ANNO 2003
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REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori: -
Riccardo
CHIEPPA
Presidente -
Gustavo
ZAGREBELSKY
Giudice -
Valerio ONIDA
" -
Carlo MEZZANOTTE
" -
Fernanda CONTRI
" -
Guido NEPPI
MODONA " -
Piero Alberto
CAPOTOSTI " -
Annibale MARINI
" -
Franco
BILE " -
Giovanni Maria
FLICK " -
Francesco
AMIRANTE " -
Ugo DE
SIERVO " -
Romano
VACCARELLA " -
Paolo MADDALENA
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SENTENZA nel
giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge
costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum
popolare per l'abrogazione dell'art. 35 della legge 20 maggio 1970, n.
300, intitolata “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei
lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi
di lavoro e norme sul collocamento”, come modificato dall'art. 6, comma
1, della legge 11 maggio 1990, n. 108, giudizio iscritto al n. 135 del
registro referendum.
Vista
l'ordinanza del 9 dicembre 2002 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum
presso la Corte di cassazione ha dichiarato conforme a legge la
richiesta;
udito nella
camera di consiglio del 14 gennaio 2003 il Giudice relatore Francesco
Amirante;
uditi gli
avvocati Alberto Piccinini e Pier Luigi Pancini per i presentatori Cagna
Ninchi Paolo, Panici Pier Luigi, Botti Giacinto e Alò Pietro. Ritenuto
in fatto
1.— Nella Gazzetta
ufficiale del 1° marzo 2002 è stata annunciata una richiesta di referendum
popolare sul seguente quesito: «Volete voi, al fine di estendere a tutti
i lavoratori subordinati i diritti e le tutele previste dal titolo III
della legge 20 maggio 1970, n. 300, l'abrogazione dell'art. 35 della legge
20 maggio 1970, n. 300, intitolata “Norme sulla tutela della libertà e
dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività
sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”»?
Successivamente l'Ufficio centrale per il referendum
costituito presso la Corte di cassazione ha esaminato la richiesta di referendum
popolare, proposta nei termini ora indicati da quattro cittadini elettori.
Con ordinanza del 21 ottobre 2002 detto Ufficio ha compiuto due
rilievi: da un lato ha osservato che il quesito referendario andava
integrato con la precisazione che l'art. 35, primo comma, della legge n.
300 del 1970 è stato modificato dall'art. 6, comma 1, della legge 11
maggio 1990, n. 108; dall'altro ha proposto l'accorpamento di tale
richiesta con altra presentata in pari data e tesa all'abrogazione di una
serie di norme (tra le quali l'art. 18 della medesima legge n. 300 del
1970) in materia di lavoro subordinato. Con successiva memoria del 18
novembre 2002 i presentatori delle richieste, pur dando atto che i quesiti
referendari sono accomunati da uniformità di materia, hanno rilevato che
l'uno ha l'obiettivo di estendere a tutti i lavoratori la c.d. tutela
“reale” in caso di ingiustificato licenziamento, mentre l'altro tende
ad un generale riconoscimento dei diritti di libertà sindacale nei luoghi
di lavoro; essi, pertanto, si sono opposti alla richiesta di accorpamento
e l'Ufficio centrale ha condiviso tali rilievi.
2.— Con successiva ordinanza del 9 dicembre 2002 l'Ufficio
centrale ha ritenuto conforme alla legge il quesito referendario così
formulato: «Volete voi l'abrogazione dell'art. 35 della legge 20 maggio
1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori,
della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e
norme sul collocamento), così come modificato dall'art. 6, comma primo,
della legge 11 maggio 1990, n. 108»? Contestualmente, esso ha attribuito
alla richiesta di referendum il
numero 2 ed il titolo proposto dal comitato promotore, ossia: Attività
sindacale nei luoghi di lavoro: abrogazione delle norme che stabiliscono
limiti numerici ed esenzioni per i diritti e le tutele previsti dal titolo
III dello Statuto dei lavoratori.
3.–– Il Presidente della Corte costituzionale, ricevuta
comunicazione dell'ordinanza, ha fissato per la camera di consiglio la
data del 14 gennaio 2003, dandone regolare comunicazione ai sensi
dell'art. 33 della legge 25 maggio 1970, n. 352.
4.— In prossimità della data ora indicata i presentatori del referendum
hanno depositato una memoria, insistendo per una sentenza di ammissibilità
del medesimo.
Il quesito referendario, infatti, non investe, a loro parere,
alcuna delle leggi per le quali l'art. 75 Cost. vieta di fare ricorso alla
consultazione popolare, ed è inoltre dotato dei necessari requisiti di
chiarezza, univocità ed omogeneità in più occasioni indicati dalla
giurisprudenza di questa Corte. L'obiettivo del referendum,
del resto, è quello di ricostruire in maniera unitaria un aspetto di
grande rilievo nel mondo del lavoro, ossia la libertà di attività
sindacale in tutti i tipi di imprese.
5.–– Nella camera di consiglio del 14 gennaio 2003 i
rappresentanti dei presentatori hanno insistito per una pronuncia di
ammissibilità della richiesta di referendum
popolare. Considerato
in diritto
1.–– La richiesta di referendum
abrogativo sulla quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi riguarda
l'intero testo dell'art. 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme
sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà
sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento), così come modificato dall'art. 6, comma 1, della legge 11
maggio 1990, n. 108.
Quest'ultimo ha eliminato dal testo originario del primo comma
dell'art. 35 il riferimento ivi previsto all'art. 18 della medesima legge,
mentre gli artt. 1, 2, 3, 4 della legge n. 108 del 1990 hanno provveduto a
modificare il testo del citato art. 18 ed a disciplinarne autonomamente il
campo di applicazione. In tal modo i primi due commi dell'articolo che si
intende sottoporre a referendum
definiscono ormai soltanto i limiti di consistenza numerica delle imprese
industriali, commerciali ed agricole che rendono applicabile il complesso
di norme di cui al titolo III della medesima legge n. 300 del 1970, norme
le quali disciplinano l'attività sindacale nei luoghi di lavoro.
Il terzo comma dell'art. 35 in oggetto, invece, si riferisce al
personale navigante delle imprese di navigazione marittima ed aerea ed è
stato modificato a più riprese da alcune sentenze di questa Corte delle
quali in seguito si dirà.
2.–– Ciò premesso, si rileva che la norma che si intende
sottoporre a consultazione popolare non rientra in alcuna delle categorie
per le quali l'art. 75 Cost. non ammette il referendum
(leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali).
3.–– Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,
tuttavia, i requisiti di ammissibilità del referendum
non si esauriscono nell'estraneità della disposizione o delle
disposizioni che ne costituiscono oggetto alle materie appena indicate. E'
coessenziale all'istituto referendario, tra l'altro, che, in caso di
pluralità di norme, queste siano di contenuto omogeneo, cioè ispirate
alla medesima ratio o comunque
strettamente collegate tra di loro.
Difettando, in particolare, l'omogeneità del quesito, la volontà
dell'elettore, nell'esprimersi sull'abrogazione di una norma, sarebbe
condizionata, dovendo pronunciarsi nel medesimo senso (affermativo o
negativo) nei confronti delle diverse domande che in effetti vengono
poste, le quali potrebbero essere suscettibili, invece, di non coincidenti
valutazioni (cfr. ex plurimis
sentenza n. 27 del 1982, sentenze n. 39, n. 40 e n. 50 del 2000). Come
questa Corte ha di recente affermato, l'elettore dev'essere lasciato
libero di esprimere valutazioni autonome ed anche potenzialmente
divergenti (v. la sentenza n. 39 del 2000).
4.–– Sotto tale profilo, il referendum
è inammissibile.
Come si è già sinteticamente esposto, i primi due commi dell'art.
35 della legge n. 300 del 1970, a seguito della modifica introdotta
dall'art. 6, comma 1, della legge n. 108 del 1990, concernono i limiti di
applicabilità della disciplina dell'attività sindacale all'interno delle
imprese industriali, commerciali ed agricole con riguardo alle
caratteristiche dimensionali delle loro unità produttive, mentre il terzo
comma si riferisce al personale navigante delle imprese di navigazione e,
a sua volta, si compone di due parti: la prima concerne la diretta
applicabilità di alcune norme del titolo I e del titolo II della legge
anche nei riguardi di detto personale; la seconda, invece, dispone che
l'applicabilità dei rimanenti principi della stessa legge alle imprese
suindicate avvenga per il tramite dei contratti collettivi di lavoro.
Il terzo comma trova la sua giustificazione nella specificità del
lavoro nautico, nella cui disciplina i diritti dei lavoratori devono
contemperarsi sia con le esigenze di sicurezza, di efficienza ed in
generale di felice compimento della spedizione marittima o aerea, alle
quali non sono estranei interessi di ordine generale, sia con le peculiari
circostanze in cui si eseguono le prestazioni lavorative; specificità che
negli ultimi decenni è venuta attenuandosi, ma che tuttavia permane,
seppure in limiti più circoscritti (v. le sentenze n. 129 del 1976, n. 63
e n. 96 del 1987, n. 41 e n. 364 del 1991, n. 80 del 1994 e n. 72 del
1996).
Questa Corte è stata chiamata a pronunciarsi, in sede di giudizio
incidentale, sulla legittimità delle norme del codice della navigazione
che prevedevano il licenziamento ad
nutum del personale navigante delle imprese di navigazione marittima
ed aerea, nonché sulle norme limitatrici del licenziamento e sul
procedimento di irrogazione delle sanzioni disciplinari per i dipendenti
delle imprese industriali e commerciali in quanto non applicabili ai
lavoratori naviganti.
Mentre con la sentenza n. 129 del 1976 la Corte ha ritenuto non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 345 del
codice della navigazione, degli artt. 1 e 10 della legge 15 luglio 1966,
n. 604 e degli artt. 18 e 35 della legge n. 300 del 1970, con le
successive sentenze n. 96 del 1987, n. 41 e n. 364 del 1991 tale
orientamento è stato rivisto. La Corte – pur dando atto che la ratio
legis è nel senso di ravvisare nel contratto collettivo lo strumento
più idoneo per rendere effettivi anche nei confronti dei lavoratori
nautici una serie di fondamentali principi dello Statuto dei lavoratori
– ha riconosciuto che tale strumento non aveva adeguatamente protetto
alcuni diritti fondamentali previsti dalle leggi vigenti in favore dei
lavoratori degli altri settori. Essa ha quindi dichiarato l'illegittimità
costituzionale di numerose norme (fra le quali quella che oggi si intende
sottoporre a referendum) nella
parte in cui non erano direttamente applicabili al personale navigante
delle imprese di navigazione marittima ed aerea.
E' da sottolineare che tali sentenze muovono tutte dal presupposto
dell'inapplicabilità della disciplina del lavoro ordinario o terrestre al
lavoro nautico, e ciò sia per la letterale formulazione di alcune norme (cfr.,
in particolare, l'art. 10 della legge n. 604 del 1966) sia soprattutto per
ragioni di ordine sistematico inerenti alla gerarchia delle fonti del
diritto della navigazione (art. 1 cod. nav.), in virtù della quale deve
escludersi anche l'applicabilità della più recente legge n. 108 del 1990
al lavoro nautico (sentenza n. 41 del 1991).
5.–– In conclusione, mentre i primi due commi dell'art. 35
della legge n. 300 del 1970 concernono soltanto la normativa sull'attività
sindacale nelle imprese industriali, commerciali ed agricole con esclusivo
riguardo alle loro dimensioni, il terzo comma ha un contenuto più ampio
ed eterogeneo rispetto a quello dei primi due. Esso, infatti, comprende la
diretta applicabilità di alcune disposizioni sul rapporto di lavoro e le
modalità (contratti collettivi) con cui gli altri principi della stessa
legge vengono introdotti nei confronti del personale navigante cui
l'ordinamento ha riservato una disciplina specifica. |
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LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile
la richiesta di referendum
popolare per l'abrogazione dell'art. 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300
(Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà
sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento), così come modificato dall'art. 6, comma 1, della legge 11
maggio 1990, n. 108; richiesta dichiarata legittima dall'Ufficio centrale
per il referendum costituito
presso la Corte di cassazione con l'ordinanza del 9 dicembre 2002.
Così deciso in Roma il 30 gennaio 2003.
F.to:
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2003.
Il Direttore della Cancelleria |