dal sito A.RA.N.
Agenzia RAppresentanza Negoziale


17/2/2003 MINISTERI
QUESITI CON RISPOSTA ARAN 
(AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2003)

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ASSENZE PER MALATTIA   CONGEDI PARENTALI CURE TERMALI
FERIE E FESTIVITA’ MODELLI RELAZIONALI CON LE OO.SS. ORARIO DI LAVORO
QUESTIONI DI CARATTERE GENERALE RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE   RIAMMISSIONE IN SERVIZIO  
SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE TRATTAMENTO DI TRASFERTA   TRATTAMENTO ECONOMICO

B 0 - Assenze per malattia  

B 1 - I quattro mesi di servizio attivo necessari per poter usufruire di un secondo periodo di aspettativa per motivi di famiglia, di cui all'art. 7, comma 2, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001, devono intercorrere tra i due singoli periodi di aspettativa richiesti o solo dopo che sia stato integralmente fruito il periodo complessivo massimo di aspettativa, pari a 12 mesi nel triennio?

Al riguardo si osserva che, relativamente all'aspettativa per esigenze personali o di famiglia, l'art. 7 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001 non prevede una durata minima dell' aspettativa, che di conseguenza può essere richiesta frazionatamene per periodi di tempo diversi tra loro.
Tuttavia, al fine di contemperare le esigenze del lavoratore che necessita di un periodo di aspettativa con quelle dell'amministrazione cui compete l'organizzazione e la programmazione del lavoro, il contratto ha posto due limiti: il primo è quello relativo alla durata complessiva dei periodi di aspettativa che, cumulati, non possono superare i 12 mesi nel triennio; il secondo è quello di richiedere un intervallo di 4 mesi di servizio attivo tra due periodi di aspettativa.
Di conseguenza in tutti i casi di fruizione di aspettativa per motivi personali o di famiglia di cui al comma 1 dell'art. 7 del CCNL integrativo, indipendentemente dalle finalità per cui essi sono richiesti e dalla durata dei medesimi, prima di poter richiedere un nuovo periodo di aspettativa ai sensi dello stesso comma ovvero ai sensi del comma 8, lett. a) e b) del medesimo articolo, deve intercorrere un intervallo minimo pari a quattro mesi di servizio attivo.

B 2 - I quattro mesi di servizio attivo necessari per poter usufruire di un secondo periodo di aspettativa per motivi di famiglia, di cui all'art. 7 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001, devono intercorrere anche qualora tali periodi siano richiesti per l'educazione e l'assistenza dei figli fino al 6° anno di età?

Il CCNL integrativo del 16 maggio 2001 ha riordinato la precedente normativa relativa alle aspettative, anche in considerazione delle novità introdotte dalle legge n. 53 del 2000. In particolare, è stato regolato il c.d. divieto di cumulo che, analogamente a quanto previsto nel precedente assetto pubblicistico, è finalizzato a salvaguardare le esigenze operative delle amministrazioni, laddove una eccessiva frammentazione delle assenze dei dipendenti potrebbe ripercuotersi negativamente sull'organizzazione degli uffici interessati. Per quanto attiene alla problematica oggetto del quesito, si osserva che dalla lettura dei commi 2 e 5 dell'art. 7 del citato CCNL risulta chiaramente che, nel caso di fruizione di aspettativa per motivi personali o di famiglia di cui al comma 1 deve intercorrere un intervallo minimo pari a quattro mesi di servizio attivo, prima di poter usufruire di una nuova aspettativa ai sensi dello stesso comma, indipendentemente dalle finalità per cui tali periodi sono richiesti.
Ai sensi del comma 8 lett. c), non sono invece previsti i quattro mesi di servizio attivo nel caso di cumulo di aspettativa per motivi personale e familiari, di cui al comma 1 dello stesso articolo, con l'aspettativa disciplinata dal comma 2 della legge 53 del 2000, se la loro fruizione è stata richiesta allo stesso titolo.

B 3 - In quali casi tra due periodi di aspettativa si applica l'intervallo minimo di sei mesi di servizio attivo di cui all'art. 8, comma 5, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001?

L'art. 8 del CCNL in questione, al comma 5, prevede che i periodi di aspettativa per motivi di famiglia ovvero per la cooperazione con i paesi in via di sviluppo non possono essere cumulati con l'aspettativa per dottorato di ricerca e con quella per il raggiungimento del coniuge all'estero. Tale comma, inoltre, indica il termine minimo di servizio attivo che in ogni caso deve essere rispettato. In particolare per poter usufruire delle aspettative per partecipare a corsi di dottorato o ricerca o per raggiungere il coniuge che presta servizio all'estero occorre effettuare almeno 6 mesi di servizio attivo. Il rispetto dell'intervallo è quindi prescritto sia in prima istanza, sia nel caso si richieda un secondo periodo allo stesso titolo.

B 4 - Qualora un dipendente vincitore di concorso pubblico presso altra pubblica amministrazione debba sottoporsi ad un periodo di prova superiore ai sei mesi, è possibile prorogare l'aspettativa di cui all'art. 7, comma 8, lett. a) del CCNL integrativo del 16 maggio 2001?

Il contratto integrativo del 16 maggio 2001, all'art. 7, comma 8, lett. a), ha modificato la precedente disciplina che, nel caso di vincita di un pubblico concorso, concedeva un periodo di aspettativa pari all'intera durata del periodo di prova, introducendo un limite massimo di 6 mesi. La ratio della norma si fonda sulla considerazione che l'eccessiva dilatazione di tale arco temporale potrebbe avere ricadute negative sull'amministrazione di provenienza che si troverebbe nella impossibilità di provvedere, in via definitiva, alla copertura del posto vacante. In tale logica non appare dunque possibile concedere ulteriori proroghe.
Per completezza di informazione si ricorda inoltre che tale limite si applica sia nel caso in cui il dipendente effettui il periodo di prova in un'amministrazione del comparto presso cui ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato, sia qualora tale periodo di prova sia svolto presso un'amministrazione di diverso comparto.

B 5 - L'aspettativa richiesta per l'educazione e l'assistenza dei figli fino al sesto anno di età è valutabile ai fini dell'anzianità di servizio?

Al riguardo occorre osservare che, l'art. 7 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001, prevede che l'educazione e l'assistenza dei figli fino al sesto anno di età è una delle motivazioni per cui può essere richiesta l'aspettativa per motivi di famiglia.
Quest'ultima, in via generale, non è utile ai fini della retribuzione e della decorrenza dell'anzianità di servizio.
Laddove, invece, l'aspettativa per motivi di famiglia venga richiesta per le finalità sopra rappresentate, il CCNL integrativo in questione prevede esclusivamente una deroga ai fini pensionistici, per cui la lavoratrice madre o il lavoratore padre hanno diritto agli accrediti figurativi solo nel caso di assenza per l'assistenza ai figli fino al sesto anno di età così come previsto anche dall'art. 1, comma 40 lett. a), della legge n. 335 del 1995 e successive modificazioni ed integrazioni.

B 6 - Come va computato il periodo di diciotto mesi di assenza per malattia ai fini della conservazione del posto di lavoro, secondo quando previsto dall'art. 21, comma 1, del CCNL del 16 maggio 1995?

In proposito va sottolineato che il predetto art. 21, nel prevedere il diritto alla conservazione del posto, stabilisce soltanto il criterio generale che, ai fini della maturazione del periodo diciotto mesi, "si sommano tutte le assenze per malattia intervenute nei tre anni precedenti all'episodio morboso in corso".
Il CCNL non fornisce ulteriori precisazioni al riguardo, ma l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato prevede che, in mancanza di una diversa previsione contrattuale, nel calcolo del periodo di assenza per malattia devono essere computati anche i giorni festivi che ricadano nello stesso.
(Cass. 1.6.1992 n. 6599; Cass. 4.3.1991 n. 2227; Cass. 26.2.1990 n. 1459; Cass. 22.2.1990 n. 1337).
In proposito occorre, altresì, precisare che, invece, qualora l'orario di lavoro sia articolato su cinque giorni e l'ultimo giorno di assenza, in base al certificato medico, coincida con la giornata di venerdì, non dovranno essere calcolati il sabato e la domenica successivi.

B 7 - Come deve essere computato e da quando decorre l'ulteriore periodo di diciotto mesi non retribuiti previsti dal comma 2 dell'art. 21 del CCNL del 16 maggio 1995? Tale periodo è frazionabile?

Al riguardo si precisa che l' ulteriore periodo temporale concesso al lavoratore che ne faccia richiesta, con le modalità previste dal CCNL, va calcolato a decorrere dal termine dei primi diciotto mesi di assenza per malattia.
La concessione o meno di tale periodo viene valutata dall'Amministrazione in relazione alla possibilità di poter recuperare il dipendente al servizio attivo.
Alla fine di tale periodo di conservazione del posto, c.d. "di comporto", l'amministrazione una volta accertata la permanente ed assoluta inidoneità del dipendente a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, può procedere alla risoluzione del rapporto ai sensi del comma 4 del citato art. 21.
Per quanto riguarda le modalità di fruizione di tale periodo, occorre, altresì, precisare che la formulazione adottata nel CCNL non sembra consentire un suo utilizzo in misura frazionata. E' ovvio che il dipendente, ove sopraggiunga la completa guarigione prima dello scadere dei diciotto mesi, può riprendere servizio previo accertamento delle sue condizioni di salute.

B 8 - L'amministrazione può richiedere la visita medica prima del decorso dei 18 mesi non retribuiti, di cui all'art. 21, comma 4 del CCNL del 16 maggio 1995?

La norma che prevede la possibilità di concessione degli ulteriori 18 mesi non retribuiti è essenzialmente preordinata alla tutela del dipendente, al fine di conservare allo stesso il posto di lavoro fino alla completa guarigione. In tal senso, una volta concesso l'ulteriore periodo di assenza, l'amministrazione non può procedere all'accertamento delle sue condizioni di salute prima del termine previsto dall'art. 21, comma 4. L'anticipazione può invece venire richiesta dal lavoratore.

B 9 - E' possibile frazionare il trattamento di malattia previsto dall'art. 21 del CCNL del 16 maggio 1995 ed in particolare è possibile programmare tale istituto per l'intero anno, al fine di seguire delle terapie mediche?

In via preliminare va chiarito che, ai sensi del citato CCNL sottoscritto in data 16 maggio 1995, l'assenza per malattia non è in alcun modo programmabile nel tempo né frazionabile ad ore nell'arco della giornata.
Nel caso in cui il dipendente abbia necessità di sottoporsi a prestazioni specialistiche o visite mediche, la cui effettuazione risulti oggettivamente impossibile al di fuori dell'orario di lavoro, può usufruire del trattamento di malattia, per l'intera giornata, documentando l'assenza con l'apposita certificazione medica rilasciata dalla struttura sanitaria o dal medico che ha erogato la prestazione.
Al riguardo occorre altresì precisare che ove la citata terapia comporti un' assenza inferiore o pari alla durata dell'orario di lavoro giornaliero, il lavoratore può richiedere alla sua amministrazione, di volta in volta, i permessi brevi, per un massimo di 36 ore annue, da recuperare con le procedure stabilite all'art. 20 del CCNL in oggetto.

B10 - Per procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 21, comma 4 del CCNL del 16 maggio 1995, è necessario attendere il superamento del periodo di comporto?

In proposito occorre osservare che la ratio della norma risiede nell'esigenza di tutelare il dipendente nel periodo in cui lo stesso è affetto da malattia al fine di garantirgli la conservazione del posto di lavoro fino alla sua guarigione che gli consentirà il rientro in servizio.
In tale senso, pertanto, l'obbligo di attendere il superamento del periodo di comporto stabilito dall'art. 21, comma 4 grava sicuramente sull'amministrazione, mentre la tutela prevista dalla norma viene meno se, invece, è il dipendente, che, una volta accertata la sua assoluta e permanente inidoneità allo svolgimento delle mansioni proprie del profilo di appartenenza, interrompe il periodo di comporto prima del termine degli ulteriori diciotto mesi, esibendo la relativa documentazione medica.
In caso di dichiarazione di assoluta o permanente incapacità del dipendente a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l'Amministrazione può procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Nell'ipotesi in cui l'inidoneità accertata si riferisca alle mansioni del profilo di appartenenza, l'Amministrazione, ai sensi dell'art. 3 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001, non potrà procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro prima di aver espletato ogni utile tentativo per recuperare il dipendente al servizio attivo. A tal fine la suindicata norma prevede la possibilità di una sua utilizzazione anche in mansioni di un profilo diverso da quello di appartenenza nell'ambito della medesima area e posizione economica di inquadramento oppure in mansioni di un profilo della posizione economica immediatamente sottostante, purché compatibile con il suo stato di salute e con i titoli posseduti. Ovviamente la ricollocazione del dipendente in un altro profilo è possibile, su richiesta dello stesso, solo in presenza della relativa disponibilità organica. In caso di mancanza di posti disponibili, l'amministrazione può procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro, corrispondendo all'interessato l'indennità sostitutiva del preavviso.

B11 - La decurtazione dell'indennità di amministrazione per le malattie di durata inferiore ai 15 giorni deve essere effettuata per il periodo di assenza successivo al ricovero in day hospital?

In proposito si osserva che l'art. 21, comma 7, lett. a) del CCNL sottoscritto il 16 maggio 1995 prevede che l'indennità di amministrazione compete per intero al verificarsi di determinate condizioni tra cui il ricovero ospedaliero e il successivo periodo di convalescenza post ricovero. Il CCNL integrativo del 22 ottobre 1997, all'Allegato A, punto 5, lettera d), nel chiarire che "il caso di ricovero ospedaliero si riferisce anche al ricovero in day hospital", amplia la casistica di una delle due fattispecie, quella del ricovero, estendendo la particolare tutela, oltre al caso di ospedalizzazione, che comporta una permanenza continuativa nella struttura sanitaria, anche all'ipotesi di day hospital, che, per sua natura, richiede l'effettuazione di particolari cure e terapie, che possono avere al massimo la durata di una giornata.
Il mancato riferimento al periodo di riposo successivo al ricovero in day hospital esclude che possa essere attribuita l'indennità di amministrazione anche in tale ultima ipotesi e, pertanto, si ritiene che l'assenza effettuata per tale finalità, anche nell'ipotesi in cui sia inferiore ai 15 giorni, non rientri nei casi di deroga rispetto al principio espresso nel citato articolo 21.

B12 - Come vanno considerate le assenze dovute alle gravi patologie di cui all'art. 6, comma 1, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001, insorte precedentemente alla data di entrata in vigore del contratto ed in corso a tale data?

In merito si premette che, in mancanza di diverse indicazioni, il contratto entra in vigore il giorno successivo alla sottoscrizione, in base alla regola generale prevista dall'art. 2, comma 2 del CCNL 19 febbraio 1999 di cui esso è "integrativo".
Nel caso di specie, quindi, alle assenze effettuate fino al 16 maggio si applicano le regole previste dal precedente contratto, mentre la speciale disciplina introdotta dal contratto collettivo di lavoro integrativo deve riferirsi ai giorni di assenza effettuati dal 17 maggio in poi, indipendentemente da quando è iniziato il periodo di assenza.

B13 - La disciplina per le particolari patologie di cui all'art. 6 del CCNL del 16 maggio 2001, relativamente all'esclusione dei giorni di assenza dal computo del periodo massimo di conservazione del posto, si applica anche ad altri periodi di assenza connessi alle terapie salvavita?

Circa la possibilità di poter escludere dal computo delle assenze per malattia ai fini del raggiungimento del periodo massimo di conservazione del posto, oltre ai giorni utilizzati per le terapie salvavita in caso delle particolari patologie previste dal citato art. 6, anche quelli relativi agli eventuali periodi di convalescenza, occorre precisare che la particolare tutela contrattuale si riferisce non a tutte le giornate di assenza dovute a patologie di particolare gravità, ma solo a quelle relative ai casi di ricovero ospedaliero e di day-hospital, o comunque utilizzate per l'effettuazione delle citate terapie salvavita.
Di conseguenza la norma di miglior favore non risulta essere applicabile agli altri periodi di assenza del lavoratore, ritenuti in qualche modo connessi o consequenziali alle terapie stesse, come ad esempio i giorni di convalescenza.

B14 - Qual'è la certificazione medica richiesta per il riconoscimento della disciplina delle particolari patologie di cui all'art. 6, comma 1, punto 7/bis del CCNL del 16 maggio 2001? In particolare è da ritenersi indispensabile la certificazione rilasciata dalla competente Azienda sanitaria ovvero dalla Struttura convenzionata oppure può essere considerato sufficiente il certificato del medico di famiglia?

Al riguardo si ritiene che la precisazione contenuta all'art. 6, comma 1, punto 7/bis del CCNL del 16 maggio 2001 non sia casuale ed è strettamene connessa alla disciplina più favorevole di cui trattasi, che avendo carattere derogatorio rispetto al sistema ordinario, richiede conseguentemente una specifica documentazione da parte delle strutture sanitarie citate nel suindicato art. 6, da cui emerga chiaramente che la condizione morbosa è assimilabile ad una patologia grave, per la quale è necessaria l'effettuazione di terapie salvavita. L'assenza dal servizio sarà poi giustificata di volta in volta dalla struttura o dal medico che fornisce le singole prestazioni secondo quanto previsto dalla normativa vigente.
Sotto tale ultimo profilo, infatti, la norma contrattuale non richiede solo la presenza di particolari patologie, ma anche la contestuale necessità di ricorso alle terapie salvavita: i due elementi, tra loro inscindibili, costituiscono il presupposto per l'applicazione della disciplina più favorevole.

B15 - La totale remunerazione delle assenze necessarie, in caso di gravi patologie, per sottoporsi a terapie salvavita, di cui all'art. 6, comma 1, punto 7-bis, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001, compete anche qualora il periodo di assenza sia inferiore a 15 giorni?

Relativamente ai periodi di assenza dovuti a ricovero in ospedale o in day-hospital ovvero necessari per sottoporsi a terapie salvavita, il CCNL integrativo del 16 maggio 2001, all'art. 6, comma 1, punto 7 bis, deroga la normale disciplina delle assenze per malattia contenuta nell'art. 21 del CCNL del 16 maggio 1995. In particolare tali periodi sono esclusi dal computo dei giorni di assenza per la conservazione del posto, di cui al primo comma del citato art. 21, e sono in ogni caso interamente retribuiti, indipendentemente dalla durata del periodo di assenza. Non rientrano nella fattispecie in esame i giorni di assenza connessi o consequenziali alle terapie stesse, come ad esempio i giorni di convalescenza o quelli per visite di controllo.

B16 - Come si conciliano gli aspetti di tutela della privacy con la più dettagliata documentazione medica richiesta dall'art. all'art. 6, comma 1, punto 7/bis del CCNL del data 16 maggio 2001?

Per quanto attiene agli aspetti relativi alla "privacy", occorre precisare che la più dettagliata documentazione richiesta ai fini dell'applicazione della disciplina più favorevole introdotta dal CCNL del 16 maggio 2001 relativa alle particolari patologie trova la sua giustificazione logica nella maggiore tutela, sotto il profilo economico, prevista dalla norma contrattuale, che può essere assicurata solo sulla base di una esauriente certificazione medica che attesti la presenza delle condizioni indicate dal CCNL medesimo.
Del resto le disposizioni di miglior favore previste dal CCNL implicano la sussistenza di alcuni requisiti essenziali da parte del dipendente che consistono non solo nella presenza delle particolari patologie, ma anche nella contestuale necessità di ricorso alle terapie salvavita: i due elementi, tra loro inscindibili, costituiscono il presupposto per l'applicazione della disciplina più favorevole e, pertanto, devono essere debitamente documentati.
Al riguardo si rammenta, altresì, che la comunicazione di tali dati è finalizzato esclusivamente all'attribuzione del beneficio. Esiste comunque il divieto per gli Uffici competenti di diffondere informazioni idonee a rivelare lo stato di salute dei dipendenti, come ribadito anche dalla legge n. 675 del 1996.
Siffatta interpretazione è, del resto, confortata dalla presenza di analoghe situazioni (ad esempio l'applicazione della legge n.104 del 1992, la disciplina per i dipendenti in particolari condizioni psicofisiche oppure per mutilati ed invalidi civili, ecc.) in cui il diritto al riconoscimento di maggiori benefici economici previsto dalle norme vigenti, siano esse contrattuali o di legge, si accompagna alla esibizione di una certificazione medica più dettagliata, anche se ciò comporta un parziale sacrificio della propria "privacy".

B17 - Quali sono le tutele per il personale affetto da T.B.C.?

Per quanto attiene al personale affetto da T.B.C., l'art. 9 della legge 1088/1970, come modificata dalla legge 6.8.1975, n. 419, prevede una particolare disciplina, confermata e, peraltro, ulteriormente chiarita da una consolidata giurisprudenza. La suindicata normativa, infatti, stabilisce come disposizione di maggior favore per tali dipendenti, la conservazione del posto fino a sei mesi dopo la dismissione dal luogo di cura per avvenuta guarigione o per stabilizzazione della forma morbosa, quindi oltre i termini previsti dagli artt. 21 e 22 del CCNL del 16 maggio 1995.
Per quanto attiene al trattamento economico, si applicano le disposizioni dell'art. 21 e, qualora la malattia sia contratta per causa di servizio, quelle dell'art. 22, comma 2, del CCNL 16 maggio 1995. I periodi che, in base a tali clausole, non sono retribuiti, non comportano riconoscimento dell'anzianità di servizio.

B18 - Come va considerata l'assenza di un dipendente che durante l'orario di servizio sia colpito da un malessere e quindi costretto a lasciare la sede di lavoro?

Sulla problematica oggetto del quesito è intervenuto il CCNL integrativo del 16 maggio 2001, il quale, all'art. 6, il comma 7 quinquies, ha introdotto specifiche disposizioni che regolano il caso di malattia insorta durante l'orario di lavoro, a seguito della quale il dipendente sia costretto a lasciare la sede di lavoro.
Al riguardo le ipotesi previste sono due.

a) La giornata non sarà considerata assenza per malattia se la relativa certificazione medica ha decorrenza dal giorno successivo a quello della parziale prestazione lavorativa. In tale evenienza, il dipendente, ai fini del completamento dell'orario, recupererà le ore non lavorate concordandone i tempi e le modalità con il dirigente, anche ai sensi dell'art. 20 del CCNL del 16.5.95.
b) Se, invece, il certificato medico coincide con la giornata della parziale prestazione lavorativa, la stessa sarà considerata assenza per malattia e il dipendente potrà invece utilizzare successivamente le ore lavorate come riposo compensativo di pari entità.

 


C 0 - Congedi parentali 

C 1 - I primi trenta giorni di congedo parentale (ex astensione facoltativa) interamente retribuiti, di cui all'art. 10, comma 2, lett. c), del CCNL integrativo del 16 maggio 2001, se non fruiti nel primo anno, possono essere utilizzati entro gli otto anni di vita del bambino, conservando il diritto alla retribuzione al 100%?

La disciplina di maggior favore relativa all'istituto del congedo parentale contenuta nel contratto si muove pur sempre nella cornice legale dell'art. 34 del d. lgs. 151/2001 e, quindi, non modifica le condizioni generali ivi previste per l'erogazione del trattamento economico.
Di conseguenza, il trattamento economico intero è corrisposto per i primi trenta giorni, in via generale, se il congedo è fruito prima del compimento del terzo anno di vita del bambino.
Se, invece, essi sono richiesti dopo il triennio, il trattamento economico è corrisposto per intero solo in presenza dei requisiti richiesti dalla norma di legge per l'erogazione dell'indennità pari al 30% della retribuzione (cioè se il reddito del genitore che richiede il congedo sia inferiore al minimo previsto dal decreto legislativo medesimo).

C 2 - Il personale dipendente che fruisce delle due ore di riduzione oraria per allattamento può svolgere lavoro straordinario?

In merito si osserva che tale eventualità è strettamente correlata all'articolazione oraria scelta dalla lavoratrice. In particolare, laddove quest'ultima chieda di usufruire dei periodi di riposo previsti dall'art. 39 del d. lgs. 151/2001 all'inizio o durante il proprio orario di lavoro giornaliero, nulla vieta che essa possa prestare lavoro straordinario.
Al contrario, qualora le due ore di riposo siano fruite alla fine dell'orario di lavoro, sebbene in merito i contratti ovvero il d. lgs. 151/2001 non contengano alcuna espressa previsione contraria, appare poco conforme allo spirito della norma obbligare la lavoratrice al rientro in servizio per prestare lavoro straordinario.

C 3 - In caso di fruizione di congedo parentale retribuito al 30% maturano le ferie e la tredicesima mensilità?

Al riguardo occorre precisare che il comma 2, lett. c) dell'art. 10 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001 ha derogato l'art. 7, comma 5, della legge 1204/1971, oggi confluito nell'art. 34 del d. lgs. 151/2001, esclusivamente per quanto attiene i primi 30 giorni di congedo parentale, i quali sono interamente retribuiti e calcolati ai fini delle ferie e della tredicesima mensilità.
Nulla è innovato per i successivi 5 mesi. Essi sono computati ai fini dell'anzianità di servizio ma non anche per quanto attiene la maturazione delle ferie e della tredicesima mensilità.


D 0 - Cure termali

D 1 - Quali sono le modalità di fruizione delle cure termali per mutilati e invalidi di guerra o per servizio alla luce della abrogazione dell'istituto del congedo straordinario?

Con il CCNL del 16 maggio 1995 si è determinato il superamento dell'istituto del congedo straordinario e dell'aspettativa per infermità. e l'art. 43 dello stesso CCNL ha disapplicato il comma 25 dell'art.22 della legge 724/1994. Tale disapplicazione, nell'intenzione delle parti stipulanti il CCNL, non comporta l'esclusione per il personale mutilato o invalido di guerra o per servizio dal diritto alle cure richieste dallo stato di invalidità, comprese le cure termali, elioterapiche, climatiche e psammometriche. L'interessato può infatti fare ricorso all'istituto delle assenze per malattia di cui all'art. 21 del citato CCNL, così come integrato dall'art. 6 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001.


E 0 - Ferie e festività

E 1 - A quanti giorni di ferie ha diritto un lavoratore già dipendente, assunto presso altra amministrazione pubblica a seguito di concorso?

L'art. 16 del CCNL del 16 maggio 1995 prevede che ai dipendenti neoassunti, per i primi tre anni di servizio, competono 30 giorni di ferie, ovvero 26 laddove l'orario settimanale sia distribuito su cinque giorni alla settimana.
Nel caso in questione, poiché l'assunzione a seguito di pubblico concorso comporta la novazione del rapporto di lavoro, il dipendente va considerato a tutti gli effetti neoassunto: non è possibile perciò tenere conto della precedente esperienza lavorativa ai fini della quantificazione dei giorni di ferie il cui numero maturerà proporzionalmente al periodo di servizio effettuato presso l' Amministrazione con la quale lo stesso ha instaurato il nuovo rapporto di lavoro.

E 2 - In caso di impossibilità di fruizione, per motivi di servizio, della festività del Santo patrono è possibile richiedere il riposo compensativo?

Nel caso prospettato e cioè il mancato godimento per motivi di servizio della festività del santo Patrono, la ricorrenza deve essere fruita come riposo compensativo in altri giorni lavorativi.


H 0 - Modelli relazionali con le OO.SS.  

H 1 - Può un'organizzazione sindacale territoriale o la RSU richiedere l'interpretazione autentica delle disposizioni contenute nei contratti collettivi nazionali?

Le organizzazioni territoriali e la RSU non possono chiedere l'interpretazione delle disposizioni contrattuali contenute nei contratti collettivi nazionali.
Tale procedura, infatti, ai sensi dell'art. 12 del CCNL del 16 febbraio 1999 che recepisce l'art. 49 del d.lgs. n. 165 del 2001, può essere attivata solo dai soggetti firmatari del CCNL in relazione all'emergere, nella fase di applicazione dei contratti collettivi, di problematiche interpretative. Tali problematiche, di carattere generale, non possono essere attinenti a singole vertenze locali, ma devono discendere da una contrastante valutazione, tra le parti, di specifiche disposizioni contrattuali, il cui significato viene così ad essere messo in discussione nell'intero comparto.
L'eventuale accordo, che viene stipulato a livello nazionale secondo le procedure previste dall'art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001, sostituisce la clausola controversa sin dall'inizio della vigenza del contratto di riferimento.

H 2 - E' possibile, sulla base di accordi avvenuti in sede di contrattazione integrativa di amministrazione, attivare un successivo tavolo contrattuale per centri di costo?

In merito si premette che l'interpretazione degli accordi compete alle parti che li hanno sottoscritti, di conseguenza, nel caso del contratto integrativo di amministrazione, è la stessa amministrazione a doverne chiarire il contenuto.
Tuttavia, per quanto di competenza, si osserva che, fermo restando l'unico livello della contrattazione collettiva integrativa di amministrazione, essa, ai sensi dell'art. 4, comma 3, del CCNL sottoscritto il 16 febbraio 1999, risulta così articolata:

- a livello di singola amministrazione, con i soggetti di cui all'art. 8, comma 1 del medesimo CCNL (ossia con le organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del CCNL di comparto);
- presso ogni sede centrale o sede distaccata di amministrazione centrale e ufficio periferico individuato come sede di contrattazione a seguito della elezione delle RSU, con i soggetti di cui all'art. 8, comma 2 (ossia le RSU e le organizzazioni sindacali di categoria territoriali firmatarie del CCNL).

Il contratto, dunque, definisce le sedi di contrattazione integrativa di secondo livello sulla base delle mappature a suo tempo fatte da ciascuna amministrazione per le elezioni delle RSU e non sul criterio che tale sede sia centro di costo essendo questo un fatto esclusivamente organizzativo.

H 3 - Per la validità di un contratto integrativo di amministrazione occorre che le organizzazioni sindacali firmatarie abbiano una rappresentatività almeno del 51%?

In relazione al quesito si premette che l'art. 43, comma 3 del d.lgs. n. 165/2001, prevede che, ai fini della sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, l'ARAN è tenuta a verificare preventivamente che le organizzazioni sindacali firmatarie rappresentino, nel loro complesso, almeno il 51% come media tra dato associativo o dato elettorale nel comparto, oppure almeno il 60% del dato elettorale nel medesimo ambito.
Al riguardo si precisa che la norma in questione riguarda soltanto i contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale dall'ARAN e delle organizzazioni sindacali aventi titolo, mentre nulla dispone in merito alla contrattazione integrativa, cui la norma citata non è applicabile neanche per via analogica, in quanto dall'analisi della stessa si evince chiaramente il riferimento al solo livello di contrattazione nazionale.

H 4 - I provvedimenti attinenti ad atti individuali di trasferimento sono oggetto di informazione preventiva o successiva oppure di consultazione?

I trasferimenti all'interno della medesima amministrazione, intesi come modifica della sede di lavoro dei dipendenti, costituiscono una manifestazione del potere direttivo del datore di lavoro pubblico, il quale nell'attività di gestione volta ad assicurare la funzionalità degli uffici assegnati alla sua responsabilità, gode della piena autonomia decisionale che gli viene espressamente riconosciuta dall'art. 5 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Per l'adozione di singoli atti relativi a trasferimenti, in particolare se temporanei, non è prevista alcuna modalità di relazione sindacale, né, tanto meno, gli stessi possono essere ricompresi nelle materie oggetto di informazione preventiva di cui al citato art. 6, comma 2, lett. A), punto 2),del CCNL del 16 febbraio 1999, relative all'organizzazione del lavoro, alla verifica dei carichi di lavoro o alla produttività. Non sembra, del resto, applicabile alla vicenda in argomento neanche la previsione di cui all'art. 6, lett. C), comma 1, punto 2 del medesimo CCNL, che dispone l'obbligo di consultazione preventiva per gli atti adottati in materia di organizzazione e disciplina dell'ufficio, nonché per quelli concernenti la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche, in quanto tale istituto dovrebbe, in ogni caso riguardare la definizione dei criteri generali di riferimento e non casi individuali.
Occorre, al riguardo, precisare che il trasferimento temporaneo all'interno dell'ufficio non sembra rientrare nelle fattispecie suesposte, in quanto si configura piuttosto come una misura, anche urgente, di gestione delle risorse umane, adottata allo scopo di garantire la migliore utilizzazione delle stesse in relazione ad esigenze funzionali determinate da situazioni particolari e contingenti. Sotto tale profilo, pertanto, l'atto in questione non incide sulle soluzioni di carattere generale adottate dal dirigente in relazione all'organizzazione dell'ufficio (articolazione interna, obiettivi o attività), che costituiscono l'oggetto delle citate modalità di relazioni sindacali.

H 5 - Nell'ambito dell'informazione successiva, le OO.SS. possono avere la documentazione relativa ai nominativi dei dipendenti che hanno svolto prestazioni di lavoro straordinario, con l'indicazione delle relative ore effettuate?

Al riguardo, per quanto di competenza, occorre considerare che nel sistema di relazioni sindacali delineato dal d.lgs. n. 165/2001, l'informazione si configura come una modalità relazionale volta a far conoscere alle organizzazioni sindacali, nel quadro di un trasparente e costruttivo il confronto tra le parti, l'attività gestionale svolta dall'amministrazione nell'esercizio del proprio potere di organizzazione.
Al fine di attuare tale confronto, pertanto, l'amministrazione fornisce, preventivamente o anche successivamente, la documentazione circa le misure adottate nelle materie indicate dal CCNL di riferimento, mentre le organizzazioni sindacali procedono alla conseguente verifica degli atti oggetto dell'informazione.
Nel caso che qui interessa, l'applicazione della clausola contrattuale comporta che l'amministrazione debba comunicare alle OO.SS. aventi titolo tutti gli elementi conoscitivi in relazione all'effettuazione del lavoro straordinario, come ad esempio le ore autorizzate e quelle effettuate considerate complessivamente oppure distinte per ufficio, il numero dei dipendenti che effettua lo straordinario, valutato in totale o per ogni singolo ufficio, le risorse stanziate, ecc.
In tale contesto, però, non sembra che la conoscenza esplicita dei nominativi del personale dipendente che ha effettuato la relativa prestazione lavorativa, possa, in qualche modo, interessare le organizzazioni in sindacali, in quanto l'intento della norma è quello di consentire di valutare la distribuzione delle ore di straordinario e di verificare le modalità di utilizzazione del relativo plafond sotto il profilo della effettiva utilità dello stesso per lo svolgimento dell'attività istituzionale dell'amministrazione oppure ai fini del miglioramento dell'efficienza e della qualità dei servizi. Tali aspetti rientrano nelle finalità generali delle attività delle amministrazioni nel loro complesso, non rapportabili in alcun modo alla conoscenza del nominativo del singolo dipendente.
In altri termini, la mancata comunicazione dei nominativi dei singoli dipendenti che hanno svolto il loro straordinario non impedisce alle organizzazioni sindacali di svolgere il loro ruolo nel quadro dell'informazione successiva.
Del resto, l'eventuale indicazione dei suindicati dati implicherebbe il coinvolgimento di aspetti personali, la cui conoscenza, sotto il profilo dell'applicazione delle norma in questione, non sembra rientrare nelle competenze delle organizzazioni sindacali.


F 0 - Orario di lavoro  

F 1 - E' possibile articolare l'orario di lavoro in turnazioni di 12 ore in relazione a particolari attività?

In proposito sembra utile rappresentare che, ai sensi dell'Accordo riguardante le "Tipologie degli orari di lavoro", del 12 gennaio 1996, la turnazione serve a garantire la copertura massima dell'orario di servizio giornaliero, per cinque, sei o sette giorni, in relazione a specifiche e ben circoscritte funzioni e che a tale articolazione dell'orario di lavoro si fa ricorso qualora le modalità ordinarie di orario non siano sufficienti a coprire le esigenze del servizio.
In particolare, per gli aspetti che qui interessano, il citato Accordo, all'art. 1, nel definire i criteri generali per l'effettuazione delle turnazioni, al punto e) prevede che all'interno di un arco temporale di 24 ore "deve essere garantito un periodo di riposo di almeno 12 ore consecutive".
La clausola in questione non stabilisce chiaramente la durata massima del turno, ma questo ultimo elemento si evince indirettamente dalla individuazione di un periodo di riposo minimo che, nell'arco temporale delle 24 ore, non deve essere inferiore alle dodici ore, lasciando intendere che le rimanenti dodici potrebbero essere destinate allo svolgimento dell'attività di servizio.
Nell'ambito di tale previsione di carattere generale, spetta, pertanto, alle singole amministrazioni, nell'esercizio della loro autonomia e responsabilità, stabilire le attività per le quali è configurabile tale specifica modalità di turnazione.
Si fa comunque presente che il CCNL del 16 febbraio 1999 demanda la materia dell' orario di lavoro alla contrattazione integrativa per quanto attiene all'individuazione dell'articolazione delle relative tipologie, che potranno essere adattate alle esigenze delle singole amministrazioni sempre nell'ambito dei principi generali enunciati nel suindicato Accordo.

F 2 - Il personale che svolge le turnazioni come articolazione dell'orario di lavoro basata su sessioni di lavoro di 12 h con successivo riposo di 24 h, ha diritto all'indennità di turno?

In via preliminare occorre rappresentare che l'Accordo riguardante le "Tipologie degli orari di lavoro" del 12 gennaio 1996, prevede che le turnazioni costituiscono una particolare modalità di effettuazione dell'orario di lavoro, in quanto il ricorso alle stesse è possibile solo qualora le altre tipologie di orario non siano sufficienti a coprire le esigenze di servizio.
Rientra, pertanto, nella autonomia e responsabilità delle amministrazioni individuare le attività per le quali è possibile tale articolazione oraria, pur nel quadro dei criteri previsti dal citato Accordo.
In particolare quest'ultimo, all'art. 1, comma 2, nel disciplinare i criteri che devono essere osservati per l'adozione dell'orario di lavoro su turni, prevede, al punto e) dello stesso comma, che all'interno di un arco temporale di 24 h deve essere garantito un periodo di riposo di almeno 12 h consecutive.
La clausola in questione, pertanto, non definisce chiaramente la durata massima del turno, ma stabilisce un periodo di riposo minimo che, nell'arco temporale delle 24 ore, non deve essere inferiore alle dodici ore, lasciando intendere che le rimanenti dodici potrebbero essere destinate allo svolgimento dell'attività di servizio.
Da quanto sopra si evince chiaramente che le sessioni di lavoro di 12 h, che prevedano un riposo successivo di 24 h, sono configurabili quali turnazioni e pertanto i lavoratori assoggettati a tale disciplina di lavoro sono destinatari dell'indennità di turno con le modalità previste dalla contrattazione integrativa.
Si fa inoltre presente che, il CCNL del 16 febbraio 1999, demanda l'individuazione dell'articolazione delle tipologie dell'orario di lavoro alla contrattazione integrativa, al fine di consentire i necessari adattamenti delle stesse alle esigenze delle singole amministrazioni pur nell'ambito dei principi generali stabiliti nel citato Accordo del 12 gennaio 1996.

F 3 - E' possibile considerare tempo di lavoro, ai sensi dell'art. 4 dell'Accordo sulle 'Tipologie di orario di lavoro', anche il tempo occorrente per raggiungere il luogo di lavoro per personale comandato in missione ?

Il secondo comma dell'art. 4 dell'Accordo sulle "Tipologie di orario di lavoro" del 12 gennaio 1996 si riferisce soltanto a specifiche situazioni in relazione alle quali il dipendente è tenuto a recarsi in luoghi di lavoro diversi dalla sua sede principale di servizio, ma comunque sempre nell'ambito territoriale della stessa, per motivi connessi all'attività lavorativa.
Diversa è l'ipotesi della trasferta, in quanto, laddove vi siano le condizioni per la corresponsione del relativo trattamento economico secondo le disposizioni previste dall'art. 30 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001, tale ultimo trattamento deve considerarsi, comunque, onnicomprensivo con riferimento a tutti gli aspetti relativi allo spostamento temporaneo del dipendente ad una altra sede di lavoro.
A completamento di tale tematica, va richiamata la specifica disciplina recata in materia dal citato art. 30, il quale prevede, al comma 1, lett. g), una deroga al principio generale che il tempo di viaggio non può essere considerato attività lavorativa. Tale clausola contrattuale consente, infatti, alle Amministrazioni del comparto Ministeri, di individuare con proprio atto formale, previa consultazione con i soggetti sindacali di cui all'art. 8, comma 1 del CCNL del 16 febbraio 1999, le categorie di lavoratori che, in relazione alla tipologia della loro prestazione lavorativa, debbono necessariamente ricorrere, in via ordinaria, all'istituto della trasferta di durata non superiore alle dodici ore. Per tali categorie di personale, quindi, il tempo utilizzato per i trasferimenti può essere considerato come attività lavorativa a tutti gli effetti.

F 4 - Come è possibile realizzare la riduzione dell'orario di lavoro a 35 h settimanali, ai sensi dell'art. 25 del CCNL del 16 febbraio 1999?

La riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali può realizzarsi alle condizioni previste dall'art. 25 del CCNL 16.2.1999 e, precisamente, soltanto qualora il relativo costo sia fronteggiato con una proporzionale riduzione di lavoro straordinario oppure con stabili modifiche degli assetti organizzativi che portano all'autofinanziamento dell'istituto in questione.

F 5 - E' possibile concedere al personale in servizio di reperibilità in giornate festive, un riposo compensativo sia che venga chiamato ad intervenire sia che rimanga nello stato di attesa?

L'Accordo sulle "Tipologie degli orari di lavoro" del 12 gennaio 1996 stabilisce, all'art. 8, comma 5, che il diritto al riposo compensativo spetta soltanto quando il dipendente incaricato della reperibilità è chiamato a prestare la propria attività lavorativa nella giornata festiva e qualora lo stesso ne faccia esplicita richiesta, in alternativa al trattamento economico spettantegli per il lavoro straordinario.

F 6 - I permessi per i figli con handicap grave di cui agli artt. 42 e 43 del d.lgs. 151/2001 e più in generale i permessi previsti dall'art. 33, comma 3, della legge 104/92, riducono le ferie e la tredicesima mensilità?

In proposito si rappresenta che l'art. 18, comma 6, del CCNL del 16 maggio 1995 introduce una norma di maggior favore ed in particolare prevede che i permessi di cui all'art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, non riducono le ferie, mentre per quanto attiene alla tredicesima mensilità, nulla innova rispetto alle disposizioni legislative, che quindi continuano ad essere applicate anche al personale del comparto dei Ministeri con conseguente decurtazione proporzionale della mensilità in parola.
Tale disciplina si estende anche ai permessi per i figli con handicap grave di cui all'art. 42 del citato d.lgs. 151/2001: sotto tale profilo, ad ulteriore conferma, si richiama quanto previsto dall'art. 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo, che fa salve le condizioni di maggior favore stabilite dai contratti collettivi.

F 7 - Le 150 ore di permesso retribuito per motivi di studio vanno proporzionate in relazione ai mesi residui dell'anno solare?

L'art. 13 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001 prevede, nei casi e con le procedure in esso dettagliatamente indicate , la concessione di "…permessi retribuiti nella misura massima di 150 ore individuali per ciascun anno…"
Al dipendente dunque competono 150 ore per anno solare, indipendentemente dal periodo di fruizione. Non sembra quindi possibile proporzionare le ore concedibili ai mesi residui di possibile utilizzo delle stesse.

F 8 - In caso di part-time orizzontale occorre proporzionare le 150 h di permesso retribuito per motivi di studio previste dall'art. 13 CCNL integrativo del 16.5.2001 alla quota oraria?

Nel merito in CCNL non ha disciplinato esplicitamente la problematica. Nel caso di specie tenuto conto che il permesso in oggetto, al contrario della maggior parte delle fattispecie dei permessi retribuiti previsti dai CCNL, viene computato ad ore e non a giorni, sembrerebbe logico proporzionare il previsto monte ore annuale alla percentuale di part-time del singolo lavoratore.

F 9 - I corsi-master organizzati per studenti laureati dalle università italiane che abbiano come obiettivo formativo l'acquisizione di specifiche capacità professionali possono essere equiparati ai corsi post-universitari, anche qualora la loro durata sia inferiore all'anno solare?

Sull'argomento si osserva che l'art. 13 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001 prevede che i permessi retribuiti ivi previsti possono essere concessi per la partecipazione a tutti i corsi che rilascino un titolo di studio legale, ovvero attestati di qualifica professionale riconosciuti dall'ordinamento pubblico, la cui durata corrisponda al corso legale di riferimento. E' invece demandata alla contrattazione integrativa l'individuazione di ulteriori tipologie di corsi che abbiano durata almeno annuale nonché le altre caratteristiche indicate nel citato art. 13, comma 2, ultimo periodo.

F10 - Quali sono le modalità di fruizione dei tre giorni di permesso retribuito previsto dall'art. 18 del CCNL del 16 febbraio 1995, come sostituito dall'art. 9 del CCNL del 16 maggio 2001?

L'art. 9 del CCNL del 16 maggio 2001 nel confermare i tre giorni di permesso retribuito nell'anno per motivi familiari o personali, chiarisce che tali giorni possono essere fruiti sia a giornata intera, a prescindere dall'articolazione dell'orario giornaliero di servizio, sia, in alternativa, in modo frazionato per un numero massimo di 18 ore annue. Il CCNL medesimo precisa, altresì, che le due modalità non sono tra loro cumulabili.


I 0 - Questioni di carattere generale  

I 1 - Nel caso in cui un contratto collettivo nazionale modifichi clausole contenute in precedenti contratti, quale disciplina si applica alle situazioni già instaurate e non ancora concluse al momento dell'entrata in vigore del nuovo contratto?

Al riguardo si rappresenta che la regola generale di cui all'art. 2, comma 2, del CCNL del 16 febbraio 1999, prevede che l'efficacia giuridica delle disposizioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro, decorrano dal giorno successivo alla data di sottoscrizione degli stessi, a meno che non sia espressamente definita nel contratto una data diversa.
Pertanto, si ritiene debba farsi riferimento alla normativa vigente al momento del verificarsi della situazione che determina l'applicazione dell'istituto, in base alla quale sia l'amministrazione che il dipendente hanno operato le proprie scelte o programmato le proprie attività.

I 2 - Le disposizioni contenute all'art. 34, comma 4, del CCNL integrativo sottoscritto il 16 maggio 2001, relative alla cessazione dell'efficacia delle norme generali e speciali ancora vigenti ed espressamente applicabili anche al personale del comparto dei Ministeri, è riferibile anche alle norme del d.lgs. 165/2001?

Al riguardo occorre precisare che la clausola in questione si riferisce, in particolare, a tutte le norme generali e speciali del pubblico impiego vigenti alla data del 13 gennaio 1994 e non abrogate, secondo quanto previsto dall'art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché a quelle contemplate dall'art. 2, comma 3 del medesimo decreto.
Ad ulteriore riprova che il contratto non può disapplicare le norme del decreto in parola concorre il fatto che l'art. 2 citato annovera le stesse tra le nuove fonti del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti dopo il processo di riforma.

I 3 - Quali sono i documenti che devono essere conservati nel fascicolo personale, ai sensi dell'art 17, comma1, del CCNL integrativo sottoscritto il 16 maggio 2001?

Il CCNL integrativo sottoscritto il 16 maggio 2001 nel riportare a disciplina contrattuale la precedente normativa, ha superato la precedente elencazione tassativa contenuta nell'art. 24 del D.P.R. n. 686/1957, pur precisando che il fascicolo personale contiene tutti gli atti e documenti attinenti all'attività svolta dal lavoratore ed ai fatti più significativi che lo riguardano.
Pertanto, considerato che il fascicolo personale non è esclusivamente finalizzato alla progressione di carriera del dipendente, non parrebbe conforme allo spirito della norma un'interpretazione restrittiva della stessa.

L 0 - Rapporto di lavoro a tempo parziale  

L 1 - Come vanno calcolati nelle dotazioni organiche i contingenti destinati al personale con rapporto di lavoro a tempo parziale?

In proposito, si fa presente che le disposizioni del CCNL del 16 febbraio 1999, come modificato dal CCNL integrativo del 16 maggio 2001, hanno inteso adeguare la disciplina contrattuale del part-time ai provvedimenti legislativi vigenti.
In particolare con il primo CCNL, all'art. 21, è stata ampliata la possibilità di costituzione del rapporto di lavoro a tempo parziale a tutti i profili professionali ricompresi nelle aree del sistema di classificazione del personale, mantenendo però, il limite del 25% della dotazione organica di personale a tempo pieno di ciascuna delle posizione economiche, limite che può essere elevato nei casi previsti dal comma 13 del medesimo articolo.
Occorre, inoltre, considerare, che ai sensi delle più recenti leggi finanziarie, tale tipologia di rapporto di lavoro deve essere necessariamente prevista dalle amministrazioni nella programmazione annuale e triennale del fabbisogno del personale sia con riferimento alla trasformazione dei posti del personale già in servizio a tempo pieno sia con riferimento alle nuove assunzioni di personale.
In tale quadro, anche al fine di evidenziare la ratio della suindicata norma contrattuale, sembra utile sottolineare che l'istituto in questione persegue obiettivi diversi in relazione alle predette modalità di applicazione: infatti l'operazione di trasformazione dei posti da tempo pieno a tempo parziale per il personale già in servizio è finalizzata al risparmio della spesa complessiva per il personale, ai sensi della legge 662/96, mentre l'effettuazione di nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo parziale è diretta a favorire l'occupazione.

L 2 - Il personale in part-time al 50% può svolgere una attività lavorativa extraistituzionale presso un'altra pubblica amministrazione? Qual è il significato della clausola contenuta nell'art. 21, comma 6 del CCNL del 16 febbraio 1999?

In merito al quesito proposto, appare inequivocabile che la vigente normativa legislativa e contrattuale consente al personale con rapporto di lavoro a tempo parziale la possibilità di svolgere un'altra attività lavorativa e professionale sia dipendente che autonoma, anche mediante l'iscrizione ad albi professionali: l'unico limite è costituito dall'accertata sussistenza di un conflitto di interessi tra l'attività esterna del dipendente e quella specifica di servizio.
Le attività suscettibili di realizzare situazioni di conflitto di interessi possono essere definite preventivamente dall'Amministrazione interessata medianti propri atti interni ovvero essere accertate al momento in cui viene presentata dal dipendente la richiesta di trasformazione del rapporto di lavoro.
Per quanto attiene alla segnalata formulazione della clausola contrattuale di cui al comma 6 del citato art. 21 relativa al generico divieto di svolgere l'attività predetta presso un'altra pubblica amministrazione, la stessa sembra essere riferita all'ipotesi di cumulo degli impieghi pubblici con rapporto di lavoro subordinato e non alle eventuali forme di consulenze, collaborazioni e simili svolte senza vincolo alcuno di subordinazione presso altre amministrazioni pubbliche. In tale ultimo caso si rammenta, altresì, che tali attività necessitano delle relativa autorizzazione da parte dell'amministrazione di appartenenza.
Si precisa, inoltre, che sulla tematica oggetto del presente quesito è stata emanata dal Dipartimento della funzione pubblica la circolare n. 6 del 1997.

L 3 - In caso di part-time verticale, come vanno conteggiati i periodi di assenza per congedo parentale (ex astensione facoltativa)?

L'art. 23, comma 11, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001, prevede che "il permesso per matrimonio, l'astensione facoltativa, i permessi per maternità e i permessi per lutto, spettano per intero solo per i periodi coincidenti con quelli lavorativi,…".
Elemento comune a tutti questi istituti è la modalità con cui essi vengono conteggiati, ossia facendo riferimento ai giorni di calendario e non ai giorni lavorativi rientranti nel periodo richiesto. Di conseguenza, in caso di part-time verticale, il periodo massimo concedibile non viene riproporzionato e i permessi sono computati con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo pieno.
Nel caso in questione, l'art. 10, comma 2, lett. e) prevede che "i periodi di assenza di cui alle lettere c) e d), nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all'interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice"
Di conseguenza le assenza dovute a congedo parentale, si computano tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nell'intero periodo richiesto. In caso di fruizione frazionata, il periodo di congedo verrà calcolato partendo dal primo giorno lavorativo e concludendo con l'ultimo giorno lavorativo precedente l'effettivo rientro in servizio. Per esempio: se un dipendente che lavora nei giorni di martedì e giovedì chiede 10 giorni di astensione facoltativa a partire dal martedì, tali giornate verranno conteggiate come segue:

MA
15

ME
16

GI
17

VE
18

SA
19

DO
20

LU
21

MA
22

ME
23

GI
24

VE
25

SA
26

DO
27

LU
28

MA
29

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

-

-

-

-

rientro in servizio

L 4 - In caso di personale con rapporto di lavoro parziale di tipo verticale, come deve essere effettuato il computo dei giorni di assenza per malattia finalizzato ad un'eventuale decurtazione dell'indennità di amministrazione? In particolare, cosa accade quando il dipendente presenta due certificati consecutivi per i soli giorni in cui era dovuta la prestazione lavorativa?

Relativamente alla problematica oggetto del quesito occorre osservare, in via preliminare, che, per quanto attiene all'indennità di amministrazione, l'art. 21, comma 7, lett. a) del CCNL del 16 maggio 1995, come modificato dal CCNL integrativo del 16 maggio 2001, dispone che qualora il periodo di assenza per malattia sia pari o superiore a 15 giorni di calendario, detta indennità compete per intero.
Tale periodo di 15 giorni è connesso all'episodio morboso nel suo complesso e costituisce l'arco temporale di riferimento utilizzato ai fini della valutazione della gravità dello stesso, laddove la ratio della norma trova il suo fondamento sull'esigenza di garantire, in caso di malattie di particolare serietà, il massimo della tutela e quindi anche quella economica.
Per il personale con rapporto a tempo parziale verticale, pertanto, sembrerebbe opportuno effettuare la decurtazione dell'indennità di amministrazione, nella misura spettante, qualora la certificazione medica preveda, per l'episodio morboso in corso, un periodo di tempo inferiore a 15 giorni di calendario.
Nel caso di più certificati medici consecutivi rilasciati solo per i giorni per i quali il dipendente in part-time è tenuto a svolgere la prestazione lavorativa, senza ricomprendere le giornate intermedie non lavorate, si ritiene che essi vadano considerati separatamente, in quanto attestano eventi morbosi distinti.

L 5 - In caso di personale con rapporto di lavoro part-time, sia orizzontale che verticale, i tre giorni di permesso di cui all'art. 33, comma 3, della legge 104/1992 devono essere riproporzionati o competono sempre per intero?

In merito si precisa che la disciplina è diversa a seconda del tipo di articolazione oraria della prestazione lavorativa. In particolare:

- per il personale in part-time orizzontale il beneficio compete per intero;
- per i dipendenti con contratto di lavoro di tipo part-time verticale, invece, si applica l'art. 23, comma 11, 3° periodo, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001 che stabilisce il riproporzionamento delle assenze previste dalla legge e dal CCNL, diverse da quelle espressamente individuate nel medesimo comma 11, applicando il criterio indicato per la quantificazione di ferie e festività soppresse.

 

M 0 - Riammissione in servizio  

M 1 - E' possibile corrispondere la retribuzione individuale di anzianità (RIA) al personale riammesso in servizio ai sensi dell'art. 15 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001?

In proposito occorre osservare che la cessazione dal servizio implica l'interruzione di qualsiasi rapporto tra il dipendente e l'Amministrazione e, conseguentemente, la successiva riammissione si configura come una assunzione ex novo. Per tale motivo non sembra possibile potersi riconoscere al dipendente riammesso l'anzianità pregressa, neanche sotto il profilo degli eventuali trattamenti economici ad essa collegati.
Di conseguenza il citato art. 15 del CCNL integrativo garantisce al dipendente che chieda di rientrare in servizio esclusivamente la ricollocazione nella medesima area, posizione economica e profilo professionale in cui era inquadrato all'atto delle dimissioni dall'impiego, mentre nulla aggiunge per quanto attiene alla corresponsione degli altri emolumenti eventualmente in godimento all'atto delle dimissioni. In tal senso si è espressa anche la Corte Costituzionale, con sentenza n. 344 del 22 luglio 1999.
Ad ulteriore conferma di ciò, si osserva che, ai sensi dell'art. 6 del CCNL del 21 febbraio 2001 relativo al secondo biennio economico 2000-2001, i risparmi sulla retribuzione individuale di anzianità in godimento del personale comunque cessato dal servizio confluiscono sul Fondo Unico di Amministrazione, per cui le risorse precedentemente utilizzate per l'erogazione a detto personale della R.I.A. non sono più disponibili per l'Amministrazione.

M 2 - L'art. 15 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001, ha limitato la portata dell'istituto della riammissione rispetto all'art. 132 del T.U. n. 3 del 1957? Ed è possibile riammettere in servizio un dipendente cessato dall'Amministrazione per mobilità o passaggio ad altre amministrazioni, ecc..?

In via preliminare occorre precisare che il citato art. 15, nel ridefinire l'istituto della ricostituzione del rapporto di lavoro, ha in effetti ridotto , rispetto all'art. 132 del T.U. n. 3 del 1957, le ipotesi per le quali è possibile riammettere in servizio un dipendente che ha interrotto il rapporto di lavoro, limitandone l'applicazione solo ai casi di dimissioni o di risoluzione per motivi di salute. In proposito la scelta contrattuale si fonda sulla circostanza che le altre motivazioni contenute nel citato T.U. rientrano nelle ipotesi di recesso da parte dell'amministrazione e che, pertanto, sembrerebbe illogico ipotizzare che un' amministrazione dopo aver risolto il rapporto di lavoro con un dipendente, pervenga alla determinazione di riammetterlo in servizio. Ciò soprattutto nei casi in cui si ravvisano anche gli estremi per l'applicazione delle sanzioni disciplinari (ad es. mancato rientro in servizio senza giustificato motivo entro il termine prefissato).
Inoltre non è possibile estendere l'applicazione del citato art. 15 ad altri casi quali l'opzione, la mobilità, il passaggio ad altre amministrazioni, in quanto questi ultimi istituti si fondano su presupposti giuridici del tutto diversi da quelli per i quali è prevista la riammissione in servizio.
Infatti gli stessi non determinando per il dipendente alcuna cessazione dal rapporto di lavoro, non comportano una novazione dello stesso, che mantiene una linea di sostanziale continuità, quand'anche si verifichi una modifica dell'amministrazione di appartenenza

M 3 - Qual' è l'effettiva portata della clausola che prevede che 'il periodo di preavviso è computato nell'anzianità a tutti gli effetti' contenuta nell'art. 28/ter del CCNL del 22 ottobre 1997?

In via preliminare occorre precisare che l' istituto in questione è rivolto alla tutela della parte che subisce il recesso consentendo al datore di lavoro, in caso di dimissioni del dipendente, la rapida sostituzione dello stesso ed al dipendente, in caso di licenziamento, la possibilità di cercarsi un altro lavoro. La formula " è computato ….. a tutti gli effetti" sancisce, pertanto, la piena efficacia del preavviso sotto il profilo giuridico ed economico, in quanto dallo svolgimento dello stesso scaturiscono tutti gli effetti derivanti da un qualsiasi periodo di attività lavorativa ( ad es. 13^ma mensilità, ferie, trattamento pensionistico, nonché gli altri emolumenti fissi e ricorrenti, ove spettanti).

M 4 - In caso di risoluzione del rapporto di lavoro per assoluta e permanente inabilità a qualsiasi proficuo lavoro, al dipendente spetta l' indennità di preavviso?

L'art. 21 del CCNL del 16 maggio 1995 , ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro, prende in considerazione sia il superamento dei limiti massimi di conservazione del posto (ivi compresi i diciotto mesi non retribuiti) che il sopraggiunto accertamento della totale inabilità fisica da parte dell'organismo sanitario a ciò preposto. Tale accertamento può intervenire, ove il dipendente lo richieda, in qualunque momento e, quindi, anche nei primi diciotto mesi di conservazione del posto oppure prima del superamento dei limiti massimi del periodo di comporto.
Infatti, i commi 2 e 3 del medesimo articolo, per il dipendente assente per malattia, prevedono due possibilità prima dello scadere dei diciotto mesi retribuiti stabiliti dal comma 1 dello stesso articolo:

1) inoltrare domanda per fruire di un ulteriore periodo di assenza di diciotto mesi non retribuiti per casi particolarmente gravi;
2) inoltrare domanda per essere sottoposto all'accertamento delle proprie condizioni di salute da parte degli organi competenti al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità fisica a svolgere qualsiasi proficuo lavoro.

Nel caso in questione il dipendente ha attivato questa seconda possibilità, a seguito della quale il collegio medico competente ha espresso il parere di inabilità assoluta e permanente a qualsiasi lavoro.
Allo scadere dei diciotto mesi non retribuiti e non prima, invece, il medesimo articolo riconosce all' Amministrazione la possibilità di attivare la risoluzione del rapporto di lavoro, nel quadro dell' ampio potere discrezionale previsto dal comma 4 dell'art. 21 che trova un limite nella ragionevole speranza di recupero della salute da parte del dipendente, esclusa nel caso di specie avendo l'organismo sanitario espresso un parere di totale ed assoluta inabilità a qualsiasi lavoro dell'interessato.
La clausola contrattuale in esame prevede poi che nell'ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro per inabilità sia corrisposta, in ogni caso, l'indennità sostitutiva del preavviso nell'evidente considerazione dell'impossibilità di rispettare i termini previsti dall'art. 28/ter del CCNL del 22 ottobre 1997, stante le condizioni di salute del dipendente impossibilitato a qualsiasi prestazione lavorativa.
Tale clausola non è derogabile e rientra nelle competenze del contratto al quale spetta di indicare i casi in cui è dovuta o meno 1'indennità di preavviso al cessare del rapporto di lavoro (art. 28/ter citato comma l).
L'indennità sopraindicata non interferisce con il trattamento pensionistico eventualmente spettante al dipendente, a qualsiasi titolo.

M 5 - L'indennità sostitutiva del preavviso deve essere attribuita anche al personale che a domanda chieda di essere sottoposto ad accertamenti sanitari per verificare i presupposti di inabilità al proficuo lavoro?

In ordine a tale problematica si premette che la norma contrattuale (art. 21 del CCNL del 16 maggio 1995), che si muove nell'ambito della finalità di fondo rappresentata dall'esigenza di tutela del lavoratore in presenza di malattia, ha voluto solo escludere che, in caso di malattia debitamente certificata, l'amministrazione potesse disporre autonomamente l'accertamento prima dello scadere dei 18 mesi.
Infatti viene riconosciuta solo al dipendente, a tutela della propria salute, la facoltà di chiedere l'accertamento della sua inidoneità assoluta a qualsiasi proficuo lavoro, prima del decorso dei previsti 18 mesi di malattia che, qualora convalidata dagli appositi organi, determina conseguentemente la cessazione del rapporto di lavoro.

M 6 - E' dovuta l'indennità sostitutiva del preavviso al dipendente deceduto prima del 22 ottobre 1997?

Si premette che la disciplina relativa all'istituto dei termini di preavviso, di cui all'art. 28 del CCNL del 16 maggio 1995, è stata sostituita dall'art. 28 ter introdotto dal CCNL integrativo del 22 ottobre 1997, che al comma 8 ha previsto, in caso di decesso del dipendente, l'obbligo per l'amministrazione di corrispondere agli aventi diritto l'indennità sostitutiva del preavviso.
In particolare, con riferimento al problema posto, questa Agenzia rappresenta che, in assenza di una espressa previsione normativa, tutte le clausole contrattuali relative al CCNL del primo quadriennio (1994-1997) hanno efficacia dalla data di sottoscrizione definitiva dei contratti collettivi nazionali, come precisato anche nel Titolo I concernente le "Disposizioni generali" del CCNL per il comparto dei Ministeri del 16 maggio 1995, di cui è parte il citato contratto collettivo integrativo.
Pertanto anche la disposizione contrattuale relativa alla corresponsione dell'indennità di preavviso decorre dall'entrata in vigore del predetto CCNL integrativo.

M 7 - Cosa accade se il periodo di preavviso non è interamente rispettato, ma il rapporto di lavoro viene risolto prima dei termini stabiliti?

Occorre precisare che nel caso in cui una delle parti, pur avendo stabilito il periodo di preavviso, decida di non rispettarne il termine e di risolvere anticipatamente il rapporto di lavoro, la parte di preavviso "lavorato" è utile a tutti gli effetti, mentre, per il restante periodo, la parte che risolve il rapporto di lavoro senza l'osservanza dei termini è tenuta a corrispondere all'altra un'indennità pari all' importo della retribuzione spettante per il mancato preavviso, secondo quanto previsto dal comma 4 dell' art. 28/ter del CCNL integrativo del 22 ottobre 1997.
In altri termini, il preavviso, inteso come periodo di effettivo servizio, è utile a tutti gli effetti solo quanto questo venga concretamente rispettato.
Occorre altresì osservare che, il citato comma 4, non si applica soltanto nel caso in cui la risoluzione anticipata avvenga con il consenso di entrambe le parti.

0 0 - Sistema di classificazione  

O 1 - E' corretto procedere alla trasposizione automatica dalle qualifiche funzionai ex L. 312/1980 alle posizioni economiche del nuovo ordinamento professionale, di cui all'art. 16 del CCNL del 16 febbraio 1999, sulla base della Tabella B di corrispondenza allegata al medesimo CCNL e senza tener conto delle mansioni di fatto svolte?

L'art. 16 del CCNL del 16 febbraio 1999, nel disciplinare le modalità di passaggio tra il vecchio e il nuovo ordinamento professionale, stabilisce che, all'entrata in vigore del CCNL medesimo, il personale in servizio è inquadrato nel nuovo sistema di classificazione con effetto automatico mediante l'attribuzione dell'area e della posizione economica secondo la tabella B – ivi allegata- che stabilisce l'esatta corrispondenza tra le qualifiche funzionali ex legge n. 312 del 1980 e le nuove posizioni economiche.
Nel confermare, pertanto, la correttezza delle procedure di inquadramento automatico operate nel senso suddetto, e, quindi, senza alcuna valutazione delle mansioni svolte di fatto, si ritiene opportuno fornire alcune sintetiche valutazioni sulle motivazioni che hanno determinato tale scelta contrattuale al fine di fare chiarezza sulla effettiva portata della previsione contrattuale in questione.
In via preliminare occorre osservare che l'applicazione della suindicata clausola va considerata anche nel contesto più ampio della filosofia contrattuale adottata nella nuova classificazione, essenzialmente finalizzata a valorizzare il merito professionale ed a promuovere la flessibilità organizzativa, attraverso molteplici istituti giuridici e retributivi, che, nel loro complesso, risultano anche preordinati a garantire la prevedibilità degli effetti economici, nel quadro di una sostanziale coerenza con gli obiettivi di riduzione del costo del lavoro perseguiti attraverso la riforma del lavoro pubblico.
Sotto tale ultimo aspetto, infatti, non sempre alle innovazioni si sono accompagnati specifici stanziamenti: anche la revisione del sistema classificatorio, particolarmente auspicata in relazione alla necessità di superare le rigidità del vecchio modello, è stata condizionata dal problema del contenimento della spesa pubblica.
Proprio al fine di coniugare i due aspetti fin qui rappresentati (creare le condizioni per una maggiore flessibilità gestionale e nello stesso tempo evitare il rischio di una spesa incontrollata) il CCNL ha, da una parte, all'art. 16, disciplinato il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento attraverso un meccanismo di trasposizione orizzontale, ad invarianza di livello economico e quindi a costo zero e, dall'altra - artt. 15 e 17 - ha previsto l'attuazione successiva di un articolato sistema di progressioni interne, sia verticali che orizzontali, basato su meccanismi oggettivi di valutazione e di selezione, che offre al personale una serie diversificata di opportunità di sviluppo economico e professionale anche sulla base di percorsi formativi.
Tale impostazione ha consentito di non lasciare spazi per inquadramenti automatici alle posizioni superiori, con conseguente aggravio di costi non prevedibili a priori, evitando, altresì, di ricadere nella situazione determinatasi nella fase di applicazione della legge n. 312 del 1980, le cui conseguenze, fortemente negative, ancor oggi sono evidenti sugli assetti del personale delle pubbliche amministrazioni.
Occorre, inoltre, segnalare che per gli aspetti che qui interessano, il CCNL, nell'ambito di tale sistema di passaggi interni, non ha tralasciato di considerare lo svolgimento di mansioni superiori attribuite con provvedimento formale, che, ai sensi dell'art. 34, comma 3 del citato CCNL, devono essere valutate nell'ambito della individuazione dei criteri per l'ammissione alle selezioni interne in sede di contrattazione integrativa di amministrazione.
Tale disposizione è, del resto, coerente con la disciplina contrattuale delle mansioni superiori prevista dall'art. 24, che integra le disposizioni contenute all'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 riprendendo le peculiari connotazioni normative attribuite all'istituto dal legislatore, il quale non ha ritenuto di poter dare, nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, piena applicazione alle regole codicistiche dell'art. 2103.
Sotto tale ultimo profilo, va, pertanto, segnalato che la regolamentazione del rapporto di lavoro privatizzato è del tutto atipica rispetto al settore privato in quanto, accanto alle disposizioni del codice civile ed ai contratti collettivi di lavoro, permangono le norme speciali previste dal medesimo d.lgs. n. 165 del 2001, che all'art. 2, comma 2, annovera le stesse tra le nuove fonti del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti dopo il processo di riforma.
Infatti, dall'analisi del citato art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, risulta evidente che la diversificazione della disciplina legislativa è sostanzialmente connessa alla preoccupazione di salvaguardare gli indubbi elementi di specialità che caratterizzano il lavoro pubblico sia in relazione alla necessità di garantire il rispetto delle dotazioni organiche, che rappresentano un forte limite alla flessibilità del sistema per le prevedibili ricadute sotto il profilo economico, sia per ottemperare al principio, di rango costituzionale, che impone il superamento di oggettive procedure di selezione per l'accesso all'impiego e per la progressione in carriera.
In proposito la norma in commento, tenendo presente le peculiarità suesposte, precisa espressamente che le mansioni della qualifica superiore sono quelle "acquisite per effetto dello sviluppo professionale e di procedure concorsuali e selettive", le quali possono essere attivate solo in presenza dei posti vacanti nella dotazione organica, oppure in caso di affidamento di mansioni superiori con atto formale del dirigente, limitatamente alle ipotesi di vacanza di posto in organico e di sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto.
Per contro, una applicazione diretta ed immediata della disciplina dell'art. 2103 del codice civile, con efficacia retroattiva, avrebbe potuto determinare effetti dirompenti per la spesa pubblica, soprattutto in considerazione dell'estensione nelle pubbliche amministrazioni del fenomeno del "mansionismo" (svolgimento di mansioni non corrispondenti a quelle del profilo di appartenenza e, talvolta, dei profili superiori), che ha costituito una dei fattori di ingestibilità derivanti dal sistema delineato dalla legge n. 312 del 1980.
Per fugare ogni dubbio in proposito ed evitare slittamenti ai livelli superiori, la citata disciplina legislativa stabilisce chiaramente che "lo svolgimento di mansioni non può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale dei lavoratori", facendo prevalere gli elementi formali legati alla necessità di controllo delle dotazioni organiche e, conseguentemente, della spesa pubblica rispetto al dato dell'effettivo espletamento di fatto delle mansioni superiori.
In tale contesto di prudente applicazione della disciplina delle mansioni al settore pubblico, va altresì segnalato che il suindicato art. 52 rinvia alla contrattazione collettiva l'individuazione dei termini temporali per la decorrenza dell'istituto, termini che vengono ulteriormente dilatati dalla norma contrattuale in relazione alla necessità di prevedere, all'interno di ciascuna amministrazione del comparto, specifici criteri e procedure per l'attuazione della disciplina in questione.
Quanto fin qui sinteticamente rappresentato evidenzia che le norme contrattuali, configurandosi come strumento di collegamento tra la previsione legale e la sua realizzazione in funzione dell'organizzazione del pubblico impiego, sono tenute a garantire, nell'ambito della regolamentazione degli istituti relativi al rapporto di lavoro, alcune specificità proprie del pubblico impiego.
A tal fine, infatti, risulta evidente la necessità di prevedere, pur nel quadro di un sostanziale avvicinamento tra il settore pubblico e quello privato, una particolare strumentazione giuridica per il rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che, discostandosi dalla disciplina codicistica, va considerata nel quadro degli interessi pubblici generali che presiedono alla contrattazione pubblica e nel più ampio contesto dei principi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione sanciti dall'art. 97 della Costituzione.

O 2 - E' possibile inquadrare nella posizione economica C3 il personale assunto a seguito di corso concorso nella ex. VIII q.f. - posizione economica C2?

In via preliminare va fatto osservare che, il personale in servizio alla data di entrata in vigore del CCNL del 16 febbraio 1999, è inserito nel nuovo sistema di classificazione con effetto automatico dalla stessa data, mediante l'attribuzione dell'area e della posizione economica, secondo la tabella di corrispondenza B, senza incremento di spesa (art. 16, comma 1 CCNL del 16 febbraio 1999).
Infatti ogni dipendente è inquadrato, in base alla ex qualifica e profilo professionale di appartenenza,nell'area e nella posizione economica ove questa è confluita (nel caso in specie ex VIII q.f , area C - posizione economica C2).
Da tutto ciò si evince chiaramente che, in prima applicazione non sia possibile inquadrare automaticamente detto personale nella posizione economica C3.
Tuttavia nulla osta che, ove ne sussistono le condizioni, i dipendenti interessati possano transitare nella posizione economica C3, con le procedure individuate nell'art. 15, comma 1 lett. B) e comma 2 del citato contratto.

O 3 - I dipendenti che, a seguito di passaggio interno, conseguono una nuova posizione economica devono sottoscrivere un contratto individuale di lavoro?

Al riguardo si configurano due diverse fattispecie:
La prima riguarda i dipendenti che abbiano già sottoscritto un contratto individuale ai sensi dell'art. 14 del CCNL del 16 maggio 1995, nei confronti dei quali non sembra esserci alcun obbligo di stipula di un nuovo contratto, anche in relazione a quanto previsto nel d. lgs. n 152 del 1997, laddove si dispone che il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore le eventuali modifiche del rapporto di lavoro, intervenute dopo l'assunzione, relative ad elementi del contratto di lavoro che non derivino direttamente da disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali. Si ritiene, infatti, che, nei casi indicati dal citato decreto legislativo, possano essere ricomprese anche le eventuali modifiche correlate alla realizzazione di una progressione economica verticale.
Il secondo caso riguarda i dipendenti che non hanno mai sottoscritto un contratto individuale, in quanto assunti precedentemente alla disciplina contrattuale attuata in relazione al processo di privatizzazione previsto dal d.lgs. n. 165 del 2001. Per tale personale, invece, si ritiene che, pur non configurandosi l'ipotesi di una novazione del rapporto di lavoro, il conseguimento della posizione economica superiore possa costituire l'occasione per stipulare formalmente il contratto individuale di lavoro e, pertanto, dare attuazione delle disposizioni contenute nel citato art. 14 del CCNL sottoscritto in data 16 maggio 1995. Al riguardo occorre far presente che, in questo caso, la stipulazione del contratto individuale, non costituisce ex novo il rapporto di lavoro, già in essere per effetto dei provvedimenti di nomina a suo tempo adottati, ma definisce soltanto tutti gli eventuali altri aspetti connessi al rapporto medesimo.

O 4 - Qual'è la decorrenza dell'attribuzione delle posizioni economiche 'super' di cui all'art. 17 del CCNL del 16 febbraio 1999?

Le posizioni economiche "super" decorrono dalla data del relativo provvedimento di attribuzione, ovvero, nel caso in cui ci sia stata una esplicita differente previsione nel contratto integrativo, dalla data in esso concordata.

O 5 - Ai fini dei passaggi all'interno del sistema di classificazione come va valutato il requisito dell'esperienza professionale maturata in contesti lavorativi diversi dalla pubblica amministrazione?

In via preliminare occorre far presente che il CCNL ha demandato la definizione dei criteri per le progressioni nell'ambito del nuovo ordinamento professionale alla contrattazione integrativa, al fine di consentire alle parti di operare in piena autonomia le scelte più adeguate alle esigenze e alla realtà organizzativa di ogni amministrazione.
Infatti, la finalità del sistema di progressioni verticali all'interno del nuovo sistema di classificazione del personale è quella di valorizzare le figure professionali che hanno maturato la loro esperienza all'interno delle amministrazioni.
Al fine del conseguimento di una posizione economica superiore, infatti, l'apprezzamento di tale requisito deve essere connesso al concetto di acquisizione di maggiore conoscenza e padronanza della specifica attività dei pubblici uffici, che, in quanto tali, richiedono operazioni e compiti peculiari strettamente collegati all'esercizio delle pubbliche funzioni.
Sotto tale profilo non sembra, pertanto che possa essere presa in considerazione l'esperienza professionale acquisita presso enti o istituzioni diversi dalla pubblica amministrazione, anche se le attività precedentemente svolte corrispondono a quelle del profilo di appartenenza.
Tali attività, debitamente documentate, potrebbero, invece, essere valutate come un titolo diverso ed ulteriore, da considerarsi unicamente sotto l'aspetto professionale legato alla specifica competenza tecnica, che deriva al dipendente dall'aver espletato funzioni analoghe in contesti diversi.

O 6 - E' necessario prevedere una prova conclusiva dei corsi di formazione propedeutici al passaggio di posizione economica? In caso affermativo occorre prevedere una soglia minima di votazione per considerare superato l'esame finale?

La logica del nuovo ordinamento professionale si fonda sul fatto che tutte le progressioni verticali, sia tra le aree che all'interno della stessa area, comportano un mutamento delle mansioni dei dipendenti, per lo svolgimento delle quali si richiede, oltre al possesso di particolari requisiti e titoli, idonee capacità professionali.
Nel quadro dei principi di equità e obiettività delineati dal CCNL, la prova conclusiva dei corsi di qualificazione e di aggiornamento è, pertanto, finalizzata ad accertare l'avvenuta acquisizione, mediante la citata attività formativa, delle conoscenze necessarie per l'espletamento dei compiti e delle funzioni previste dal profilo della posizione economica più elevata.
In tale contesto, la mancata previsione di una votazione minima per ritenere superato l'esame finale vanificherebbe la presenza di un importante elemento di verifica e di selezione voluto dalle parti contraenti non solo per l'accesso alla posizione economica apicale ma per tutti gli altri passaggi interni.
Del resto, ai sensi della citata norma contrattuale, il risultato conseguito costituisce - unitamente al punteggio ottenuto con i titoli culturali e di servizio- una componente essenziale del giudizio finale, che non può essere disattesa in sede di formazione della graduatoria.

Q 0 - Trattamento di trasferta

Q 1 - Come è stata modificata l'indennità di trasferta nel CCNL 16 maggio 2001 rispetto alla previgente normativa?

Con l'art. 30, comma 1, lett. a) viene superata la graduazione dell'entità economica in base alla qualifica ricoperta e pertanto essa è corrisposta a tutto il personale, a prescindere dalla posizione economica di appartenenza, nella misura e con le modalità di cui al citato art. 30.

Q 2 - Per le trasferte superiori alle 12 ore, come deve intendersi la locuzione 'fino a quattro stelle' utilizzata al comma 2 dell'art. 30 del CCNL del 16 maggio 2001 in relazione al rimborso delle spese di pernottamento?

Tale norma ha inteso introdurre una maggiore flessibilità per quanto riguarda tutta la materia del trattamento di missione, demandando all'autonomia e alla responsabilità delle amministrazioni l'adozione delle opzioni che vengono ritenute più convenienti ed opportune nel quadro di una più attenta gestione delle disponibilità economiche, in relazione ai principi generali di economicità, efficacia ed efficienza.
Al riguardo, infatti, la formulazione "fino a quattro stelle" deve intendersi, nel senso generale, come previsione riferibile, in astratto, a tutti i dipendenti, ma la cui applicazione pratica deve essere attentamente valutata in relazione alle singole situazioni che si vengono a determinare e nei limiti di un più razionale utilizzo delle risorse disponibili.
Pertanto, la norma in questione, superando, per quanto attiene alla categoria alberghiera, il precedente riferimento alla qualifica ricoperta, non esclude che tutto il personale del comparto possa avvalersi di un albergo fino a quattro stelle ove non sia possibile una diversa sistemazione, ma, implicitamente, conferma che il pernottamento può avvenire, per tutti i citati dipendenti, anche in alberghi di categoria inferiore.
Al riguardo, si rammenta, altresì, che l'art. 1, comma 68 della legge n.662 del 1996 (legge finanziaria per l'anno 1997) ha fornito un ulteriore strumento per il contenimento degli oneri, prevedendo che le amministrazioni stipulino, alle condizioni più favorevoli, convenzioni con società o con catene alberghiere o con associazioni di categoria, presso le cui strutture il dipendente in missione è tenuto a pernottare.

Q 3 - Come avviene il rimborso per le spese di viaggio, in considerazione del fatto che non vi è alcun riferimento in proposito nel CCNL integrativo del 16 maggio 2001?

In via generale occorre precisare che l'art. 30, pur riportando alla fonte pattizia la disciplina del trattamento di trasferta, ha mantenuto per taluni aspetti una linea di continuità con la precedente regolamentazione, attraverso il richiamo nel testo del CCNL della specifica normativa in materia. In tal senso il comma 13 dell'articolo 30 in questione stabilisce che, per quanto non previsto dalle clausole contrattuali, il trattamento di trasferta rimane disciplinato dalle relative disposizioni di legge vigenti.
In relazione al rimborso delle spese di viaggio di cui all'art. 30, comma 1 lett. b), si conferma che, non essendo stato disapplicato l'art. 12 della L. 836/1973, esso rappresenta tutt'ora il corretto riferimento normativo.
Il medesimo criterio va anche applicato nel caso di personale inviato in missione al seguito di delegazioni ufficiali, la cui disciplina di dettaglio è possibile il riferimento alle disposizioni richiamate nel comma 13 del citato art. 30.

Q 4 - Come avviene il rimborso per le spese per trasporto urbano, di cui all'art. 30, comma 1 lett. d) del CCNL integrativo del 16 maggio 2001?

La nuova disciplina del trattamento di trasferta ha riconosciuto una maggiore autonomia gestionale alle amministrazioni, introducendo una vasta gamma di strumenti operativi che possono essere utilizzati, secondo modalità diverse, in relazione agli obiettivi prioritari delle amministrazioni stesse e nel rispetto dei vincoli di bilancio.
Nel quadro di tale logica di fondo, anche per quanto attiene ai criteri da utilizzare per l'autorizzazione al rimborso delle spese per i mezzi di trasporto urbano, il CCNL del 16 maggio 2001 demanda la relativa individuazione alle singole amministrazioni, le quali, in relazione alle proprie esigenze organizzative e funzionali, nonché alle risorse disponibili, possono preventivamente stabilire i casi in cui ritengono opportuno concedere le autorizzazioni al rimborso di cui sopra.

Q 5 - Come avviene il rimborso per il personale inviato in missione al seguito di delegazioni ufficiali, di cui all' art. 30, comma 4 del CCNL del 16 maggio 2001?

Per il personale inviato al seguito di delegazioni ufficiali dell'amministrazione il comma 4 dell'art. 30 stabilisce che allo stesso spettano i rimborsi e le agevolazioni previsti per i componenti della predetta delegazione.
Per la specifica normativa e per quanto non previsto dal CCNL si rinvia a quanto precisato al comma 13 dell'articolo 30 in questione il quale stabilisce che, per quanto non previsto dalle clausole contrattuali, il trattamento di trasferta rimane disciplinato dalle relative disposizioni di legge vigenti, che vengono richiamate nel medesimo testo contrattuale.

Q 6 - In quale misura viene corrisposta la anticipazione del trattamento economico complessivo spettante per la trasferta, di cui all'art. art. 30, comma 8 del CCNL integrativo del 16 maggio 2001?

Per quanto attiene all'anticipazione delle spese complessive di trasferta, si precisa, che il comma 8 dell' art. 30 stabilisce la misura minima (75%) che deve essere corrisposta al dipendente, intendendo con tale espressione che, qualora si verifichino le condizioni, la stessa amministrazione può erogare anche un importo superiore alla percentuale indicata.

Q 7 - E' possibile considerare come attività lavorativa il tempo di viaggio occorrente ai dipendenti per recarsi nel luogo ove è comandato a prestare la sua opera e, conseguentemente come lavoro straordinario il tempo eccedente il normale orario di lavoro giornaliero?

Solo per gli autisti e per gli addetti all'attività di sorveglianza e custodia dei beni dell'amministrazione inviati in missione il tempo di viaggio è considerato attività lavorativa. (art. 30, comma 1, lett. f) del CCNL integrativo del 16 maggio 2001, in relazione al fatto che durante il viaggio essi svolgono le mansioni proprie del profilo di appartenenza.
Tuttavia le Amministrazioni, a livello centrale, nell'esercizio della maggiore autonomia e responsabilità che viene loro riconosciuta dalle disposizioni legislative e contrattuali vigenti, possono, previa consultazione con i soggetti sindacali di cui all'art. 8, comma 1 del CCNL del 16 febbraio 1999, individuare, con proprio atto formale, altre categorie di lavoratori, diverse da quelle contemplate dal citato comma 1 lett. f), per le quali, in relazione alle modalità di espletamento delle loro prestazioni lavorative, è necessario il ricorso dell'istituto della trasferta di durata non superiore alle dodici ore, al fine di stabilire in quali casi il tempo di viaggio possa essere considerato come servizio a tutti gli effetti (art. 30, comma 1, lett. g).

P 0 – Trattamento economico  

P 1 - E' possibile utilizzare le risorse del FUA al fine di integrare i fondi a disposizione sui capitoli relativi alle provvidenze a favore del personale in servizio, di quello cessato dal servizio e delle loro famiglie?

Al riguardo si precisa che le disponibilità economiche del Fondo Unico di Amministrazione vanno utilizzate per finanziare le attività indicate all'art. 32 del CCNL del 16 febbraio 1999 e pertanto non è consentito operare trasferimenti di risorse in un altro capitolo del bilancio dell'amministrazione.

P 2 - Al personale che presta servizio 'di fatto', senza alcun provvedimento formale, presso una amministrazione diversa da quella di appartenenza spettano i compensi del fondo unico di amministrazione?

In via preliminare, occorre considerare che, per quanto attiene al trattamento accessorio da corrispondere al personale collocato in posizione di comando o fuori ruolo con provvedimento formale, il principio generale è quello che a tali dipendenti spetta l'indennità di amministrazione ed, in genere, il trattamento accessorio, dell'amministrazione presso la quale lo stesso presta servizio.
Infatti, sulla materia il CCNL integrativo sottoscritto in data 22 ottobre 1997, ha precisato, al punto 7 dell'Allegato A, che il dipendente in servizio presso una struttura della stessa amministrazione non coincidente con quella di appartenenza e avente diversa indennità di amministrazione, può percepire l'indennità di amministrazione della struttura dove di fatto presta servizio solo se è stato a questa assegnato con provvedimento formale e legittimamente assunto sulla base della normativa vigente.
Dalla citata clausola contrattuale, si evince che tale "provvedimento formale" costituisce l'elemento essenziale per il riconoscimento del diritto a percepire l'indennità di amministrazione e, in via analogica, il trattamento accessorio, dell'ente ove si presta servizio.
Nel caso in esame, se i dipendenti non hanno un provvedimento formale di comando, ma svolgono solo di fatto, sulla base di semplici atti amministrativi o provvedimenti di ufficio, la loro attività lavorativa presso un'altra amministrazione, non hanno diritto a percepire il trattamento accessorio previsto per in personale in forza a quest'ultima.

P 3 - E' possibile, decorsi tre mesi dalla scadenza del contratto collettivo, erogare automaticamente l'indennità di vacanza contrattuale?

In via preliminare, occorre considerare che la norma contrattuale che qui interessa, contenuta nell'art. 2, comma 6 del CCNL per il comparto dei Ministeri sottoscritto in data 16 febbraio 1999, nel definire i criteri e le modalità per la corresponsione della vacanza contrattuale, stabilisce anche che per l'erogazione di detta indennità "si applica la procedura dell'art. 48, comma 1, d. lgs. 165/2001".
Tale riferimento comporta che l'eventuale relativo onere per la corresponsione di tale indennità, come del resto tutti gli oneri relativi ai contratti collettivi nazionali di lavoro, deve essere quantificato dal Ministero dell'economica e finanze con un'apposita norma da inserire nella legge finanziaria, ai sensi dell'art. 11 della legge n. 468/78, che ne deve stabilire specificatamente la destinazione.
Inoltre, il richiamo alla norma generale lascia presupporre che l'eventuale corresponsione della citata indennità di vacanza contrattuale attenga alle scelte strategiche del Governo e agli obiettivi generali della contrattazione collettiva e non può, pertanto, essere finalizzata solo ad una singola amministrazione o ad un solo comparto, ma a tutto il personale delle pubbliche amministrazioni.
Sulla base di quanto fin qui esposto, va, pertanto, escluso che un'amministrazione possa corrispondere autonomamente l'indennità di vacanza contrattuale. Sotto tale profilo, infatti, si richiama il d. lgs. n. 165/2001 novellato, che all'art. 2, comma 3, 2° capoverso, e all'art. 45, comma 1, stabiliscono che l'attribuzione di trattamenti economici ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni può avvenire soltanto tramite i contratti collettivi.

P 4 - Le risorse del Fondo Unico di Amministrazione destinate al finanziamento delle posizioni super possono essere riassegnate al Fondo stesso al momento del collocamento a riposo dei dipendenti che usufruiscono delle posizioni medesime?

Al riguardo si fa presente che il CCNL relativo al secondo biennio economico del 21 febbraio 2001, all'art. 6 ha integrato la precedente disciplina prevedendo che "le risorse del Fondo unico di amministrazione già utilizzate per finanziare le progressioni economiche verticali all'interno di ciascuna area funzionale ai sensi dell'art. 15 del CCNL, nonché gli sviluppi economici e le posizioni organizzative di cui agli artt. 17 e 18 del CCNL medesimo, sono riassegnate dai capitoli degli stipendi al Fondo stesso dalla data del passaggio di area o di cessazione dal servizio, a qualsiasi titolo avvenuta, del personale che ne usufruito".

P 5 - L'indennità di amministrazione va inserita tra le voci prese a base del calcolo della cosiddetta quota 'A' di pensione?

In proposito occorre rappresentare che il CCNL non può intervenire circa il riconoscimento dell'indennità di amministrazione ai fini pensionistici, in quanto la materia previdenziale non è di competenza della contrattazione. Spetta, infatti, ad altre istituzioni pubbliche decidere sulla pensionabilità o meno "in quota A" di tale emolumento.
Questa Agenzia, pertanto, non può che confermare quanto già previsto nell'art. 17, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001. In particolare il comma 11 del suindicato articolo stabilisce che l'indennità di amministrazione è corrisposta per dodici mensilità, ha carattere di generalità ed ha natura fissa e ricorrente, mentre il comma 12 contiene la clausola – del tutto innovativa -, secondo la quale a decorrere dal 1° gennaio 2000, la stessa è considerata utile agli effetti dell'indennità di licenziamento o di buonuscita.