Dibattito sulle convenzioni. Solo soldi? |
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Roma, 9 aprile 2003 La settimana scorsa abbiamo avuto un incontro con
l’avvocato Manzitti, del Dipartimento Politiche Fiscali, per
discutere sulle convenzioni Ministero/Agenzie (il contratto che fissa
incarichi, stanziamenti,
obiettivi e modalità di lavoro delle Agenzie). All’incontro erano presenti, oltre che, ovviamente, tutte
le sigle sindacali, del personale livellato e della dirigenza, anche tutti
i Direttori delle Agenzie (Ferrara, Picardi, Guaiana e Spitz). Tutte le sigle sindacali si sono dichiarate
insoddisfatte delle bozze di convenzione, soprattutto per la parte
economica, sicuramente da criticare, che, nei fatti, attribuisce alle
singole Agenzie, importi inferiori, in alcuni casi, molto inferiori, a
quanto attribuito negli anni passati. L’incontro non terminato,
proseguirà il 10 aprile, domani. Ma la questione economica, per quanto ci riguarda, è solo la
punta dell’iceberg. Sia chiaro, riteniamo importante che vengano recuperate
ulteriori risorse. Dai risparmi di gestione, ad esempio. Altrettanto
importante sarebbe riuscire ad ottenere la modifica delle modalità di
attribuzione dei fondi incentivanti, ad oggi stabiliti sulla finanziaria
2004 per le attività da svolgere nel 2003, questo per abbreviare i tempi
di corresponsione. Ma noi, diversamente da altre sigle, non dobbiamo difendere
il Frankenstein denominato Agenzie Fiscali, visto che, fin
dall’ipotesi di costituzione, ne abbiamo implacabilmente tracciato la
critica… purtroppo confermata dai fatti. Per questo motivo, anche se dovessero farci promesse sui
soldi, o anche se qualcosa, alla fine, ci dovessero dare, lo prenderemmo
(ci mancherebbe) ma non allenteremo la presa. Le convenzioni, al di là dell’aspetto economico, tracciano
un’ipotesi di Agenzia come Azienda a responsabilità sempre più
limitata, un Azienda dove il ruolo dello Stato – costituzionalmente
tutelato e tutelante - viene gradualmente sostituito da un ammasso di
scartoffie contenente i bilanci e i calcoli sul rapporto costi e ricavi. Un’Azienda che non può gestire il personale in maniera
moderna, sia sul piano della retribuzione, che sul piano dei diritti,
primo tra tutti, il diritto alla carriera, ma che da esso pretende la
massima disponibilità e flessibilità. Un’Azienda che diviene sempre meno pubblica e in
cui, al massimo si discute di incentivi, ma non delle scelte strategiche
complessive, sempre più indirizzate verso il peggioramento delle
condizioni dei dipendenti, verso una privatizzazione, prima nei
fatti e nei modi, poi giuridica. |