CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. LAVORO - Sentenza 4 luglio 2002 n. 9709 - Pres. Mercurio, Est. Di Lella – (rigetta il ricorso, condanna alle spese il sindacato ricorrente).
1. Lavoro – Diritto di sciopero – Tutela ex artt. 40 Cost. e 20 Statuto dei lavoratori – Limiti - Diritto del datore di lavoro di utilizzare il personale non aderente allo sciopero per continuare a svolgere l’attività – Sussiste – Attribuzione in via temporanea di mansioni inferiori al personale non aderente allo sciopero – Possibilità.
2. Lavoro – Mansioni e funzioni – Diritto del lavoratore di essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto - Ex art. 2103 cod.civ. – Limiti – Possibilità del datore di lavoro di adibire il personale a mansioni inferiori in via temporanea – Allorché si verifichi una situazione di emergenza – Sussiste - Fattispecie in materia di sciopero.
1. L'art. 40 della Costituzione, che riconosce e attribuisce direttamente ai lavoratori il diritto di sciopero (e l'art 28 dello Statuto dei lavoratori, che sanziona ogni comportamento idoneo a ledere il diritto stesso), pur comportando la legittimità della produzione di danni a carico del datore di lavoro e la soggezione di quest'ultimo ad una tale forma di pressione, tuttavia certamente non esclude il diritto del datore di lavoro stesso - postulato, anzi, dal carattere conflittuale del rapporto - di avvalersi di ogni mezzo legale che possa, senza impedire l'esercizio del diritto, evitarne o attenuarne gli effetti nocivi.
Deve pertanto ritenersi che al datore di lavoro non possa essere negato, in occasione di uno sciopero, di continuare lo svolgimento della propria attività aziendale mediante il personale dipendente che ancora resti a sua disposizione, in quanto non partecipante allo sciopero, e che venga temporaneamente adibito alle mansioni proprie degli scioperanti, anche se inferiori a quelle di appartenenza; tale comportamento non appare di per sé antisindacale ai sensi dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori (1).
2. La disposizione di cui all'art 2103 cod.civ. (secondo cui "il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione"), non impedisce che al prestatore di lavoro possa essere richiesto lo svolgimento di attività corrispondenti a mansioni inferiori, quando ciò avvenga eccezionalmente e marginalmente, per specifiche ed obiettive esigenze aziendali; la suddetta utilizzazione rientra, dunque, nel legittimo esercizio dei poteri gestionali ed organizzativi da parte del datore di lavoro in situazioni di emergenza (si tratti dello sciopero o di altra vicenda), al fine di tentare di evitare la paralisi della produzione (2).
------------------------------------
(1) Cfr. Cass. 29 novembre 1991, n. 12822 e 16 novembre 1987, n. 8401.
Alla stregua del principio, la S.C. ha ritenuto nella specie legittimo il comportamento del datore di lavoro, che aveva utilizzato, in occasione di uno sciopero, i lavoratori non scioperanti, utilizzandoli anche in mansioni inferiori, al fine di mandare in onda uno spettacolo.
Tale comportamento, secondo la S.C., non si era concretizzato in iniziative finalizzate a limitare il diritto di sciopero ovvero la libertà sindacale, ma in un comportamento puramente difensivo (al fine di limitare gli effetti pregiudizievoli dello sciopero) teso alla utilizzazione più proficua del personale non scioperante, e dunque a disposizione, spostandolo ed applicandolo in relazione alle esigenze operative ritenute di maggiore rilevanza, e quindi anche alle mansioni proprie degli scioperanti.
(2) Cfr. Cass. 25 febbraio 1998, n. 2045 e 8 giugno 2001, n. 7821.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 27/11/1997, la (omissis) conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Milano il (omissis) chiedendo la riforma della sentenza n 3655/1995 del Pretore di Milano, che aveva dichiarato antisindacale il suo comportamento, per avere utilizzato, in occasione di uno sciopero, i lavoratori non scioperanti, utilizzandoli anche in mansioni inferiori, al fine di mandare in onda uno spettacolo.
Il Tribunale di Milano, in accoglimento del gravame, riformava la sentenza pretorile e rigettava la domanda proposta dal (omissis).
A fondamento della decisione il giudice d'appello ha osservato, richiamando la sentenza n.125/1980 della Corte Costituzionale, che non può contestarsi la legittimità del comportamento del datore di lavoro che, senza coartare la libertà del lavoratore il quale abbia scioperato, tenda a limitare gli effetti dannosi dello sciopero. Né ha in proposito rilevanza la violazione di una disposizione quale quella di cui all'art 2103 c.c., che opera sul diverso piano del rapporto individuale a tutela della professionalità del lavoratore, e che peraltro non esclude l'utilizzazione temporanea ed eccezionale dello stesso in mansioni inferiori, tanto più se il lavoratore è consenziente.
Avverso tale pronuncia il (omissis) propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
La (omissis) Spa resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo del ricorso il sindacato ricorrente denuncia violazione dell'art 40 Costituzione, dell'art 28 legge 300 del 20 maggio 1970, della legge 146 del 12 giugno 1990, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
La violazione dell'art. 40 della Costituzione si sarebbe realizzata attraverso la violazione dell'art 28 legge 300/1970, che, nel sanzionare ogni comportamento datoriale inteso ad impedire o limitare l'esercizio del diritto di sciopero e la libertà sindacale, individua, unitamente agli artt. 15 e 16 della stessa legge, le forme e i modi di tutela dei principi costituzionali affermati dalla richiamata disposizione.
Il Tribunale sarebbe incorso nella dedotta violazione, essendo evidente, nel caso di specie, che il comportamento del datore di lavoro aveva assunto valenza antisindacale, per la sua obiettiva idoneità a ledere l'interesse collettivo di cui è portatore il sindacato, attraverso una condotta concretizzatasi nella utilizzazione del personale in mansioni inferiori (e inoltre del personale assunto con contratto di formazione lavoro), in violazione del disposto di cui all'art. 2103 c.c., al fine di sostituire i dipendenti in sciopero.
Il Tribunale, nel sostenere erroneamente la irrilevanza della utilizzazione suddetta, non aveva fornito adeguata motivazione sul punto, e non aveva valutato la portata antisindacale del comportamento censurato, finalizzato a svilire di ogni significato la proclamata astensione dal lavoro.
Rileva infine il ricorrente che la messa in onda della trasmissione (omissis), in relazione alla quale la (omissis) aveva posto in essere il censurato comportamento, non rientrava neppure fra quei servizi essenziali indicati dall'art 1 comma 2 della legge 146 del 12 giugno 1990, in relazione ai quali soltanto sono previsti limiti all'esercizio del diritto di sciopero.
Il ricorso non merita accoglimento.
La norma di cui all'art 40 della Costituzione, che riconosce e attribuisce direttamente ai lavoratori il diritto di sciopero (e la tutela prevista dall'art 28 che sanziona ogni comportamento idoneo a ledere il diritto stesso), pur comportando la legittimità (nei noti limiti, nel caso fuori questione) della produzione di danni a carico del datore di lavoro, e la soggezione di quest'ultimo ad una tale forma di pressione, tuttavia certamente non esclude il suo diritto - postulato, anzi, dal carattere conflittuale del rapporto - di avvalersi di ogni mezzo legale che possa, senza impedire l'esercizio del diritto, evitarne o attenuarne gli effetti nocivi.
Deve allora ritenersi legittimo il comportamento della (omissis), che non si è concretizzato in iniziative finalizzate a limitare il diritto di sciopero ovvero la libertà sindacale, bensì in un comportamento puramente difensivo (al fine di limitare gli effetti pregiudizievoli dello sciopero) teso alla utilizzazione più proficua del personale non scioperante, e dunque a disposizione, spostandolo ed applicandolo in relazione alle esigenze operative ritenute di maggiore rilevanza, e quindi anche alle mansioni proprie degli scioperanti.
Deve insomma ritenersi che al datore di lavoro non possa essere negato, in occasione dello sciopero, di continuare lo svolgimento dell'attività aziendale mediante il personale dipendente che ancora resti a sua disposizione, in quanto non partecipante allo sciopero, e che venga temporaneamente adibito alle mansioni proprie degli scioperanti, il che non appare di per sé improntato al carattere dell'insindacabilità a norma dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori (Cass.12822 del 29/11/1991; Mass 8401 del 16/11/87).
Né può invocarsi, al fine di evidenziare una finalità antisindacale nel comportamento censurato, il ricorso a strumenti illegittimi, richiamando in proposito la utilizzazione del personale in servizio in mansioni inferiori.
Va infatti osservato che, come rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 02045 del 25/02/1998; Cass. 07821 dell'08/06/2001), e come come correttamente puntualizzato dal giudice del gravame, la disposizione di cui all'art 2103 c.c., che tende a tutelare la professionalità del lavoratore, non impedisce che allo stesso possa essere richiesto lo svolgimento di attività corrispondenti a mansioni inferiori, quando ciò avvenga eccezionalmente e marginalmente, e per specifiche ed obiettive esigenze aziendali.
La suddetta utilizzazione rientra dunque nel legittimo esercizio dei poteri gestionali ed organizzativi da parte del datore di lavoro in situazioni di emergenza (si tratti dello sciopero o di altra vicenda) al fine di tentare di evitare la paralisi della produzione.
Inammissibile infine appare il profilo di censura relativo alla dedotta violazione dell'art 1, comma 2, della legge 146/1990, trattandosi di pretesa dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso;
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano in euro oltre euro 2.000 (duemila) per onorari.