AGENZIE FISCALI - SCIOPERO NAZIONALE 27 GIUGNO

 CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI

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CAMERA COMMISSIONE VI - FINANZE

Resoconto stenografico - INDAGINE CONOSCITIVA

Seduta di mercoledì 28 maggio 2003

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LEO  

Audizione del sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Maria Teresa Armosino


PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della riforma dell'Amministrazione finanziaria, l'audizione del sottosegretario per l'economia e le finanze, onorevole Maria Teresa Armosino.
Onorevole Armosino, come le è noto, si sta concludendo l'indagine conoscitiva sullo stato dell'Amministrazione finanziaria; dopo aver audito le rappresentanze sindacali del Ministero e gli ordini professionali vogliamo conoscere il punto di vista del Governo, in modo tale da poter segnare le conclusioni dell'indagine. Le do pertanto la parola.

MARIA TERESA ARMOSINO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di riforma dell'organizzazione del Governo ha, tra l'altro, previsto agli articoli 56 e seguenti la riorganizzazione del Ministero delle Finanze e dell'amministrazione fiscale. In tale contesto, l'articolo 57 ha previsto l'istituzione delle Agenzie fiscali con il compito di gestire le funzioni esercitate dai dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di quelle connesse, svolte da altri uffici del ministero.
In sede di attuazione della riforma sono emerse alcune perplessità sull'efficacia dello strumento adottato, anche in considerazione delle specifiche attività svolte da ciascuna Agenzia.
Tuttavia, la modifica del profilo giuridico delle previgenti strutture dipartimentali in Agenzie ha costituito un elemento dal quale partire, pur nella consapevolezza dell'opportunità di non fare marcia indietro, percorrendo una strada che porti ad un progressivo miglioramento e affinamento di tali nuove strutture.
Ci pare che, in questo senso, una prima modifica sostanziale possibile sia quella inserita nel parere che la Commissione bicamerale per la riforma amministrativa ha espresso, sullo schema di decreto legislativo di riforma del Ministero dell'economia e delle finanze, consistente nella trasformazione delle Agenzie del territorio e del demanio in enti pubblici economici e ciò in considerazione della progressiva caratterizzazione di tali Agenzie in termini di entità produttrici e fornitrici di servizi complessi per una pluralità di soggetti pubblici e privati.
Conseguentemente, si è ritenuto anche di poter operare un miglioramento, intervenendo sui poteri di controllo del ministro, in modo - so che tale scelta non piace a tutti - da garantire un più funzionale raccordo fra le Agenzie, che permangono, e le altre branche dell'Amministrazione.

Ricordo in particolare che la modifica dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 300 del 1999 è volta a garantire preventivamente un raccordo operativo fra le diverse identità che sono deputate alla traduzione in concreto degli indirizzi generali sull'attività amministrativa che rientra nella sfera di competenza del ministro dell'economia, assicurando la necessaria valutazione complessiva delle differenti direttrici di azione. A tal fine, mentre nel testo attuale del decreto legislativo n. 300 del 1999 è previsto che le deliberazioni del comitato direttivo delle Agenzie sono immediatamente esecutive - salvo il potere del ministro di sospenderne l'esecutività -, con le modifiche che abbiamo proposto nello schema di decreto legislativo di riforma del Ministero è previsto che l'esecutività dei provvedimenti del comitato di gestione è subordinata al decorso di un periodo di silenzio assenso, garantendo, in sostanza, l'intervento preventivo del ministro, al fine di valutare i motivi di legittimità e di merito dei provvedimenti stessi.
Si pone, poi, una problematica che credo abbia rilievo agli effetti di questa Commissione e di tutto il lavoro che è stato svolto: quella della interpretazione delle norme. Nessuna disposizione di legge sancisce espressamente a quale organo spetti l'interpretazione delle norme tributarie. Ci sembra, tuttavia, che nella logica dello stesso decreto legislativo n. 300 del 1999, l'interpretazione delle norme debba essere fornita dalle Agenzie, in qualità di enti responsabili dell'applicazione delle norme medesime. In altri termini, è l'Agenzia che ha il carico della gestione a poter dare l'interpretazione della norma da applicare. Il discorso è delicato. È evidente che per quanto riguarda le disposizioni aventi carattere tributario la funzione interpretativa deve essere individuata nell'Agenzia delle entrate - nelle altre Agenzie per i profili fiscali che riguardano la competenza di ogni singola Amministrazione (ad esempio, per ciò che concerne i dazi doganali, si ritiene che la competenza in esame spetti all'Agenzia delle dogane).
Per quanto riguarda, poi, i profili della fiscalità locale, l'interpretazione delle norme spetta unicamente al competente ufficio del Dipartimento delle politiche fiscali.
Resta, comunque, impregiudicato il potere d'indirizzo politico - amministrativo del ministro e, quindi, del Dipartimento per le politiche fiscali.
È questa, del resto, la filosofia di fondo della riforma dell'amministrazione finanziaria, secondo la quale sono state separate le funzioni di amministrazione e di gestione operativa dei tributi dalle scelte politiche in senso stretto. Tale principio trova espressa previsione nell'articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale stabilisce che gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni.
In particolare, all'organo politico spettano, in materia di atti normativi, l'adozione di atti di indirizzo interpretativo ed applicativo nonché l'adozione delle direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione. Da un lato le quattro agenzie fiscali, soggetti autonomi, alle quali è affidato il compito di gestire concretamente la struttura operativa: la riscossione, l'accertamento dei tributi, il rapporto con i contribuenti e tutte le attività ad essi legate, dalle dichiarazioni annuali fino all'interpello. Dall'altro lato, il dipartimento delle politiche fiscali, che rappresenta il braccio amministrativo del Ministero e che esercita le funzioni di indirizzo e di controllo di competenza del ministro. Il ministro, infatti, opera le decisioni ed al dipartimento spetta l'adozione delle scelte politiche, mentre le agenzie hanno il compito di far funzionare l'apparato tributario, sulla base di apposite convenzioni nelle quali sono fissati gli obiettivi annuali e le modalità per il loro raggiungimento.
Per quanto concerne il SECIT - istituito dall'articolo 9 della legge 24 aprile 1980, n.146 - si fa presente che non è assolutamente intenzione del Governo disperdere le professionalità acquisite nel corso di questi anni da parte di tale organismo il quale, peraltro, non svolge solamente funzioni consultive. Infatti, il SECIT, oltre ad avere compiti consultivi, è anche titolare di funzioni di vigilanza ai sensi dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2001. In particolare, l'attività di vigilanza generale - esercitabile dal servizio su ordine del ministro - anche se profondamente diversa da superati modelli ispettivi, assicura all'autorità politica uno strumento di controllo sulle agenzie fiscali. In ogni caso, l'attività di studio svolta dal SECIT non è minimamente paragonabile a quella propria dei tradizionali organismi di studio. Di questi ultimi, il SECIT possiede i presupposti (salde conoscenze teoriche); ad essi, però, aggiunge, connotazioni di natura operativa (conoscenza dei procedimenti, valutazione dei comportamenti degli operatori, idoneità a raccordare i dati e previsioni normative con fatti ed eventi ancorati alla realtà) estranee agli uffici studi tout court.
Il modello organizzativo SECIT offre al Ministro dell'economia opportunità gestionali e livelli di flessibilità ed efficienza non surrogabili. Esperti provenienti da diverse realtà (università, magistratura, libere professioni, ministeri, guardia di finanza, istituti di ricerca), bypassando gli ostacoli di natura normativa ed economica che, tradizionalmente, si frappongono alla mobilità del personale (soprattutto ad elevata professionalità). Ciò nonostante, il continuo succedersi di norme di modifica alle competenze del SECIT nonché al rapporto funzionale tra il ministro ed il servizio stesso, ha delineato un complesso di disposizioni scarsamente organico, comprendente norme di diverso rango e - spesso - rispondenti anche a non omologhe configurazioni. È apparsa pertanto ineludibile la necessità di una revisione complessiva dell'organizzazione della struttura, al fine di pervenire ad un razionale coordinamento della disciplina, in coerenza con i principi generali introdotti a supporto dell'attività amministrativa, così da fare del SECIT un organo efficiente al servizio del ministro, per consentirne l'utilizzo anche oltre il tradizionale ambito di competenza tributaria.
Una ulteriore problematica da affrontare, anche perché sollevata da più parti, è rappresentata dal personale delle commissioni tributarie. È obiettivo primario di questa maggioranza provvedere ad un riassetto di rapporti tra cittadino ed amministrazione (nel caso di specie l'amministrazione finanziaria). Tale riorganizzazione deve essere volta all'idoneità dell'amministrazione a fornire un servizio che sia efficace, ma soprattutto informato alla centralità del cittadino. In sede di approvazione della legge di conversione del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, recante disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture, questo Governo ha accolto un ordine del giorno volto ad impegnare il Governo stesso a provvedere alla riorganizzazione degli organi competenti in materia di controversie tributarie, ed in particolare delle commissioni tributarie e delle relative segreterie. Detta riorganizzazione si rende necessaria al fine di rendere la giustizia tributaria sinergica con la progressiva razionalizzazione del sistema fiscale statale, di cui alla legge del 7 Aprile 2003, n. 80.
Questo Parlamento ha recentemente varato la legge delega di riforma del sistema fiscale che, all'articolo 2, relativo ai principi che devono regolare la codificazione, sottolinea l'esigenza di garantire il cittadino, che, nelle istituzioni, deve trovare validi referenti, non degli oppositori. Ciò implica, di per sé, una diversificazione di competenze, di strutture, di funzioni, di autonomia gestionale e, corrispondentemente, una particolare attenzione alla formazione ed alla collocazione del personale preposto ad ogni cellula organizzativa.
Nell'opera di riorganizzazione, proprio per la specificità delle funzioni, assume una forte centralità proprio la questione relativa al personale delle Commissioni tributarie. Tale centralità è stata ancor più evidenziata con le recenti novità in materia di contenzioso tributario. Mi riferisco, ad esempio, all'allargamento dell'oggetto della giurisdizione tributaria a tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, con un conseguente incremento del carico di lavoro. Al riguardo, va tenuta presente l'esigenza, cui ha dovuto rispondere il personale, di farsi carico di attività che richiedono professionalità sul versante delle funzioni non solo giurisdizionali ma anche di segreteria. Si tratta di personale, a nostro avviso, preposto ad attività di importanza primaria, che si svolgono parallelamente allo svolgimento del contenzioso e che alla sua corretta instaurazione sono preordinate. Attività poste in essere sia prima della trattazione della causa - tutta l'attività di ricezione di atti, caricamento dei dati ed inserimento in banca dati degli stessi (nonché dei decreti presidenziali, e via dicendo) - sia dopo la trattazione della stessa. Si tratta di attività che presuppongono l'acquisizione di conoscenze specifiche, dal punto di vista sia tecnico-giuridico sia informatico. Ricordo, peraltro, che i dati telematici aggregati relativi al contenzioso tributario, dal 20 marzo 2001, sono divenuti accessibili anche a soggetti esterni che, da postazioni remote, possono usufruire di servizi di interrogazione.
Quindi, sulla base di quanto ho sommariamente esposto, e anche coerentemente con le sollecitazioni pervenute con il parere espresso dalla Commissione Cirami, risulta evidente la necessità di assicurare al personale delle commissioni tributarie autonomia gestionale e specifiche forme di formazione professionale che tengano conto delle esigenze di una preparazione degli operatori specialistica, diversa rispetto al restante personale dell'amministrazione. La necessità di una particolare valorizzazione dal punto di vista professionale non può prescindere dal riconoscimento a questo personale di una specificità delle funzioni allo stesso attribuite e, conseguentemente, di una specificità dal punto di vista della sua organizzazione e gestione.
In tale senso, le richieste, come ben sappiamo, sono state molte: una, che viene fortemente dal settore, è di dipendere direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri; un'altra è di essere collocati all'interno della Ministero della giustizia. A tale riguardo, con tutte le premesse fatte, l'intenzione del Ministero deve essere ferma, chiara ed inequivoca. Il Ministero dell'economia e delle finanze non intende privarsi di questo ramo dell'amministrazione; ramo di cui ritiene, invece, necessaria - e, quindi, indica la propria volontà in tal senso - una riorganizzazione all'interno del Ministero stesso, onde assicurarne la funzione di terzietà. In altri termini, è necessario assicurare la terzietà, evitando, comunque, di perdere quelle caratteristiche che fanno di questo personale un importante elemento di raccordo tra commissioni tributarie, amministrazione finanziaria e cittadino. Occorre, dunque, conciliare l'imprescindibile mantenimento all'interno dell'organico del Ministero con, invece, la creazione di un ruolo specifico per questo personale.
A destare perplessità è stata anche la concomitanza tra l'esame dello schema del decreto legislativo da parte della Commissione Cirami e le dichiarazioni rese dal ministro dell'economia e delle finanze, dichiarazioni che parevano suscettibili di creare confusione in relazione ai comitati di coordinamento finanziario.

ALFIERO GRANDI. Dichiarazioni di ispirazione napoleonica!

MARIA TERESA ARMOSINO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Questa è una sua valutazione; io mi limito ad osservare i fatti.
Sotto tale profilo, credo di dover fare una precisazione, anche se si tratta di argomento estraneo alla riforma in esame. Nascono, tali comitati, da una recente iniziativa che interessa tre strutture dell'amministrazione: Guardia di finanza, agenzia delle entrate e dipartimento della ragioneria generale dello Stato.
Si intende perseguire l'obiettivo di un maggiore coordinamento, a livello centrale e periferico, di queste strutture del Ministero; in altri termini, una sorta di task force, esclusivamente per monitorare, vigilando su di essi, i flussi di spesa e di entrata a livello centrale e territoriale. Ciò, coinvolgendo in sinergia le varie strutture del Ministero, così come organizzate dalla legge di riforma. Mi riferisco, quindi, ai responsabili della spesa - alludo alla ragioneria -, a quelli dell'entrata ed al braccio operativo (la Guardia di finanza). Sottolineo che, a livello centrale, vi è già stato un primo passaggio verso l'unificazione con la creazione di un unico Ministero a carattere economico, sul modello degli altri paesi europei. Con i comitati di coordinamento finanziario si vuole operare una omogeneizzazione anche dell'azione amministrativa delle attuali componenti del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di costituire un centro forte e visibile dell'amministrazione finanziaria.
Vi è anche un altro scopo; assicurare un flusso informativo che, sempre attraverso il coordinamento, migliori l'attività amministrativa, senza, per questo, alterare minimamente i limiti dei poteri di ciascun ente. Per fare un esempio, la ragioneria generale dello Stato non assume, a seguito dell'istituzione di tali centri, gli stessi poteri della Guardia di finanza; ma riceverà, invece, flussi informativi funzionali all'assolvimento dei propri compiti, già individuati dalle disposizioni vigenti (quindi, con riferimento alle spese in linea generale).
Voglio precisare anche che la costituzione di questi comitati non deve intendersi come un ritorno alle vecchie intendenze di finanza, anche se si può avere avuto erroneamente la percezione di un ritorno al passato. Vorrei smentire tale impressione. Le intendenze di finanza rappresentavano una sorta di «prefetture finanziarie», poi sostituite, con la riforma del Ministero delle finanze, da una serie di uffici separati. Questi comitati di coordinamento finanziario costituiscono certo il ritorno ad un riferimento unitario ma inteso unicamente come centro unico di riferimento, a livello centrale, per le entrate e le uscite dello Stato, con una struttura che sarà replicata a livello locale. È pacifico che da ciò nasca l'esigenza del coordinamento delle attività sopra ricordate.
Il coordinamento avverrà a livello nazionale che è la sede alla quale compete la pianificazione congiunta delle attività di verifica e di controllo, per essere, poi, riportato sulle strutture regionali. In sostanza, i controlli, che attualmente sono affidati agli Ispettori di Finanza della Ragioneria saranno coordinati con funzionari dell'Agenzia delle entrate, ma non verranno create strutture nuove, nuovi uffici o nuove funzioni.
Riteniamo che debba essere migliorato il funzionamento delle strutture esistenti, attraverso un costante monitoraggio dell'ordinaria amministrazione, al fine di conseguire livelli eccellenti di burocrazia - nel senso migliore da attribuire a tale termine -. A livello di coordinamento locale, saranno impegnati, in tale compito, gli uffici dell'Agenzia delle entrate così come i comandi della Guardia di Finanza e gli uffici periferici della Ragioneria. I comitati regionali avranno, poi, l'onere di segnalare al coordinamento nazionale il risultato delle loro analisi.
Dal punto di vista operativo, dopo l'insediamento del comitato di coordinamento nazionale, presso la Ragioneria generale, sono previste riunioni mensili a livello centrale, ed entro breve verranno individuati anche i settori sui quali avviare l'intervento.
Per ciò che concerne l'Amministrazione autonoma dei Monopoli dello Stato, essa gode già di autonomia gestionale che discende dalla specificità e dal tecnicismo della materia che la legge le attribuisce. Con le modifiche da apportare al decreto legislativo n. 300 del 1999 si è completata l'attribuzione ai Monopoli di Stato della competenza in materia di giochi e, parallelamente, si è provveduto al riordino dei settori di competenza dell'Agenzia delle entrate, per gli aspetti riguardanti la fiscalità dei giochi, e delle dogane, per quanto concerne, invece, il settore delle accise sui tabacchi. Per tali materie si chiarisce, quindi, la competenza esclusiva dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.

ALFIERO GRANDI. I Monopoli assumono la competenza solo dei giochi?

MARIA TERESA ARMOSINO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Assumono, in materia, la competenza delle entrate e delle dogane. L'attuazione, che era stata prevista dall'articolo 12 della legge 383 del 2001, già prevedeva che tutte le competenze relative all'organizzazione e all'esercizio di giochi, scommesse e concorsi pronostici fossero assegnate all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. L'unificazione mira a realizzare una gestione, in materia di giochi, che elimini sovrapposizioni dannose per il gettito erariale. Tale impostazione è stata seguita anche per ciò che concerne il passaggio alla stessa Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato della gestione delle concessioni delle commesse sportive, che precedentemente erano attribuite al CONI.
Per quanto riguarda tale ultimo punto, fatta salva la riserva riconosciuta al CONI dalla legge 496 del 1948, le medesime competenze sono attribuite all'Amministrazione dei Monopoli, in concessione. L'Amministrazione verserà al CONI una somma pari alla quota dei prelievi, che è fissata dalle disposizioni in vigore e calcolata al netto di imposte e spese. Sono, poi, trasferite allo Stato, a titolo gratuito, le azioni possedute dal CONI stesso in società operanti nel settore.
L'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato appare in grado di gestire efficacemente tale fase di transizione, che ha già comportato il trasferimento di funzioni e di personale di altro ramo dell'Amministrazione.
Vi è, poi, il problema relativo alla partita dei beni confiscati. Il quadro normativo all'interno del quale ci muoviamo è dato dall'articolo 65, comma, 2, ultimo periodo, così come risulta dalle modifiche apportate, da ultimo, dal decreto legislativo n. 300 del 1999. Esso stabilisce che all'Agenzia del demanio è attribuita la gestione dei beni confiscati. Si tratta di un chiarimento opportuno sulla considerazione di beni che, in quanto confiscati, rientrano nell'ambito del patrimonio dello Stato.

ALFIERO GRANDI. Parliamo di beni immobili?

MARIA TERESA ARMOSINO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Di beni confiscati.

ALFIERO GRANDI. Gli immobili sono attribuiti ai Monopoli di Stato?

MARIA TERESA ARMOSINO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Vorrei esaurire la trattazione del punto in esame. Poi, se lo riterrete opportuno, si potrà tornare a tale questione.
La materia in esame è caratterizzata da una molteplicità di interventi legislativi che, nel tempo, hanno introdotto diverse competenze sussidiarie che, di fatto, rendono, in alcuni passaggi, farraginosa - se non impossibile - l'applicazione delle normativa.
Sussistono, quindi, esigenze di razionalizzazione che suggeriscono di concentrare nell'Agenzia le attribuzioni, per evitare sovrapposizioni, duplicazioni di competenze e, quindi, sprechi e, soprattutto, inefficienze del sistema. Con una struttura centrale, in grado di monitorare in tempo reale la mappa delle confische e delle assegnazioni, si creano le condizioni affinché l'Agenzia del demanio possa trovare le forme più efficienti di gestione e adottare le procedure atte a rendere fruibili i beni confiscati, procedure che dovranno, in seguito, diventare regolari e quotidiane, con una riduzione dei tempi di assegnazione (attualmente «biblici»).
Vi è, poi, un problema: quello che è stato posto dal collega, sul quale è richiesto il concorso di competenze di altri Ministeri. La questione - stiamo, evidentemente, parlando di beni che non rientrano in questo tipo di intervento, ma di beni immobili o di altro tipo, come, ad esempio, le auto sequestrate - deve essere risolta con il coinvolgimento di tali enti poiché su di essi non vi è una competenza esclusiva del Ministero dell'economia e finanze.
La situazione attuale è nota a tutti, al momento esiste un commissario, figura che non è oggetto di discussione. Quello che è al centro della riflessione è il fatto che in realtà, a legislazione vigente, non conseguiamo ciò che dovremmo, cioè il realizzo o la riassegnazione dei beni, mentre subiamo i costi della gestione e dell'affidamento degli stessi.
Una problematica a parte è costituita dalla vicenda SOGEI. Con Ì acquisizione dell'intero pacchetto azionario della SOGEI da parte del Ministero dell'economia e delle finanze sono venuti meno i dubbi che in passato erano sorti in ordine all'opportunità che una società privata potesse gestire attività a carattere ed a contenuto pubblicistico. Occorre ricordare che è ormai da molti anni che la SOGEI gestisce tutte le attività di tipo informatico, ed in particolar modo dell'anagrafe tributaria, dell'allora Ministero delle finanze attraverso apposite convenzioni.
Al riguardo si fa presente che è in corso di rinnovo, secondo le normali procedure, la concessione che fissa i rapporti tra Ministero e SOGEI. Si fa presente, infine, che l'esistenza di due soggetti distinti (CONSIP e SOGEI) cui sono affidati i compiti di approvvigionamento e di carattere gestionale del Ministero dell'economia e delle finanze è dovuta all'eredità della passata gestione, nella quale esistevano due Ministeri distinti (Ministero delle finanze e Ministero del tesoro ), ora fusi in un solo Dicastero. In futuro potrà porsi l'opportunità di procedere eventualmente a trasferimenti di rami di azienda al fine di evitare disfunzioni che dovessero rendersi evidenti.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Armosino per la puntuale disamina delle problematiche che attengono al funzionamento, all'attività e all'organizzazione dell'amministrazione finanziaria. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

ALFIERO GRANDI. Anche io ringrazio il sottosegretario Armosino per la sua disamina, perché si è sottoposta ad un compito non facile di cui le do atto volentieri. Detto ciò, passo alle note dolenti. Sostanzialmente, mi pare che il problema possa essere riassunto principalmente in questi termini. Esistono: un dipartimento; due agenzie che si trasformano in enti pubblici economici; due agenzie che rimangono tali; i Monopoli che sono ormai un'azienda; la Guardia di finanza organizzata come corpo militare; le commissioni tributarie di incerta collocazione; una società per azioni privata, la SOGEI, acquisita dal Ministero e che ora crea problemi di rapporti con le altre società che hanno gestito l'informatica nell'ambito dello scomparso Ministero del tesoro e che, tra l'altro, hanno filiazioni per quanto riguarda tutta la parte delle aste pubbliche.
Onestamente devo dire che, nell'impianto che viene qui proposto, non vedo la soluzione dei problemi, anzi, a costo di passare per il cattivo di turno, devo dire che ho l'impressione che il Governo, il ministero in particolare, in questo momento sia oggetto degli strappi, delle spoliazioni, delle lotte di potere interne all'amministrazione. Ognuno ottiene quello che vuole e quello che si perde di vista è proprio il disegno unitario di gestione del ministero. Il vero ministero che interessa al ministro, voce dal sen fuggita, anche se poi il sottosegretario Armosino tenta di dargli una veste più credibile rispetto all'anno 2003, dovrà rispecchiare il modello napoleonico mettendo insieme le entrate, le uscite e la Guardia di finanza, perché un tocco di pennacchio militare in una concezione del genere non guasta mai.
Il ministro ha addirittura parlato di un recupero del ruolo di quello che era il corrispettivo del prefetto in questa materia, cioè dell'intendente di finanza come coordinatore di tutte le strutture, dimenticando che le agenzie avevano dato al ruolo del Ministero delle finanze un carattere del tutto diverso e che il prefetto nel frattempo, nella periferia dello Stato, ha assunto altre caratteristiche. Napoleone vuole ridisegnare la Francia e, se possibile, l'Europa. Benissimo, è un suo diritto provarci, ma è un nostro diritto cercare di contrastarlo e di convincere maggioranza e Governo della bontà di argomenti a contraris.
Secondo me il primo elemento è semplicemente di buon senso, le agenzie sono decollate il primo gennaio 2001 e la sostanza del procedimento che porta alle convenzioni con il ministero è simile a quello che segue anche lo Stato francese anche se con un assetto istituzionale totalmente diverso, perché anche lo Stato francese ha lo strumento della convenzione con cui il Governo detta le condizioni di funzionamento delle agenzie (nel loro caso, dipartimenti). Il meccanismo è molto simile, ho studiato anche le convenzioni tra governo francese e i dipartimenti come quello delle entrate o delle dogane. Si tratta di meccanismi che hanno istituzionalmente caratteristiche diverse che, tuttavia, sul piano sostanziale non risultano diversi da quello attualmente utilizzati da noi. Intervenendo nei modi prospettati si rischia, invece, di creare una serie A, quella che interessa al ministro, e una serie B di cui invece non si interessa minimamente, per cui il demanio serve in quanto gestisce un patrimonio che domani verrà venduto o cartolarizzato, mentre dal punto di vista del territorio la preoccupazione enorme è che si perda di vista lo scopo fondamentale della riforma dell'agenzia del territorio: dare il catasto ai comuni.
Invece, operando in tal modo, temo che, finiremo con il tornare molto indietro; infatti, altro è se i comuni - direttamente (come sarebbe auspicabile) o in convenzione (se proprio non si riesce in altro modo) - possono gestire il decentramento dei poteri del catasto; altro è se si va verso l'ente pubblico economico. Le ricadute di un tale meccanismo risiedono in un futuro evidentemente fatto di un rinsecchimento del corpo e di una logica di appalti. Personalmente, accetterei una critica che ci fosse rivolta per avere avuto poco coraggio nella scorsa legislatura; capirei se ci venisse rimproverato di non avere subito decentrato tutti i poteri ai comuni, lasciando una «testa» piccola, che garantisse l'unitarietà dello Stato attraverso, ad esempio, l'agenzia del territorio per quanto riguarda il catasto. Capirei tale critica se affermaste di avere oggi più coraggio di quanto ne abbiamo avuto noi e perciò conferiste più potere ai comuni. Sarebbe un ragionamento che prenderei in considerazione seriamente; ma, nel caso di specie, si fa, invece, il contrario: sostanzialmente, si assecondano i peggiori istinti di quelle parti del ministero che, riciclate in agenzie, vogliono tornare, non alla situazione precedente, bensì ad una situazione molto più remota nel tempo. Conservazione, ritorno all'antico, buon sapore di vecchie cose di pessimo gusto; questo è quanto stiamo sostanzialmente ascoltando. Mi pare, francamente, preoccupante.
Vengo poi alla questione SOGEI; al riguardo, pensavo vi fosse un disegno: se non ricordo male, sono stati spesi, dall'allora direttore del dipartimento per le politiche fiscali del ministero, Giorgio Tino, 800 miliardi circa, in nome e per conto del Governo. Ma, alla fine, qual è il disegno sottostante a tale incorporamento? Mi pare che, in questo caso, siamo ben lungi dall'arrivare a dei risultati; piuttosto, vi lamentate dell'eredità ricevuta. Vi ricordo, però, che voi avete deciso di comprare perché, prima, questa era una società privata che operava in base ad una convenzione con il Ministero. Ministero il quale non era direttamente competente al riguardo, tant'è che, in certi casi, si è anche ipotizzato un ricorso al mercato, anche per le agenzie.
Si è comprato, si è «ristatalizzato»; nulla di scandaloso ma ancora non capiamo perché sia stato fatto. Abbiamo capito solo che si è comprato; sono stati spesi dei soldi. Sinceramente, ci aspettavamo qualcosa di più. Quanto al ruolo del dipartimento, osservo quanto segue; tutta la parte che riguarda l'interpretazione delle norme viene rigorosamente lasciata all'interno dei compiti dell'agenzia mentre la finanza locale viene affidata al dipartimento. Resta, però, un potere direttivo del ministro, sia sulle agenzie sia, a maggior ragione, sugli enti pubblici economici. Si tratta, addirittura, del potere di controllare le delibere; ma, in tali condizioni, le agenzie non possono funzionare. A tal punto, manifestate chiaramente le vostre intenzioni, sia che vogliate trasformare tutti questi organi in enti pubblici economici sia che, invece, si voglia ritornare alla vecchia struttura del ministero. Tutto ciò, peraltro, dopo che si è appena tentato un rinnovamento della vecchia, vecchissima, e per certi versi ossificata, amministrazione del Ministero delle finanze per modernizzarla. Se, per così dire, non si sta mai fermi, e se non si aspetta - magari con qualche restauro conservativo - di vedere i risultati dell'azione compiuta, credo che, di legislatura in legislatura, produrremo dei disastri.
Certo, un Governo che fa condoni a raffica, non è molto preoccupato, forse, di come funzioni l'amministrazione; come sappiamo bene, il condono, per l'amministrazione, è come quando, ritirandosi, i piemontesi allagarono il Ticino per fermare gli austriaci. È semplicemente la palude: a quel punto, non funziona più niente e si ha, perciò, tutto il tempo per rinnovare l'amministrazione.
Aggiungo, inoltre, che, per quanto riguarda il SECIT, non ho ancora capito quale idea si abbia di tale organismo; non ho mai nascosto, peraltro, di non avere mai del tutto condiviso nemmeno l'idea che del SECIT aveva la precedente amministrazione. Mi sarei aspettato qualche capacità innovativa in più, ad esempio.
Il SECIT fu ritagliato come una «elle» con una «gamba», cosa molto strana; ma ora, di gambe, ne perde una, ne acquista una nuova da un'altra parte: ma è una «acca»!
Non contesto la validità della soluzione ma sottolineo che si tratta di un corpo che dovrebbe avere un significato; ne fanno parte fior di professionisti che hanno alte capacità: attesa la grande quantità dei compiti cui dobbiamo provvedere, facciamogli fare qualcosa di utile! Personalmente, penso dovrebbe costituire lo strumento del ministro per il controllo del funzionamento e la verifica di casi di particolare entità. In tale circostanza, un certo grado di ritorno all'antico non mi dispiacerebbe. Comunque, dategli una funzione, fate capire a cosa serva; altrimenti, scioglietelo e trasferite le relative competenze all'interno del dipartimento.
Quanto alle commissioni tributarie, perché non dovrebbero dipendere dalla Presidenza del Consiglio dei ministri o dal Ministero della giustizia? Hanno completamente ragione. Ricordo, al riguardo, che la riforma che introdusse il «giusto processo» - la cui iniziativa, dal punto di vista legislativo, fu concordata tra maggioranza ed opposizione (in termini accettabili e anche con modifica del dettato costituzionale) - partì da una richiesta che veniva dal centro-destra. La mediazione consentì al centrosinistra di raccogliere quanto di positivo era contenuto nella richiesta. Al riguardo, ricordo benissimo come ritirai un progetto di riforma del contenzioso tributario che non prevedeva il «giusto processo» ovvero l'equilibrio tra le parti; progetto che pendeva dinanzi ad una Commissione del Senato.
L'Amministrazione, infatti, dopo la riforma costituzionale, riteneva che non si potesse più mantenere quel tipo di procedura tributaria, ormai contro la Costituzione repubblicana modificata. Però, «giusto processo» vuol dire apprestare le garanzie che il soggetto giudicante sia veramente terzo; mantenere il personale alle dipendenze del Ministero dell'economia e delle finanze, sia pure con qualche accortezza, resta una contraddizione in termini. Pur se contrattualmente legati al resto del personale del Ministero, tali dipendenti dovrebbero essere incardinati come giudici tributari. Invero, è da questi ultimi che dovrebbero dipendere a tutti gli effetti per la organizzazione del lavoro, per l'autonomia e via dicendo (e già questo mi lascerebbe qualche preoccupazione). Ma, insomma, noi abbiamo tutto l'interesse in tal senso; mi stupisce che voi concepiate tale situazione sostanzialmente in termini di conservazione di un potere al Ministero.
In tal caso, tuttavia, il problema è politico: si tratta di modifiche costituzionali, modifiche delle leggi che richiedono, di conseguenza, l'adeguamento, nel processo tributario, delle normative e delle modalità di attuazione. A mio avviso, questa è un aspetto molto rilevante.
Quanto ai Monopoli, credo di non aver capito bene; avevo pensato che si andasse nella direzione di un'agenzia dei giochi - o, forse, non un'agenzia ma un'azienda - che avesse una visione unitaria di tutta la politica dei giochi. Poi, certo, vi è stato l'incidente che ha coinvolto l'UNIRE; incidente, per il momento, accantonato. Ma cosa c'entrano le accise sui tabacchi e tutto il resto? Si tratta di materie disomogenee. Si vuole tenere tutto, il vecchio ed il nuovo; ma il vecchio, per abitudine, si mangia il nuovo. Infatti, non mi pare che nella questione dei giochi si abbia una novità ovvero un consesso di alta qualità, in grado di governare i percorsi, di evitare il cannibalismo reciproco e via dicendo. Un campo molto delicato, per il quale occorre una struttura di questo tipo. Anche i monopoli mi sembrano, francamente, in una condizione in cui la loro missione è misteriosa o, almeno, contraddittoria.
Rappresenta, a mio avviso, un'autentica curiosità la questione finale riguardante i beni. I beni mobili arrivano alla gestione dei Monopoli in quanto sequestrati per vecchi reati di contrabbando; oggi, peraltro, non solo attraverso i Monopoli ma anche attraverso la Guardia di finanza ed altri organismi, che, normalmente, per fortuna, li ottengono in gestione dai giudici. Ebbene, giusta la previsione della legge, tali beni, ove non utilizzati, vanno distrutti . La verità è che l'amministrazione preposta non l'ha mai voluto fare; Per quanto mi risulta, quindi, continuano i «parcheggi», enormi, di gestione di tali beni. Ma la legge prevede la loro distruzione.
Per il resto, si tratta semplicemente della gestione di un patrimonio; tra l'altro, ho ricevuto, proprio a Natale, un dono, graditissimo, recante la scritta: terra libera. Terra libera sono i terreni della mafia in Sicilia che hanno cominciato a produrre olio e marmellate. Commuove constatare un risultato di quel tipo in terreni che erano di proprietà della mafia; si tratta, dunque, di una giusta misura. Però, teniamo conto che, a tale riguardo, si pone un problema di anagrafe - molti di tali beni non sono noti - e vi è un «passaggio» obbligatorio attraverso la sentenza del giudice: spesso il bene è lì che aspetta ma nessuno lo prende.
Ricordo che il generale Palmerini fece un'inchiesta dalla quale risultò che la percentuale dei beni che erano sequestrati e affidati allo Stato e, poi, dallo stesso effettivamente incamerati era impressionante. Mi pare che, anche riguardo a questo aspetto, ci troviamo oggi nelle stesse condizioni in cui eravamo prima. Confermiamo la struttura così come essa è? Siamo sicuri di ciò che avverrà? Per poter avere il bene, è necessario disporre di una sentenza - e, per di più, definitiva -, per poter gestire la distruzione del bene mobile non utilizzabile è necessario il permesso del giudice, come dispone la normativa, concordata con l'allora onorevole Mantovano.
Perciò non mi convince la soluzione prospettata. Essa mi sembra ancora molto debole. Dunque, mi auguro che la discussione sia utile anche per far riflettere il Governo, soprattutto sulla parte centrale - l'ho chiamata, in parte scherzando, in parte criticando «napoleonica», - che mi pare, francamente, preoccupante.

PRESIDENTE. Dal momento che molti colleghi che desideravano prendere parte all'audizione odierna si sono trovati nell'impossibilità di essere presenti, acquisita la disponibilità del sottosegretario Armosino rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

15/16 GIUGNO
Referendum

Estensione articolo 18

Contro elettrodotti coattivi

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