Oltre le colonne

n.1 - 5 novembre 2002

Fondo unico di Amministrazione e 14^ mensilità. 
Ideologico a chi?

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SCARICA IL FACSIMILE DELLA PETIZIONE PER LA TRASFORMAZIONE DEL SALARIO ACCESSORIO

Contributi e proposte per la stesura di questo documento ci sono giunti dai nostri Coordinamenti di Sardegna, Liguria e Puglia, anche se, nell’ultima nostra riunione nazionale, è emersa, da parecchi territori, l’esigenza di rilanciare oggi, in presenza dello scoppiare di tutte le contraddizioni insite nella gestione del FUA, una forte iniziativa sindacale finalizzata a modificare radicalmente questa modalità.

PREMESSA
Anche in vista del prossimo rinnovo contrattuale, è oggi necessario riflettere sulla questione del Fondo Unico di Amministrazione, che ci ha visto andare, come delegati RdB, alle contrattazioni, tentando di aggiustare, a livello locale, ciò che non era aggiustabile. Abbiamo tentato di gestire il Fondo Unico di Amministrazione, tentando di applicare criteri di giustizia e di equità e ridurre la forbice della discriminazione tra i colleghi. Oggi, molti di noi si rendono conto che è impossibile attuare tale gestione. Gli accordi nazionali non lasciano spazi di contrattazione alle Rsu e alle Organizzazioni Territoriali. Le voci incluse nelle indennità sono limitate e lasciano fuori parte del personale. I fondi assegnati sono appena sufficienti per coprire alcune indennità, tagliando fuori il restante personale. Abbiamo da sempre osteggiato e criticato questo meccanismo.

DIVISIONE A PIOGGIA?
La nostra ferma determinazione a criticare l’istituto del salario accessorio è supportata da motivazioni chiare, precise e, lo sappiamo per la nostra esperienza sindacale quotidiana, ampiamente condivise. Nel tentativo di offuscare tali motivazioni le Amministrazioni e, purtroppo, anche le altre OO.SS., tendono a banalizzare e ad etichettarci come “quelli che vogliono la divisione a pioggia”, sottintendendo, con tale definizione, una sorta di irrazionalità sindacale e di ideologia equalitarista. Sbagliano. Le RdB non sono contrarie alla valorizzazione del personale e non sono per un ideologico appiattimento dello stesso. Detto questo, per fugare ogni dubbio sulle accuse di ideologia che ci sono spesso mosse, e, di fatto, per rispedirle al mittente, cercheremo di spiegare al meglio le motivazioni della nostra posizione. 

CHE COSA E’ IL FUA?

Nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro Comparto Ministeri 1998/2001, per gli aumenti previsti per il biennio economico 1998/1999, si parlò di aumenti medi lordi a regime di 120.000 lire lorde. In realtà i soldi erano meno, perché, di questi, 39.600 lire venivano versate mensilmente da ogni lavoratore nel Fua. Nel Biennio Economico 2000/2001, il Fua è stato aumentato di un importo pari a altre 16.000 mensili pro-capite. Nel Fua (art. 32 CCNL), che, ricordiamo, è subentrato ai fondi e fondini degli artt.36 e 37 del contratto precedente, confluiscono, oltre ad altre voci, come il 2%, ad esempio, “risparmi dell’amministrazione” che portano sicuramente ad un aumento dei carichi di lavoro, risparmi quali gli importi relativi all’indennità di amministrazione del personale cessato dal servizio non riutilizzati in conseguenza di nuove assunzioni, le economie conseguenti alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale (il 20% è destinata al miglioramento della produttività collettiva e individuale), i risparmi di gestione riferiti alle spese di personale, i risparmi derivanti dalla riduzione del personale, le risorse relative alle ore di straordinario non utilizzate. Direttamente o indirettamente, quindi, sono lavoratrici e lavoratori che contribuiscono alla costituzione del FUA. C’è, inoltre, un’evidente contraddizione tra la modalità di co­stituzione del fondo, essenzialmente procapite, e la sua distribuzione, che esalta le differenze (con colleghi, che, spesso in maniera immotivata, ricevono dal fondo importi 10/15 volte superiori a quelli di altri).

 

DOPPIO LAVORO PER I NOSTRI SOLDI?

Inoltre, in conseguenza agli accordi di Luglio 1993, in sede di rinnovi contrattuali non si parla di aumenti salariali, e neppure di recuperi salariali, ma esclusivamente di recupero dell’inflazione programmata, cioè di quella quota del nostro stipendio che, secondo la programmazione del governo di turno, è stata erosa dal carovita. Quei soldi, tra l’altro insufficienti, sono un recupero della perdita del potere d’acquisto del mio stipendio. Perché non vanno nella mia busta paga ma vanno dentro i soldi collettivi del Fua? Sono soldi miei, di fatto e di diritto: Perché devo andarmeli a riguadagnare una seconda volta? Perché un collega deve andarsi a prendere la mia quota di aumento contrattuale? Perché quei soldi devono essere utilizzati per pagare le indennità di direzione, di capo team, di rappresentanza dell’amministrazione, la formazione e quant’altro se sono miei? Perché devono servire a creare discriminazioni? Si tratta di importi, che anziché, alimentare, come sarebbe stato giusto, la busta paga di ognuno di noi, sono utilizzati per creare un Fondo che ha utilizzi disparati ed incontrollabili. Mai, nessuna organizzazione sindacale avrebbe dovuto firmare accordi che legittimano questa perversione. E le RdB, non firmando tali accordi, si sono trovate in contrasto con - non c’è alcuna polemica ma constatazione della realtà -  sindacati che hanno accettato questo sistema, e che ne sono gli alfieri più appassionati. 

QUANDO LI PRENDIAMO?
Legare il salario al presunto calcolo della produttività fa si che si ragioni sempre a consuntivo. Da qui l’enorme ritardo con cui i fondi vengono corrisposti. Per cui, tra l’altro, lavoratrici e lavoratori non capisco mai cosa stanno ricevendo. Gli anni di riferimento si accavallano, si sovrappongono le voci di corresponsione in cui il fondo viene diviso. Il singolo dipendente non può mai fare affidamento su tale quota, per definizione, incerta, nell’entità e nei tempi di corresponsione. Con questo sistema, inoltre, si perde assolutamente il controllo della gestione dei fondi (sfidiamo qualsiasi sindacato a dimostrarci il contrario). Più volte l’Amministrazione, rifacendo i conti, ha trovato che del Fondo di qualche lontano anno di riferimento, sono avanzati alcuni soldi…
 

PERVERSIONI E DISTORSIONI
L’attribuzione del fondo ai singoli dipendenti viene, per buona parte di esso, di fatto, subordinata alla funzione assolta all’interno dell’ufficio. Questo comporta una inaccettabile discrezionalità dei Dirigenti. Le trattative svolte in ritardo, tra la blindatura che viene imposta dagli accordi nazionali e i dati di fatto maturati negli uffici, senza alcun coinvolgimento nelle decisioni del personale e dei suoi rappre­sentanti locali, fanno si che la discriminazione nella suddivisione degli importi sia ingiustificata sotto qualsiasi punto di vista. Non solo, il sistema così concepito, distrugge qualsiasi ruolo serio delle rappresentanze sindacali di posto di lavoro che vengono private di ogni possibilità critica e ridotte a notai che, ad anni di distanza, verificano l’organizzazione del lavoro e certificano quanto deciso dalla Dirigenza. Inoltre la contrattazione dei fondi di anno in anno, spesso (sempre), a posteriori rispetto alla prestazione svolta, significa, in termini pratici, che ognuno di noi svolge un’attività e corre dietro ad un risultato di produttività senza sapere se e quando sarà remunerato per questo. In questo modo salta il principio base del rapporto di lavoro. Il rapporto tra prestazione di lavoro e corrispettivo salariale relativo che deve essere certo in entità e tempi di corresponsione. Infine, il sistema ci impone il ricatto della perenzione. L’Amministrazione (sia essa Ministero, sia essa Agenzia) che mette sul piatto con ritardi storici le cifre dovute ai suoi dipendenti e poi li esorta a non perdere tempo in discussioni (verifiche o approfondimenti) affermando “mi riprendo i soldi e chissà quando li rivedrete…”

INDENNITA’ DI FUNZIONE
Possiamo provocatoriamente affermare di esser contrari alle indennità di funzione. E lo affermiamo nonostante il populismo di chi si spende ogni anno gli importi “strappati” all’Amministrazione come vittorie sindacali di prima gran­dezza. Perché siamo contrari?
1) l’accrescimento degli importi relativi alle singole Indennità di Funzione, a cui non corrisponde un equivalente accresci­mento degli importi complessivi assegnati, ha svuotato di contenuti la contrattazione locale, ridotta, come abbiamo già visto, ad una semplice rilevazione – e certificazione delle decisioni precedenti dei dirigenti;
2) le Indennità sono individuate a posteriori, quindi, i colleghi lavorano senza sapere se, quando e quanto riceveranno come indennità;
3) le indennità, quindi, non sono un diritto acquisito, contrattualmente, possono essere attribuite o tolte in qual­siasi momento;
4) le indennità vanno a sanare a posteriori un indubbio deficit di programmazione del lavoro. In sostanza, con il si­stema delle indennità, l’amministrazione non entra nel dettaglio dell’organizzazione del lavoro, della revisione dei profili professionali e quindi non riconosce ai dipendenti quanto gli è dovuto, giuridicamente, per il lavoro svolto;
5) la quasi completa discrezionalità di assegnazione delle funzioni indennizzabili da parte della dirigenza, crea, nei fatti, enormi discriminazioni nell’attribuzione dei fondi. Tali discriminazioni, per via dell’accrescimento delle figure indennizzabili, o degli importi della singola indennità, divengono insanabili visto che la, eventuale, somma residua, con la quale si sarebbero potuti ipotizzare riaggiustamenti sul piano equitativo, diviene sempre più esigua.
Le RdB propongono la revisione degli inquadramenti del personale, attribuendo in busta paga, in via definitiva, sotto il punto di vista giuridico ed economico, gli importi corrispon­denti alle attuali indennità, e che comunque, se di indennità bisogna parlare, queste devono essere l’eccezione e non la regola, e comunque devono essere preventivamente indivi­duate, negli importi e nell’attribuzione delle funzioni (e non ratificate a posteriori).

CHI E’ IDEOLOGICO?
Al di là di ogni accusa di ideologia, diviene inaccettabile che soldi di tutti vengano utilizzati in maniera disomogenea, in una specie di gara, in cui le disomogeneità vengono giustificate con maggiore o minore abnegazione al lavoro o maggiore o minore responsabilità, giudizi però tracciati a consuntivo per cui nessuno sa che gara sta correndo e quale sarà il traguardo. Solo una volta garantito a tutti un equo stipendio in busta paga, al passo con l’inflazione (proponiamo una nuova scala mobile), che garantisca una ridistribuzione della ricchezza prodotta dal paese ed il rispetto dell’inquadramento sulla base delle funzioni svolte - nulla osta, secondo noi, ad individuare risorse supplementari con cui retribuire maggiormente chi, con criteri trasparenti ed individuati preventivamente, ha contribuito maggiormente a produrre risultati. Il ribaltamento di questo principio produce gli “effetti collaterali” che vediamo tutti i giorni nei nostri uffici. Le altre Organizzazioni sindacali che non possono ignorare i dissapori e le difficoltà che tale sistema ha prodotto e produce. Ad esse, quindi, va rispedito il giudizio di ideologicità che spesso ci viene mosso. E’ ideologico chi, si ostina, e continua a far finta di non vedere i danni – non ultimo la frammentazione di una solidarietà di lavoratrici e lavoratori che dovrebbe essere obiettivo primario delle organizzazioni sindacali - che tale sistema ha prodotto.
 

CONCLUSIONI E PROPOSTE
Oggi sono evidenti i guasti che tale sistema ha prodotto e continua a produrre. In alcuni uffici c’è la guerra tra colleghi; in altri uffici i direttori usano il Fua come se fosse il fondino, per cui premiamo il loro clientelismo e servilismo; le Rsu spesso sono snaturate e fanno da notaio agli elenchi predisposti dalla direzione. E’ un gioco al massacro voluto dall’Aran e dalle Organizzazioni sindacali che hanno firmato questi accordi. E’ il loro “sporco” gioco. E allora che lo giochino loro. Le RdB non parteciperanno più a riunioni dove si deciderà di spartire il Fua. La nostra posizione sul FUA, deve risultare chiara ed inequivocabile. Chiediamo la trasformazione del FUA, con il trasferimento dei fondi in busta paga, a riconoscimento giuridico, economico e pensionabile, della professionalità espressa e delle funzioni svolte, e la costituzione di una quattordicesima mensilità. Per aumentare la sensibilità di coloro che si siederanno al tavolo del rinnovo contrattuale, lanciamo, infine, una petizione sulla nostra proposta.(SCARICA IL FACSIMILE DELLA PETIZIONE PER LA TRASFORMAZIONE DEL SALARIO ACCESSORIO). Il contratto è scaduto da quasi un anno, i nostri stipendi non bastano più e vogliamo che vengano corrette le storture che prima abbiamo illustrato. Ci impegneremo, nel confronto con il personale in assemblee e comunicati per rendere concreta la possibilità di realizzazione delle nostra proposta. La nostra battaglia sul salario sta dando i primi frutti. Nella proposta fatta al tavolo contrattuale Pubblico Impiego la RdB/PI ha ribadito al Ministro Frattini che gli aumenti contrattuali dovrebbero andare in maniera preponderante nella busta paga. C’è stata un’apertura in tal senso, smentendo e superando, l’accordo di febbraio 2002, che prevedeva che parte consistente degli aumenti andasse a finanziare la produttività. Non è sufficiente. I motivi che ci hanno spinti alle lotte sono ancora sul tavolo, sono ancora tutti validi. Rilanciamo le nostre proposte. Rilanciamo le nostre lotte.