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                   Quanto
                  sta accadendo a Roma6 - leggi
                  qui - anche grazie al prezioso contributo del nostro
                  Coordinamento Regionale del Lazio, ci spinge ad effettuare
                  alcune considerazioni.
                  
                  
                  
                   
                  Il
                  manuale della qualità sta diventando il libro sacro
                  dei direttori degli uffici, che, sollecitati dagli obiettivi
                  di convenzione e dalla necessità di riproporzionamento delle
                  tre aree, si affannano, grazie ad esso, in improbabili
                  processi di riorganizzazione interna.
                  
                  
                  
                   
                  Sulla
                  qualità (e sul suo manuale) occorre riflettere, a partire da
                  due domande. 
                  
                  
                  
                   
                  Prima
                  domanda:
                  come mai uno strumento, così rilevante per l’organizzazione
                  degli uffici, non è mai stato oggetto di confronto sindacale
                  a nessun livello?
                  
                  
                  
                   
                  Seconda
                  domanda:
                  come mai esso stesso, in quanto manuale d’organizzazione
                  aziendale, non tiene in alcun conto le dinamiche sindacali che
                  pure, piaccia o non piaccia sono parte essenziale della vita
                  di un’azienda? 
                  
                  
                  
                   
                  Ci
                  scappa una terza domanda e la facciamo:
                  ma siamo proprio sicuri che la standardizzazione e la
                  clonazione del modello organizzativo, perseguita con maniacale
                  e meticolosa precisione, sia la soluzione ai problemi
                  dell’agenzia. Un buon sarto sa che non è il corpo del
                  cliente a doversi adattare al vestito ma viceversa. Tra coloro
                  che praticano la costosa abitudine di farsi vestire su misura,
                  chi mai s’è sentito dire dal proprio sarto: perda dieci
                  chili e poi torni a provare il mio precisissimo abito? 
                  
                  
                  
                   
                  In
                  una fase in cui sono stati rivisti al rialzo gli obiettivi
                  di convenzione, in cui l’area servizi si sta
                  svuotando di contenuti per diventare il capolinea delle
                  professionalità, in cui l’area controllo vede
                  aumentare in modo rilevante i carichi di lavoro, in cui le aree
                  di segreteria verranno presto travolte dal progetto
                  “paper less” che centralizzerà le funzioni di gestione
                  del personale, insomma in questa baraonda, l’agenzia decide
                  pure di mettersi il vestito buono.
                  
                   
                  Pazienza
                  per i troppo grassi e per i troppo magri, per gli inestetismi
                  e le maniglie dell’amore, per essere troppo alti o troppo
                  bassi. 
                  
                  
                  
                   
                  I
                  processi gestionali e operativi previsti dalla ISO 9002
                  vengono prima di tutto e
                  i tavoli di confronto si svuotano di contenuti, ad ogni
                  livello (centrale, regionale, locale) in nome del nuovo
                  vangelo aziendale: il manuale della qualità. 
                  
                  
                  
                   
                  Ai
                  problemi seri, che seriamente proponiamo ai tavoli di
                  trattativa, nessuna risposta;
                  casomai da parte del dirigente di turno, qualche rapida
                  occhiata al manuale della qualità, come farebbe uno
                  studentello colto impreparato che vuole comunque fare bella
                  figura. Prima di mandare il personale allo sbaraglio a
                  svolgere nuovi incarichi (che richiedono nuova professionalità)
                  si dovrebbe definire con certezza il carico di lavoro e il
                  percorso di formazione di ognuno; non è credibile una
                  formazione pianificata prima di conoscere gli obiettivi
                  aziendali.
                  
                  
                  
                   
                  Noi
                  diciamo che non si può spostare il personale allegramente,
                  in nome di percentuali, tempi unitari medi e altre diavolerie
                  che nessuno, per dirla con la qualità, ha certificato. A
                  queste e ad altre osservazioni, non giungono risposte serie.
                  A qualcuno in direzione centrale è cara la frase secondo cui
                  “la qualità non si vede ma c’è”. Diversi indizi ci
                  inducono ad affermare, fuori da ogni citazione, che invece la
                  qualità non c’è, ma si vede. Misteri organizzativi.
                  
                  
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