ANNO
2003
|
|
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO LA
CORTE COSTITUZIONALE composta
dai signori: -
Riccardo CHIEPPA
Presidente -
Gustavo ZAGREBELSKY
Giudice -
Valerio ONIDA
“ -
Carlo MEZZANOTTE
“ -
Fernanda CONTRI
“ -
Guido NEPPI
MODONA
“ -
Piero Alberto
CAPOTOSTI
“ -
Annibale MARINI
“ -
Franco BILE
“ -
Giovanni Maria FLICK
“ -
Francesco AMIRANTE
“ -
Ugo DE SIERVO
“ -
Romano VACCARELLA
“ -
Paolo MADDALENA
“ |
|
SENTENZA nel
giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'articolo 2, primo comma, della
legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum
popolare per l'abrogazione dell'articolo 1, comma 1°, della legge 10
marzo 2000, n. 62, titolata “Norme per la parità scolastica e
disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione”, limitatamente
alle parole “e dalle scuole paritarie private”; dell'articolo 1, comma
5°, della stessa legge, limitatamente alle parole “Tali istituzioni, in
misura non superiore a un quarto delle prestazioni complessive, possono
avvalersi di prestazioni volontarie di personale docente purché fornito
di relativi titoli scientifici e professionali ovvero ricorrere anche a
contratti di prestazione d'opera di personale fornito dei necessari
requisiti”; dell'articolo 1, comma 9°, della stessa legge,
limitatamente alle parole: “a sostegno della spesa sostenuta e
documentata dalle famiglie”; dell'articolo 1, intero comma 13°, della
stessa legge (“A decorrere dall'esercizio finanziario successivo a
quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge gli
stanziamenti iscritti alle unità previsionali di base 3.1.2.1 e 10.1.2.1
dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione sono
incrementati, rispettivamente, della somma di lire 60 miliardi per
contributi per il mantenimento di scuole elementari parificate e della
somma di lire 280 miliardi per spese di partecipazione alla realizzazione
del sistema prescolastico integrato”); dell'articolo 1, comma 15°,
della stessa legge, limitatamente alle parole “di lire 347 miliardi”,
alle parole “13 e”, nonché alle parole “allo scopo parzialmente
utilizzando quanto a lire 347 miliardi l'accantonamento relativo al
Ministero della pubblica istruzione e quanto a lire 20 miliardi
l'accantonamento relativo al Ministero dei trasporti e della
navigazione”, giudizio iscritto al n. 139 del registro referendum.
Vista
l'ordinanza del 9 dicembre 2002 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum
presso la Corte di cassazione ha dichiarato conforme a legge la richiesta;
udito
nella camera di consiglio del 14 gennaio 2003 il Giudice relatore Carlo
Mezzanotte;
uditi
l'avvocato Pier Luigi Panici per i presentatori Annita Benassi, Walter
Mancini, Bruno Morandi e Anna Grazia Stammati e l'avvocato Aldo Loiodice
per il Comitato per il no al quesito referendario e per il Forum delle
Associazioni familiari. Ritenuto
in fatto
1. ¾
In data 6 maggio 2002 la cancelleria della Corte di cassazione ha raccolto
a verbale e dato atto della dichiarazione resa da undici cittadini
italiani di voler promuovere una richiesta di referendum
popolare sul seguente quesito:
“Volete voi l'abrogazione dell'art. 1 comma 1 della legge 10
marzo 2000, n. 62, titolata “Norme per la parità scolastica e
disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione”, limitatamente
alle parole “e dalle scuole paritarie private”; del comma 5,
limitatamente alle parole “Tali istituzioni, in misura non superiore a
un quarto delle prestazioni complessive, possono avvalersi di prestazioni
volontarie di personale docente purché fornito di relativi titoli
scientifici e professionali ovvero ricorrere anche a contratti di
prestazione d'opera di personale fornito dei necessari requisiti”; del
comma 9, limitatamente alle parole: “a sostegno della spesa sostenuta e
documentata dalle famiglie”; dell'intero comma 13 (A decorrere
dall'esercizio finanziario successivo a quello in corso alla data di
entrata in vigore della presente legge gli stanziamenti iscritti alle unità
previsionali di base 3.1.2.1 e 10.1.2.1 dello stato di previsione del
Ministero della pubblica istruzione sono incrementati, rispettivamente,
della somma di lire 60 miliardi per contributi per il mantenimento di
scuole elementari parificate e della somma di lire 280 miliardi per spese
di partecipazione alla realizzazione del sistema prescolastico integrato.);
del comma 15, limitatamente alle parole “13 e”) intesa a ristabilire
il rispetto della disposizione contenuta nell'articolo 33, III Comma,
della Costituzione”?
L'annuncio della richiesta di referendum
è stato pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale del 7 maggio 2002, n. 105.
2. ¾
Con ordinanza del 9 dicembre 2002, l'Ufficio centrale per il referendum,
costituito presso la Corte di
cassazione in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, ha
dichiarato che la richiesta di referendum
di iniziativa popolare è conforme alla legge, disponendo però talune
modifiche al testo del quesito al fine di correggerne le irregolarità
sanabili ai sensi dell'art. 32 della citata legge n. 352 del 1970, e lo ha
così riformulato:
“Volete voi l'abrogazione:
- dell'art. 1, comma 1°, della legge 10 marzo 2000, n. 62,
titolata “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto
allo studio e all'istruzione”, limitatamente alle parole “e dalle
scuole paritarie private”;
- dell'art. 1, comma 5°, della stessa legge, limitatamente alle
parole “Tali istituzioni, in misura non superiore a un quarto delle
prestazioni complessive, possono avvalersi di prestazioni volontarie di
personale docente purché fornito di relativi titoli scientifici e
professionali ovvero ricorrere anche a contratti di prestazione d'opera di
personale fornito dei necessari requisiti”;
- dell'art. 1, comma 9°, della stessa legge, limitatamente alle
parole: “a sostegno della spesa sostenuta e documentata dalle
famiglie”;
- dell'art. 1, intero comma 13°, della stessa legge (“A
decorrere dall'esercizio finanziario successivo a quello in corso alla
data di entrata in vigore della presente legge gli stanziamenti iscritti
alle unità previsionali di base 3.1.2.1 e 10.1.2.1 dello stato di
previsione del Ministero della pubblica istruzione sono incrementati,
rispettivamente, della somma di lire 60 miliardi per contributi per il
mantenimento di scuole elementari parificate e della somma di lire 280
miliardi per spese di partecipazione alla realizzazione del sistema
prescolastico integrato”);
- dell'art. 1, comma 15°, della stessa legge, limitatamente alle
parole “di lire 347 miliardi”, alle parole “13 e”, nonché alle
parole “allo scopo parzialmente utilizzando quanto a lire 347 miliardi
l'accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione e quanto
a lire 20 miliardi l'accantonamento relativo al Ministero dei trasporti e
della navigazione”?
Con la medesima ordinanza l'Ufficio centrale ha stabilito inoltre
la seguente denominazione del referendum:
"Scuola privata: abrogazione di norme relative a contributi statali e
di norme agevolatrici in materia di personale docente".
3. ¾
Ricevuta comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale, il Presidente
di questa Corte ha fissato, per la deliberazione in camera di consiglio
sull'ammissibilità del referendum,
la data del 14 gennaio 2003, dandone comunicazione ai presentatori della
richiesta ed al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art.
33, secondo comma, della legge n. 352 del 1970.
4. ¾
In data 9 gennaio 2003 i promotori del referendum
hanno depositato una memoria nella quale si conclude per l'ammissibilità
della richiesta referendaria, sostenendo che una tale decisione non
troverebbe ostacoli né in base ai limiti espliciti di cui all'art. 75,
secondo comma, della Costituzione, né in “qualsivoglia limite implicito
ricavabile dal sistema costituzionale”, essendo finalizzata al rispetto
ed all'attuazione proprio dei commi secondo e terzo dell'art. 33 della
Costituzione.
In pari data sono state depositate altre due memorie,
rispettivamente dal “Comitato per il no al quesito referendario” e dal
“Forum delle Associazioni familiari”, i quali hanno chiesto, in via
preliminare, che i loro atti difensivi siano considerati ricevibili e sia
altresì consentita l'audizione del proprio difensore in camera di
consiglio, alla stregua di quanto già autorizzato da questa Corte in
occasione della deliberazione sulle richieste referendarie dell'anno 2000.
Quanto al merito della richiesta referendaria, in entrambe le
memorie, di analogo contenuto, se ne sostiene l'inammissibilità sotto
molteplici profili, che vanno dalla disomogeneità alla contraddittorietà
del quesito, dalla sua incidenza su norme che sarebbero costituzionalmente
vincolate al fatto che esso verterebbe su disposizioni di bilancio nonché
attuative di normativa comunitaria ed internazionale.
5. ¾
Nella camera di consiglio del 14 gennaio 2003 è stato udito il difensore
dei promotori del referendum,
che ha insistito per la dichiarazione di ammissibilità della richiesta;
il difensore del “Comitato per il no” e del “Forum delle
Associazioni familiari”, autorizzato a illustrare le memorie depositate,
ha concluso nel senso dell'inammissibilità del quesito. Considerato
in diritto
1. ¾
La Corte è chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità della richiesta di
referendum abrogativo popolare
di talune disposizioni e parti di disposizioni della legge 10 marzo 2000,
n. 62, recante “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul
diritto allo studio e all'istruzione”; legge che si compone di un solo
articolo, a sua volta suddiviso in 17 commi.
Il quesito referendario investe segnatamente:
- il comma 1, limitatamente alle parole “e dalle scuole paritarie
private”;
- il comma 5, limitatamente alle parole “Tali istituzioni, in
misura non superiore a un quarto delle prestazioni complessive, possono
avvalersi di prestazioni volontarie di personale docente purché fornito
di relativi titoli scientifici e professionali ovvero ricorrere anche a
contratti di prestazione d'opera di personale fornito dei necessari
requisiti”;
- il comma 9, limitatamente alle parole: “a sostegno della spesa
sostenuta e documentata dalle famiglie”;
- l'intero comma 13 (“A decorrere dall'esercizio finanziario
successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente
legge gli stanziamenti iscritti alle unità previsionali di base 3.1.2.1 e
10.1.2.1 dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione
sono incrementati, rispettivamente, della somma di lire 60 miliardi per
contributi per il mantenimento di scuole elementari parificate e della
somma di lire 280 miliardi per spese di partecipazione alla realizzazione
del sistema prescolastico integrato”);
- il comma 15, limitatamente alle parole “di lire 347
miliardi”, alle parole “13 e”, nonché alle parole “allo scopo
parzialmente utilizzando quanto a lire 347 miliardi l'accantonamento
relativo al Ministero della pubblica istruzione e quanto a lire 20
miliardi l'accantonamento relativo al Ministero dei trasporti e della
navigazione”.
2. ¾
La richiesta di referendum
abrogativo è inammissibile sotto più profili.
Per apprezzare appieno il primo profilo è necessario stabilire il
significato che assume, nell'economia complessiva del quesito, la
richiesta di eliminare, nel primo periodo del comma 1, le parole “e
dalle scuole paritarie private”. La disposizione, letta nella sua
formulazione di risulta, suonerebbe così: “il sistema nazionale di
istruzione, fermo restando quanto previsto dall'art. 33, secondo comma,
della Costituzione [la Repubblica detta le norme generali sull'istruzione
ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi], è costituito
dalle scuole statali e degli enti locali”. Le scuole private sarebbero
pertanto espunte dal sistema nazionale.
L'esame dei commi successivi, non coinvolti dalla richiesta di
abrogazione popolare, fornisce però una indicazione del tutto opposta,
poiché mostra che le scuole paritarie, lungi dall'essere abolite,
continuerebbero a formare oggetto di regolamentazione e di qualificazione.
Sono infatti così definite “a tutti gli effetti degli ordinamenti
vigenti e in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare
titoli di studio, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle
degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia,
corrispondono agli orientamenti generali dell'istruzione, sono coerenti
con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti
di qualità e di efficacia” puntualmente enumerati. Si richiedono in
particolare: un progetto educativo in armonia con i principî della
Costituzione; un piano dell'offerta formativa; l'attestazione della
titolarità della gestione e la pubblicità dei bilanci; la disponibilità
di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola;
l'istituzione di organi collegiali improntati alla partecipazione
democratica; l'iscrizione alla scuola di tutti gli studenti i cui genitori
ne facciano richiesta; l'inserimento di studenti con handicap
o in condizioni di svantaggio; l'organica costituzione di corsi completi;
il possesso di un titolo di abilitazione da parte del personale docente;
la stipulazione di contratti individuali di lavoro per il personale
dirigente ed insegnante che rispettino i contratti collettivi di settore
e, non ultimo, il divieto di rendere obbligatorie attività extra-curriculari
che presuppongano o esigano l'adesione ad una determinata ideologia o
confessione religiosa.
La richiesta
referendaria risulta dunque intimamente contraddittoria. Le scuole
paritarie, che, per effetto di una pronuncia popolare, si vorrebbero
escludere dal sistema nazionale di istruzione, ne costituirebbero invece
parte integrante alla stregua della disciplina più dettagliata che non è
toccata dal quesito referendario. Ove si conformino ai prescritti standard
qualitativi, esse non potrebbero infatti non concorrere, con le scuole
statali e degli enti locali, al perseguimento di quello che la stessa
legge definisce “obiettivo prioritario della Repubblica”, vale a dire
“l'espansione della offerta formativa e la conseguente generalizzazione
della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita”
(comma 1, secondo periodo).
Non si tratta di un profilo di contraddittorietà secondario e
marginale, quale può presentarsi nelle richieste di referendum
parziali, a causa della incompleta ripulitura della normativa residua,
nella quale siano lasciate parole o proposizioni
incoerenti con le restanti previsioni. Al contrario è qui
investita la ratio del quesito.
Una volta che il legislatore abbia istituito un sistema scolastico
nazionale, espungerne una categoria di scuole che restano assoggettate,
per gli aspetti legislativi sopra analiticamente ricordati, al medesimo e
comune regime richiesto dall'art. 33, quarto comma, Cost. ai fini della
parità, risulta non solo contraddittorio ma anche discriminatorio.
In un regime di esclusione concettuale dal sistema nazionale qual
è quello cui tende la richiesta referendaria, una parità effettiva, che
non si riduca a mera declamazione verbale, non è concepibile.
L'esclusione delle scuole private non sarebbe soltanto un principio privo
di conseguenze, tale da far ritenere che un sufficiente sostegno allo status
paritario delle scuole private possa comunque essere offerto dalle norme
presenti nei successivi commi. Le formulazioni di principio, infatti, non
sono mai vuote e inutili proclamazioni, ma enunciati giuridici carichi di
valore, capaci di imprimere al sistema normativo al quale afferiscono
direzione e orientamento, di immettervi virtualità interpretative
altrimenti assenti e di ovviare alle eventuali imprecisioni o alle lacune
in questo riscontrabili. E nella specie il principio della esclusione dal
sistema scolastico nazionale che si pretende di introdurre in via
referendaria rende attiva una connotazione discriminatoria a carico delle
scuole private, pur a fronte di una disciplina dettagliata che realizza un
sostanziale regime di parità; donde la contraddittorietà del quesito.
3. ¾
Sotto un diverso profilo, la richiesta di referendum
è inammissibile per disomogeneità del quesito. |
|
La
Corte costituzionale
dichiara
inammissibile la richiesta di referendum
popolare per l'abrogazione, nelle parti indicate in epigrafe,
dell'articolo 1, commi 1, 5, 9 e 15 della legge 10 marzo 2000, n. 62
(Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e
all'istruzione), nonché dell'intero comma 13 dell'articolo 1 della
medesima legge; richiesta dichiarata legittima, con ordinanza 9 dicembre
2002 dall'Ufficio centrale per il referendum
costituito presso la Corte di cassazione.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2003.
F.to:
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2003.
Il Direttore della Cancelleria |