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RdB Pubblico Impiego - Finanze e Agenzie Fiscali

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N. 3/2005 - Sono solo soldi?

Contratto Nazionale, Contratti Integrativi, Convenzioni, Fondo Politiche di Sviluppo, Diritti dei Lavoratori e Stato sociale

Redazione
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PREMESSA

La scorsa settimana siamo stati convocati al Dipartimento Politiche Fiscali per discutere delle Convenzioni tra Ministero e Agenzie Fiscali. L’evento, già commentato con altri strumenti, ci ha stimolato, sul sistema contrattuale, alcune riflessioni utili, speriamo, a comprendere meglio la situazione attuale e collocare l’agire prossimo futuro della nostra organizzazione sindacale nelle Agenzie Fiscali nello spirito e nel solco di contenuti ed obiettivi tracciati nelle tesi congressuali della categoria di Pubblico Impiego di cui facciamo parte. Al fine di evitare qualsiasi equivoco, va chiarito che quanto diremo, per necessità di sintesi, non toccherà tutte le questioni su cui riteniamo utile intervenire, ma, soprattutto, che non indugeremo sull’aspetto critico. Ad esempio, non ripeteremo, se non incidentalmente, quanto (e perché) eravamo contrari alla istituzione delle Agenzie Fiscali. Abbiamo ritenuto più utile, in questa fase, ragionare in prospettiva, registrare i problemi e concentrarci sulle proposte che le RdB muovono da oggi.

DISGREGAZIONE

La madre di tutte le sciagure. Accordo luglio’93

L’attuale sistema contrattuale trova origine nell’Accordo di Luglio 1993 che fissa due livelli di contrattazione, il primo livello, il Contratto Nazionale di Lavoro, e il secondo, quello dei Contratti Integrativi, in capo ad ogni singola azienda (nel nostro caso, per ogni Agenzia). L’effetto di tale accordo è stato devastante. Sia sul piano economico, sia, e forse è ancor più grave, per i meccanismi di disgregazione del mondo del lavoro che ha favorito.

Il “bistrattato” Contratto Nazionale di Lavoro.

Secondo l’accordo di Luglio 1993, gli aumenti contrattuali di primo livello devono rimanere all’interno dell’inflazione programmata che, per motivi di bilancio, qualsiasi Governo dichiara sempre ben al di sotto di quella reale. Risultato: incrementi salariali di primo livello insufficienti, completamente sganciati dalla crescita reale del costo della vita. Una perdita di potere d’acquisto aumentata in maniera esponenziale visto che il calcolo in percentuale finiva per stabilizzarla e farla divenire base di calcolo per gli anni successivi. A ciò si è aggiunto il sempre maggiore ritardo con cui i contratti vengono stipulati. Oggi i contratti nel Pubblico Impiego sono scaduti da oltre 15 mesi e, a fronte di perdite del potere d’acquisto negli ultimi dieci anni ben oltre il 20%, sembra ci si accapigli su 5/10 euro (lordi) in più o in meno, senza neppure sfiorare il nocciolo del problema. Dopo anni di stringere la cinghia per tutto il modo del lavoro dipendente, solo aumenti stipendiali veri, quantificabili con importi vicini ai 300 euro potrebbero rilanciare l’economia del paese, garantendo un effetto moltiplicatore sui consumi. Dopodiché sarebbe comunque necessaria la reintroduzione di un sistema di rivalutazione automatica dei salari (la “vecchia e cara” scala mobile). La scarsità di risorse impegnate sul contratto collettivo nazionale di lavoro ha fatto si che altri diritti, e quindi non solo quelli economici, subissero un sempre più veloce, degrado e non fossero più riconosciuti in maniera generale e stabile.

 

Lo strumento della trattativa di secondo livello. La Contrattazione Integrativa.

Il Contratto Integrativo, finanziato con parte degli utili di impresa, subordina a questi il riconoscimento dei diritti che con esso vengono finanziati. Diritti che, in questo modo, perdono la caratteristica di generalità e stabilità. Sul piano economico, crea, nei fatti, un sistema di gabbie salariali (anche nelle Agenzie Fiscali, visto che una parte dei fondi viene attribuita sulla base del riscosso dai singoli uffici)… e, soprattutto, trasferisce il rischio di impresa sui lavoratori. In sostanza, se l’impresa va male, anche nel caso questo derivasse da scelte sbagliate del datore di lavoro, gli stipendi in busta paga restano bassi, se l’impresa va bene, si contratterà (eventualmente) quale quota di utile deve finire nella Contrattazione Integrativa. Inoltre finendo col finanziare permessi, diritto alla carriera, maggiorazioni, indennità…  riconosce solo parte di questi diritti collettivi solo a parte dei lavoratori, e, per di più, subordina tale riconoscimento alla disponibilità delle singole aziende (per noi Agenzie).

Lungi dall’essere uno strumento di riequilibrio, il Contratto Integrativo finisce col divenire il vero elemento di disgregazione tra lavoratori.

Con lo spostamento di risorse dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro al Contratto Integrativo, che per sua natura, tende a spezzettare la discussione in mille rivoli e coprire mille esigenze e specificità aziendali, si impedisce la costruzione di rivendicazioni su questioni di primaria importanza, come ad esempio il diritto alla carriera oppure la stabilizzazione di quote sempre più ampie di salario accessorio.

IL RIBALTAMENTO NECESSARIO

Il Contratto Agenzie Fiscali. Un primo passo.

Fin qui i ragionamenti di carattere generale. Calandoli nel merito delle Agenzie Fiscali scopriamo quanto poco diversi siamo dal resto del mondo del lavoro. Ma lo scorso anno è accaduto un evento molto importante, che, forse, i più hanno sottovalutato sul piano delle dinamiche contrattuali, visto che, in realtà, finisce col ribaltare tutto il ragionamento castrante fin qui effettuato.

Nel contratto siglato lo scorso anno, infatti, seppure in maniera differenziata tra le diverse Agenzie, una quota importante di fondi è stata trasferita dal salario accessorio (Contrattazione integrativa) alla busta paga (Contratto di primo livello).

Questa è una strada da seguire con perseveranza ed ostinazione, quote sempre più ampie di salario accessorio devono essere recuperate in busta paga. Ma c’è di più. La strada intrapresa dimostra che, in qualche modo, è possibile correggere il sistema di contrattazione. La tendenza disgregante della Contrattazione Integrativa, pur nella consapevolezza che differenze esistono, deve essere contrastata con forza. E’ necessario ottenere nuove risorse per la Contrattazione Integrativa, focalizzarne l’utilizzo per l’ottenimento di diritti stabili e generali, e successivamente trasferire risorse e diritti nella contrattazione di primo livello. Questo è il motivo, ad esempio, per cui la nostra bozza di piattaforma di contratto integrativo, è la stessa per le tre Agenzie e volutamente, tiene in secondo piano le specificità e cerca di valorizzare gli elementi comuni e le rivendicazioni collettive.

Contratto integrativo alle Agenzie Fiscali. Il Fondo Politiche di Sviluppo (FPS). 

E’ il nuovo nome che il Contratto Agenzie Fiscali ha attribuito al Fondo Unico di Amministrazione (FUA). Il Decreto Legislativo 300/1999 e, successivamente, i Contratti, prevedono che il FPS sia lo strumento unico attraverso il quale corrispondere al personale qualsiasi emolumento. Quindi col Fondo, secondo il sistema attuale, si retribuiscono indennità, produttività, maggiorazioni a qualsiasi titolo ed anche le progressioni di carriera all’interno delle Aree. Il Fondo Politiche di Sviluppo è lo strumento per finanziare la Contrattazione Integrativa. Dovrebbe quindi risultare chiaro quanto, per noi, nei termini di ribaltamento in cui parlavamo nel paragrafo precedente, diventi importante discutere del Fondo Politiche di Sviluppo e di come, su tale argomento, ci si debba muovere in modo omogeneo. Il Fondo Politiche di Sviluppo infatti, può divenire lo strumento utilizzabile per effettuare rivendicazioni collettive come il recupero in busta paga di fondi e il finanziamento delle progressioni economiche all’interno delle Aree e, perché no, in caso di aumento dei fondi, anche tra le Aree. A ben vedere, infatti, il problema non è quindi cosa viene pagato col Fondo Politiche di Sviluppo, ma, a questo punto, come – e quanto – il Fondo viene alimentato. 

Il sistema per finanziare la trattativa di secondo livello. Le Convenzioni

Ma come individuare gli “utili” da portare in Contrattazione Integrativa, e quindi a salire, nei diritti collettivi, visto che nel Pubblico Impiego si parla di servizi alla cittadinanza, e quindi non si può certo parlare di utili in senso stretto? Nelle Agenzie Fiscali l’utile è virtuale e viene alimentato tramite alcuni automatismi, ma soprattutto dal sistema delle Convenzioni.

Le Convenzioni, in base a quanto stabilito dal Decreto Legislativo 300/1999 (che istituiva le Agenzie), sono il contratto che Ministero e Agenzie stringono tra loro. Attraverso le Convenzioni, lo Stato definisce un utile, diciamo così, simbolico. Fissa obiettivi quantitativi e qualitativi e definisce quale è l’investimento che intende fare per retribuire il raggiungimento di tali obiettivi. Attraverso le Convenzioni si finanzia sia per il funzionamento delle strutture, che la retribuzione accessoria, compresa parte delle risorse che serviranno alla Contrattazione Integrativa, inserite nel Fondo Politiche di Sviluppo. Anche in questo caso il rischio di impresa viene – almeno in parte – ribaltato su chi lavora. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi previsti, infatti, parte di tali fondi, quelli per la retribuzione accessoria, non verrebbe corrisposta. Il personale, incolpevole delle scelte organizzative generali, finirebbe con perdere tali quote.

L’insufficienza dei Fondi e la modifica del sistema.

E’ chiaro da quanto detto che, se si cerca di far incrementare il Fondo Politiche di Sviluppo, bisogna profondamente cambiare il sistema delle Convenzioni, che ha tenuto, in pratica, fisso il Fondo negli ultimi quattro anni, aumentando sempre di più gli obiettivi per accedere alle risorse. Va inserita, nell’elaborazione delle Convenzioni la componente sindacale, recuperando l’errore che era stato compiuto in fase di costituzione delle Agenzie Fiscali, quando, separando l’aspetto politico da quello gestionale, si è ridotta anche l’azione sindacale, e le possibili rivendicazioni ad un mero aspetto della gestione, senza alcuna reale possibilità di entrare nel merito di scelte strategiche e politiche.

Se si fa questo, diviene possibile ragionare sui modi attraverso i quali incrementare i fondi. Come?  Vogliamo limitarci qui solo ad alcuni esempi, certi che se si sceglie di percorrere questa strada le soluzioni possono essere molteplici. Per le Entrate, se si ritiene che la lotta all’evasione, dopo le terribili stagioni dei condoni, debba tornare al essere il motore dello sviluppo economico del paese, diviene possibile richiedere ed ottenere che l’attuale 2% del riscosso, in base all’articolo 3, comma 165 della legge 350/2003, possa divenire, ad esempio, il 3%. Per le Dogane, nell’ambito della valorizzazione che deriva dal Decreto sulla Competitività e sul ruolo importantissimo che l’Agenzia sta assumendo sul piano della lotta alla contraffazione, garantendo guadagni e legittimità alle imprese, diviene possibile richiedere ed ottenere la rideterminazione delle tariffe di bollette e servizi vari (tipo domiciliazione) e che una quota dei maggiori introiti finanzi il Fondo Politiche di Sviluppo. Per il Territorio, visto anche l’aumento di tutte le tariffe ad esso afferenti deciso dalla ultima legge Finanziaria, diviene possibile richiedere ed ottenere che parte di questi aumenti vada ad alimentare il Fondo Politiche di Sviluppo.

GLI OBIETTIVI RdB

Se è vero che, come riteniamo, il Fisco è elemento centrale nel paese, riteniamo necessario investire in maniera massiccia sugli operatori del fisco. Le cose da fare sono diverse. Ne ricordiamo alcune. Quelle che, come dicevamo, accomunano le tre Agenzie. La prima è quella di attuare un percorso di nuove assunzioni, la seconda è una riqualificazione degli stipendi dei dipendenti, la terza è il riconoscimento, a tutti, del diritto alla carriera.

1. Nuove Assunzioni 

Bisogna agire in controtendenza alle Finanziarie degli ultimi dieci anni, che hanno continuamente bloccato le assunzioni e con l’ultima in particolare che ha imposto addirittura una riduzione complessiva del 5% delle piante organiche. Nuove assunzioni di personale a tempo indeterminato divengono il volano di uno sviluppo possibile. E’ chiaro che questo ragionamento parte dalla stabilizzazione degli attuali precari, per cui, nei fatti, non esiste (o quasi) alcun investimento in più, visto che molti di essi, ormai da anni, sono a libro paga delle Agenzie. Si pensi all’esperienza dell’Agenzia del Territorio, dove la contrazione del personale, tra il 2001 ed il 2004 è stata di oltre 600 dipendenti a tempo indeterminato, e dove l’incidenza dei 1.600 lavoratori a tempo determinato diviene sempre più ampia. Non assumerli diviene una scelta politica non più giustificabile (ammesso che mai lo sia stata).

2. Riqualificazione degli stipendi

Per il perseguimento di questo obiettivo, lo strumento principe rimane il Contratto Nazionale, per cui vale il ragionamento dei 300 euro fatti poc’anzi. Ma, come abbiamo detto, possiamo in qualche modo, tenendo fissa la barra delle rivendicazioni collettive, immaginare come parallelamente praticabile la strada di ulteriori stabilizzazioni di parti del Fondo Politiche di Sviluppo, purché questo trovi un modo di incrementarsi. Questo, tra l’altro consentirebbe di evitare quanto accade ora, ovvero che i Fondi relativi ad un annata arrivino con tale e tanto ritardo da creare effetti distorsivi, e, sui conguagli fiscali, incredibili. Le Dogane non hanno ancora ricevuto i 2.200 euro procapite che gli erano stati “promessi” sul FPS 2004… le Entrate stanno ancora attendendo i 1.500 euro del 2003… ed il Territorio non è da meno.

3. Diritto alla Carriera

Abbiamo visto che il Fondo Politiche di Sviluppo va utilizzato per le progressioni economiche all’interno delle Aree. Noi riteniamo che, individuando ulteriori fonti di finanziamento, non sarebbe scandaloso pensare anche a passaggi tra le Aree. Cosa intendiamo con diritto alla carriera dovrebbe essere chiaro, ma, qui vogliamo cercare di arricchire la nostra analisi con ulteriori considerazioni, che, dalle reazioni che registriamo alla nostra bozza di piattaforma di contratto integrativo, ci paiono necessarie.

In particolare, vogliamo cogliere (ed evidenziare) il collegamento diretto, il rapporto causa-effetto, tra le indennità per particolari posizioni di lavoro e il mancato riconoscimento del diritto alla carriera.

In sostanza, il personale viene obbligato a rendersi disponibile a coprire funzioni specifiche, indipendentemente dal proprio inquadramento economico, al fine di recuperare quote salariali aggiuntive. Abbiamo sempre ritenuto che le indennità fossero un sistema per creare lobbies, stimolare una devastante polivalenza, aumentare la conflittualità tra dipendenti negli uffici, ma, soprattutto, che fossero un sistema scelto dalle Agenzie per evitare di riconoscere in maniera stabile figure professionali.

In sostanza, quando a qualsiasi figura oggi viene riconosciuta, per lo svolgimento di una funzione, una indennità (indefinita nell’importo e nei tempi di corresponsione) in realtà viene negato il riconoscimento giuridico, certo, nei tempi e negli importi che tale funzione comporta.

In tal modo il nostro datore di lavoro, anziché pagarci correttamente, si limita a darci un’indennità, scaricando sulle spalle dei dipendenti il costo dei suoi deficit organizzativi…

Esempio più eclatante sono le reggenze di incarichi dirigenziali per cui l’Agenzia anziché aprire spazio a nuovi dirigenti (con procedure interne di carriera) prende il personale livellato e gli fa svolgere tali incarichi (con indennità a carico del fondo collettivo). Per questo, ad esempio, siamo fermamente contro l’idea di vice-dirigenza, che diviene un modo di avere chi copre i posti da dirigente, senza renderlo tale e, quindi, senza pagarne il costo… dove esiste necessità di dirigenti, devono essere fatti investimenti sul personale, creando dirigenti veri anziché mezze-figure con incarichi più o meno temporanei… una posizione, la nostra, come si vede, non certo contro il personale di qualifiche più elevate, ma, anzi, il tentativo di costruire una garanzia per un diritto alla carriera vero anche per esso. In questo caso non possono esistere diritti in subordine, ovvero, non si può dire: “vorrei il riconoscimento professionale ma finché non c’è, mi accontento dell’indennità”.

La nostra analisi porta ad una conclusione ineluttabile che, coraggiosamente deve essere ribadita. Le RdB sono contrarie alle indennità per particolari posizioni di lavoro perché finché si continua a ragionare in termini di indennità la professionalità non verrà mai riconosciuta. Solo superando questo empasse saremo in grado di ottenere una progressione economica per tutti, anche (e soprattutto) per coloro che da tanti anni sono al palo e provare a ragionare su un re-inquadramento reale del personale, magari da proporre periodicamente, così come era stato tracciato dall’importante accordo sulla riqualificazione del 18 luglio 2002, da noi fortemente voluto e sottoscritto.

CONCLUSIONE

Il nostro ruolo. Sono solo soldi? 

Investire sulle Agenzie Fiscali può avere un  significato strategico per il “sistema Italia”. Investire sulle Agenzie significa una maggiore tutela dei cittadini e delle imprese oneste nei confronti di contraffattori ed evasori fiscali. Significa migliorare la gestione delle imposte sugli immobili ed allontanare lo spettro di un decentramento delle questioni catastali che toglie garanzie di equità ai cittadini. Ma soprattutto, investire sulle Agenzie significa un fisco più efficiente, e quindi, maggiori entrate per lo Stato… significa recuperare risorse economiche da utilizzare a favore dello Stato Sociale, della Sanità, della Scuola, della Previdenza Pubblica…

La lotta per migliorare le Agenzie, non è quindi  una lotta corporativa. E’ una lotta di civiltà ed una reale inversione di tendenza di un sistema che sempre meno dà ai cittadini e sempre più pretende da loro. Investire sulle Agenzie! Questa la scommessa che le RdB lanciano. Chi raccoglie la sfida?


Diritto alla carriera. Rompi il muro! 
Progressione economica per tutti subito

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