LUIGI OLIVERI

Brevissime note sulla delegabilità delle competenze
dirigenziali negli enti privi di dirigenza


Col suo interessante intervento "Prime considerazioni sulla delega delle funzioni dirigenziali in riferimento ai Comuni privi di dirigenti", Stefano Tenca afferma la possibilità che negli enti locali privi di funzioni dirigenziali i dipendenti incaricati dell’esercizio di dette funzioni ai sensi dell’articolo 109, comma 2, del testo unico, possano delegarle ad altri dipendenti.

Il ragionamento si fonda su queste considerazioni:

  1. la disposizione di cui all’articolo 109, comma 2 "presenta contenuto sostanzialmente analogo al primo comma ove si riconosce in capo al Sindaco il potere, nei Comuni dotati di dirigenti, di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali";

  2. i dirigenti ed i responsabili dei servizi, ricevuto l’incarico con atto sindacale, sono titolari esclusivi delle funzioni dirigenziali e possono, assumendone la responsabilità, delegare ai dipendenti dei loro uffici di livello più elevato alcune specifiche incombenze (enumerate alle lettere b, d, e del comma 1° dell’art. 107);

  3. La stessa legge 145, all’art. 19 comma 10 riformulato, consente agli organi politici statali di destinare i dirigenti, ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali, all’esercizio di funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca, con ciò testualmente ammettendo che un dirigente possa anche non svolgere funzioni tipicamente gestionali

  4. non appare corretto sostenere che il Sindaco deleghi le competenze ai responsabili, poiché ciò presupporrebbe un radicamento delle attribuzioni gestionali nel capo dell’amministrazione, smentito dall’ormai pacifico principio di separazione.

Le prospettive interpretative così sintetizzate, tuttavia, non possono considerarsi risolutive.

Infatti, se come il Tenca riconosce le competenze dei funzionari incaricati ex art. 109, comma 2, sono "derivate", nessuna analogia, né di diritto, né sostanziale, né di fatto, è possibile scorgere tra i commi 1 e 2 dell’articolo 109. Anzi, il comma 2 è norma speciale, che consente la legittimazione "mediata" dell’esercizio delle funzioni dirigenziali da parte di chi non possiede la qualifica dirigenziale, "mediata" perché oltre alla previsione legislativa, occorre un provvedimento amministrativo del sindaco. Il fenomeno in questione è, sì, in tutto analogo a quello della delega, che ricorre in virtù di una doppia disposizione: la prima, normativa, che ammetta la delega; la seconda, amministrativa, che col conferimento effettivo metta in pratica quanto la legge consente.

Dunque, se il funzionario non è competente ad esercitare le funzioni dirigenziali a titolo originario, ciò significa che esso è legittimato solo in via straordinaria ad esercitarle e non può ulteriormente, con proprio atto, modificare un assetto di competenze che è frutto di un provvedimento complesso legge-investitura del sindaco.

Non rileva il fatto che l’accorgimento di cui al comma 2 dell’articolo 109 permetta l’applicazione del principio di separazione delle funzioni gestionali da quelle di governo anche negli enti di minori dimensioni: non si verte, infatti, nel rapporto tra organo di governo, ma di conferimento, tramite delega, di funzioni che di governo non sono, quelle dirigenziali. Dunque, anche se l’organo gestionale sia titolare in via esclusiva della funzione, non per questo significa che può delegarla: occorre, invece, che ne sia titolare in via originaria. Cosa che nel caso di specie non è.

La constatazione, inoltre, che la legge 145, all’art. 19, comma 10, novellato consente (ma già il precedente testo del D.lgs 165/2001 lo prevedeva) agli organi politici statali di destinare i dirigenti, ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali, all’esercizio di funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca, con ciò testualmente ammettendo che un dirigente possa anche non svolgere funzioni tipicamente gestionali, non è appagante. Infatti, la norma contiene la disciplina della situazione dei dirigenti non titolari di posizioni di direzione di line, ma non è e non potrebbe essere la traccia per concludere che il dirigente necessita di un incarico, in analogia con i funzionari, per esercitare le funzioni dirigenziali.

Il dirigente preposto a funzioni ispettive e di ricerca, ad esempio, ovviamente assolve con pieni poteri a tutte le funzioni previste dagli articoli 16 e 17 del D.lgs 165/2001, novellato, ovviamente negli ambiti della sfera di funzioni assegnate al suo ufficio, senza necessità di alcun atto legittimante da parte dell’organo di governo.

Si intende sottolineare che il dirigente esercita le funzioni dirigenziali in quanto tale, ovvero a titolo originari. Gli incarichi degli organi di governo si limitano a specificare in quale ramo dell’amministrazione vadano esercitati e se per la direzione operativa di line o per quella di staff.

In altre parole, i dirigenti hanno diritto a svolgere gli incarichi dirigenziali, in quanto ciò è connaturato alla titolarità dell’ufficio, meglio dell’organo (amministrativo), dirigenziale.

Già chi scrive ebbe a sottolineare che "gli articoli 16 e 17 del D.lgs 165/2001 i quali, nel descrivere in generale quali siano le funzioni esercitabili dai dirigenti di prima e seconda fascia, rivelano che i dirigenti, in quanto tali, sono inseriti nell’ambito dell’organizzazione pubblica per esercitare, appunto, funzioni dirigenziali. Ma è ovvio che le funzioni dirigenziali, inscindibilmente connesse alla qualifica, sono esercitate nella misura in cui sia delimitata la sfera di competenza e di poteri del dirigente. Nell’attuale assetto normativo, la sfera di competenza è determinata nella sostanza dall’incarico dirigenziale. Esso, dunque, è l’irrinunciabile elemento che consente al dirigente di esercitare le funzioni intrinsecamente connesse al suo ruolo. L’aspetto organizzativo, allora, rimesso alla discrezionalità dell’ente, non consiste nella scelta se assegnare o no l’incarico. Al contrario, occorre che si determinino regole attuative e specificative di quanto stabilito dall’articolo 19 del D.lgs 165/2001, per stabilire quali incarichi assegnare. La dissociazione tra possesso della qualifica dirigenziale e l’assegnazione dell’incarico è prevista, al contrario espressamente, solo ed esclusivamente dall’articolo 21, comma 2, sempre del D.lgs 165/2001, a causa della grave inosservanza alle direttive dell’organo di governo o di ripetute valutazioni negative, cioè nelle ipotesi di più grave responsabilità dirigenziale" (Il conferimento degli incarichi dirigenziali, nota a commento di Tribunale di Cosenza, Sez. II civile, ordinanza del 25 febbraio 2002).

Il dirigente, in sostanza, esercita le funzioni dirigenziali perché dirigente. L’incarico delimita solo la struttura amministrativa nella quale opera.

Il funzionario esercita le funzioni dirigenziali solo ed in quanto il sindaco lo individui come tale.

In un ente in cui vi siano più dirigenti, tutti in via originaria possono e debbono esercitare le proprie competenze, attribuite loro direttamente dalla legge.

In un ente in cui vi siano più funzionari, solo quelli individuati dal sindaco possono esercitare le funzioni dirigenziali. Il provvedimento del sindaco è, dunque, il necessario presupposto perché il funzionario eserciti le funzioni dirigenziali, cosa che non è per il dirigente.

Il sindaco, dunque, è, a ben vedere, titolare delle funzioni gestionali, ma è, tuttavia, obbligato a conferirle ai soggetti gestori: in tal senso ha deciso il Tar Sicilia, Catania, Sezione I, in data 13 marzo 2002. Dunque, il sindaco è obbligato ad attivare l’articolo 109, comma 2, proprio perché è obbligatorio rispettare il principio di separazione delle funzioni. Ma l’atto di conferimento delle funzioni dirigenziali ai funzionari da parte del sindaco, pur obbligatorio, ha la medesima funzione della delega, pur non essendo una delega, ma, semmai, una delega vincolata o un’assegnazione forzosa di poteri: ovvero attribuire ad un ufficio alcune competenze, in via non originaria o mediata.

Se l’ufficio si disfa di tali funzioni, senza che la legge lo consenta, si ha una violazione illegittima dell’ordine delle competenze determinato dalla combinazione delle previsioni normative e del provvedimento di delega.

Nel caso che ne occupa, poi, assume rilievo decisivo la lettura dell’articolo 109, comma 2, in combinazione con l’articolo 50, comma 10, del testo unico, che assegna al sindaco il potere di nominare i responsabili degli uffici e dei servizi, distinguendo questa funzione da quella di definire gli incarichi dirigenziali. La prima ha proprio lo scopo di costituire il presupposto per l’esercizio delle funzioni dirigenziali da parte dei funzionari; la seconda, invece, solo quella di determinare il rapporto organico tra dirigente ed ente (collocazione nelle funzioni di direzione di una certa area, in line o staff).

Pertanto, nel primo caso, se il funzionario delega le proprie funzioni ad altro dipendente:

a) provvede senza che la legge lo consenta;

b) aggira gli obblighi e le responsabilità derivanti dalla nomina come responsabile di servizio, presupposto necessario per l’esercizio delle funzioni dirigenziali.

Infine, due ultime argomentazioni. Negli enti con i dirigenti, sono questi ultimi a conferire ai funzionari gli incarichi di posizione organizzativa. Adesso che la legge lo consente, v’è una chiara linea di continuità tra la posizione organizzativa e la delega di funzioni, che promana da un medesimo soggetto.

Negli enti privi di dirigenza, l’incarico di posizione organizzativa è assegnato dal sindaco. Se il funzionario delega le proprie funzioni ad altri dipendenti, come si nota, manca la continuità, l’armonia del sistema che c’è negli enti in cui operino i dirigenti.

Il motivo è da considerare ovvio (e qui l’ultima argomentazione): la normativa in argomento riguarda la dirigenza. Sono i dirigenti che possono delegare le proprie funzioni, non gli altri dipendenti. L’estensione di tale potere ad altri soggetti appare una forzatura, per altro di natura anche organizzativa.

Ove esistano dirigenti, il controllo e la fluidità d’azione verso il basso può rendere consigliabile il ricorso alla delega, in quanto spesso la dimensione delle strutture è tale da far correre il rischio dell’eccessiva concentrazione di funzioni sul dirigente.

Negli enti di minori dimensioni, la delega senza regole corrisponde realmente ad un rischio di eccessiva ed ingovernabile frammentazione della gestione, con correlata deresponsabilizzazione.

Per altro, la delega prevista in questo momento dal comma 1-bis, dell’articolo 17 novellato del D.lgs 165/2001 è da considerare "transitoria" e destinata ad essere soppiantata dalla delega di funzioni ai vice dirigenti, quando saranno andati a regime.

Resta da dimostrare come sia possibile creare un’area di vice dirigenti in enti in cui non vi siano dirigenti.

O il testo unico viene opportunamente riformato in tal senso, oppure appare chiara l’inapplicabilità, per questa limitata parte, della riforma della dirigenza agli enti locali privi di qualifiche dirigenziali.