PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI:
ATTO
DI INDIRIZZO PER LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE DEL PERSONALE NON
DIRIGENTE DEL COMPARTO MINISTERI RELATIVA AL
QUADRIENNIO 2002-2005 ED AL BIENNIO ECONOMICO 2002-2003.
IL
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Ieri, nella riunione di
apertura della contrattazione per il rinnovo del CCNL comparto ministeri, il
presidente dell’Aran, avv. Fantoni, e l’avv. Massella, del direttivo Aran,
hanno illustrato la direttiva del governo, che per i ministeri rappresenta il
comitato di settore, per il rinnovo del contratto.
Prima
di parlare dei contenuti della direttiva è indispensabile sottolineare
l’assoluta mancanza di riferimento ai processi di riforma in atto nel comparto
ministeri e delle ripercussioni di questo assordante silenzio del governo su
tutta l’impostazione della direttiva.
A
partire dalle nuove funzioni che la riforma attribuisce ai “nuovi” ministeri
che non trovano alcun riscontro nel riconoscimento ordinamentale della nuova e
maggiore professionalità richiesta ai dipendenti perpetuando così quel
fenomeno ormai ventennale del mansionismo. Per non parlare poi della
sperequazione delle indennità di amministrazione che l’accorpamento dei
ministeri ha provocato e che la direttiva volutamente e colpevolmente ignora.
Nel
merito invece di “quello che c’è scritto”:
- Benefici economici.
Nessuna novità da quanto stabilito dall’intesa del 4 febbraio scorso:
stanziamenti per coprire l’inflazione programmata (1,7% per il 2002 e 1,4%
per il 2003), uno 0,50% per ciascun anno da destinare alla contrattazione
decentrata e un altro 0,26% all’anno per il recupero del differenziale tra
inflazione reale e quella programmata del biennio 2000-2001. Se questo
dovesse passare, oltre a non avere alcun vero aumento, ci sarebbe
un’ulteriore forte perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni che
allontanerebbe di più dai livelli salariali del resto d’Europa. C’è
poi da notare come una quota
consistente di questi aumenti dovranno essere destinati al salario
accessorio. Come dire ulteriori strumenti in mano alle amministrazioni e ai
sindacati concertativi per dividere i lavoratori.
- Relazioni sindacali.
C’è una forzatura nella direttiva per quanto concerne le trattative
decentrate, si propone infatti di dare alle amministrazioni la possibilità
di prendere delle decisioni autonome sulle materie oggetto di trattativa,
tranne che per quelle economiche, trascorso senza esito positivo un non
meglio quantificato periodo di negoziazione.
- Progressione professionale.
Revisione al ribasso dell’ordinamento professionale vigente. 1).Riserva
per l’esterno non inferiore al 50% dei posti disponibili. 2). Equivalenza
delle mansioni all’interno della stessa area indipendentemente dal livello
retributivo. 3). Forte selettività dei corsi riqualificazione. 4).
Prevalenza nel punteggio di titoli di studio, culturali, partecipazione a
corsi di formazione, ecc. rispetto all’anzianità di servizio. 5). Esclusione
del doppio “salto” di livello sia nell’area che tra le aree.
- Tutela contro il mobbing.
Questo capitolo è la diretta conseguenza della lettera che Frattini inviò
al ministro Urbani a fine maggio con cui chiedeva che venissero segnalati
tutti i casi di sindacalisti che, nell’esercizio del loro mandato, non si
piegavano alla concertazione ed esprimevano momenti alti di conflittualità.
- Responsabilità disciplinari.
Estensione della casistica anche alle “trasgressioni” dei dipendenti al
Codice di comportamento. Quindi revisione della normativa disciplinare per
quanto concerne la violazione dei doveri (che si suggerisce di rinominare
“obblighi”) da integrare con quanto previsto dal codice di comportamento
e l’aggiunta di nuove sanzioni che prevedano la sospensione dal lavoro
superiore ai 10 giorni.
- Flessibilità.
Si ribadiscono tutte le forme di precariato con particolare riguardo ai
contratti a tempo determinato.
- Formazione.
Grosso peso (a parole) si vuole dare alla formazione addirittura ipotizzando
l’aumento delle risorse da destinarvi. Nessun riferimento all’autoformazione
ma piuttosto il ricorso al privato per i corsi di formazione.
- Incentivazione della produttività.
In questo capitolo si ribadisce la necessità di legare il salario
accessorio alla “qualità della
prestazione” e, con gli stessi soldi, alzare di anno in anno il
livello di produttività cercando ovviamente di dividere i dipendenti con
premi e penalizzazioni. In via sperimentale si “consiglia”
l’introduzione di istituti di lavoro per risultato con contestuale
flessibilizzazione del tempo di lavoro (leggasi COTTIMO).
- Professionisti dipendenti.
Valorizzazione di queste aree professionali attraverso sostanziosi incentivi
economici che naturalmente verranno sottratti al F.U.A. a discapito di tutti
gli altri dipendenti.
- Indennità e tutela contro atti di
terrorismo. Questo è l’ultimo
capitolo della direttiva che la dice lunga su quale siano le intenzioni del
governo per i dipendenti pubblici. Si vuol far pagare con i soldi dei
lavoratori una indennità per coloro (?) che sono stati vittime del
terrorismo o della criminalità organizzata.
Questo è
quanto. Nessun riferimento alla 14^ mensilità, men che meno ai salari europei,
ai 20 anni di blocco delle carriere e il conseguente ricorso generalizzato al
mansionismo per far fronte all’introduzione di nuove tecnologie e nuove
modalità lavorative, perequazione dell’indennità di amministrazione ignorata
e processi di riforma neanche presi in considerazione.
A questo,
che è il programma del governo (scritto da Confindustria), dobbiamo
contrapporre il programma che la RdB in questi anni, con coerenza, ha portato
avanti e che, proprio perché rispecchia i reali interessi dei lavoratori, trova
sempre più consensi e disponibilità verificabili dalla massiccia adesione alle
iniziative da noi promosse.
Contro
questa direttiva si sono schierate anche Cgil, Cisl e Uil ma su posizioni
diametralmente opposte alle nostre; hanno criticato soltanto l’inadeguatezza
del tasso di inflazione programmato rispetto a quella reale continuando, però,
a rivendicare gli accordi sottoscritti a luglio 93 e a febbraio 2002.
Punti
discriminanti, in questa fase in cui anche altre confederazioni si scoprono
improvvisamente paladine dei lavoratori, sono il rifiuto della politica dei
redditi frutto degli accordi del luglio 93, la lotta contro le privatizzazioni e
lo smantellamento dello stato sociale, la battaglia contro ogni forma di
precarizzazione del rapporto di lavoro.
Roma, 4
settembre 2002
La Direzione Nazionale