PREMESSA
La scorsa settimana siamo stati convocati al Dipartimento Politiche
Fiscali per discutere delle Convenzioni tra Ministero e
Agenzie Fiscali. L’evento, già commentato con altri
strumenti, ci ha stimolato, sul sistema contrattuale, alcune
riflessioni utili, speriamo, a comprendere meglio la
situazione attuale e collocare l’agire prossimo futuro della
nostra organizzazione sindacale nelle Agenzie Fiscali nello
spirito e nel solco di contenuti ed obiettivi tracciati nelle tesi congressuali della categoria di Pubblico Impiego
di cui facciamo parte. Al fine di evitare qualsiasi
equivoco, va chiarito che quanto diremo, per necessità di
sintesi, non toccherà tutte le questioni su cui riteniamo
utile intervenire, ma, soprattutto, che non indugeremo
sull’aspetto critico. Ad esempio, non ripeteremo, se non
incidentalmente, quanto
(e perché) eravamo contrari alla istituzione delle Agenzie
Fiscali. Abbiamo ritenuto più utile, in questa fase,
ragionare in prospettiva, registrare i problemi e concentrarci
sulle proposte che le RdB muovono da oggi.
DISGREGAZIONE
La madre di tutte le
sciagure. Accordo luglio’93
L’attuale
sistema contrattuale trova origine nell’Accordo di Luglio
1993 che fissa due livelli di contrattazione, il primo
livello, il Contratto Nazionale di Lavoro, e il secondo,
quello dei Contratti Integrativi, in capo ad ogni singola
azienda (nel nostro caso, per ogni Agenzia). L’effetto di
tale accordo è stato devastante. Sia sul piano economico,
sia, e forse è ancor più grave, per i meccanismi di disgregazione
del mondo del lavoro che ha favorito.
Il “bistrattato” Contratto Nazionale
di Lavoro.
Secondo
l’accordo di Luglio 1993, gli aumenti contrattuali di primo
livello devono rimanere all’interno dell’inflazione
programmata che, per motivi di bilancio, qualsiasi Governo
dichiara sempre ben al di sotto di quella reale. Risultato:
incrementi salariali di primo livello insufficienti,
completamente sganciati dalla crescita reale del costo della
vita. Una perdita di potere d’acquisto aumentata in maniera
esponenziale visto che il calcolo in percentuale finiva per
stabilizzarla e
farla divenire base di calcolo per gli anni successivi.
A ciò si è aggiunto il sempre maggiore ritardo con cui i
contratti vengono stipulati. Oggi i contratti
nel Pubblico Impiego sono scaduti da oltre 15 mesi e, a
fronte di perdite del potere d’acquisto negli ultimi dieci
anni ben oltre il 20%, sembra ci si accapigli su 5/10 euro
(lordi) in più o in meno, senza neppure sfiorare il nocciolo del problema. Dopo anni di
stringere la cinghia per tutto il modo del lavoro dipendente,
solo aumenti
stipendiali veri, quantificabili con importi vicini ai 300
euro potrebbero rilanciare l’economia del paese,
garantendo un effetto
moltiplicatore sui consumi. Dopodiché sarebbe comunque
necessaria la reintroduzione di un sistema di rivalutazione
automatica dei salari (la “vecchia e cara” scala
mobile). La scarsità di risorse impegnate sul contratto
collettivo nazionale di lavoro ha fatto si che altri diritti,
e quindi non solo quelli economici, subissero un sempre più
veloce, degrado e non fossero più riconosciuti in maniera
generale e stabile.
Lo strumento della
trattativa di secondo livello. La Contrattazione Integrativa.
Il
Contratto Integrativo, finanziato con parte degli utili di
impresa, subordina a questi il riconoscimento dei diritti che
con esso vengono finanziati. Diritti che, in questo modo,
perdono la caratteristica di generalità e stabilità. Sul
piano economico, crea, nei fatti, un sistema di gabbie
salariali (anche nelle Agenzie Fiscali, visto che una
parte dei fondi viene attribuita sulla base del riscosso dai
singoli uffici)… e, soprattutto, trasferisce il rischio
di impresa sui lavoratori. In
sostanza, se l’impresa va male, anche nel caso questo
derivasse da scelte sbagliate del datore di lavoro, gli
stipendi in busta paga restano bassi, se l’impresa va bene,
si contratterà (eventualmente) quale quota di utile deve
finire nella Contrattazione Integrativa. Inoltre finendo col
finanziare permessi, diritto alla carriera, maggiorazioni,
indennità… riconosce
solo parte di questi diritti collettivi solo a parte dei
lavoratori, e, per di più, subordina tale riconoscimento alla
disponibilità delle singole aziende (per noi Agenzie).
Lungi
dall’essere uno strumento di riequilibrio, il Contratto
Integrativo finisce col divenire il vero elemento di
disgregazione tra lavoratori.
Con
lo spostamento di risorse dal Contratto Collettivo Nazionale
di Lavoro al Contratto Integrativo, che per sua natura, tende
a spezzettare la discussione in mille rivoli e coprire mille
esigenze e specificità aziendali, si impedisce la
costruzione di rivendicazioni su questioni di primaria
importanza, come
ad esempio il diritto alla carriera oppure la stabilizzazione
di quote sempre più ampie di salario accessorio.
IL
RIBALTAMENTO NECESSARIO
Il
Contratto Agenzie Fiscali. Un primo passo.
Fin
qui i ragionamenti di carattere generale. Calandoli nel merito
delle Agenzie Fiscali scopriamo quanto poco diversi siamo dal
resto del mondo del lavoro. Ma lo scorso anno è accaduto un
evento molto importante, che, forse, i più hanno
sottovalutato sul piano delle dinamiche contrattuali, visto
che, in realtà, finisce col ribaltare tutto il ragionamento
castrante fin qui effettuato.
Nel
contratto siglato lo scorso anno, infatti, seppure in maniera
differenziata tra le diverse Agenzie, una quota importante di fondi è stata trasferita dal salario accessorio
(Contrattazione integrativa) alla busta paga (Contratto di
primo livello).
Questa
è una strada da seguire con perseveranza ed ostinazione,
quote sempre più ampie di salario accessorio devono essere
recuperate in busta paga. Ma c’è di più. La
strada intrapresa dimostra che, in qualche modo, è possibile
correggere il sistema di contrattazione. La
tendenza disgregante della Contrattazione Integrativa, pur
nella consapevolezza che differenze esistono, deve essere
contrastata con forza. E’ necessario ottenere
nuove risorse per la Contrattazione Integrativa, focalizzarne
l’utilizzo per l’ottenimento di diritti stabili e
generali, e successivamente trasferire risorse e diritti nella
contrattazione di primo livello. Questo
è il motivo, ad esempio, per cui la nostra bozza di
piattaforma di contratto integrativo, è la stessa per le tre
Agenzie e volutamente, tiene in secondo piano le specificità
e cerca di valorizzare gli elementi comuni e le
rivendicazioni collettive.
Contratto integrativo alle Agenzie
Fiscali. Il Fondo Politiche di Sviluppo (FPS).
E’ il
nuovo nome che il Contratto Agenzie Fiscali ha attribuito al
Fondo Unico di Amministrazione (FUA). Il Decreto Legislativo
300/1999 e, successivamente, i Contratti, prevedono che il FPS sia lo strumento unico attraverso il quale corrispondere al
personale qualsiasi emolumento. Quindi col Fondo, secondo il
sistema attuale, si retribuiscono indennità, produttività,
maggiorazioni a qualsiasi titolo ed anche le progressioni di
carriera all’interno delle Aree. Il Fondo Politiche di
Sviluppo è lo strumento per finanziare la Contrattazione
Integrativa. Dovrebbe quindi risultare chiaro quanto, per
noi, nei termini di ribaltamento in cui parlavamo nel
paragrafo precedente, diventi importante discutere del Fondo
Politiche di Sviluppo e di come, su tale argomento, ci si
debba muovere in modo omogeneo. Il Fondo Politiche di Sviluppo
infatti, può divenire lo strumento utilizzabile per effettuare
rivendicazioni collettive come il recupero in busta paga
di fondi e il finanziamento delle progressioni economiche
all’interno delle Aree e, perché no, in caso di aumento dei
fondi, anche tra le Aree. A ben vedere, infatti, il problema
non è quindi cosa viene pagato col Fondo Politiche di
Sviluppo, ma, a questo punto, come – e quanto – il Fondo
viene alimentato.
Il sistema per finanziare la
trattativa di secondo livello. Le Convenzioni
Ma come
individuare gli “utili” da portare in Contrattazione
Integrativa, e quindi a salire, nei diritti collettivi, visto
che nel Pubblico Impiego si parla di servizi alla
cittadinanza, e quindi non si può certo parlare di utili in
senso stretto? Nelle Agenzie Fiscali l’utile è virtuale e
viene alimentato tramite alcuni automatismi, ma soprattutto
dal sistema delle Convenzioni.
Le Convenzioni, in base a quanto stabilito dal Decreto Legislativo
300/1999 (che istituiva le Agenzie), sono il contratto che
Ministero e Agenzie stringono tra loro. Attraverso le
Convenzioni, lo Stato definisce un utile, diciamo così,
simbolico. Fissa obiettivi quantitativi e qualitativi e
definisce quale è l’investimento che intende fare per
retribuire il raggiungimento di tali obiettivi. Attraverso le
Convenzioni si finanzia sia per il funzionamento delle
strutture, che la retribuzione accessoria, compresa parte
delle risorse che serviranno alla Contrattazione Integrativa,
inserite nel Fondo Politiche di Sviluppo. Anche
in questo caso il rischio di impresa viene – almeno in parte
– ribaltato su chi lavora. In caso di mancato raggiungimento
degli obiettivi previsti, infatti, parte di tali fondi, quelli
per la retribuzione accessoria, non verrebbe corrisposta. Il
personale, incolpevole delle scelte organizzative generali,
finirebbe con perdere tali quote.
L’insufficienza
dei Fondi e la modifica del sistema.
E’
chiaro da quanto detto che, se si cerca di far incrementare il
Fondo Politiche di Sviluppo, bisogna profondamente cambiare il sistema delle Convenzioni, che ha
tenuto, in pratica, fisso il Fondo negli ultimi quattro anni,
aumentando sempre di più gli obiettivi per accedere alle
risorse. Va inserita, nell’elaborazione delle Convenzioni la
componente sindacale, recuperando l’errore che era stato
compiuto in fase di costituzione delle Agenzie Fiscali,
quando, separando l’aspetto politico da quello gestionale,
si è ridotta anche l’azione sindacale, e le possibili
rivendicazioni ad un mero aspetto della gestione, senza
alcuna reale possibilità di entrare nel merito di scelte
strategiche e politiche.
Se si fa
questo, diviene possibile ragionare sui modi attraverso i
quali incrementare i fondi. Come?
Vogliamo limitarci qui solo ad alcuni esempi, certi che
se si sceglie di percorrere questa strada le soluzioni possono
essere molteplici. Per le Entrate,
se si ritiene che la lotta all’evasione, dopo le terribili
stagioni dei condoni, debba tornare al essere il motore dello
sviluppo economico del paese, diviene possibile richiedere ed
ottenere che l’attuale 2% del riscosso, in base
all’articolo 3, comma 165 della legge 350/2003, possa
divenire, ad esempio, il 3%. Per le Dogane, nell’ambito della valorizzazione che deriva dal Decreto
sulla Competitività e sul ruolo importantissimo che
l’Agenzia sta assumendo sul piano della lotta alla
contraffazione, garantendo guadagni e legittimità alle
imprese, diviene possibile richiedere ed ottenere la
rideterminazione delle tariffe di bollette e servizi vari
(tipo domiciliazione) e che una quota dei maggiori introiti
finanzi il Fondo Politiche di Sviluppo. Per
il Territorio,
visto anche l’aumento di tutte le tariffe ad esso afferenti
deciso dalla ultima legge Finanziaria, diviene possibile
richiedere ed ottenere che parte di questi aumenti vada ad
alimentare il Fondo Politiche di Sviluppo.
GLI
OBIETTIVI RdB
Se
è vero che, come riteniamo, il Fisco è elemento centrale nel
paese, riteniamo necessario investire in maniera massiccia
sugli operatori del fisco. Le cose da fare sono diverse. Ne
ricordiamo alcune. Quelle che, come dicevamo, accomunano le
tre Agenzie. La prima è quella di attuare un percorso di
nuove assunzioni, la seconda è una riqualificazione degli
stipendi dei dipendenti, la terza è il riconoscimento, a
tutti, del diritto alla carriera.
1. Nuove Assunzioni
Bisogna
agire in controtendenza alle Finanziarie degli ultimi dieci
anni, che hanno continuamente bloccato le assunzioni e con
l’ultima in particolare che ha imposto addirittura una
riduzione complessiva del 5% delle piante organiche. Nuove
assunzioni di personale a tempo indeterminato divengono il
volano di uno sviluppo possibile. E’ chiaro che questo
ragionamento parte dalla stabilizzazione degli attuali
precari, per cui, nei fatti, non esiste (o quasi) alcun
investimento in più, visto che molti di essi, ormai da anni,
sono a libro paga delle Agenzie. Si pensi all’esperienza
dell’Agenzia del Territorio, dove la contrazione del
personale, tra il 2001 ed il 2004 è stata di oltre 600
dipendenti a tempo indeterminato, e dove l’incidenza dei
1.600 lavoratori a tempo determinato diviene sempre più
ampia. Non assumerli diviene una scelta politica non più
giustificabile (ammesso che mai lo sia stata).
2. Riqualificazione degli
stipendi
Per
il perseguimento di questo obiettivo, lo strumento principe
rimane il Contratto Nazionale, per cui vale il ragionamento
dei 300 euro fatti poc’anzi. Ma, come abbiamo detto,
possiamo in qualche modo, tenendo fissa la barra delle
rivendicazioni collettive, immaginare come parallelamente
praticabile la strada di ulteriori stabilizzazioni di parti
del Fondo Politiche di Sviluppo, purché questo trovi un
modo di incrementarsi. Questo, tra l’altro consentirebbe di
evitare quanto accade ora, ovvero che i Fondi relativi ad un
annata arrivino con tale e tanto ritardo da creare effetti
distorsivi, e, sui conguagli fiscali, incredibili. Le Dogane
non hanno ancora ricevuto i 2.200 euro procapite che gli erano
stati “promessi” sul FPS 2004… le Entrate stanno ancora
attendendo i 1.500 euro del 2003… ed il Territorio non è da
meno.
3. Diritto alla Carriera
Abbiamo
visto che il Fondo Politiche di Sviluppo va utilizzato per le
progressioni economiche all’interno delle Aree. Noi
riteniamo che, individuando ulteriori fonti di finanziamento,
non sarebbe scandaloso pensare anche a passaggi tra le Aree.
Cosa intendiamo con diritto alla carriera dovrebbe essere
chiaro, ma, qui vogliamo cercare di arricchire la nostra
analisi con ulteriori considerazioni, che, dalle reazioni che
registriamo alla nostra bozza di piattaforma di contratto
integrativo, ci paiono necessarie.
In
particolare, vogliamo cogliere (ed evidenziare) il collegamento
diretto, il rapporto causa-effetto, tra le indennità per
particolari posizioni di lavoro e il mancato riconoscimento
del diritto alla carriera.
In
sostanza, il personale viene obbligato a rendersi disponibile
a coprire funzioni specifiche, indipendentemente dal proprio
inquadramento economico, al fine di recuperare quote salariali
aggiuntive. Abbiamo sempre ritenuto che le
indennità fossero
un sistema per creare lobbies, stimolare una devastante
polivalenza, aumentare la conflittualità tra dipendenti negli
uffici, ma, soprattutto, che fossero un sistema scelto dalle
Agenzie per evitare di riconoscere in maniera stabile figure
professionali.
In
sostanza, quando a qualsiasi figura oggi viene riconosciuta,
per lo svolgimento di una funzione, una indennità (indefinita
nell’importo e nei tempi di corresponsione) in
realtà viene negato il riconoscimento giuridico, certo, nei
tempi e negli importi che tale funzione comporta.
In
tal modo il nostro datore di lavoro, anziché pagarci
correttamente, si limita a darci un’indennità, scaricando
sulle spalle dei dipendenti il costo dei suoi deficit
organizzativi…
Esempio
più eclatante sono le reggenze di incarichi dirigenziali per
cui l’Agenzia anziché aprire spazio a nuovi dirigenti (con
procedure interne di carriera) prende il personale livellato e
gli fa svolgere tali incarichi (con indennità a carico del
fondo collettivo). Per questo, ad esempio, siamo fermamente
contro l’idea di vice-dirigenza,
che diviene un modo di avere chi copre i posti da dirigente,
senza renderlo tale e, quindi, senza pagarne il costo… dove
esiste necessità di dirigenti, devono essere fatti
investimenti sul personale, creando dirigenti veri anziché
mezze-figure con incarichi più o meno temporanei… una
posizione, la nostra, come si vede, non certo contro il
personale di qualifiche più elevate, ma, anzi, il tentativo
di costruire una garanzia per un diritto alla carriera vero
anche per esso. In questo caso non possono esistere diritti in subordine, ovvero, non si
può dire: “vorrei il riconoscimento professionale ma finché
non c’è, mi accontento dell’indennità”.
La
nostra analisi porta ad una conclusione ineluttabile che,
coraggiosamente deve essere ribadita. Le
RdB sono contrarie alle indennità per particolari posizioni
di lavoro perché finché si continua a ragionare in termini di
indennità la professionalità non verrà mai riconosciuta.
Solo superando questo empasse saremo in grado di ottenere una
progressione economica per tutti, anche (e soprattutto) per coloro che da
tanti anni sono al palo e provare a ragionare su un re-inquadramento
reale del personale, magari da proporre periodicamente, così come era
stato tracciato dall’importante accordo sulla
riqualificazione del 18 luglio 2002, da noi fortemente voluto
e sottoscritto.
CONCLUSIONE
Il nostro ruolo. Sono solo
soldi?
La
lotta per migliorare le Agenzie, non è quindi
una lotta corporativa. E’ una lotta di civiltà
ed una reale inversione di tendenza di un sistema che sempre
meno dà ai cittadini e sempre più pretende da loro. Investire
sulle Agenzie! Questa la scommessa che le RdB lanciano. Chi
raccoglie la sfida?
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