I sottoscritti cittadini italiani richiedono referendum popolare
abrogativo - ai sensi dell'art.75 della Costituzione
e in applicazione della legge
25 maggio 1970, n. 352 - sul seguente quesito: "Volete voi, al
fine di estendere a tutti i lavoratori subordinati i diritti e le tutele
previsti dall'art. 18 della legge
20 maggio 1970, n. 300, l'abrogazione:
dell'art. 18, comma primo, legge
20 maggio 1970, n. 300, titolata "Norme sulla tutela della libertà
e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività
sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento",
limitatamente alle sole parole "che in ciascuna sede, stabilimento,
filiale, ufficio reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il
licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di
lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo", e
all'intero periodo successivo che recita "Tali disposizioni si
applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori,
che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti
ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più
di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente
considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di
lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue dipendenze più
di sessanta prestatori di lavoro";
dell'art 18, comma secondo, legge
20 maggio 1970, n. 300, titolata "Norme sulla tutela della libertà
e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività
sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento", che recita
"Ai fini del computo del numero dei prestatori di lavoro di cui al
primo comma si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto di
formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo
indeterminato parziale, per la quota di orario effettivamente svolto,
tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa
riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del
settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di lavoro
entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale";
dell'art. 18, comma terzo, legge
20 maggio 1970, n. 300, titolata "Norme sulla tutela della libertà
e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività
sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento", che recita
"Il computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma non
incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o
creditizie";
dell'art. 2, comma primo, legge
11 maggio 1990, n. 108, titolata "Disciplina dei licenziamenti
individuali", che recita "I datori di lavoro privati,
imprenditori non agricoli e non imprenditori, e gli enti pubblici di cui
all'art. 1 della legge
15 luglio 1966, n. 604, che occupano alle loro dipendenze fino a
quindici lavoratori ed i datori di lavoro imprenditori agricoli che
occupano alle loro dipendenze fino a cinque lavoratori computati con il
criterio di cui all'art. 18 della legge
20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'art. 1 della presente
legge, sono soggetti all'applicazione delle disposizioni di cui alla legge
11 luglio 1966, n. 604, così come modificata dalla presente legge.
Sono altresì soggetti agricoli che occupano alle loro dipendenze fino a
cinque lavoratori computati con il criterio di cui all'art. 18 della legge
20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'art. 1 della presente
legge, sono soggetti all'applicazione delle disposizioni di cui alla legge
11 luglio 1966, n. 604, così come modificata dalla presente legge.
Sono altresì soggetti all'applicazione di dette disposizioni i datori di
lavoro che occupano fino a sessanta dipendenti, qualora non sia
applicabile il disposto dell'art. 18 della legge
20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'art. 1 della presente
legge.";
dell'art. 2, comma terzo, legge
11 maggio 1990, n. 108, titolata "Disciplina dei licenziamenti
individuali", che recita "l'art. 8 della legge
15 luglio 1966, n. 604, è sostituito dal seguente: quando risulti
accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa
o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il
prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a
risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un
minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione
globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle
dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di
lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima
della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per
il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14
mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai 20
anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici
prestatori di lavoro";
dell'art. 4, comma primo, legge
11 maggio 1990, n. 108, titolata "Disciplina dei licenziamenti
individuali", limitatamente al periodo che così recita "La
disciplina di cui all'art. 18 della legge
20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'art. 1 della presente
legge, non trova applicazione nei confronti dei datori di lavoro non
imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura
politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di
culto."?
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