STEFANO TENCA

Prime considerazioni sulla delega delle funzioni 
dirigenziali in riferimento ai Comuni privi di dirigenti


La legge n. 145 del 15 luglio 2002, introducendo il comma 1° bis all’articolo 17 del decreto legislativo 165/2001, prevede espressamente la delegabilità delle funzioni dirigenziali, contribuendo a dirimere una questione che per diverso tempo ha diviso gli interpreti del diritto.

La disposizione, in vigore dall’8 agosto, dispone infatti testualmente che: "I dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze comprese nelle funzioni di cui alle lettere b), d) ed e) del comma 1 a dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell'ambito degli uffici ad essi affidati. Non si applica in ogni caso l'articolo 2103 del codice civile".

La regola costituzionale posta all’articolo 97 sottopone a riserva (relativa) di legge l’organizzazione dei pubblici uffici e la determinazione della sfera di attribuzioni dei funzionari, e prima dell’entrata in vigore della novella normativa l’orientamento dominate non riteneva configurabili atti di delega di funzioni dirigenziali, che avrebbero determinato una violazione del sistema di competenze degli organi pubblici riservato dalla carta costituzionale al legislatore. Eventuali deroghe richiedevano dunque un’espressa previsione normativa, rintracciabile esclusivamente nell’art. 16 comma 1° lett. d) del D. Lgs. 165/2001, che consente la delega dei dirigenti generali dello Stato ai dirigenti privi di tale qualifica.

Ora il Parlamento ha aggiunto un ulteriore elemento di flessibilità organizzativa delle pubbliche amministrazioni, disponendo che le funzioni dirigenziali possano essere assegnate, sia pur entro limiti circoscritti, anche a personale non dirigenziale purchè esso "ricopra le posizioni funzionali più elevate nell'ambito degli uffici".

Rispettando le indicazioni della giurisprudenza consolidata, nel testo si fa esplicito riferimento all’obbligo di motivazione dell’atto di delega ed al suo carattere circoscritto e temporalmente limitato.

Vale poi la pena di aggiungere che l’istituto della delega trasferisce solo l’esercizio di una determinata competenza, restando la titolarità in capo all’organo delegante (nel caso il dirigente). Essa pertanto presenta i caratteri della precarietà e della revocabilità ad nutum.

L’apertura legislativa elimina ogni incertezza sulla delegabilità degli atti dei dirigenti, essendo il dato letterale sufficientemente chiaro ed univoco.

Sorge però a questo punto un nuovo interrogativo e cioè se la disposizione possa essere estesa ai Responsabili degli uffici e dei servizi degli enti locali, i quali esercitano le funzioni gestionali nei Comuni privi di personale con qualifica appunto dirigenziale, "indipendentemente dalla loro qualifica funzionale anche in deroga ad ogni diversa disposizione" (art. 109 comma 2 del Testo unico 267/2000).

Il riferimento normativo di base è anzitutto l’articolo 88 del D. Lgs. 267/2000, il quale prevede espressamente che "all’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali … si applicano le disposizioni del D. Lgs. 29/93 (oggi 165/2001) e successive modifiche ed integrazioni .."; le norme sull’ordinamento dei dipendenti pubblici sono immediata applicazione per i Comuni e di conseguenza anche il nuovo comma 1° bis dell’art. 17.

Il nodo da sciogliere, però, riguarda la delegabilità delle funzioni dirigenziali negli enti locali non solo da parte dei dirigenti, ma anche del personale sfornito di tale qualifica ed ugualmente assegnatario di funzioni dirigenziali da parte del Sindaco.

Credo che la risposta possa essere affermativa.

L’articolo 109 comma 2 consente al Sindaco, che non si sia avvalso della facoltà di cui all’art. 97 comma 4 lett. d) affidando (in tutto o in parte) le competenze gestionali al Segretario comunale, di attribuire ai Responsabili degli uffici e dei servizi le funzioni dirigenziali (definite ai commi 2 e 3 dell’art. 107). Il presupposto è la mancanza appunto di figure dirigenziali all’interno dell’ente, fattispecie diffusa nei Comuni medio piccoli.

La disposizione consente, nelle realtà locali minori, di realizzare l’ormai consolidato principio generale dell’ordinamento amministrativo di separazione tra funzioni di indirizzo spettanti agli organi politici ed attribuzioni gestionali demandate all’apparato burocratico: essa presenta contenuto sostanzialmente analogo al primo comma ove si riconosce in capo al Sindaco il potere, nei Comuni dotati di dirigenti, di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali.

Il divieto posto agli organi di governo di assumere atti di gestione, salva la deroga di cui all’art. 53 comma 23 della L. 388/2000 – che costituendo eccezione ad una regola generale deve essere interpretata restrittivamente – determina un preciso assetto nel quale le competenze burocratiche sono di competenza esclusiva dei dirigenti (o responsabili dei servizi), individuati dal Sindaco secondo canoni di trasparenza e buona amministrazione.

In buona sostanza i dirigenti ed i responsabili dei servizi, ricevuto l’incarico con atto sindacale, sono titolari esclusivi delle funzioni dirigenziali e possono, assumendone la responsabilità, delegare ai dipendenti dei loro uffici di livello più elevato alcune specifiche incombenze (enumerate alle lettere b, d, e del comma 1° dell’art. 107).

Non si condivide pertanto l’opinione espressa su Italia Oggi di venerdì 2 agosto da Luigi Oliveri.

Nel suo articolo l’autore opera un distinguo tra competenze dirigenziali "originarie" proprie delle qualifiche dirigenziali e competenze dirigenziali "derivate" di pertinenza dei responsabili di servizio, sottolineando per questi ultimi la necessità di un atto di conferimento del Sindaco avente natura di delega. L’assegnazione di funzioni ai livelli inferiori sarebbe qualificabile in termini di subdelega, determinando l’illegittimità del relativo atto.

La lettura dell’art. 109, tuttavia, evidenzia la mancanza di differenze sostanziali tra i due tipi di incarico di funzioni dirigenziali: le competenze sono riservate in via esclusiva alle figure gestionali, le quali assumono la titolarità dei poteri solo a mezzo di provvedimento amministrativo motivato del Sindaco, di durata determinata, che li incardini al vertice delle articolazioni dell’ente. In questo senso le competenze appaiono effettivamente "derivate", nel senso che presuppongono un atto di nomina in assenza del quale il dirigente o il dipendente apicale non ha alcun titolo per esercitare le funzioni di cui all’articolo 107.

La stessa legge 145, all’art. 19 comma 10 riformulato, consente agli organi politici statali di destinare i dirigenti, ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali, all’esercizio di funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca, con ciò testualmente ammettendo che un dirigente possa anche non svolgere funzioni tipicamente gestionali.

Ma un altro argomento merita considerazione.

La delega, come già osservato, implica il trasferimento dell’esercizio di una funzione la cui titolarità resta il capo al suo autore. Nella fattispecie non appare corretto sostenere che il Sindaco deleghi le competenze ai responsabili, poiché ciò presupporrebbe un radicamento delle attribuzioni gestionali nel capo dell’amministrazione, smentito dall’ormai pacifico principio di separazione.

In conclusione, non solo sotto il profilo letterale, ma anche sotto quello logico-sistematico va riconosciuta la delegabilità delle funzioni dirigenziali dei Responsabili dei servizi nei Comuni sprovvisti di dirigenti.