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Circa dieci giorni fa, nel numero 0 di Oltre le colonne, abbiamo affermato che la nostra organizzazione sindacale era di fronte ad una svolta obbligata. Non era più possibile, nei posti di lavoro, limitarsi a discutere delle, pur importanti, questioni imposte da contratti e accordi nazionali. Dovevamo rompere la gabbia in cui l’attività sindacale era stata costretta. I fatti di questi ultimi giorni hanno confermato tale analisi. La Sicilia (e non solo) è sottosopra per la rivolta degli operai FIAT; il nostro paese ha un ruolo attivo in una guerra totale, i cui effetti e le cui conseguenze sono ancora inimmaginabili; le forze dell’ordine arrestano, con atto inqualificabile e squadrista, alcuni esponenti dell’antagonismo sociale sulla base del nuovo articolo del codice penale, il 270 bis, di cui, temiamo, sentiremo parlare spesso; è in corso il tentativo di trasformare il Corpo dei Vigili del Fuoco in una sorta di polizia (chi di voi ha letto “Fahrenheit 451”?); la Finanziaria, dietro il paravento dei quattro soldi (circa 2/300 euro annui) concesse con la riforma (?) delle aliquote fiscali, smantella, una volta per tutte, il sistema scolastico pubblico e il sistema sanitario, ma soprattutto, per quanto ci riguarda, CHIUDE IL MINISTERO DELLE FINANZE e LIQUIDA I SUOI DIPENDENTI! Nei posti di lavoro sembra
invece di stare sul TITANIC, dove, mentre qualcuno sa del
disastro imminente, la maggior parte delle persone continuano a
danzare al suono dell’orchestrina della concertazione con
sindacalisti che, continuando a fingere che tutto va bene,
imbracciano gli strumenti della trattativa locale in cui si
dibattono, dopo che i contratti di questi ultimi anni ci hanno
privato di uno stipendio base degno di questo nome, prevalentemente,
questioni relative alla suddivisione dei fondi del salario
accessorio. Abbiamo chiamato i nostri delegati fuori da questa
farsa. Sappiamo che questo è difficile, perché i nostri
colleghi nei posti di lavoro ci chiedono di continuare a farlo... a
tutelarli. Ma non è così che li possiamo tutelare. Così li faremo
affogare tutti come topi, e noi con loro… IL TESTO IN FINANZIARIA Abbiamo atteso l’approvazione della Camera (come sapete ora la discussione è in corso al Senato) prima di parlarne. Ma certo non può lasciare indifferente quello che sta scritto nell’articolo 24, comma 17: Al fine di conseguire gli
obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della
spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di
incrementare l'efficienza e di migliorare la qualità dei servizi, con
uno o più regolamenti, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, il Governo, su
proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro interessato,
sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi
sulla destinazione del personale, individua gli enti e gli
organismi pubblici, incluse le agenzie, vigilati dallo Stato,
ritenuti indispensabili in quanto le rispettive funzioni non possono
più proficuamente essere svolte da altri soggetti sia pubblici che
privati, disponendone se necessario anche la trasformazione in
società per azioni o in fondazioni di diritto privato, ovvero la
fusione o l'accorpamento con enti o organismi che svolgono attività
analoghe o complementari. Scaduto il termine di cui al presente
comma senza che si sia provveduto agli adempimenti ivi previsti, gli
enti, gli organismi e le agenzie per i quali non sia stato adottato
alcun provvedimento sono soppressi e posti in liquidazione»; E’ difficile immaginare che questo comma sia scollegato dalle dichiarazioni di esponenti del Governo che ipotizzano proprio per le Agenzie Fiscali una trasformazione in Fondazioni di diritto privato (o peggio ancora in SPA). E’ difficile immaginare che questo comma sia scollegato da quello che abbiamo vissuto negli ultimi anni, ovvero il, sempre più accelerato, processo di separazione tra la parte politica del Ministero e quella gestionale , incarnata dalle Agenzie. PERCHE’ DICEVAMO NO
ALLE AGENZIE? Nel 1998, le Rappresentanze sindacali di base, denunciavano i rischi che erano insiti nella costituzione delle Agenzie. Eravamo in perfetta solitudine, evidenziata anche dalla scelta di CGIL. CISL, UIL e SALFI, di praticare, proprio su questa base, l’antidemocratica procedura dei tavoli di trattativa separati nell’invano tentativo di dare a lavoratrici e lavoratori l’immagine di una organizzazione isolata ed inutile. Da allora noi siamo cresciuti proprio perché l’analisi che avevamo sviluppato ha trovato conferma in tutti gli sviluppi successivi. Il nodo della nostra critica era che separare politica e gestione, avrebbe avuto una ricaduta sul ruolo che la Costituzione garantisce al Ministero delle Finanze, e di conseguenza, ai suoi dipendenti. GABBIE SALARIALI La discussione che è in corso presso l’Agenzia delle Entrate sul salario di produttività del 2001, è dimostrazione di quanto fosse corretta la nostra analisi. Per il 2001, alle Entrate, sparisce il 2% come modalità di distribuzione, ma rimane come modalità di rastrellamento dei fondi. Il Fondo unico di Amministrazione è stato diviso, dal 2001, in tre tronconi, il primo è quello relativo alla retribuzione del personale per la partecipazione al processo di riforma (professionalità), da noi ottenuto con una forte opera di sensibilizzazione circa 18 mesi fa, il secondo è quello relativo ai budget di ufficio e indennità di funzione, i cui aspetti negativi si stanno sviluppando attualmente in tutti gli uffici, il terzo è il salario di produttività, equivalente al 37% del fondo, di cui attualmente è in discussione la divisione ai singoli uffici. Sta accadendo che, proprio grazie a quella separazione tra politica e gestione che tanto abbiamo criticato, si stanno dirottando risorse dei dipendenti del Sud Italia verso i dipendenti del Nord Italia. Come accade questo? Semplice. Ricorderete che il fondo del 2%, veniva alimentato, appunto, dal 2% di quanto riscosso a seguito dell’attività di accertamento sviluppata dai singoli uffici e distribuito con la stessa proporzione agli uffici che avevano raggiunto gli obiettivi numerici ed economici fissati (unilateralmente) dall’Amministrazione. In questo meccanismo era già insita un’iniquità tra coloro che, facendo lo stesso lavoro, sia in termini di quantità che di qualità, si vedevano attribuire una quota di retribuzione in proporzione non di questo, bensì delle situazioni sociali contingenti… Ma questo discrimine, pur continuando a vederci contrari, era perlomeno giustificato dall’assonanza della modalità di costituzione e di quella di distribuzione di quella quota del fondo. Oggi, questa discriminazione si accentua, visto che il fondo di produttività, che l’Agenzia vorrebbe distribuire con modalità analoghe a quelle del 2%, come detto equivale al 37% dei fondi totali, mentre il 2% sulla riscossione non alimenta il fondo complessivo di più del 20% del totale. Seppur, ci rendiamo conto, seguire il discorso che abbiamo fatto sia piuttosto complicato, crediamo, comunque, che risulti chiaro che la scelta gestionale dell’Agenzia sia quella di CHIUDERE le strutture ritenute improduttive, iniziando col riversare in esse, meno risorse possibile, creando GABBIE SALARIALI, che sono il primo passo per convincere i dipendenti che lavorano nel Sud Italia a cambiare sede di lavoro o mestiere, seguiranno le mobilità di ufficio, la cassa integrazione e i licenziamenti (senz’altro favoriti da una trasformazione dell’Agenzia da soggetto di diritto pubblico a soggetto di diritto privato, come, appunto, dice la Finanziaria). DECENTRAMENTO DEI CATASTI
E CHIUSURA DEL DEMANIO Il decentramento dei catasti è l’altro esempio di cosa sta accadendo. Non se ne parla più. Qualcuno si è chiesto come mai? Perché sta circolando una nuova voce. Che l’Agenzia del Demanio, terminata la sua funzione, e questo termine si vede sempre più vicino con il contestuale rafforzamento della Patrimonio dello Stato SpA e della Demanio Servizi Spa, costituite un anno fa, verrà riassorbita nell’Agenzia del Territorio e che il tutto venga trasformato in Fondazione in cui avrà ruolo attivo l’ANCI (l’Associazione Nazionale Comuni Italiani). Insomma, il decentramento sarà nei fatti. Il personale, non più pubblico, avrà un contratto di diritto privato e i finanziatori (quindi i datori di lavoro) del nuovo organismo saranno anche i Comuni. LA PRIVATIZZAZIONE Tutto quello che è gestione, in cui non si sviluppano scelte politiche generali, può, anzi, secondo la logica prevalente, deve, essere privatizzato. Quindi rischiano non solo i Catasti e il Demanio, ma tutti i settori che verranno individuati come prettamente gestionali. Si pensi, ad esempio, dei servizi degli attuali Uffici delle Entrate o a tutti analoghi servizi anche nell’Agenzia delle Dogane – si parla sempre più spesso di una Dogana soprannazionale. Non parliamo di fantascienza, parliamo dello stesso processo che ha interessato le Poste, le Ferrovie e tutti gli Enti Locali grazie alle norme introdotte dalle Finanziarie dal Governo Prodi in poi… CONDONI E PERDONI Da questo processo non credano di essere salvaguardati coloro che oggi effettuano attività di controllo fiscale. Sempre sulla Finanziaria appare il condono successivo e, per la prima volta, preventivo, che aggiunto agli studi di settore, e al contestuale condono sul contenzioso, mette una pietra tombale, non sui sospesi col fisco, bensì sul fisco stesso. L’attività di accertamento, così come la conosciamo, è destinata a sparire, serviranno meno persone, magari concentrate nelle regioni produttive e nelle sedi dei capoluoghi di tale regioni, che avranno più la figura di consulenti delle grandi aziende che di accertatori. FLESSIBILITA’ E
PRECARIETA’ Per questo motivo la flessibilità aumenta, gli LSU ai Catasti, i tirocinanti alle Entrate, ed oggi, i contratti a tempo determinato varati dalla Direzione Regionale delle Entrate della Lombardia… E’ immaginabile una struttura pubblica di pochi dipendenti specializzati ed una rotazione di personale più o meno precario, con alta scolarizzazione e già formato (come per i tirocinanti che non dovessero passare il “concorso”). Il percorso sarebbe così concluso. SPERIAMO DI SBAGLIARCI Se l’analisi che abbiamo tracciato fosse sbagliata, saremmo i primi a felicitarcene, ma, nella sventurata ipotesi che fosse, in tutto o in parte, corretta, che fare? Innanzitutto smettere di farci distrarre da altre questioni, come lo scannarci tra noi sul salario accessorio, ad esempio, e iniziare a costruire solidaristicamente, l’opposizione a questi processi. Solo l’unità dalla base (tra colleghi e tra posti di lavoro) può costruire la vera unità che non è praticabile a livello di burocrazie sindacali, troppo prese da interessi politici e di altra portata.
NON VOGLIAMO GESTIRE
QUESTO PROCESSO MA IMPEDIRE CHE SI REALIZZI La Finanziaria 2003 non
nasce dal nulla. Impressiona, ad esempio la coincidenza delle parole
“sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i
riflessi sulla destinazione del personale, presenti sulla
Finanziaria, nel contesto prima citato e quelle “Parte
integrante di tale valutazione è l’impatto sulla domanda di servizi
pubblici, nonché le ricadute organizzative ed occupazionali sul
personale. Il minore dei danni, sarà sicuramente quello che messi alle strette cercheremo anche noi di garantire, ma riteniamo che, prima di arrivare a questo, il dovere di un’organizzazione sindacale sia anche affermare cose scomode e provare a costruire opposizione vera a processi che il personale, siamo certi, non solo non apprezza, ma vive con ansia, se non, in alcuni casi, con vero terrore. Oggi, prima che la nave affondi, tutti, senza esclusioni, devono decidere da che parte stare, se tra quelli che cercano di tappare la falla e di salvare la nave o quella di provare ad impossessarsi delle poche scialuppe di salvataggio, insufficienti per tutti… Noi siamo per salvare la nave. Chi vuol venire con noi è ben accetto… a cominciare dallo sciopero generale del Pubblico Impiego del 6 dicembre p.v. |