Trattenute su 13^ mensilità in caso di permessi legge 104/92

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Roma, 25 ottobre 2003


Coordinamento Nazionale Dipendenti Amministrazione Finanziaria

Aderente alla Federazione delle Rappresentanze sindacali di Base ed
alla CONFEDERAZIONE UNITARIA DI BASE (CUB)

Viale Partenope, 80 - 00177 ROMA - Tel. 06 50542415 - Fax 06 59893241

E-mail condafiroma@iol.it - Sito Internet http://digilander.libero.it/condafi/

 Al Dipartimento per le Politiche fiscali
Ufficio per l’Amministrazione delle Risorse
Via Mario Carucci 131 00143 ROMA

All’Agenzia delle Entrate
Direzione Centrale del Personale
Via Mario Carucci 85 00143 ROMA

Il Dipartimento per le Politiche Fiscali e l’Agenzia delle Entrate hanno, rispettivamente con nota n. Prot. 72399/2003 del 15 ottobre 2003 e nota n. prot. 2003/64810 del 9 giugno 2003, affermato l’incidenza dei permessi retribuiti di cui all’articolo 33, commi 2 e 3, della legge 5 febbraio 1992 n. 104 sulla 13° mensilità. Secondo tale interpretazione, quindi, la tredicesima mensilità dovrebbe subire una  decurtazione  proporzionale alle assenze (orarie o giornaliere) effettuate dal lavoratore ed imputate alle disposizioni suddette. A sostegno di tale tesi, il Dipartimento e l’Agenzia delle Entrate hanno riportato il contenuto di un parere espresso, in proposito, dall’ARAN in data 20 gennaio 2003. In particolare, l’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, ad un quesito inerente la riduzione di ferie e della tredicesima mensilità a seguito della fruizione di permessi per i figli con handicap grave di cui agli artt. 42 e 43 del d. lgs. 151/2001 e più in generale i permessi previsti dall’art. 33, comma 3, della legge 104/92,  ha risposto: “ In proposito si rappresenta che l’art. 18, comma 6, del CCNL del 16 maggio 1995 introduce una norma di maggior favore ed in particolare prevede che i permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, non riducono le ferie, mentre per quanto attiene alla tredicesima mensilità, nulla innova rispetto alle disposizioni legislative, che quindi continuano ad essere applicate anche al personale del comparto dei Ministeri con conseguente decurtazione proporzionale della mensilità in parola. Tale disciplina si estende anche ai permessi per i figli con handicap grave di cui all’art. 42 del citato d. lgs. 151/2001: sotto tale profilo, ad ulteriore conferma, si richiama quanto previsto dall’art. 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo, che fa salve le condizioni di maggior favore stabilite dai contratti collettivi”.

Le note emanate dal Dipartimento per le Politiche Fiscali e dall’Agenzia delle Entrate sono, a parere dell’Organizzazione scrivente, frutto di una confusa interpretazione delle disposizioni vigenti in materia. Il primo, e probabilmente decisivo, equivoco è dovuto ad una errata lettura del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 ed, in particolare, degli articoli  33, 34 e 42. Il predetto decreto legislativo riordina, infatti, in Testo Unico, le disposizioni che riguardano la tutela ed il sostegno alla maternità ed alla paternità. Oggetto della normativa in parola sono, come recita l’articolo 1, i congedi, i riposi , i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e paternità. L’articolo 33  prende in considerazione la legge n. 104 del 1992 esclusivamente per individuare il tipo di  riconoscimento formale, della sussistenza della condizione di handicap grave, necessario per poter fruire del prolungamento del congedo parentale fino al compimento dei  tre anni da parte del figlio minore. L’articolo 42 prevede l’applicazione dell’articolo 33, comma 2, della legge n.104 del 1992 solo in alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale. E’ evidente, quindi, che il riferimento alla disciplina sull’handicap grave del 1992 non subisce alcuna modifica dal decreto legislativo n. 151 del 2001 che ne prevede la fruizione nel contesto esclusivamente in alternativa al prolungamento del congedo parentale, in un’ipotesi, quindi, del tutto nuova e che può, essa sì (se ritenuta costituzionalmente legittima) ricadere nella disciplina del combinato disposto dagli articoli 34, comma 5, e 43. L’articolo 18, comma 6, del CCNL che afferma l’ininfluenza dei permessi di cui alla legge n. 104 del 1992 sulle ferie è chiaramente norma di carattere interpretativo, che agisce sull’unico aspetto nel quale potevano essere sollevati, nell’applicazione, dei dubbi interpretativi.

A sostegno della tesi qui formulata, si richiama il parere del Consiglio di Stato n. 313/95, emanato in data 30 gennaio 1996, nel quale il supremo Organo consultivo ha precisato che le disposizioni dell’articolo 33, comma 4, della legge n. 104 del 1992 trovano applicazione esclusivamente nel caso in cui vi sia un cumulo (come nel caso del prolungamento sopracitato) fra i permessi della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 e quelli della stessa legge 104/1992.

Per quanto sopra esposto, il CONDAFI/RdB chiede che codesto Dipartimento per le Politiche Fiscali e codesta Agenzia delle Entrate, revochino, in autotutela, le note nn. Prot. 72399/2003 del 15 ottobre 2003 e prot. 2003/64810 del 9 giugno 2003 e vogliano impartire, cortesemente, ai propri Uffici le disposizioni necessarie affinché sia interrotta qualsiasi eventuale iniziativa tendente ad un illegittimo recupero di emolumenti corrisposti e dovuti nell’ultimo quinquennio.


Esecutivo Nazionale RdB/CUB PI Agenzie Fiscali