RIQUALIFICAZIONE ALLE FINANZE

IL PARERE DELL’AVVOCATURA DI STATO

 

Con il foglio in riscontro codesta Amministrazione, dopo aver ricordato che l'art.22 della Legge 133/99, con il quale erano state dettate variazioni al precedente testo normativo contenuto nell’art.3 commi 205, 206 e 207 della legge 28.12.95 n.549 (come modificato dall’art.6, comma 6 bis del decreto legge 669/97 convertito con Legge 30/97), in tema di procedure selettive per l’ammissione ai corsi di riqualificazione del personale finalizzati a ricoprire i posti vacanti in organico nei profili delle qualifiche funzionali, nella prospettiva di conformazione ai principi ricavabili dalla sentenza n. 1/99 della Corte Costituzionale è stato dichiarato illegittimo con sentenza della Corte Costituzionale n.194 del 9.05.2002; chiede se a causa della pronunzia di illegittimità Costituzionale debbano essere prese iniziative in ordine ai contratti conclusi nell'ottobre Novembre 2001 a seguito delle procedure svolte sulla base delle disposizioni legislative dichiarate illegittime.

In particolare viene sottolineato che in detti contratti era stata riportata la clausola, convenuta nel protocollo d’intesa con le Organizzazioni sindacali, secondo la quale nell’ipotesi di dichiarazioni di illegittimità costituzionale delle norme di cui all’art.22 legge 133/99, il contratto si sarebbe risolto di diritto "con conseguente recupero dei maggiori assegni corrisposti al dipendente, nonché reintegro dello stesso nella precedente posizione giuridica ed economica”.

Viene anche rappresentato che esiste un rilevante interesse pubblico al buon andamento dell’azione amministrativa che, soprattutto nell'attuale delicato momento dell’attività istituzionale, potrebbe essere compromesso se si desse corso ad eventuali iniziative di recupero della maggiore retribuzione corrisposta in relazione alle prestazioni svolte sulla base dei contratti posti in essere in attuazione delle procedure adottate in forza delle normative dichiarate illegittime e di restituzione del personale interessato ai profili di provenienza.

Ritiene la scrivente che nell'esame del caso rappresentato vadano distinti il profilo delle conseguenze della pronunzia di illegittimità costituzionale ed il profilo delle possibili azioni a tutela del buon andamento dell'azione amministrativa.

Con riguardo al primo profilo può affermarsi che la pronunzia della Corte non produce ex se alcun effetto sulla situazione oggetto del giudizio pendente avanti il Tribunale Amministrativo Regionale Lazio nel quale si è inserito in via incidentale il giudizio di illegittimità costituzionale conclusosi con la sentenza 194/2002.5

Tale sentenza, infatti, ha prodotto l’effetto di eliminare dall’ordinamento l’art.22 della Legge 133/99 e di renderne così impossibile per l'avvenire l’utilizzazione, mentre - con riguardo al giudizio pendente il giudice, dopo la eventuale riassunzione del processo, attesa la ritenuta rilevanza ai fini del decidere del detto art.22 Legge 133/99, pronunziarsi assai prevedibilmente la illegittimità della procedura, e degli atti fondatisi sui corsi di riqualificazione per l’accesso alle fasce funzionali superiori.

Sennonché tale pronunzia non potrebbe pone nel nulla quanto in fatto verificatosi atteso che l’annullamento degli atti procedurali, benché retroattiva, non è idonea a vanificare la realtà fattuale ineliminabilmente prodottasi quale l'avvenuta prestazione di lavoro con svolgimento di mansioni superiori, sicché, anche in ossequio al dettato dell'art.2126 c.c. (applicabile al caso in questione in relazione alla natura privatistica del rapporto di lavoro di cui trattasi), risulterebbero non ripetibili le maggiori retribuzioni corrisposte ai dipendenti fino al momento della cessazione delle mansioni superiori svolte.

Ne sembra che la clausola risolutiva inserita nei singoli contratti possa comportare con riguardo ai profili economici diversa soluzione giacché alla eventuale attivazione di    tale clausola potrebbe essere contrapposto da un lato l’arricchimento dell’Amministrazione e dall'altro che la previsione di recupero di quanto in più corrisposto è coerente con il caso di erronea interpretazione di norme dalle quali, dipende la determinazione del dovuto - per lo svolgimento di definite e certe mansioni e non - come nel caso in esame con l’utilizzazione di norme procedurali che, consentendo, sia pur illegittimamente (alla luce della pronunzia costituzionale poi sopravvenuta) lo svolgimento di differenti e superiori mansioni, hanno comportato l'erogazione di compensi corrispondenti alle mansioni svolte.

Si deve pure considerare che la retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto rappresenta un diritto non disponibile del lavoratore sicché anche sotto questo profilo non potrebbe farsi valere la clausola risolutiva inserita nei singoli contratti a suo tempo conclusi.

In linea di stretto diritto la soluzione qui proposta con riguardo ai profili economici potrebbe però andare temporalmente oltre la data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale.

Peraltro poiché - a quanto risulta - nessun provvedimento recuperatorio (né restitutorio) è stato finora adottato in base - evidentemente - a valutazioni svolte da codesta Amministrazione ed ispirate alla esigenza di assicurare continuità dell'azione amministrativa si ritiene che neppure per il periodo fin qui decorso possa porsi nel nulla, ai fini economici, l’attività prestata dai dipendenti.

La situazione in atto, ovviamente, non potrà protrarsi oltre se non nei limiti temporali e soggettivi dettati dalla stretta, e assoluta necessità di assicurare la buona attività amministrativa e la sua continuità.

Solo la valutazione di tale necessità - rimessa all'apprezzamento di codesta Amministrazione potrebbe, infatti, giustificare l'altrimenti non giustificabile inosservanza della clausola risolutiva contenuta nei contratti.

Diversa appare invece la conclusione cui deve pervenirsi con riguardo alle posizioni giuridiche attribuite ai dipendenti interessati.

Tali posizioni non possono non dirsi travolte (e con effetto retroattivo) dalla pronunzia della Corte Costituzionale e dalla conseguente pronunzia del giudice amministrativo e dovrà quindi farsi luogo alla restituzione dei dipendenti alle qualifiche funzionali di provenienza, dovendosi considerare l'intervenuto svolgimento delle mansioni superiori come avvenuto in fatto ma non conformemente a diritto, e quindi escludendone ogni giuridica rilevanza.

La conclusione ora indicata non significa però che codesta Amministrazione non possa attraversò la individuazione di strumenti diversi dalla semplice convalida delle operazioni annullate (che sarebbe per tale stessa sua natura suscettibile a sua volta di annullamento) soddisfare le esigenze non tanto di copertura di posti in organico quanto di buon andamento della azione Amministrativa che si snoda soprattutto nella necessità di continuità dell'azione amministrativa stessa.

Buon andamento dell'azione amministrativa e soprattutto sua continuità potrebbero risultare - a quanto rappresenta codesta Amministrazione - gravemente compromessi dalla repentina e non immediatamente rimediabile assenza di copertura delle funzioni e mansioni soddisfatte finora dal personale di cui trattasi.

La temuta situazione di grave pregiudizio che verrebbe creata - ­secondo, quanto rappresentato da codesta Amministrazione – dalla decisione di annullamento degli atti posti in essere per coprire posti in organico e dalla necessità di prestarvi ossequio, configurandosi come una evenienza straordinaria e abbisognevole di urgente rimedio, potrebbe legittimare codesta Amministrazione - come si è detto - nella ricerca ed utilizzazione di ogni legittimo strumento idoneo - senza eludere i principi enucleabili dalla decisione della Corte costituzionale, ed il conseguente annullamento delle procedure ed atti posti in essere - a scagionare il temuto grave pregiudizio

Tale rimedio potrebbe essere rappresentato dalla realizzazione di una articolazione organizzativa diversa dall'attuale che, nei limiti consentiti dall'ordinamento, e col consenso delle associazioni sindacali codesta Amministrazione ritenesse utile.

A tale fine potrebbe essere realizzata a mezzo della contrattazione collettiva nel rispetto delle procedure indicate dal decreto legislativo 165/2001, una definizione, ad ampia gamma di professionalità delle aree di inquadramento del personale, fissando per ciascuna area i presupposti di inquadramento e l'organico collettivamente occorrente, nonché le possibili posizioni economiche all’interno di ogni area.

Il personale esistente ed attualmente in servizio andrà, assegnato, verificando l’esistenza dei presupposti di inquadramento fissati in capo a ciascun dipendente all'area di competenza e collocato nelle varie posizioni economiche interne a ciascuna area, tenendo presente 1'effettivo livello di professionalità raggiunto nonché l’originaria posizione economica acquisita prima degli slittamenti destinati alla declaratoria di illegittimità.

I posti residui andranno messi a concorso pubblico.

Una volta realizzato tale assetto organizzativo per aree e posizioni economiche - anziché per qualifiche, potrebbe attraverso procedure di riqualificazione riservate solo in una certa percentuale rispetto alle posizioni economiche che via via si rendessero disponibili ai dipendenti già in servizio, darsi corso allo avanzamento a posizioni economiche superiori interne all'area di inquadramento.

In ossequio ai principi enucleabili dalle sentenze della Corte costituzionale in materia, ed in specie dalla sentenza l94/2002, dovrebbe evitarsi che la percentuale di riserva fosse tale da vanificare sostanzialmente la regola del concorso pubblico e che l’accesso alla posizione economica superiore fosse conseguente alla sola anzianità anziché alla professionalità ed alla posizione economica raggiunta.

Il presente parere è stato sottoposto a esame del Comitato Consultivo che lo ha approvato nella seduta del 3.7.2002.