31 |
0,20 |
0,11 |
990 |
Opel
Corsa 1.0 |
0,33 |
0,20 |
0,13 |
1.170 |
Fiat
Punto 1.2 |
0,34 |
0,20 |
0,14 |
1.260 |
Renault
Clio 1.2 |
0,36 |
0,20 |
0,16 |
1.440 |
Peugeot
206 1.4 |
0,37 |
0,20 |
0,17 |
1.530 |
I
km possono essere di più o di meno. In alcuni casi, forse non riusciamo
neppure ad avere il rimborso… comunque ognuno può “divertirsi” a fare
una verifica rispetto alla propria condizione personale e poi rispondere a chi
ci viene a parlare di privilegi e di fantastici contratti.
A
proposito, abbiamo calcolato che con l’utilizzo di auto pubbliche di
servizio l’Agenzia non se la caverebbe con meno di 46 centesimi a km, per
l’acquisto-gestione-manutenzione-oneri di gestione parco veicoli- garage o
rimessa all’aperto, ecc.
9.
Oltre il sindacalese. L’articolo 18
Da
diversi giorni si sta discutendo dell’articolo 18 dello statuto dei
lavoratori (legge 300/70). Di che si tratta? Lo citiamo testualmente.
ART.18.
- Reintegrazione nel posto di lavoro.
-- Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'art.7
della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui
dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'art.2 della legge
predetta o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o
giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge
stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di
lavoro.
Si
afferma quindi, che il datore di lavoro che licenzi un dipendente senza giusta
causa ha l’obbligo di reintegro dello stesso. Vanno chiariti alcuni punti.
Il primo è che questa norma, non trova applicazione nelle aziende con meno di
15 dipendenti, nelle quali il datore di lavoro può licenziare anche senza giusta
causa. La seconda, ancora più importante è il concetto di giusta causa che
la giurisprudenza ha consolidato. La crisi economica della società, ad
esempio, oppure l’indisciplinatezza del dipendente, sono giuste cause…
solo il 5% dei licenziamenti, ad oggi, si concludono con un reintegro perché
effettuati senza giusta causa. Quanto questa cosa può rilanciare la nostra
economia? E’ difficile immaginare che, nelle aziende con più di 15
dipendenti, non si facciano investimenti sul personale per il rischio di incappare
in quel 5% di casi in cui si potrebbe essere obbligati al reintegro in caso di
licenziamento. E’ altrettanto difficile immaginare che, nel caso di
rimozione di tale vincolo, tali investimenti, per miracolo potrebbero
spuntare. E allora? Semplice. Il licenziamento senza giusta causa, nella
maggior parte dei casi, è quello per opinione… è il dipendente che si
ribella concettualmente a imposizioni del “padrone”… è questi soggetti
che si vuol essere liberi di licenziare o di liquidare con poche lire. Certo,
oggi, solo nel lavoro precario, ma in via sperimentale, con l’obiettivo di
diffonderlo a tutto il mondo del lavoro. Lo stralcio dell’art.18 dalle
deleghe – richiesto da CGIL, CISL e UIL – è, in quest’ottica, un
obiettivo minimalista. Non basta discuterne a parte, magari nell’ottica di
sottrarre la valutazione al giudice per farla gestire con un arbitrato. Se
le cose andassero in questi termini, il giudice, verrebbe sostituito da una
contrattazione, padrone/sindacati/arbitro, le cui valutazioni sarebbero non
più legislative, ma “concertative”. Noi chiediamo, non solo di non
eliminare, neppure sperimentalmente l’art.18, bensì di allargare la sua
applicazione anche alle aziende con meno di 15 dipendenti. Per il Pubblico Impiego,
il problema al momento non sembra porsi, anche perché, l’art.18 trova
applicazione anche negli Enti con meno di 15 dipendenti. Ma proviamo ad
immaginare cosa succederebbe se i processi di privatizzazione del rapporto
di lavoro, partiti dal decreto legislativo 29/1993, e divenuti, con le ultime
cinque/sei finanziarie, nonché con le leggi Bassanini, una vera
privatizzazione del lavoro pubblico, finissero col creare, partendo dal
Pubblico Impiego, realtà lavorative di diritto privato (le diverse aziende
esternalizzate degli enti locali lo sono già) pur aventi come azionista di
maggioranza l’ente che costituisce tali società. Si tratterebbe di società
non più giuridicamente classificabili come Pubblico Impiego, e in cui, la
tutela dell’articolo 18 potrebbe essere limitata solo, ammesso che le cose
restassero come ora, ma, come visto, sembra che debbano peggiorare, alle
società con più di 15 dipendenti… Capito perché si tende a frammentare e
a decentrare?
Un
ultima considerazione. La politicizzazione – intesa come polarizzazione
destra-sinistra - dell’intervento sindacale su questioni come quella
dell’articolo 18, come quella dei contratti di lavoro, del recupero
dell’inflazione, o, comunque, di tutte le questioni dei diritti di chi
lavora sono non solo inutili ma dannose. Fissare l’attenzione sul soggetto
che formula determinati provvedimenti piuttosto che sul contenuto degli stessi
fa si che, quando Berlusconi tira fuori dal cappello un Blair che sottoscrive
un patto sulla flessibilità del lavoro si depotenzia enormemente la
vertenza che metti in piedi. Perchè il Berlusconi di turno è in grado di
dimostrare, probabilmente con ragione, che quelle cose le avrebbe fatte anche
Rutelli, se avesse vinto. Il problema in questo caso, e sempre più spesso,
non si può ridurre alle categorie destra-sinistra. Sull’articolo 18 la
battaglia che si combatte è tra diritto e legge del più forte, tra civiltà
e barbarie.