Il sacco bucato n.2/2002
20 febbraio

SOMMARIO

 

1. Subalternità, opposizione ed inutilità
2. A chi frutta il TFR nei Fondi Pensione? 
3. Chi siamo? La madre di tutte le confusioni
4. Entrate. Mobilità incentivata: le ragioni di una firma
5. Posizioni Super: ottenuto lo slittamento della graduatoria
6. Decentramento dei catasti.  Contrari ma pragmatici.
7. Territorio e lavoratori a tempo determinato. I lavoratori e le RdB a colloquio con il capo del personale
8. Dogane. Ecco come spendiamo i soldi del FUA
9. Oltre il sindacalese. L’articolo 18
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1. Subalternità, opposizione ed inutilità

 

Nella notte del 4 febbraio scorso, CGIL-CISL e UIL hanno sottoscritto con il vice presidente del Consiglio, Fini, un proto­collo di intesa riguardante il Pubblico Impiego, a seguito del quale hanno revocato lo sciopero che avevano dichiarato per il giorno 15 febbraio. Nel pomeriggio del 5 febbraio sono stati convocati gli altri sindacati. Le RdB, al contrario da chi ha de­ciso di presentarsi scodinzolando, non hanno avallato l’accordo e hanno confermato lo sciopero. Una scelta difficile perché eravamo certi che la batteria mass-mediatica di go­verno e sindacati avrebbe costruito sull’accordo una cortina fumogena insondabile. Sorvolando sullo scontro tutto interno alla maggioranza tra Maroni e Fini, che con la sua presenza ha cercato, e ottenuto, dai sindacati firmatari una legittima­zione di ruolo, il Governo, con quell’accordo, in cui vengono elencati tutti gli articoli della Finanziaria relativi alle privatizza­zioni (e affini), porta a casa l’OK sindacale su tali questioni. Infatti le stesse vengono richiamate, non per metterle in di­scussione, ma solo per garantire ai sindacati il diritto di coge­stire i relativi processi e, citiamo testualmente, di partecipare alla valutazione “sull’impatto sulla domanda di servizi pubblici, nonché le ricadute organizzative ed occupazionali sul perso­nale”. A buon intenditore… E poi? Il grande risultato della tra­sformazione dell’Indennità di Buonuscita in TFR e in Fondi Pensione, di cui parleremo ampiamente nel prossimo articolo, e la lottizzazione dei posti dirigenziali attraverso la concerta­zione dello spoil-system… E lavoratrici e lavoratori? 195mila lire lorde, se si trovano nella prossima finanziaria, entro la fine del 2003, da distribuire, non a tutti ma sulla base di, ancora non chiaramente definiti, processi di incentivazione della pro­duttività. Questo vuol dire che, se tutto resterà invariato, nella migliore delle ipotesi, ci troveremo in busta paga un aumento di 15-25 euro netti in due anni. Le RdB hanno sbugiardato questo accordo. Lavoratrici e lavoratori hanno partecipato in massa ad uno sciopero che ha dimostrato che è finita l’epoca in cui gli accordi erano tutti buoni… oggi le persone, quelle vere, non i burocrati sindacali, non sono più disponibili ad accettare ciecamente ogni panzana gli venga rifilata.

Il sindacalismo di base, con la svolta del 15 febbraio, si can­dida credibilmente ad essere l’unica alternativa alla triade composta da CGIL-CISL e UIL. Alternativa che si sviluppa, per quanto riguarda RdB, dalla scelta di non contiguità ai meccanismi di partito e che non significa certo cecità rispetto ai processi politico/sociali. 

I sindacati cosiddetti autonomi, (CISAL, FIALF, FLP, CON­FSAL-SALFI, UGL…o come si chiamano nel loro continuo ri­mescolio di carte) hanno dimostrato in questo frangente di non avere una posizione propria, dichiarando e ritirando lo sciopero sulla base di quanto facevano i loro “fratelli maggiori”.

Lavoratrici e lavoratori ora sanno cosa scegliere.

 

Gilgamesh

 

2. A chi frutta il TFR nei Fondi Pensione?

 

Al 31 dicembre di ogni anno l'am­montare accanto­nato a favore del lavoratore alla fine dell'anno pre­cedente deve es­sere valutato sulla scorta di due co­efficienti: uno sta­bilito dalla legge in misura fissa pari all'1,50%, l'altro in ra­gione del 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo accertato dall'ISTAT rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente. La quota di TFR accantonata nel 2001 verrà così rivalutata del 3,525 % 

I fondi integrativi chiusi, nel 2001, hanno avuto questa “per­formance”

Fondo

valore quota (lire)

valore quota (lire)

Performance

 

31.12.2000

31.12.2001

 

Cometa (metal­meccanici)

21.590

21.630

0,23

Fonchim (chimici)

24.011

23.660

- 1,46

Fondoenergia

21.657

21.275

- 1,74

 Fonte : IlSole24ore del 27.01.2002

 

L’andamento dei fondi aperti è ancora peggiore: si passa dal - 6,58 % del Fondo della Fondicri al -18,94 % del Fondo pen­sione della Gestielle (Fonte : IlSole24ore del 7 e 21.01.2002.)

Dopo l'11 settembre le perdite superavano il 30%, poi la guerra ha fatto rialzare la borsa ...  Negli Stati Uniti, il basso livello di copertura della Social Security (la nostra INPS), che varia dal 30% al 40% dello stipendio, ha spinto 40 milioni di lavoratori, attratti da grosse agevolazioni fiscali, a sottoscri­vere i piani pensionistici aziendali. Nel 2001 negli USA ci sono stati 2 milioni di licenziamenti, lavoratori che si trovano ora senza lavoro ed anche senza pensione. Questo è il baratro in cui vogliono portare anche noi: massacrano la copertura delle pensioni pubbliche per obbligarci a versare i nostri soldi (par­tendo dal TFR) nei loro fondi speculativi, allettandoci con le agevolazioni fiscali.In questo quadro nessun lavoratore avrebbe il benché minimo interesse a trasferire il Tfr sui fondi pensione. Per questo già dal gennaio dell’anno scorso sono state aumentate le tasse sul TFR a tutti togliendo le 600 mila lire annue esentasse e trasferendo l’esenzione dalle tasse solo alle quote di TFR che vengono passate sui fondi integra­tivi. Questa manovra, approvata dal Centrosinistra, ha aperto la strada al trasferimento obbligatorio di tutto il TFR ai Fondi Pensione. Negli Stati Uniti, il recente fallimento della Enron ha dimostrato come, in questi crack finanziari, gli unici a guada­gnarci sono i gestori stessi del fondo.

Ma di chi sono le società italiane che gestiscono la quota maggiore dei fondi pensione integrativi?

 Mediolanum è di Silvio Berlusconi ed Ennio Doris.

 Intesa Asset Management è diretta da Alberto Bram­billa, sottosegretario al lavoro e autore della delega sul Tfr nei Fondi pensione !!!! Afferma di essersi dimesso dopo l'entrata nel Governo. Intesa ha la maggior fetta di mercato dei fondi pensione aperti (a fine 2000 aveva il 23% sul totale).

Unionvita è pariteticamente della Cisl e della Aig (Usa). La Aig ha acquistato dalla Fiat tutta l'area dell'Alfa Ro­meo di Arese (2 milioni di metri quadri).

CDO è della Compagnia delle Opere di Formigoni. E’ l'u­nico fondo pensione azionario in attivo (0,2 %), anche se il rendimento delle azioni scelte dal fondo (benchmark) ha perso in un anno il 20,33% (IlSole24ore,7-1-02). La cosa ha del "miracoloso".

Toro è della Fiat,

Generali di Mediobanca, .....

 ... e, dulcis in fundo, UNIPOL, della CGIL!

  I gestori di questi fondi aperti sono gli stessi o si intrecciano con quelli che gestiscono i fondi chiusi di categoria (Cometa, Fonchim ... ).

3. Chi siamo? La madre di tutte le confusioni

  Quanto le RdB siano state, e siano tuttora, contrarie alle Agenzie Fiscali lo abbiamo detto in tutte le salse. Oggi vo­gliamo approfondire la situazione per provare a comprendere, tutti assieme, lo stato dell’arte. Il pretesto ci viene fornito da una lettera giunta dalla Di­rezione Generale del Per­sonale del Dipartimento delle Politiche Fiscali, ri­guardante l’utilizzo dei permessi sindacali, il cui controllo, tale ufficio avoca a se, in assenza di un con­tratto Agenzie Fiscali.

La motivazione presente nella lettera è che manca un contratto di Agenzia, mancano le regole di ge­stione, manca la determinazione della rappresentatività sin­dacale nelle Agenzie, manca l’attribuzione del personale alle Agenzie, si ricorda infatti, che il personale è attualmente tutto dipendente del Ministero dell’Economia e delle Finanze e che è solo distaccato presso le Agenzie.

A questo si aggiunge, l’assenza assoluta, nell’accordo del 4 febbraio, di riferimenti alle Agenzie Fiscali, il fatto che per il 2002 non sono ancora state discusse le convenzioni tra Mini­stero e Agenzie (nelle quali ci sono anche i soldi dei nostri sti­pendi, che non sarebbero quindi compresi negli stanziamenti in finanziaria), le mille voci sulla revisione della riforma bas­sanini…

Questo crea una situazione nella quale si potrebbero creare presto black-out simili a quelli che hanno coinvolto i colleghi del demanio (nei cui uffici centrali non era arrivato lo stipendio di gennaio).

Certo è che non solo non si riesce a vedere il “nuovo miracolo italiano” che ci avevano promesso tutti i sindacati che sponso­rizzavano le Agenzie, ma si è venuto a creare un vulnus, un’ assenza di regole certe, in cui, tutto, nelle singole Agenzie si muove solo sulle regole della managerialità.

Insomma, le Agenzie si sentono vincolate solo dai propri “obiettivi” e dalle proprie “missioni” e finiscono col fregarsene del contratto che, come ci ricorda il Dipartimento Politiche Fi­scali, non ci lega a loro ma al Ministero, con il quale, nono­stante richieste molteplici, da parte di ogni sigla sindacale, non si riesce ad avere un colloquio, visto che siamo Agenzie Fiscali… chiaro?

Come ricordavamo circa un anno fa, quindi, nel nostro rap­porto con loro, le Agenzie, fanno riferimento, non al contratto ma al regolamento di Agenzia… atto praticamente unilaterale che non fornisce a nessuno alcuna certezza.

Un esempio? Pochi giorni fa abbiamo sottoscritto, con le altre organizzazioni sindacali, una richiesta di incontro con Ferrara, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, il quale, in barba alle più elementari regole contrattuali, ma nel pieno rispetto della lo­gica manageriale, ci sta convocando sigla per sigla… per farsi una chiacchierata con noi…c’è da preoccuparsi. E molto !

 

4. Entrate. Mobilità incentivata: le ragioni di una firma

Qualche giorno fa è stato sottoscritto, anche dalle RdB, un accordo sulla questione Centri di Servizio. La nostra firma è stata apposta con nota a verbale che chiarisce la nostra posi­zione, soprattutto riguardo alla natura dei fondi che vengono utilizzati per incentivare la mobilità, che vengono sottratti dal Fondo Unico di Amministrazione.

Il percorso seguito per arrivare a questo risultato è stato molto complesso, rimandiamo a tutti i nostri comunicati a riguardo, che partono dalla nostra proposta presentata nell’ottobre del 2000 e che hanno visto scontri anche serrati, con scioperi del personale dei Centri di Servizio, presidi, ed estenuanti tratta­tive. Il risultato finale non è soddisfacente in pieno, so­prattutto perché rimanda alle sedi regionali l’individuazione di carenze organiche, ma, possiamo dire di aver condotto in porto la maggior parte delle nostre richieste iniziali. Infatti, in alcuni casi siamo riusciti, cominciando da Genova ed arrivano a Bari, ad ottenere la riconversione, anche parziale, delle strutture dei Centri di Servizio, dappertutto siamo riusciti a non mandare in mobilità il personale che è stato ricollocato, salvo volontà diverse dei singoli dipendenti, negli uffici delle città sede dei Centri di Servizio. In questo contesto la richiesta di mobilità interregionale, che ha caratterizzato solo la nostra sigla fin dall’inizio della vertenza era, e non poteva essere di­versamente, un ulteriore strumento di collocazione del perso­nale verso sedi gradite. Fin dall’inizio il nostro obiettivo è stato infatti quello di impedire che il personale solo perché facente parte dei Centri di Servizio potesse essere utilizzato come tappabuchi su base regionale.

Il problema sorgeva in quelle realtà dove oggettivamente, non sarebbe stato possibile, in termini logistici, ricollocare il per­sonale in ambito cittadino. In quei casi era assolutamente ne­cessario attivare una mobilità volontaria interregionale da uti­lizzare però in modo corretto per evitare di trasformare una situazione di svantaggio di lavoratrici e lavoratori dei Centri di Servizio, inaccettabile, in una situazione di privilegio degli stessi sugli altri colleghi, altrettanto inaccettabile.

Per questo abbiamo lottato per ottenere una mobilità interre­gionale di tutela, nel senso sopra esposto, ottenuta a Trento, dove nessuna della altre soluzioni da noi proposte era prati­cabile, ed l’apertura di una mobilità interregionale volontaria riguardante tutti – non solo lavoratrici e lavoratori dei Centri di Servizio. Nell’accordo sulla mobilità incentivata, entrambi questi risultati sono presenti. Questo, e la necessità di raffor­zare le posizioni delle nostre delegazioni regionali, a cui la partita passa ora, nonostante siano rimaste le nostre perples­sità sulla gestione del processo, ci ha convinto a sottoscrivere l’accordo in questione. 

5. Posizioni Super: ottenuto lo slittamento della graduatoria

 

E’ stato sottoscritto, anche da RdB, in data 8 febbraio 2002, un accordo riguardante il personale delle Agenzie e del Di­partimento Politiche Fiscali. L’accordo prevede che:

“al fine del ripristino del numero dei posti stabiliti per le procedure super, il recupero delle posizioni rese di­sponibili, fino alla data del 31 dicembre 2001, per cessazione dal servizio a qualsiasi titolo, per passag­gio a posizione economica superiore o per avvenuto accesso alla dirigenza, va effettuato a favore dei can­didati che seguono in graduatoria i vincitori delle pro­cedure bandite. L’attribuzione della posizione super avrà decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla data di avvenuta disponibilità del posto”.

L’accordo fornisce una soluzione parziale al problema delle posizioni super. SI garantisce lo slittamento delle graduatorie a copertura di tutte le posizioni che si sono liberate entro il 31 dicembre scorso. Resta il dubbio. Che succede delle posizioni che si libereranno dopo tale data? Restano quindi inalterate, nonostante questo accordo “tecnico” tutte le nostre perples­sità riguardo alle posizioni super, che andranno a morire o obbligheranno, a procedura precedente non ancora conclusa a riattivare una nuova procedura di attribuzione. Non era me­glio riattivare un meccanismo automatico di aumento di retri­buzione con l’anzianità?

 

6. Decentramento dei catasti.  Contrari ma pragmatici.

Come abbiamo già detto in più di un’occasione, essere coe­renti non significa essere stupidamente ostinati. Anche sulla questione del decentramento dei catasti, dove il nostro obiet­tivo primario è, e resta, il rigetto della procedura (motivato a più riprese sia a tutela dei colleghi che dei cittadini) ci ren­diamo conto che il primo obiettivo da perseguire oggi è ri­prendere il controllo della situazione che sembra assoluta­mente sfuggita dalle mani di chiunque.

Quando, quasi un anno fa, si è parlato di sperimentazione, avevamo chiesto alcuni impegni, sul numero delle sedi e sul personale coinvolto. L’individuazione delle sedi era conse­guenza delle richieste degli enti locali, il numero massimo sa­rebbe dovuto essere 15 e il personale coinvolto, solo su base volontaria, dovevano essere circa 40 colleghi. L’Agenzia ha però perso il controllo della situazione e le voci più incontrol­late hanno cominciato a girare negli uffici. Vogliamo innanzi­tutto che l’Agenzia ci assicuri che se di sperimentazione si deve discutere, lo si può fare solo con regole ben precise, che ci consentano di verificarne gli esiti.

Siamo certi, ora come un anno fa, e forse ancora di più, viste anche le segnalazioni che ci giungono dai vari uffici, che la sperimentazione non può che confermare l’impossibilità del percorso di decentramento e quindi confermare la necessità di modificare la normativa in materia, lasciando eventuale spazio solo a convenzioni con gli uffici dei catasti che sono, e devono restare, statali (compresi i loro dipendenti).

E’ chiaro che il “liberi tutti” che sembrava aver pervaso ammi­nistratori locali, cooperative, consorzi, etc. avrebbe creato una situazione ingiudicabile ed ingovernabile. Per questo motivo, nei prossimi incontri all’Agenzia del Territorio chiede­remo espressamente che, se di sperimentazione si deve parlare, questa deve essere assolutamente regolamentata e che ogni altra pratica di decentramento o pseudo-de­centramento al di fuori di tali regole deve essere assolu­tamente bloccata.

 

7. Territorio e lavoratori a tempo determinato. I lavoratori e le RdB a colloquio con il capo del personale

 

Oggi, 19 febbraio, abbiamo avuto un’incontro con il dott. Im­bucci, dell’Agenzia del Territorio, a cui abbiamo fatto presente la necessità di varare una serie di riunioni, entro i primi di marzo, per verificare l’effettiva parificazione nei diritti degli ex-LSU con gli altri dipendenti. Inoltre, abbiamo chiesto di at­tivare un tavolo entro aprile per iniziare a discutere, in tempo utile del futuro occupazionale di tali lavoratori. Ci è stata manifestata una certa disponibilità che però va verificata nei prossimi giorni. Nel frattempo invitiamo lavoratrici e lavoratori ex LSU a prepararsi ad un ennesimo round di battaglia per il riconoscimento del diritto al posto di lavoro.

 

8. Dogane. Ecco come spendiamo i soldi del FUA

 A volte non ci pensiamo. Ma se ragionassimo più attenta­mente sul nostro rapporto di lavoro, scopriremmo che lo sfruttamento è talmente quotidiano che i privilegi che ci attri­buiscono non solo non esistono, ma probabilmente, ci rimet­tiamo abbondantemente. Un esempio? L’utilizzo della propria auto per servizio. Ipotizzando l’utilizzo di un veicolo per circa 9.000 km in un anno per servizio, visto il rimborso garantito di 392 lire (0,20 euro) a km scopriremo cose incredibili. Infatti, con i 20 centesimi a km rimborsati non si riesce neppure a  coprire i costi di gestione/manutenzione/svalutazione di una Panda Young (senza airbag) escludendo però gli oneri in conto capitale per anticiparne l’acquisto che riprenderemo senza interessi dopo una svalutazione dell’80% circa del vei­colo e semprechè ci accolliamo il 100% della RCA… se uno avesse l’aspirazione di un veicolo niente niente più “lussuoso” si trove­rebbe di fronte a ben altra situazione.

Secondo la rivista “Al Volante”, infatti, questo è quanto ci costa usare la nostra auto (per i 9.000 km dell’esempio):

 

Modello

Costo/km

Rimborso

/km

Diff./km

Spesa

Fiat 600 young

0,31

0,20

0,11

990

Opel Corsa 1.0

0,33

0,20

0,13

1.170

Fiat Punto 1.2

0,34

0,20

0,14

1.260

Renault Clio 1.2

0,36

0,20

0,16

1.440

Peugeot 206  1.4

0,37

0,20

0,17

1.530

 

I km possono essere di più o di meno. In alcuni casi, forse non riusciamo neppure ad avere il rimborso… comunque ognuno può “divertirsi” a fare una verifica rispetto alla propria condizione personale e poi rispondere a chi ci viene a parlare di privilegi e di fantastici contratti.

A proposito, abbiamo calcolato che con l’utilizzo di auto pub­bliche di servizio l’Agenzia non se la caverebbe con meno di 46 centesimi a km, per l’acquisto-gestione-manutenzione-oneri di gestione parco veicoli- garage o rimessa all’aperto, ecc.

 

9. Oltre il sindacalese. L’articolo 18

 Da diversi giorni si sta discutendo dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori (legge 300/70). Di che si tratta? Lo citiamo testualmente.

ART.18. - Reintegrazione nel posto di lavoro. -- Ferma re­stando l'esperibilità delle proce­dure previste dall'art.7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenzia­mento ai sensi dell'art.2 della legge predetta o annulla il licen­ziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ov­vero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.

Si afferma quindi, che il datore di lavoro che licenzi un dipendente senza giusta causa ha l’obbligo di reintegro dello stesso. Vanno chiariti alcuni punti. Il primo è che questa norma, non trova applicazione nelle aziende con meno di 15 dipendenti, nelle quali il datore di lavoro può licenziare anche senza giu­sta causa. La seconda, ancora più importante è il concetto di giusta causa che la giurisprudenza ha consolidato. La crisi economica della società, ad esempio, oppure l’indisciplinatezza del dipendente, sono giuste cause… solo il 5% dei licenziamenti, ad oggi, si concludono con un reintegro perché effettuati senza giusta causa. Quanto questa cosa può rilanciare la nostra economia? E’ dif­ficile immaginare che, nelle aziende con più di 15 dipendenti, non si facciano investimenti sul personale per il rischio di in­cappare in quel 5% di casi in cui si potrebbe essere obbligati al reintegro in caso di licenziamento. E’ altrettanto difficile immaginare che, nel caso di rimozione di tale vincolo, tali in­vestimenti, per miracolo potrebbero spuntare. E allora? Sem­plice. Il licenziamento senza giusta causa, nella maggior parte dei casi, è quello per opinione… è il dipendente che si ribella concettualmente a imposizioni del “padrone”… è questi sog­getti che si vuol essere liberi di licenziare o di liquidare con poche lire. Certo, oggi, solo nel lavoro precario, ma in via spe­rimentale, con l’obiettivo di diffonderlo a tutto il mondo del la­voro. Lo stralcio dell’art.18 dalle deleghe – richiesto da CGIL, CISL e UIL – è, in quest’ottica, un obiettivo minimalista. Non basta discuterne a parte, magari nell’ottica di sottrarre la va­lutazione al giudice per farla gestire con un arbitrato. Se le cose andassero in questi termini, il giudice, verrebbe sostituito da una contrattazione, padrone/sindacati/arbitro, le cui valuta­zioni sarebbero non più legislative, ma “concertative”. Noi chiediamo, non solo di non eliminare, neppure sperimental­mente l’art.18, bensì di allargare la sua applicazione anche alle aziende con meno di 15 dipendenti. Per il Pubblico Im­piego, il problema al momento non sembra porsi, anche per­ché, l’art.18 trova applicazione anche negli Enti con meno di 15 dipendenti. Ma proviamo ad immaginare cosa succede­rebbe se i processi di privatizzazione del rapporto di lavoro, partiti dal decreto legislativo 29/1993, e divenuti, con le ultime cinque/sei finanziarie, nonché con le leggi Bassanini, una vera privatizzazione del lavoro pubblico, finissero col creare, partendo dal Pubblico Impiego, realtà lavorative di diritto pri­vato (le diverse aziende esternalizzate degli enti locali lo sono già) pur aventi come azionista di maggioranza l’ente che co­stituisce tali società. Si tratterebbe di società non più giuridi­camente classificabili come Pubblico Impiego, e in cui, la tutela dell’articolo 18 potrebbe essere limitata solo, ammesso che le cose restassero come ora, ma, come visto, sembra che debbano peggiorare, alle società con più di 15 dipendenti… Capito perché si tende a frammentare e a decentrare? 

Un ultima considerazione. La politicizzazione – intesa come polarizzazione destra-sinistra - dell’intervento sindacale su questioni come quella dell’articolo 18, come quella dei con­tratti di lavoro, del recupero dell’inflazione, o, comunque, di tutte le questioni dei diritti di chi lavora sono non solo inutili ma dannose. Fissare l’attenzione sul soggetto che formula determinati provvedimenti piuttosto che sul contenuto degli stessi fa si che, quando Berlusconi tira fuori dal cappello un Blair che sottoscrive un patto sulla flessibilità del lavoro si de­potenzia enormemente la vertenza che metti in piedi. Perchè il Berlusconi di turno è in grado di dimostrare, probabilmente con ragione, che quelle cose le avrebbe fatte anche Rutelli, se avesse vinto. Il problema in questo caso, e sempre più spesso, non si può ridurre alle categorie destra-sinistra. Sull’articolo 18 la battaglia che si combatte è tra diritto e legge del più forte, tra civiltà e barbarie.