Il sacco bucato.n.12/2002 17 giugno 2002 |
SOMMARIO
1.
Morto
lo sciopero, viva lo sciopero / 2.
Pubblico Impiego: è sciopero
generale / 3.
Accordo su riqualificazione: che cosa sposta? / 4.
Decentramento dei catasti. Nel
vuoto, segnali inquietanti. / 5.
Assunzione dei Lavoratori a
Tempo Determinato. Una scelta di “vita” / 6.
Tavoli separati: quale
democrazia? / 7.
Patrimonio dello Stato? Bye bye! / 8.
Demanio: SI.VAL, il “nuovo” che avanza / 9.
Ecco gli effetti dell’accordo del 4 febbraio / 10.
Oltre l’articolo 18
1. Morto lo sciopero, viva lo sciopero
Per il terzo anno consecutivo CGIL-CISL-UIL e SalFi
dichiarano, nel mese di giugno, uno sciopero del personale
dell’Amministrazione finanziaria. Per il terzo anno consecutivo, la
dichiarazione di sciopero si dimostra un fuoco di paglia. Nel frattempo le condizioni di lavoro
e le garanzie per lavoratrici e lavoratori diminuiscono in progressione
geometrica. La questione
riqualificazione, come da noi stessi in più occasioni evidenziato, è molto
importante, ma lo è solo se inserita in un contesto generale, quella del diritto
alla carriera, al di fuori del quale,
diviene lotta corporativa tra riqualificati e non riqualificati, e, riteniamo, non
possa condurre ad alcuna positiva soluzione né per gli uni né per gli altri.
La questione del diritto alla carriera, che CGIL-CISL-UIL e SalFI hanno voluto
circoscrivere ai “soli” riqualificati non è affatto risolta – come
vedremo dopo. Comunque, ammesso e non concesso che si giunga a salvaguardare gli
inquadramenti già ottenuti – cosa che, ribadiamo, sembrerebbe impossibile
senza modificare in maniera complessiva il quadro normativo di riferimento –
ciò non risolverebbe il problema dell’organizzazione del lavoro a cui si
collegano direttamente tutte le questioni più importanti, dal salario alle
piante organiche, e, quindi, mobilità, assunzioni, privatizzazioni etc… Aver
dichiarato uno sciopero dei riqualificati contro tutti è, in questo contesto, un ulteriore tentativo di spostare
l’attenzione dai problemi veri. Un atto la cui colpevolezza è seconda solo
alla revoca – pardon, al rinvio – dello sciopero stesso che sembrerebbe
voler significare il superamento del problema…
Le Rappresentanze sindacali di base rilevano da tempo che all’interno dell’amministrazione
finanziaria, a partire dal mancato riconoscimento del diritto
alla carriera, si stanno
concretizzando operazioni striscianti di smantellamento del
servizio pubblico.
Smantellamento che nel quotidiano significa rinuncia
ai diritti dei dipendenti (primo tra tutti
il diritto ad ottenere una retribuzione adeguata, come dice la Costituzione, ad
un livello di vita dignitosa e alla prestazione lavorativa espressa).
Smantellamento che, in prospettiva, significa decentramento
amministrativo (che però assume sempre
più la caratteristica di transito verso consorzi e cooperative) per i catasti, svendita
del patrimonio immobiliare per il demanio,
sempre maggiore organizzazione di facciata per entrate e dogane.
Tutto questo con contratti scaduti
da sei mesi, senza uno straccio di
aumento – né il pagamento dell’indennità di vacanza
contrattuale - e con una normativa
sull’esternalizzazione dei servizi pubblici che fa accapponare la pelle (vedi di seguito).
In un contesto come questo, limitarsi a focalizzare
eventuali iniziative di lotta sui riqualificati è atto – quantomeno –
incosciente.
Oggi, e sappiamo che la lotta sarà durissima, senza
esclusioni di colpi, diviene necessario dare a chi pensa che pubblico impiego
e diritti siano due entità incompatibili, una
risposta forte e complessiva.
Per
questo le Rappresentanze sindacali di base hanno indetto uno sciopero generale
del pubblico impiego per il giorno 28 giugno 2002.
Neo
2.
Pubblico Impiego: è sciopero generale
Il
Consiglio Nazionale della Federazione RdB Pubblico Impiego ha proclamato oggi lo
sciopero nazionale della categoria per l’intera giornata del 28 giugno.
La
decisione è stata assunta all’unanimità dal massimo organismo della RdB P.I..
Lo sciopero è stato proclamato:
Contro
il protocollo Governo – CGIL, CISL, UIL e Autonomi sottoscritto in data 4
febbraio 2002 che accetta stanziamenti irrisori per i rinnovi contrattuali
e dà via libera alle esternalizzazioni e alle privatizzazioni di gran
parte delle attività della pubblica amministrazione;
Per
imporre l’immediata apertura di tutti i contratti pubblici scaduti ormai da
sei mesi senza che peraltro sia stata corrisposta l’Indennità di Vacanza
Contrattuale prevista;
Per
impedire lo stravolgimento dell’attuale composizione dei comparti di
contrattazione ed in particolare il tentativo di spostare il Corpo Nazionale
Vigili del Fuoco dal Comparto Aziende e Amministrazioni autonome a quello della
Sicurezza assieme a Polizia, Carabinieri ecc. stravolgendone così il ruolo e le
peculiari funzioni sociali di protezione civile;
Per
una soluzione avanzata del problema aperto dalla Sentenza della Corte
Costituzionale in merito alle progressioni di carriera che rischia di
bloccare e far tornare indietro i nuovi modelli organizzativi ottenuti sinora.
Durante
la giornata di sciopero si terranno iniziative di protesta nelle maggiori città
Italiane.
Roma,
15 giugno 2002
3.
Accordo
su riqualificazione: che cosa sposta?
Riportiamo, integralmente, il testo dell’accordo
sottoscritto il 13 giugno u.s. dall’Amministrazione (Dipartimento Politiche
Fiscali) e CGIL-CISL-UIL e SalFI, utile solo a
questi ultimi per rinviare lo sciopero che
avevano dichiarato sulla materia.
L’accordo, infatti, come anche il più sprovveduto non potrà che
rilevare, non sposta di una virgola il problema perché, di fatto, non lo
affronta nell’unico modo possibile, ovvero non mette in
discussione il concetto dei corsi/concorsi partendo dalla necessità di rivedere
l’ordinamento professionale (e quindi l’inquadramento del personale), ma si limita a recepire una generica disponibilità
dell’Amministrazione a discutere del problema dei – soli- riqualificati.
Disponibilità già presente nel momento in cui
l’Amministrazione ha varato i corsi/concorsi e, al termine dei quali ha
inquadrato il personale (seppur in via provvisoria)…
A ben vedere, quindi, l’accordo non solo è vuoto
di contenuti, ma, soprattutto in una
fase in cui i quattro firmatari si ostinano a procedere a tavoli separati,
induce a perseverare nell’errore di spostare
l’attenzione dall’ordinamento professionale
– unica possibile chiave di volta del problema - all’inquadramento
dei riqualificati.
In sostanza, pur prendendo atto che si comincia a
prospettare, come da noi proposto, una soluzione negoziale, il rischio è che il
vero problema (e quindi la vera soluzione) venga solamente sfiorato.
CGIL-CISL-UIL e SalFi, con la scellerata scelta dei tavoli
separati vogliono affermare che
loro – e solo loro – possono risolvere il problema. Nell’affrontarlo in
maniera parziale però, rischiano non solo di lasciarlo irrisolto, ma di
peggiorare ancora la situazione.
Per questo, a fronte del solito sciopero virtuale,
dichiarato e, come sempre, rinviato, è necessario uno sciopero
vero per il diritto alla carriera.
Per questo, in tutti i posti di lavoro, i delegati
sindacali, i delegati RSU, le lavoratrici e i lavoratori devono continuare ad
usare gli strumenti di pressione che abbiamo fornito (lettera su mansioni,
petizione al ministro, interrogazione parlamentare), se possibile, ancora con
maggior forza. Il diritto alla carriera è un diritto di
tutti.
PROTOCOLLO D’INTESA
Oggi, 13 giugno 2002, presso la sede del
Dipartimento per le Politiche Fiscali, la Delegazione di parte pubblica
(Dipartimento per le Politiche Fiscali e Agenzie fiscali) e le Organizzazioni
sindacali C.G.I.L.-F.P., C.I.S.L-F.P.S., U.I.L.-P.A. e U.N.S.A.-S.A.L.F.I., si
sono incontrate per valutare le soluzioni possibili relativamente alle
problematiche connesse alla sentenza n. 194/2002 della Corte Costituzionale.
L’Amministrazione riferisce di aver assunto le seguenti
iniziative:
richiesta di parere all’Avvocatura generale dello Stato in
ordine alla valenza della clausola risolutiva espressa e all’eventuale
consolidamento delle posizioni acquisite;
richiesta di intervento degli Organi Politici presso il
Dipartimento della Funzione Pubblica al fine di individuare provvedimenti, anche
legislativi, di soluzione della problematica;
individuazione di soluzioni negoziali.
A seguito di tali iniziative e dell’assunzione
dell’impegno a trovare idonee soluzioni , l’Amministrazione chiede alle
OO.SS. di valutare la portata delle iniziative stesse.
Dopo ampia discussione, le Parti, nelle more degli esiti
delle iniziative gia attivate dall’Amministrazione per la soluzione delle
problematiche connesse alla sentenza n. 194/2002 della Corte Costituzionale,
CONCORDANO
di attivare un Tavolo negoziale finalizzato ad individuare soluzioni che,
utilizzando gli strumenti previsti dall’ordinamento ed in particolare quelli
pattizi di diritto comune, consentano di salvaguardare le
posizioni acquisite dal personale a seguito della stipula di contratti
individuali conseguenti alle procedure di riqualificazione.
Il tavolo, immediatamente costituito, dovrà raggiungere le
intese entro il mese di luglio p.v..
Le OO.SS., per quanto sopra concordato e preso atto
dell’apertura delle trattativa, nel mantenere lo stato di agitazione del
personale, sospendono lo sciopero proclamato per il 17 giugno, riservandosi sin
d’ora idonee iniziative di lotta ove gli obiettivi del confronto non dovessero
essere raggiunti.
DELEGAZIONE DI PARTE PUBBLICA
ORGANIZZAZIONI SINDACALI
4.
Decentramento dei catasti. Nel vuoto, segnali inquietanti.
Non
si sa più nulla. I comuni hanno risposto
ai singoli catasti sulla base della controversa comunicazione della primavera
scorsa per indicare quelli sono le loro preferenze. Ricordiamo che i singoli
Comuni dovevano manifestare se preferivano gestire in proprio, effettuare
convenzioni – opzione questa poco sponsorizzata dal Ministero, nonostante le
continue assicurazione dei vertici dell’Agenzia – oppure la propria
indisponibilità di gestione delle operazioni inerenti al catasto sulla base del
Decreto Legislativo 112/1998.
Non abbiamo ancora dati ufficiali, anche se quello che siamo
riusciti a raccogliere fin’ora ci da un quadro della situazione quanto mai
variegato, un quadro che tende a dimostrare l’ingestibiltà
di un processo di decentramento così come ideato
a suo tempo dallo staff di Bassanini, con l’appoggio, pressoché
incondizionato, di alcune organizzazioni sindacali.
Il Decreto Legislativo 112/1998 è sbagliato, perché non
consentirebbe una gestione razionale delle operazioni catastali. Questo,
ovviamente, volendo sospendere il negativo giudizio politico sullo stesso che le
RdB hanno sempre manifestato. Il rischio però
è che il suo superamento non sia un ripensamento sulla questione ma una sua
ulteriore accelerazione in senso privatistico.
E’ un rischio da sventare dichiarando con forza che se il
decentramento significa privatizzazione, se significa disparità di trattamento
tra i cittadini, se significa smantellamento del servizio pubblico NON
LO VOGLIAMO.
Che ci sia confusione e che l’intervento sindacale non può
più limitarsi ad essere quello di far parte di un Osservatorio
che, nei fatti, non riesce ad osservare
proprio nulla è dimostrato da uno stralcio della lettera inviata dal
Compartimento di Bologna agli Uffici Provinciali dell’ Emilia Romagna/Marche:
gli obiettivi dell’Agenzia…
1.
entro il 31/07 p.v. definizione del piano delle sedi di decentramento
2.
dal 1/08 p.v. avvio della procedura concorsuale di mobilità secondo i
criteri dettati dal DPCM 446/2000 o da sue eventuali successive modificazioni.
3.
entro
il 31/12 p.v. attivazione del decentramento per un primo blocco di Comuni. Tale
attivazione comprende sia i Comuni che hanno richiesto di gestire direttamente
le funzioni catastali (per i quali occorre fare emanare entro la stessa data del
31/12 appositi DPCM di trasferimento delle risorse umane e finanziarie), sia i
Comuni che intendono optare per le convenzioni. Si fa presente che l’obiettivo
assegnato per il corrente anno all’Agenzia da Ministro riguarda,
complessivamente (gestione diretta e convenzioni), almeno il 30% della
popolazione…
la lettera continua con la
raccomandazione di ricontattare i Comuni che non hanno risposto perché forse
non hanno capito bene.
Nel frattempo, immediatamente dopo
la denuncia delle RdB (Vedi “Il sacco bucato” n.6/2002 del 7 maggio u.s.)
l’Agenzia del Territorio si è “accorta” – inviando una lettera di
“diffida”, datata 8 maggio 2002, al Consiglio Nazionale dei Geometri - di Geoweb
e, come noi avevamo rilevato, aveva una gestione abbastanza allegra delle
“cose” catastali.
Si moltiplicano le dimostrazioni
che la deregolamentazione delle “cose” pubbliche è foriera di pericolose
fughe in avanti. Non è più tempo di giochetti sulle parole… Oggi i
dipendenti pubblici non possono più attendere che qualcuno decida per loro.
5.
Assunzione dei Lavoratori a Tempo Determinato. Una scelta di “vita”
Lo sciopero del 28 giugno è lo sciopero per salvare il
pubblico impiego, fortemente minato, vedremo dopo, dall’accordo del 4
Febbraio.
La scelta di limitare al 31
dicembre di quest’anno l’apporto essenziale dei LTD alle operazioni
catastali, vista anche la lettera pubblicata nell’articolo
precedente, in cui è evidente un’inquetante coincidenza di data con la
questione decentramento, suona sempre di più come una campana
a morto non solo per gli LTD ma
per tutto il settore.
E’
chiaro. Parlare di assunzione
degli LTD non è un velleitarismo. E’ sottolineare che il ruolo pubblico dei
catasti non può e non deve sparire.
Dipendenti
e LTD sono accomunati dalla lotta alla salvaguardia del posto pubblico fanno
parte della stessa catena. I lavoratori precari sono l’anello più debole, se
si spezza quello, si spezza la catena.
6.
Tavoli separati: quale democrazia?
La questione riqualificazione, su cui CGIL-CISL-UIL e SalFi
vedono miseramente naufragare il contratto da loro voluto e da noi criticato, ha
fatto da spartiacque e i quattro hanno deciso di non confrontarsi più con le
RdB, evidentemente per l’imbarazzo in cui li mette tale confronto. La condanna
di tale operazione non può che essere piena. Non perché ci piace,
masochisticamente, discutere assieme a chi, spesso, non è d’accordo con noi,
ma perché, il confronto tra diverse posizioni è questione etica. E’ la base
della democrazia. Fatte le debite
proporzioni, pensare ai tavoli separati di trattativa è un po’ come pensare
ad un parlamento in cui, la maggioranza, forte di poter approvare le leggi sulla
base dei numeri, rifiutasse il confronto dialettico in aula con i componenti
della minoranza.
Quando
il più forte non vuole fermare a confrontarsi con chi la pensa diversamente ci
si trova di fronte ad un atteggiamento a dir poco inquietante.
Detto questo, visto il diffondersi di tale pratica, abbiamo,
comunque, ritenuto utile fornire su questo alcune indicazioni ai nostri
delegati, utilizzando alla bisogna, un quesito sottoposto all’ARAN e la
risposta di quest’ultima datato 16 maggio 2001 (tratto dal sito internet
dell’ARAN):
Quesito: E' possibile soddisfare la richiesta di una organizzazione
sindacale di svolgere la trattativa per la definizione di un contratto su tavoli
separati?
Risposta: In relazione al
quesito formulato possiamo chiarire che è legittima la richiesta di una o più
organizzazioni sindacali di proseguire le trattative su tavoli separati dalle
altre organizzazioni. La delegazione di parte pubblica non può rifiutare la
richiesta ma deve esercitare con equilibrio e con correttezza il proprio ruolo
negoziale in modo da offrire pari opportunità e identico prestigio ai due
tavoli di trattativa.
Pubblichiamo inoltre uno stralcio della circolare ARAN 1702
del 15 febbraio 2002.
Con riguardo al tema generale relativo alla richiesta di
tavoli separati si evidenzia che la giurisprudenza ormai consolidata sostiene
che le organizzazioni sindacali rappresentative possono chiedere tavoli
separati. Tale principio, nell'attuale sistema delle relazioni sindacali,
riguarda però il livello di trattativa nazionale ove la delegazione trattante
è formata solo dalle organizzazioni sindacali. Nella sede decentrata, invece,
la delegazione trattante di parte sindacale è costituita da due distinti
soggetti entrambi necessari, le RSU e le organizzazioni sindacali di categoria,
il che porterebbe
ad escludere la possibilità che le trattative si svolgano a tavoli separati tra
queste due componenti. Si rammenta,
inoltre, che la RSU, organismo unitario di rappresentanza dei lavoratori, assume
le proprie decisioni a maggioranza dei componenti. Tale materia non è stata,
tuttavia, affrontata dai CCNL e, pertanto, costituisce una modalità di rapporto
interno delle due componenti sindacali tra le quali l'Amministrazione non può
assumere il ruolo di arbitro.
Si evince che la neutrale delegazione di
parte pubblica non può rifiutare la richiesta di una o più organizzazioni
sindacali di proseguire le trattative su tavoli separati dalle altre
organizzazioni, anche se è chiaro che i tavoli separati sono improponibili
negli uffici sede di RSU, in cui convivono due soggetti sindacali. Negli altri
ambiti, l'elemento da valutare, ai fini di eventuali invalidamenti di
trattative, è rappresentato dal fatto che la delegazione di parte pubblica deve
organizzare gli incontri con EQUILIBRIO e CORRETTEZZA e fornire PARI
OPPORTUNITA' e PRESTIGIO ai due tavoli. Sono quindi espressamente vietati tavoli
di serie A e tavoli di serie B soprattutto con riferimento al PRESTIGIO. Si può
leggere chiaramente nella risposta formulata che ad esempio la parte pubblica
deve essere presente con la stessa delegazione. Resta a carico di quest' ultima
quindi l'onere di essere presente con le stesse persone a tavoli separati, pena
l'invalidità della trattativa conclusa al "tavolo più prestigioso".
Sicuramente poi non conferisce lo STESSO PRESTIGIO ad un tavolo di trattativa
iniziare gli incontri quando all'altro tavolo già sono eventualmente già
iniziati o addirittura terminati.
7. Patrimonio dello Stato? Bye
bye!
Nonostante in un incontro con il sottosegretario Armosino,
del 21 maggio scorso, ci fossero state fornite assicurazioni rispetto alla
svendita del patrimonio dello stato, noi, diversamente da chi si vuole bere
tutto, abbiamo mantenuta elevata la nostra attenzione sulla questione. Nel
frattempo è stata approvata la legge “taglia deficit” voluta dal ministro
dell’Economia Tremonti. Il testo prevede la
costituzione di due società ad hoc, la Patrimonio e la Infrastrutture
Spa per “valorizzare, gestire e alienare il patrimonio dello Stato” e far
incamerare allo Stato 730 milioni di Euro in tre anni. Siamo di fronte ad una
vera e propria svendita del patrimonio pubblico. Una legge che ha creato non
pochi malumori nella stessa maggioranza. Il problema riguarda in maniera
drammatica il patrimonio culturale del paese, con tutto quello che ciò può
significare. Le Rappresentanze Sindacali di Base dei Beni Culturali hanno
organizzato una manifestazione-dibattito a Palazzo Massimo
di Roma per mercoledì 19 a
partire dalle ore 15,00.
Per quanto riguarda l’Agenzia del Demanio, questa vendita
significa anche svuotamento del ruolo lavorativo dei
dipendenti. Nella migliore delle
ipotesi si parla di “valorizzazione” del patrimonio dello Stato, ovvero
della possibilità che lo Stato, accorgendosi di affittare beni immobiliari a
prezzi inferiori a quelli di mercato, aumenti i relativi canoni. Se questo può
sembrare positivo, in realtà lo è solo in caso di evidenti privilegi, nella
maggioranza dei casi questo può significare aumento di affitti di uffici
pubblici, di concessioni di spiagge, o, ad esempio, di beni in concessione ad
associazioni sportive… lo Stato incasserà di più, ma chi paga affitti più
alti, secondo voi, ci rimetterà? Alla fine saranno gli utenti finali a
pagare i costi aggiuntivi. Come per la
questione dei tickets, ci troviamo ancora una volta di fronte a imposte subdole,
che non si chiameranno più tasse, ma sempre dalle
tasche dei cittadini dovranno uscire.
Le RdB non accettano svendite del
patrimonio pubblico, non accettano
operazioni che trasferiscano le spese nelle tasche dei cittadini. Proporremo
che, in caso di aumento di canone, lo Stato si impegni a fare da calmiere sui
prezzi all’utenza che non devono aumentare almeno per cinque anni. Chiediamo a
lavoratrici e lavoratori del Demanio di partecipare in massa allo sciopero
generale di Pubblico Impiego del 28 giugno p.v.
8. Demanio: SI.VAL, il
“nuovo” che avanza
Le RdB ritengono assolutamente
inaccettabile il sistema di valutazione del personale (SI.VAL.) adottato
dall’Agenzia del Demanio, che reintroduce forme di controllo e di
condizionamento sul lavoratore che da decenni erano state abolite dalla Pubblica
Amministrazione. Con tutta evidenza è in atto la volontà politica di
restaurare rapporti gerarchici con i lavoratori che ricalcano quella che un
tempo la sociologia del lavoro definiva di “pieno potere dei dirigenti sui
propri subordinati”. Tutto ciò non ha niente a che fare con la volontà di
migliorare il servizio, anzi agisce palesemente nel senso opposto, provocando, come puntualmente è avvenuto,
profondo malessere e forte demotivazione. Altro che promuovere la condivisione e
lo spirito di gruppo, con questi metodi, da sempre, si creano fratture fra il
personale che minano ogni coesione. Chiunque dotato di elementare buon senso
capirebbe che per ottimizzare il lavoro e il buon andamento dell’ufficio nel
suo complesso, occorrerebbe puntare sulla collaborazione, sui rapporti di
fiducia e soprattutto sul pieno rispetto della dignità della persona che
non può essere umiliata con anacronistiche pagelle, giudizi arbitrari, e
discriminazioni economiche. Quest’ultime essendo la parte più odiosa
e aberrante di tale istituto, che lega perfino il salario alla discrezionalità
del Dirigente. Come si possa incentivare il lavoratore sottraendoli salario,
impoverendo un reddito già insufficiente, è difficile da comprendere. Pertanto
ci sembra oltremodo fuorviante limitarsi ad entrare nel merito di come è stato
applicato per la prima volta il SI.VAL senza rigettarne l’impianto,
l’ideologia falsamente “meritocratica”, la sua natura di strumento
d’ intimidazione e di ricatto in mano ai dirigenti. Per questo come
sindacato ci batteremo per la sua soppressione, invitando gli stessi
lavoratori a esprimere in ogni occasione la loro radicale critica a tale
istituto, la cui esistenza rappresenta
una vera e propria regressione nella civiltà dei rapporti di lavoro.
9. Ecco i risultati dell’accordo del 4 febbraio
Ricorderete che il 15 febbraio
avevamo, tra le motivazioni dello sciopero generale di allora, evidenziato come
l’accordo sottoscritto dal Governo e da tutti i sindacati, meno RdB, si
configurasse come un vero e proprio bidone, vuoto di soldi
e pieno di privatizzazioni. Oggi i nodi vengono al pettine. Si scopre che
i soldi per i contratti – scaduti da sei mesi - non ci sono, tanto che
non si aprono le trattative per il rinnovo. A proposito. Nessuno, salvo le RdB
si è premurato di richiedere l’indennità di vacanza contrattuale. Il
Governo, proprio sulla base di tale accordo ha iniziato a stilare un primo
elenco dei “servizi trasferibili”. Un vero e proprio smantellamento. Che
dobbiamo temere due volte, come dipendenti e come cittadini.
Leggeteli, rabbrividite e scioperate con noi il 28 giugno 2002:
servizi di manutenzione e
riparazione; servizi di trasporto terrestre, inclusi i servizi con furgoni
blindati, e servizi di corriere; servizio di trasporto posta per via terrestre
ed aerea; servizi di telecomunicazione; servizi finanziari, assicurativi e
bancari; servizi informatici e affini; servizi di ricerca e sviluppo; servizi di
contabilità, revisione dei conti e tenuta dei libri contabili; servizi di
ricerca di mercato e di sondaggio dell’opinione pubblica; servizi di
consulenza gestionale e affini; servizi attinenti all’architettura ed
all’ingegneria, anche integrata, attinenti all’urbanistica ed alla
paesaggistica, servizi affini di consulenza scientifica e tecnica, nonché di
sperimentazione tecnica ed analisi; servizi pubblicitari; servizi di pulizia
degli edifici e di gestione delle proprietà immobiliari; servizi di editoria e
di stampa in base a tariffa o a contratto; servizi di eliminazione di scarichi
di fogna e di rifiuti, disinfestazione e servizi analoghi; servizi alberghieri e
di ristorazione; servizi legali, ad esclusione di quelli attribuiti
all’Avvocatura di Stato; servizi ricreativi, culturali e sportivi.
10. Oltre l’articolo 18
Un’ultima
riflessione. Ben venga la tutela dell’articolo 18 della legge 300/70. Ma, se l’articolo 18 è, come
crediamo, un diritto essenziale (non si deve licenziare nessuno senza
giusta causa o giustificato motivo) non comprendiamo perché bisogna
continuare ad accettare che questa tutela non debba essere applicata ai
dipendenti di aziende con meno di quindici dipendenti, o ai dipendenti di
partiti politici o di sindacati. Le RdB stanno raccogliendo le firme per
l’estensione della tutela dell’articolo 18. La miglior difesa è
l’attacco. Vi invitiamo a scioperare il 28 giugno anche per affermare
questo elementare concetto democratico: tutte le lavoratrici e tutti i
lavoratori devono avere gli stessi diritti.